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Il ritorno dello Jedi (1983): sono stato via e a tutti sono venute manie di grandezza!

Anche la sacra Trilogia raggiunge il suo ultimo atto, quello conclusivo, probabilmente il capitolo più debole dei tre, ma capace comunque di creare quintali di iconografia, Classido! Ma proprio facile facile…

Tanto tempo fa, in uno strambo Paese a forma di scarpa vicino vicino…

“Mu stela! Ma quello lì brutto così te lo sogni stanotte” disse mia nonna, per chi non avesse familiarità con l’Emiliano mu stela è una roba affettuosa, non è un’espressione in lingua Ithoriana.
Interviene in risposta mio padre “Lo ha già visto almeno dieci volte”, inutile aggiungerlo, ma lo ribadisco lo stesso, storia vera

Sono abbastanza sicuro che il film in questione fosse proprio “Il ritorno dello Jedi”, quello di cui non sono certo è l’identità del bruttone che avrebbe dovuto provocarmi gli incubi, punterei su Chewbecca, ma non ho modo di verificare.

Immagino che chiunque di voi abbia 27 storie come questa legata a Star Wars, di tutti i capitoli della TRILOGIA, l’ultimo “Il ritorno dello Jedi” è forse quello capace di fare più presa sulla mente dei più piccoli, non tanto per la presenza degli Ewoks, più che altro per l’atmosfera più solare e, ovviamente, per il fatto che alla fine i buoni vincono.

Riguardando questo film negli anni (e vi assicuro che come tutti i film della TRILOGIA l’ho visto davvero un numero esagerato di volte) è più facile notare i difetti della pellicola che ha il compito di concludere la storia, ma andiamo con ordine, prima di tutti, George Lucas deve trovare un regista per il terzo capitolo… Un altro! George Lucas deve trovare un regista per il terzo capitolo… Un altro!

I registi contattati da Lucas hanno pensato la stessa cosa…

Sì, perché Irvin Kershner dopo l’impero colpisce ancora, non ne ha più voluto sapere nulla, aggiungendo solo un “Va bene così grazie”, quindi Lucas novello Palpatine, ha dovuto nuovamente cercare altri registi da portare verso il lato oscuro della regia. Le prime scelte di Giorgione sono due: David, il primo di cognome fa Lynch, che annusa l’aria, capisce che non avrebbe potuto avere molta libertà creativa e rifiuta la proposta, imbarcandosi nel progetto “Dune”… In linea di massima sapete come sono andate le cose (malino).

L’altro David, è il mio secondo Canadese preferito, Cronenberg. Davide Birra era già impegnato con le riprese di “La zona morta” e “Videodrome”, considerando che il secondo è uno dei suoi (tanti) film migliori, direi che va bene così. Volevo solo provare a farvi pensare come sarebbe potuto essere uno Star Wars diretto da Lynch: Ewoks che ballano in stanze rosse parlando al contrario, Wookie giganti che parlano per enigmi e un pilota di caccia Tie che si aggira per il set con un ceppo di legno in mano. Oh! Non che una versione “made by Cronenberg” avrebbe regalato meno chicche, dal triangolo amoroso (al limite dell’incesto) tra Leila, Luke e Han, Cronenberg avrebbe tirato fuori una roba torbidissima e, a proposito di tirare fuori, magari una bella scena in cui Darth Vader estrae la spada laser dal proprio stomaco… Beh, ci sarebbe stato sicuramente da divertirsi!

Dopo aver visto “la cruna dell’ago” tratto dal celebre romanzo di Ken Follet, Lucas si convinse che l’uomo giusto per completare la TRILOGIA era Richard Marquand, il regista inglese dell’adattamento. A mio avviso, Marquand ha fatto un buon lavoro, quello che manca è proprio la personalità di Irvin Kershner, uno che su un set difficile ha saputo tirare fuori un film cupo e riuscito, malgrado le enormi aspettative.

L’Agente di Richard Marquand mentre consiglia al suo assistito di accettare la regia del film…
Per altro, abbiamo seriamente corso il rischio di ricordare questo film con un titolo del tutto diverso, perché la prima idea di Lucas era intitolare la pellicola “La vendetta dello Jedi”, la locandina era già pronta, ma all’ultimo minuto il regista dalle camicione a quadrettoni realizzò che la vendetta non è roba da Jedi, quindi modificò il titolo. Molti anni dopo, però, andò a ripescare quell’idea per Episodio III – La vendetta dei Sith, che suona decisamente meglio. Almeno il titolo.

Se in cantina avete questo poster, i vostri figli hanno già l’università pagata.

Do per scontato che la storia la conosciate tutti, per quanto mi riguarda “Il ritorno dello Jedi” è il film dove finalmente si vede Jabba, tre film passati a sentir parlare di questo temibile Gangster spaziale ed è proprio in questo film che facciamo la sua conoscenza. Lo slinguante trippone resta una delle creature più mitiche e riuscite di tutta la saga, l’utilizzo di effetti speciali animatronici rendono al meglio tutti i rotoli di ciccia di Jabba, per questa ragione (e per molte altre) ho sempre considerato i vari rimaneggiamenti fatti a Lucas alla TRILOGIA delle fastidiose perdite di tempo.

Nella “Special Edition” del primo film, l’inutile scena (in pessima CG) in cui Jabba parla con Han Solo l’ho sempre trovata dannosa, non fa altro che depotenziare l’entrata in scena del personaggio nel terzo film. Il fatto che sia un grosso mascherone gommoso inamovibile non fa che migliorare il personaggio, lo vedi lì, circondato da sgherri poco rassicuranti, tanto grasso da non potersi quasi muovere, direi che non potevano inventarsi nulla di migliore per portare in scena l’avidità del personaggio. Inoltre, sono sempre andato giù di testa per la sua parlata incomprensibile, per dirvi dell’influenza della saga creata da George Lucas nella vita reale, vi confesso che ho una specie di scala di degradazione lavorativa, quando la giornata diventa esageratamente stressante, raggiungo l’ultimo livello di abbruttimento lavorativo, quella che io chiamo “La fase Jabba”. Ovvero: quando ti spalmi sulla sedia e per colpa dell’alienazione, il tuo cervello non comprende più le parole che escono dalla tua bocca, il risultato è una roba che suona tipo “Blu bla wah ka Han Solo bu bueh… Buahahah!”. Sono sicuro che avete avuto qualche lunedì così anche voi.

Sono sicuro che anche voi avete avuto qualche Lunedì così.
Fin dal titolo, è chiaro che per la prima volta nella TRILOGIA ci troviamo di fronte ad uno Jedi fatto e finito, il percorso di crescita di Luke, iniziato nella celeberrima scena del tramonto su Tatooine nel primo film, qui si completa. Quello che entra nel palazzo di Jabba è il primo Jedi della saga, fate due conti: Obi-Wan è anziano e muore troppo presto, si può dire quasi lo stesso di Yoda. L’unico a padroneggiare la Forza e la spada laser per tutta la TRILOGIA alla fine è Darth Vader, anche se gioca per la squadra dei cattivi (che ancora non si chiamavano Sith), questo è il motivo per cui molti considerano l’ansimante spilungone il loro personaggio preferito di “Star Wars”, per questo e per il fatto che lui è il vero protagonista di tutta la saga.
«Posso mettere una buona parola per te Luke… Conosco il regista»

C’è qualcosa di incredibilmente epico nello scontro edipico tra Luke e Darth Vader, il ragazzo diventa uomo (e Jedi) affrontando il suo passato e allo stesso tempo il suo nemico più grande. Vader, l’angelo caduto, il messia traditore, ritrova se stesso e realizza la profezia portando equilibrio nella forza, l’unico Jedi ad essere passato al lato Oscuro e ad essere riuscito a tornare indietro. Il finale con la versione “Fantasmosa” dei tre maestri di Luke è così importante che in una sola inquadratura vediamo Obi-Wan, Yoda e Anakin (interpretato da Sebastian Shaw) di nuovo umano, non ha alcun senso il rimaneggiamento di Lucas che ha voluto metterci per forza quella faccia da pirla di Hayden Christensen! Quasi tutto quello che è stato fatto da Lucas dopo il 1983 è da considerarsi negativo, se non addirittura dannoso.

Una delle cose uscite da questo film ed entrate direttamente a far parte della cultura popolare è senza ombra di dubbio il bikini dorato della principessa Leila. Ora, fingiamo di aver già affrontato tutta l’eterna diatriba di quanto risulti sessista prendere l’unico personaggio femminile della saga e costringerla a fare la schiava di un laido panzone, parliamo solo del bikini dorato che ha turbato tanti sogni.

Scusate se non vi credo, quando dite che preferite le trecce-cuffia sulle orecchie.
Pare che il pezzo sopra del costume stesse su quasi per miracolo, risultato ad ogni piè sospinto Carrie Fisher restava con le sise al vento. Mi immagino lo sfortunato addetto alla pulizia, che ogni sera doveva ripulire il set dal sangue espulso in stile geiser, dal naso di tutti i maschietti (attori e tecnici) nelle prossimità della Fisher, la sindrome E.N.E. (Epistassi Nasale Esplosiva) deve aver avuto un boom nel 1983.
La stessa Carrie Fisher ha ammesso in un intervista (una di quelle dove era di buon umore evidentemente…) che è contenta di avere una testimonianza di quando era magra. Negli anni poi il costume da “Slave Leia” è diventato il pezzo più ambito, quando compare indossato da qualche Cosplayer alle fiere del fumetto di tutto il mondo, questo bisogna dirlo, anche se ho sempre considerato il Cosplay un’attività davvero inquietante, ma questo è un altro discorso.
La prova finale per un Jedi: Ricordarsi che quella è sua sorella.

Veniamo alle cose che non funzionano in questo film. Ad ogni visione, anche la numero mille mila milioni di miliardi, ci resto malissimo per la morte di Yoda (“Quando 900 anni tu avrai, bello non sembrerai”) no sul serio, ogni volta ci resto male, mi ripeto che a 900 anni ha avuto il tempo di farsi la sua vita, che ha passato gli ultimi anni in una confortevole (!) palude umida, che si è spento senza soffrire, ma niente, proprio il magone ogni volta cala come un’ombra. Prima i turbamenti della sorellina Leila, poi la morte di Nonno Yoda… Dannato George Lucas!!

Quello che per me è IL difetto più grosso del film, però, è un altro, lo dite voi o lo dico io? Lo dico io perché sono quasi sicuro che molti di voi stanno pensando agli Ewoks. No, di quei piccoletti parliamo dopo, per me il problema più grosso de “Il ritorno dello Jedi” è il fatto che Han Solo sia ridotto ad un personaggio quasi marginale.

«Che maniere! Non è ancora il momento di parlare di voi piccoletti!»

Dopo il successo de “I predatori dell’arca Perduta” e “Blade Runner”, Harrison Ford era un divo che levati, ma levati proprio. Il motivo per cui il Comandante Solo è finito nella grafite alla fine de L’Impero colpisce ancora era proprio questo: la presenza di Harrison Ford nel terzo film era in dubbio. Il problema che una volta liberato dalla sua condizione di “Fermacarte più grande del mondo” Solo è Solo (ah-ah! L’avete capita? Solo… Cassidy viene gettato tra le fauci del Sarlacc) una versione di se stesso temporaneamente accecata, ma perennemente ridimensionata.

Le gag al limite dello slapstick con cui si libera di Boba Fett (“Boba Fett? Dove?” SBAM! Morto) sono poca cosa e, proprio in virtù di quanto dicevo poco fa sul Cosplay, non ho mai capito come un personaggio cazzuto sì, ma minore, che per altro muore come un cretino, sia riuscito a diventare uno degli idoli dei fans. Ma Star Wars è così: ogni suo dettaglio, anche il più piccolo, è stato mitizzato degli anni successivi all’uscita di questo ultimo capitolo.

«Liberarmi Lando!» , «Devo prima recuperare il casco di Boba Fett… Su eBay varrà una fortuna!»
Fin da bambino ho sempre mal sopportato il fatto che a comandare l’attacco alla Morte Nera, alla guida del Millennium Falcon fosse Lando Calrissian (riportato tra le fila dei buoni nel giro di due frettolosi dialoghi), invece di Han, impegnato a fare da tappezzeria su Endor. Nell’ottica di questo ridimensionamento di un personaggio mitico, la celebre battuta “I love you”, “I know” pronunciata a ruoli invertiti, anzichè che urtarmi l’ho sempre considerata la resa di un personaggio fuori dagli schemi, anche per la media piuttosto alta di stranezza di Guerre Stellari.

«Tranquillo Cass, l’anno prossimo mi consolo visitando un tempio maledetto e spupazzandomi la moglie di Spielberg»

Ma io lo so di cosa volete sentirmi parlare: degli Ewoks. Quando si parla di questo film non si può non parlare degli Ewoks, parafrasando il proverbio è come andare a Roma e non vedere il Papa, che poi il Papa tecnicamente non sta a Roma, ma moh come mi è venuto ‘sto proverbio? Bah!

Originariamente il pianeta boscoso avrebbe dovuto essere l’impronunciabile Kashyyyk, che quasi 30 anni di storia non ufficiali, tra fumetti, romanzi e videogames, ci insegnano essere il pianeta natale (auguri!) degli Wookiee. Ora, io non so se Lucas abbia ritenuto troppo complesso trovare un numero sufficiente di attori, alti quanto il mitico Peter Mayhew (il ripieno di Chewie), ma, a mio avviso, far venire giù 40 giocatori di basket sarebbe stato più semplice che trovare altrettanti nani da stipare dentro i costumi degli Ewoks.

Gli Endor Globetrotters in posa per la foto di squadra.

Quello che temo è che questa scelta sia il primo segnale delle degenerazione cerebrale di George Lucas, che anni dopo avrebbe portato a risultati tragici (…. Sì, sto pensando ad Episodio I). Di loro, gli Ewoks non mi sono mai risultati nemmeno antipatici, in fondo come dice Han Solo “Un aiuto piccino è sempre un aiuto”, ma non riesco a non pensare quanto sarebbe stata figa la battaglia sulla luna boscosa di Endor, se al posto degli Ewoks ci fossero stati un esercito di Wookie incazzati. Il risultato sarebbe stato qualcosa capace di farti affermare “Woa! Figo!” invece, di “Guarda come è tenerino quell’orsetto mentre impugna la sua lancia”. Ma tranquilli, al pari del titolo “La vendetta dello Jedi”, anche la battaglia con i Wookie è stata riciclata per Episodio III… Ne parleremo, restate tonnati!

Il film è stato l’ennessimo successo commerciale esagerato, 475 milioni di ex presidenti defunti stampati su carta verde sono il fatturato finale, di cui 309 di questi solo negli Stati Uniti. “Il ritorno dello Jedi” come ogni finale di trilogia che si rispetti, è appesantito dal compito di dover concludere tutte le trame, guardandolo come film a sé. La prima parte di “Return of the Jedi” sembra quasi ispirato ai romanzi di Edgar Rice Burroughs: abbiamo un potente guerriero, un sacco di mostri sbavanti e una principessa poco vestita da salvare, poi il film svolta e si occupa di concludere l’arco narrativo di Luke (e di Anakin), la distruzione della Morte Nera (di nuovo!) sembra quasi un passaggio obbligato che serve a dare il via alle celebrazioni per la vittoria dei buoni, che sanno tanto di saluti finali per questi personaggi.

«Ti sei ricordato di chiudere il gas?»

“Il ritorno dello Jedi” non ha il genio favolistico di Guerre Stellari, né gli abissi oscuri de L’Impero colpisce ancora, capisco perché sia il capitolo che di solito piace di più ai bambini, ma forse il suo vero merito è stato quello di concludere una storia così tanto amata. Un minuto dopo la fine dei titoli di coda nel 1983, questa Saga è stata consegnata all’immaginario di almeno tre generazioni di spettatori, che con essa sono cresciuti, questo è il motivo per cui è così difficile parlare della TRILOGIA.

Star Wars non è considerabile fantascienza, ma la sua Forza (è il caso di dirlo) è che ha saputo regalare ad una generazione orfana di eroi, un intero nuovo universo di personaggi su cui fantasticare, un mito che si è alimentato della passione dei fans per più di 30 anni. Una volta si raccontavano le favole della buona notte, ora le favole sono popolate di Droidi, Cavalieri Jedi e sono illuminate di rosso, verde o blu, dipende dal colore che preferite della Spade Laser. Che la Forza sia con voi!

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