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Il Signore del male (1987): I live! I live! I live! I live! I live! I live! I live!

Quando vivevo con i miei e andavo ancora al lavoro in auto avevo fatto amicizia con un gattone nero, che tutte le mattine mi fissava a debita distanza mentre uscivo dal garage, un giorno, complice il rincoglionimento mattutino, quel gatto che mi fissava silente, mi ricordò i senza tetto di questo film, da allora ho deciso di chiamarlo “Il signore del male”. Ancora oggi penso sia un bel nome per un gatto, ma di sicuro, è un bel titolo per un film dell’orrore! Benvenuti al consueto appuntamento con… John Carpenter’s The Maestro!

Dopo i disastri al botteghino de La Cosa e di Grosso guaio a Chinatown, John Carpenter non si lascia abbattere, anche perché credo che nemmeno le cannonate possano abbatterlo. Il Maestro sottoscrive un contratto con la Alive Films, una cosina molto azzeccata alle necessità di Giovanni in quel periodo.

La Alive Films si fa carico della distribuzione in home video dei vecchi film di Carpenter che, ridendo e scherzando, sono comunque dei titoli molti interessanti, considerando il fatto che La Cosa, proprio in home video, si stava riconquistato il titolo di capolavoro che ha sempre meritato. In cambio la Alive Films avrebbe prodotto quattro film del regista, il tema? Libero, creatività totale, Maestro faccia pure quello che vuole.

Niente male come contrattino, Carpenter per la prima volta dopo parecchio tempo, si trovava di nuovo nella posizione di poter fare i suoi film, senza doversi preoccupare della risposta del botteghino, già solo con gli introiti dell’home video, si trovava in attivo. Giovanni si alliscia i baffi e parte alla grande!

Posso avere anche il tema musicale oltre che i titoli di testa del film?

Il primo film che sforna è proprio “Il signore del male”, uno dei titoli della sua filmografia di cui si parla sempre troppo poco, per una ragione chiara e semplice: si tratta del secondo capitolo di quella che è stata soprannominata la “Trilogia dell’apocalisse” che oltre a questo titolo comprende La Cosa e “Il seme della follia” (prossimamente su questi schermi). L’unica colpa di “Prince of Darkness” è quella di essere il figlio di mezzo della trilogia, incastrato tra quelli che probabilmente (ma anche senza probabilmente) sono i migliori film mai girati dal Maestro, eppure non ho dubbi… Classido!

Ma per quanto mi riguarda, “Prince of Darkness” può girare per strada a testa altissima, ogni volta che mi ritrovo a pensare (piuttosto spesso in effetti) ai film dell’orrore che fanno DAVVERO paura, “Il signore del male” è sempre uno dei primi titoli che mi vengono in mente.

«Andiamo Victor, il Maestro ha di nuovo bisogno di noi…»

Padre Loomis (nome non scelto a caso visto che è interpretato dal grande Donald Pleasence, al terzo film con Carpenter) eredita il difficile ruolo di prete custode di una vecchia chiesa di Los Angeles, dov’è custodito un minaccioso cilindro ripieno di un liquido verde sempre in movimento. La sostanza misteriosa è stata tenuta nascosta anche al Vaticano per decenni. Nel tentativo di capire qualcosa di più, Padre Loomis contatta il professor Howard Birack (Victor Wong, secondo film con il Maestro ed ennesimo ruolo di culto della sua carriera), il docente della University of Southern California (la stessa dove ha studiato Carpenter insieme all’amico Dan O’Bannon) porterà con sè i suoi studenti migliori per studiare da vicino quella robaccia verdastra.

Il bagnoschiuma più incazzato del mondo.

La apparecchiature installate dai tecnici dimostrano che il liquido è vivo e senziente, comunica attraverso un complesso mix di lingue antiche e formule matematiche, alla luce dei fatti gli uomini di scienza capiscono presto di essere di fronte alla pura essenza del male, sinistramente attratta dai corpi umani e dagli specchi… Se tutto questo non fosse sufficiente, vermi e insetti di vario tipo iniziano ad essere calamitati dalla Chiesa, così come succede agli inquietanti senza tetto che, come il gatto della mia storiella, fissano (in maniera poco rassicurante) il gruppo di ricercatori all’interno dell’edificio. Insomma: un tranquillo week end di paura, in cui non è possibile nemmeno farsi una dormita, infatti, uno alla volta quasi tutti i protagonisti iniziano a fare lo stesso sogno, una figura spettrale sulla porta delle chiesa e una voce che comunica dall’anno… Uno… Nove… Nove…

Scusatemi, ma questa è talmente geniale che non posso non utilizzarla!

Nel cast troviamo un riuscito mix di vecchie conoscenze Carpenteriane, ai già citati Pleasence e Wong, aggiungete anche Dennis Dun, il mitico Wang di Grosso guaio a Chinatown. Questi tre attori sono stati voluti da Carpenter a tutti i costi, tanto che i loro personaggi sono stati scritti da Giovanni apposta per i tre attori, questo spiega perché Walter, il personaggio di Dennis Dun, da solo scardina parecchi clichè dei personaggi Horror dello stesso tipo, essendo il simpaticone del gruppo, non perde occasione per stemperare e raccontare barzellette (sceme) nemmeno nei momenti di massima tensione, che in questo film, vi assicuro non mancano!

«Cosa c’è scritto?» , «Inferno dei laureandi assediati in chiesa»

Completano il quadro Jameson Parker (celebre per la serie tv Simon & Simon) e Lisa Blount. Ora, a costo di fare quello che batte sempre sullo stesso tasto: anche questa volta il gran occhio di Carpenter per le attrici si riconferma.

Anche qui Carpenter utilizza uno pseudonimo, non per curare il montaggio del film (come fatto per Distretto 13), ma per firmare la sceneggiatura del film che viene accreditata a tale Martin Quatermass, un chiaro riferimento al Dottor Dottor Bernard Quatermass. L’idea di Carpenter è quella di rendere omaggio a Nigel Kneale, scrittore e sceneggiatore di romanzi e serie tv di fantascienza.

Ma gli omaggi nei nomi non si limitano a questo: il personaggio interpretato da Lisa Blount si chiama Catherine Danforth, cognome di uno dei protagonisti de “Alle montagne della follia” di H.P. Lovecraft, il solitario di Providence e i suoi orrori infiniti, sono la materia di cui è fatta la “Trilogia dell’apocalisse” Carpenteriana, questo film è quanto di più Lovecraftiano vi possa capitare di guardare nella vostra vita, garantito al limone.

Ma la trovata più gustosa di tutto il casting è il capo dei senza tetto che assediano la chiesa, sotto il pastrano e il cappellaccio di lana troviamo il grande Alice Cooper, che per non farsi mancare nulla, ha composto anche il tema principale “Prince of Darkness”, contenuta nell’album “Raise Your Fist and Yell”.

Study’s the world with hungry eyes…

Il soggetto de “Il signore del male” è frutto di un’idea della solita Debra Hill, la storica collaboratrice del Maestro raccontò a Carpenter l’idea di una figura sinistra, che compare sulla soglia di una chiesa, Giovanni elaborò il tutto nel suo testone, mescolando le sue letture su Tachioni e fisica quantistica, alla sua ossessione per la religione. E’ cosa piuttosto nota che Giovà ai tempi leggeva libri di fisica come voi ed io leggiamo Salgari, mentre la fissa per la religione, pare che sia nata grazie all’utilizzo dell’acqua santa nei film Horror classici, in particolare quelli della Hammer, tanto che il secondo omicidio che si vede in questo film (l’accoltellamento di fronte alla chiesa) ricorda molto da vicino una scena simile del film “L’implacabile condanna” (“The Curse of the Werewolf” 1961) di Terence Fisher, uno che la Hammer la conosce molto bene.

Il sorrisetto fuori luogo che ogni volta mi regala un golfino di pelle d’oca.

L’idea del Maestro era quella di sfornare un film con un’atmosfera completamente terrorizzante, un soggettto che tentasse qualcosa di nuovo nel tema della meccanica quantistica e della religione, da qui l’idea che se la scienza ha provato l’esistenza della materia e dell’anti materia, allora se la religione predica l’esistenza di un Dio del bene, probabilmente potrebbe anche esistere un Anti-Dio fatto di puro male.

Carpenter non prende prigionieri, attraverso i dubbi di Padre Loomis non le manda dire alla Chiesa, colpevole di nascondere una verità scomoda su Gesù, descritto come un profeta sì, ma anche pazzo, una cosina che Giovanni butta lì nel mucchio, pensare che Dan Brown per molto meno ha scatenato un mezzo putiferio (e venduto un sacco di libri), anche se non sa scrivere bene come Carpenter, quello è poco, ma sicuro!

Scienza e religione concordano su una cosa: I libri di Dan Brown sono una fregatura.

Il messaggio di Carpenter, però, va oltre il semplice dualismo “La Scienza è figa!” contro “La religione puzza!”, il Maestro è molto meno banale di così, ma anche infinitamente più pragmatico e cinico. Per Carpenter se anche un Dio (e la sua negazione) dovesse esistere, non potrebbe mai essere fatto ad immagine e somiglianza dell’uomo come predicano le religioni. Anzi, la faccenda è ancora più complicata perché la religione è inutile nel suo cercare di interpretare le forze superiori, mentre la scienza può limitarsi a spiegare alcuni segnali, senza mai davvero poterli controllare o opporsi.

Di fatto, Carpenter prende scarpe e pallone e porta il suo talento nel campo da gioco dell’unico bipede al mondo che ha saputo descrivere Dei e orrori indescrivibili, il risultato è che “Prince of Darkness” è un film totalmente Lovecraftiano.

H.P. vecchio mio… Qua la mano!

Il film va volutamente in crescendo, con il passare dei minuti l’orrore diventa sempre più tangibile e minaccioso, il fluido verde possiede corpi umani manipolandoli e deformandoli (un po’ come faceva la creatura aliena de La Cosa) e i protagonisti si trovano assediati nella chiesa dai senza tetto posseduti (un esercito senza volto come gli aggressori di Distretto 13).

Per vedere il primo omicidio bisogna attendere una mezz’oretta, il “primo sangue” è firmato da Alice Cooper, la Rockstar sul set ha ricevuto la direttiva di non esagerare con la recitazione, non come il vecchio Alice è solito fare nei suoi concerti, il Maestro ha specificato: «Alice, comportati come uno con il cervello completamente andato, niente facce e faccette.»

«Bravo Alice, così sei perfetto… Buona la prima!»

Il risultato è efficacissimo: gli assedianti sono sinistri e inquietanti ed Alice Cooper è il loro degno capo, il cantante si è calato così tanto nel ruolo che il rottame di bicicletta che il suo personaggio utilizza per ammazzare uno dei tecnici (per altro interpretato dall’esperto di computer della serie tv “Riptide” per chi di voi è della mia leva e ancora la ricorda) faceva parte degli attrezzi di scena di Cooper e se l’era portata letteralmente da casa (storia vera!). La cosa curiosa è che il nerd viene ammazzato da Alice Cooper, mentre in cuffia sta ascoltando “Prince of Darkness” di… Alice Cooper. Che è un po’ come se io mi mettesti a spalmare fette di pane e marmellata ogni volta che ascolto i Pearl Jam.

Visto che stiamo parlando di musica (più o meno), parliamo anche delle musiche del film, come al solito firmate da John Carpenter insieme ad Alan Howarth. Lo sanno anche i sassi che Carpenter è geniale alle tastiere almeno quanto lo è dietro la macchina da presa, eppure con le musiche di “Prince of Darkness” si è superato, non solo i singoli pezzi sono incredibilmente sinistri e capaci di rendere l’idea di un male strisciante pronto a tornare in vita, ma è proprio il modo in cui accompagnano le singole scene ad essere esaltante e terrificante allo stesso tempo. Rivedendo (sempre con grande gioia) questo film per la rubrica, mi sono ritrovato a pensare che negli Horror moderni di solito la musica sottolinea solamente i momenti “BUUU!”, mentre Carpenter riesce a farti capire quanto nella cacca siano i protagonisti, solo dall’intensità con cui le musiche si fanno largo nella pellicola, un utilizzo davvero espressivo della musica che raramente capita di ascoltare in un film Horror.

«Prima il tema di ‘Halloween’ ora anche questo…»

Come dico sempre, Carpenter è Maestro anche nel caratterizzare i personaggi femminili. Ad un certo punto di “Prince of Darkness” tutte le possedute portatrici del male sono donne, ma anche l’eroina principale del film è la rossa Lisa Blount, personaggio che Carpenter tratteggia con davvero poco, un dialogo in particolare è molto riuscito, quando Brian le chiede: “Who was he, the one that gave you such a high opinion of men?”, si capisce molto del personaggio e sulle dinamiche della coppia. Di fatto, si tratta di un omaggio di Carpenter ad “Acque del Sud” di Howard Hawks (Ma dai! Giovanni che omaggia Hawks? Non succede mai!), in cui Lauren Bacall chiedeva quasi la stessa cosa ad Humphrey Bogart, soltanto invertendo i ruoli di chi fa la domanda, Carpenter mette in chiaro chi è la vera protagonista di questo film.

Nota a margine extra cinematografica: Anche una bella protagonista.

Come al solito, Carpenter cava sangue dai centesimi del budget, semplicemente montando al contrario (come fatto per la scena di resurrezione di Christine), il Maestro ottiene degli effetti visivi opposti alla fisica del pianeta, tipo il liquido verde che gocciola verso l’alto e allaga il soffitto, che poi a ben pensarci, in un film che contiene al suo interno tale livello di Satanasso, è un po’ come far girare al contrario i dischi dei Black Sabbath (o di Alice Cooper) in cerca di invocazioni sataniche… Vuoi vedere che il Giovanni lo ha fatto apposto? Diavolaccio!

Qualcuno per favore chiami Max Von Sydow.

Dove “Il signore del male” eccelle non è solamente nel tenere sulla corda lo spettatore, creando un riuscitissimo film d’assedio (la scena in cui Walter è chiuso nello sgabuzzino, risulta efficace anche dopo centinaia di visioni), ma anche alzando di parecchio l’asticella di un altro tema classico del film horror: gli specchi.

Quanti film Horror avete visto nella vostra vita in cui uno specchio era al centro di una scena di tensione? Posso azzardarmi a dire “Parecchietti” (come direbbe mia madre)? Scommetto che ognuno di voi ha la sua scena horror con uno specchio preferita, se dovessi citare le mie probabilmente direi quella dell’armadietto del bagno di “Sbirri oltre la vita” e quella di Ash vs. Ash in La Casa 2, ma ci sono stati anche horror in cui lo specchio è centrale nello svolgimento della trama (sto pensando al recente Oculus). Ecco, da questo punto di vista “Il signore del male” gioca in un’altra categoria, in un altro campionato, anzi in un altro sport! (Cit.)

«Non mi fare le ditate sullo specchio appena pulito!»

Lo specchio diventa il vero portale attraverso cui il male può raggiungere il nostro mondo, semplicemente mostrando una mano della creatura e qualche semplice trucco visivo (come il mercurio, usato per creare l’effetto gocciolante dello specchio) Carpenter rende una normalissima superfice riflettente un elemento di terrore concreto.

L’elemento soprannaturale (lo specchio) e quello scientifico (il messaggio dall’anno uno… Nove… Nove…) si uniscono nel film per cercare di sconfiggere il male, ma quello che ottengono, è un finale che ogni volta risulta NERISSIMO e, malgrado io abbia visto il film un numero imprecisato di volte, ogni stramaledettissima volta QUEL colpo di scena finale mi coglie impreparato. Ecco perché quando penso ai film davvero capaci di tenerti sulla corda “Prince of Darkness” è sempre in prima fila, poi parliamoci chiaro: avete mai provato a tornare a casa di notte, dopo una serata passata a guardare Halloween? Ogni ombra sarà quella della strega (o del boogeyman), alla stessa identica maniera, un minuto dopo la fine dei titoli di coda de “Il signore del Male”, provate a fare una cosa semplice come entrare in una stanza dove c’è uno specchio, provateci, poi ne riparliamo

Il Signore del Male: Ovvero come ho imparato a smettere per sempre di farmi la barba. 

Se anche voi avete fatto un sogno strano, fate un salto sulla pagina de Il SemeDella Follia – FanPage italiana dedicata a John Carpenter, che gentilmente ospita questa rubrica e trasmette messaggi dall’anno Uno… Nove… Nove…

Sepolto in precedenza venerdì 13 maggio 2016

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