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Il ritorno dei morti viventi 2 (1988) vs. Il ritorno dei morti viventi 3 (1993): ceeeeeerveeeeeelli!

Devo farvi una confessione che poi ammettiamolo, non è tutta questa gran sorpresa, anche perché che sia matto in testa e spudoratamente innamorato di quel gioiellino di Il ritorno dei morti viventi di Dan O’Bannon lo sanno anche i sassi, anche perché è una meraviglia, si può solo voler un gran bene a quel film, ma i seguiti?

Proseguendo nella mia lista dei compleanni e nel mese di ottobre, storicamente quello carico di titoli horror, io avevo un film di cui avevo tanta voglia di scrivere, purtroppo tra l’oggetto del mio desiderio e il compleanno da festeggiare, si para in mezzo “Il ritorno dei morti viventi 2” che faccio? Ignoro e salto direttamente al terzo capitolo? Ma poi voi mi chiedete la mia sul secondo film ed io da ossessivo compulsivo matto in testa non posso lasciare un buco, quindi viene in mio soccorso la tradizione dei Versus della Bara Volante, cominciamo!

Il ritorno dei morti viventi 2 (1988)

Niente cambierà mai il fatto che in epoca moderna, gli zombie al cinema siano stati reinventati da George “Amore” Romero, su questo non ci piove, nemmeno la pioggia di Trioxina tossica, eppure l’interpretazione data da Dan O’Bannon del mito dei morti viventi è leggendaria, non solo il suo film è un capolavoro di commedia nerissima entrato a far parte dell’immaginario collettivo, ma ci restituisce degli zombie che beh, sono una vera minaccia, non c’è colpo il testa che può salvarti dagli effetti a lungo termine della Trioxina, ma nemmeno dalle regole non scritte di Hollywood: un film ottiene un grande successo? Si mette subito in produzione il seguito!

Pensavate fosse finita eh? Invece vi tocca il secondo turno ragazzi.

Anche se va detto che Dan O’Bannon di prenderne parte non ne aveva alcuna intenzione, fatto tutto a modo suo, l’ex amico e compagno di università di Carpenter di rimanere invischiato non ne voleva proprio sapere, infatti è stato sostituito al volo dal primo mestierante che passava da quelle parti, quel Ken Wiederhorn che ha proprio in “Return of the Living Dead Part II” il suo titolo più famoso e riuscito, anche perché nella sua filmografia trovate un film incentrato su una gara di flatulenze tra due confraternite universitarie. Storia vera, non mi sto inventando niente.

Ken Wiederhorn scrive e dirige, facendo cominciare la sua storia più o meno da dove eravamo rimasti, sotto una pioggia scrosciante l’esercito ha caricato sui camion gli ultimi bidoni di Trioxina disponibili, ma durante il trasporto, per via di un autista un po’ distratto, qualche bidone va perso finendo nel condotto fognario di una piccola cittadina di Yankeelandia, insomma un modo per proseguire il film di O’Bannon, prendendo quello che serve e ignorando, fischiettando, su tutto il resto. “Return of the Living Dead Part II” è davvero riassumibile così, basta dire che persino la locandina del film è un riciclaggio spudorato di quella memorabile di “Ammazzavampiri” (1985).

Non riesce ad avere una sua identità fin dalla locandina questo film.

Wiederhorn tenta di imporre un tono da commedia al film perché le direttive dall’alto sono queste, quindi si parte con il ragazzino biondo che NON vorrebbe far parte della banda, ma viene tirato dentro al gruppetto e portato nella fogne, dove invece della Tartarughe Ninja da un bidone spunta il facente funzione del mitico Tarman del primo film, solo più brutto, più triste ed utilizzato peggio, visto che compare per puzza in una scena e poi sparisce, nel tentativo disperato di creare legàmi con il primo capitolo, legàmi che continuano anche nel casting.

Tarman, o la sua versione ordinata su Wish.

Ad esclusione del colonello interpretato da Jonathan Terry che ricopre lo stesso ruolo, il colpo che dovrebbe rassicurare i fan consiste nel ritorno nel cast di Thom Mathews e James Karen sì, ma con ruoli del tutto diversi rispetto a quelli del primo film, per ovvie ragioni considerando il finale del precedente capitolo, ma con la stessa traiettoria, visto che i due tombaroli finiranno per replicare quanto già recitato per O’Bannon, con tanto di righe di dialogo pensate per strizzare l’occhio a questo grosso Déjà vu («È come se ci fossi già stato qui, come se mi fossi sognato tutti, tu, io, quelli…»), unica novità la rossa Brenda (Suzanne Snyder), carne da cannone protagonista dell’imbarazzante scena in cui la ragazza prima snocciola l’unica battuta uscita da questo film entrata a far parte dell’immaginario collettivo («John guarda che io non me la faccio con i cadaveri!») e poi decide volontariamente di farsi mangiare il cervello dal fidanzato, in uno dei tanti momenti dove il film si impegna a farci ridere senza riuscirci.

Sono lo sforzo di Cassidy, che cerca di non scrivere caSSate tipo: da perdere la testa! 

A “Return of the Living Dead Part II” manca quel senso di minaccia impossibile da arrestare, ma che anzi si auto alimenta come il sassolino che rotola e che si trasforma in valanga, quello che era riuscito a mettere su O’Bannon, ma qui manca anche l’umorismo nerissimo così riuscito, a dirla proprio tutta, anche se questo seguito è costato quasi il doppio (sei milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti morti ma non viventi, contro i tre di cui disponeva il bisbetico Dan) sfoggia degli effetti speciali più scarsi e invecchiati peggio. Si fa gran sfoggio della capoccia parlante, ma mancano le battute memorabili, viene solo da rimpiangere il vecchio film, ecco, io le volte in cui mi capita di imbattermi in “Return of the Living Dead Part II” mi ritrovo a pensare: ma perché sto guardando questo, quando potrei rivedermi il primo capitolo ed essere felice? (storia vera).

In generale l’invasione di zombie che si muovono caracollanti verso la centrale elettrica, sembra la versione scarsa del video di “Thriller”, tanto che ad un certo punto la tentazione per Ken Wiederhorn è così forte che un morto vivente con addosso la tutina rossa di Michael Jackson nel film compare davvero, ma anche qui si arriva in ritardo, perché questa trovata l’aveva già cavalcata in modo molto più riuscito ed elegante sempre lui, Re Giorgio.

Romero vi ha battuti anche sul fronte ironia.

Costato il doppio, il film di Ken Wiederhorn incassa la metà, diventa patrimonio dei videonoleggi ma in generale per quello che mi riguarda, serve solo a ribadire la grandezza del film capostipite diretto da Dan O’Bannonquindi non ci perderei ulteriore tempo, passiamo alle cose succulente, che qui ci attende un compleanno!

Il ritorno dei morti viventi 3 (1993)

Alla ricerca disperata di qualcuno in grado di portare avanti il “marchio” dei “Living Dead”, recuperato con fatica dalla disputa tra George A. Romero e John A. Russo, i produttori erano pronti ad affidare il nuovo capitolo a chiunque, per loro fortuna da quelle parti questa volta passava uno capace di fare davvero film horror con personalità, mi riferisco a quel gran mito di Brian Yuzna.

Secondo voi il regista originario di Manila, si è mai fatto un problema nel salire a bordo di una saga horror anche dopo diversi capitoli? Figuriamoci! Il suo ultimo lavoro era il folle “Silent Night, Deadly Night 4: Initiation” (1990) quindi sotto con i morti viventi, dimostrando di avere subito le idee chiare, perché la trama parte da uno spunto sensato, ovvero le sperimentazioni dei militari con la Trioxina, per poi portare la storia in territori che interessano a Yuzna, infatti al regista di Re-Animator 2 basta una riga di dialogo per giustificare gas e bidoni pieni di zombi e poi ha campo libero per fare il suo film.

Si vede che Brian Yuzna è arrivato in città?

Dai forza, caviamoci via il dento, visto che parliamo del regista dei due The Dentist, mi sembra anche una metafora azzeccata: il mondo si divide in due, chi detesta con tutte le sue forze “Il ritorno dei morti viventi 3” e chi lo ama alla follia. Va detto che in questa seconda categoria siamo in diciassette, alcuni dei quali forse nemmeno più in vita, ma personalmente non ho dubbi, insieme al primo il mio capitolo preferito della saga, a mani basse proprio.

A detta di Yuzna, riguardo al suo Re-Animator 2 ha avuto un solo grande rimpianto, aver potuto dedicare pochi minuti sullo schermo alla donna rianimata da Herbert West, quindi per certi versi l’origine di “Return of the Living Dead III” sta tutta qui, visto che di base siamo davanti ad una storia d’amore, un Romeo e Giulietta particolarmente concentrato sulla parte in cui lei muore, in cui lei è la seconda morta vivente più sensuale ed iconica di questa saga, ovviamente dopo la nudissima Trash di Linnea Quigley.

Curt Reynolds (J. Trevor Edmond) è il figlio del generale, in quanto tale cresciuto all’interno dei canoni del rigore, quello che niente più dell’adolescenza fa venir voglia di calpestare prendendone le distanze, forse per reazione il ragazzo è un rockettaro con una cotta per la più matta in circolazione, ovvero Julie Walker. Anche se va detto, il fatto che Julie sia fatta a forma di Melinda Clarke (qui accreditata come Mindy Clarke) aiuta, e nemmeno poco.

Quando non hai bisogno di chiedere da accendere perché sei già bollente: Melinda Clarke.

Yuzna ci racconta tutto questo senza bisogno di dialoghi o spiegoni, anzi ci butta nel vivo (ah-ah) di storia e personaggi attraverso il “passi” quello che oggi chiunque chiamerebbe “badge” (perché si sa, l’inglese è la lingua ufficiale in uno strambo Paese a forma di scarpa) rubato a papà e usato per infilarsi nella base segreta, luogo ideale per i ragazzi per assistere agli esperimenti con la Trioxina e anche per Brian Yuzna per scatenarsi. Il film procede talmente dritto per dritto, che persino il fatto che la sicurezza in questa base sia un colabrodo, viene chiarito dalla presenza della nuova responsabile il ten. col. Sinclair (Sarah Douglas) mandata sul posto proprio per dare un giro di vite (e vita) ad un posto dove si gioca con la morte.

Gli esperimenti sui cadaveri, impossibili da mancare visto che indossano un “Mankini” degno di Borat, sono il modo con cui Yuzna torna a rendere questa versione dei morti viventi una macchina di morte inarrestabile, i militari sono costretti ad inventarsi un fucilone a proiettili congelanti, lentissimo da ricaricare, che in teoria dovrebbe essere l’arma anti-zombi definitiva, ma in pratica sembra compensazione, ho il fucilone-one-one quindi mi sento al sicuro, ma comunque l’invasione comincia lo stesso, restando sul fondo di una vicenda che Yuzna decide di raccontarci come una storia d’amore.

Una storia d’amore, si vede chiaramente no?

La fuga dei due novelli Romeo e Giulietta come da tradizione finisce in tragedia, ed è qui che “Return of the Living Dead III” piazza la zampata, per certi versi è un film che parla del lutto dal punto di vista maschile, come faceva Cimitero vivente, ma invece di avere per protagonista un padre, con tutte le sue paterne responsabilità, qui ha un ragazzo che finalmente ha trovato una uguale identica a lui (quasi-cit.) ed è già costretto a doverla salutare per sempre, cosa che ovviamente non vuole fare, non dopo aver visto gli effetti della Trioxina.

Tromeo Trioxina & Juliet 

La differenza sugli effetti a lungo termine qui è rappresentata proprio da Julie, una che ci viene mostrata (sempre senza troppi spiegoni) come già piuttosto propensa al masochismo, visto che nella sua entrata in scena Melinda “Mindy” Clarke gioca a non togliere la mano piazzata sulla fiamma accesa di uno Zippo. Infatti una volta “ritornata” Julie riesce a tenere a bada gli effetti della fame di cervelli così, con il dolore, e ditemi se non esiste una metafora più adolescenziale di questa. Certo, però in puro stile Yuzna, dove il volume della radio viene alzato ad undici come l’amplificatore degli Spinal Tap, quindi aggiungo: brutto?

«Sarò tanto cattiva… Ma mi sento così… Bene!» (cit.

Difetti? Fondamentalmente la rappresentazione dei personaggi di contorno, i bulletti che iniziano a perseguitare i due ragazzi sono quanto di più stereotipato si possa trovare, ma va anche detto che non siano poi troppo distanti dalla media degli altri film della stessa tipologia targati 1993, quindi non me la sento nemmeno di farne una colpa a Yuzna, anche perché gli altri film dello stesso periodo, se lo scordano un personaggio di contorno come il traghettatore, in originale “Riverman”, il senzatetto interpretato da Basil Wallace che regala a tutti una lezione sulla versione semplificata del concetto di Karma.

I personaggi secondari di Yuzna sembrano sempre pronti per un loro film solista.

Tutta la storia per cui il Traghettatore, aiuta il protagonista in difficoltà inizialmente, non si sa nemmeno davvero perché, solo per poi tirare fuori la storia del gettone del Luna Park, una sorta di catena di sant’Antonio in cui si consegna il gettone a qualcuno in difficoltà e lo si aiuta, con la promessa di fare poi lo stesso con qualcun altro. Sul passato di “Riverman” ci sarebbe un film dentro al film che Yuzna non ha bisogno nemmeno di raccontare, anche se poi usando quell’approccio così pessimista e serio, in aperto contrasto con il capitolo precedente (che provava a far ridere senza riuscirci), tira fuori un film di grande personalità, nerissimo e dominato da un personaggio entrato a far parte dell’immaginario Horror.

«Ora ti faccio a fette io brutta copia di Freddy Krueger!»

Julie per tenere a bada la fame, si trasforma in qualcosa che sta a metà tra un Cenobita di Hellraiser e una regina della “body modification” ben prima che il concetto diventasse di pubblico dominio. Per non parlare del fatto che in “Return of the Living Dead III” ci sarebbe anche tutta la sottotrama su Julie, che di colpo si ritrova a dover affrontare una condizione del tutto non richiesta per via dell’uomo che l’ama, un sacco di roba, tutta stipata insieme in 93 minuti (97 nella versione senza censure), in cui Yuzna fa quello che gli pare, alla grande, senza mai tediare il pubblico anche cambiando totalmente lo spirito di una saga nata come commedia-horror, se non proprio uno tra i padri nobili del genere. No io dico trovatelo un altro regista con tanta personalità da potersi permettere di cambiare tutto, di portare il suo “Body Horror” in una saga nata ironica e di mandare comunque a segno uno dei capitoli più riusciti. Ribadisco, siamo in diciassette ad amare questo film, siamo pochi ma siamo una lobby molto potente.

Fatevi dare una carezza da Julie. 

Voglio bene a questo film per molte ragioni e ricordi, anche perché l’ho scoperto ai tempi della prima messa in onda su TMC, in seconda serata per altro, con ancora il doppiaggio storico, prima che papà il colonello cominciasse a parlare con la voce italiana di Clint Eastwood, quella che sfoggia nel ridoppiaggio, quindi ho anche motivi affettivi che mi legano a questo oscuro gioiellino firmato da Yuzna.

Visto che siamo in argomento, chiudo dicendo che esistono altri due seguiti nella saga di “Return of the Living Dead” spendo due parole su questi capitoli tanto in questo “Versus” mi pare chiaro chi sia il trionfatore per me, quello che ci tengo a dirvi sui due film del 2005 è questo, proprio due parole: Fanno. Schifo.

Devo proprio argomentare? Due pezzentate nemmeno mai uscite qui da noi (per fortuna), girate a tirar via in qualche sottoscala Bulgaro, se non li avete mai visti non vi perdete niente, piuttosto, riguardatevi il film di Brian Yuzna visto che compie i suoi primi trent’anni, tempo speso decisamente meglio!

Sepolto in precedenza giovedì 12 ottobre 2023

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