Se mi infilo le mani in tasca, trovo sempre briciole, monetine e avanzi di titoli che nella mia ossessione di grafomane, mi dispiace lasciare andare, un’ottima occasione per radunarli in un Triello, tre film caldi caldi appena usciti, uno buono, uno brutto e l’altro discreto, ma vi avviso, ho pasticciato con le categorie, cominciamo!
IL BUONO – Broken Rage (2025)
Sembra che l’unico modo per vedere un film di Takeshi Kitano in uno strambo Paese a forma di scarpa, sia presentarsi al lido di Venezia, dove il nostro non manca mai, io spero sempre che un giorno mi chiami per realizzare il mio grande desiderio: vorrei morire in uno dei suoi film. Vorrei che mi scaricasse addosso un caricatore, da anni mi alleno anche a fare la parte del cadavere che rimbalza sulla sedia colpito dalle pallottole (storia vera).
“Broken Rage” inizia con il nostro Beat nei panni di un personaggio di nome “Topo” (anche questo sarà oggetti di gag, tranquilli) che pensate un po’? Uccide uno seduto scaricandogli addosso un caricatore. Cavolo, poteva essere mia quella parte!
Il nostro protagonista è uno Yakuza che sembra rappresentare il 50% della filmografia del regista, che gioca le sue carte molto bene e in maniera del tutto limpida con il pubblico, “Broken Rage” diventa un film che di colpo, ricalca in modo speculare la vita di un secondo personaggio, sempre impersonato da Beat ma che incarna l’altro 50% della filmografia del regista, le commedie.
Ora non vorrei iniziare a fare il professorino, amo visceralmente il cinema di Kitano e non vorrei citarvi tutti gli esempi dei suoi “Suicidi artistici” (come li ha battezzati il regista), le sue esplosioni di comicità non sono certo una novità, va detto che no, non ho capito perché il film si intitoli “Broken Rage”, mi sa di falsa pista per far sperare in un altro Yakuza Movie del nostro, però oh, fa proprio ridere! Alcune gag sono stupidone come ai tempi di “Takashi’s castle”, altre invece sono uno spasso anche se la prima parte del film, sembra messa su a supporto della seconda, ma che volete, dura un’ora questo film e sta su Prime Video, vi risparmiare anche i soldi del viaggio fino a Venezia.
L’INSPIEGABILE – Flight Risk (2025)
Mel Gibson! Siete già tutti scappati? Eh, posso comprenderlo, il famoso discorso dell’arte e dell’artistica che mi auguro in quanto Bariste a Baristi ormai abbiate fatto vostro, perché parlando dell’arte, i film di Gibson se pur con in testa una volontà di intrattenimento, non per forza realistico (come il cinema), hanno sempre sfoggiato una messa in scena rigorosa, capace di far sospendere l’incredulità anche quando il tuo protagonista risorgeva dopo tre giorni.
Un cinema, quello di Gibson, basato su quella parola famigerata che dal 2020 è diventata più utilizzata dell’avocado nelle ricette, la resilienza, la capacità umana di resistere sempre, mossa da obbiettivi più alti, la giustizia, la libertà o anche la fede. Avevamo lasciato Mad Mel nel mezzo della battaglia di Hacksaw Ridge, un film riuscitissimo, secondo me anche sottovalutato proprio per la fede del protagonista (e del suo regista), quindi potete immaginare prima la mia sorpresa e poi il mio sgomento, nel ritrovarmi Mel Gibson alla regia di un prodottino firmato Lionsgate.
La U.S. Marshal Madelyn Harris (Michelle Dockery ) viene incaricata di scortare nome in codice farlocco “Winston” (Topher Grace), un pentito che deve testimoniare a un importante processo di mafia, il trasporto avverrà su un biplano che ti aspetteresti di norma pilotato da Jet McQuack, ma che si scoprirà presto avere come pilota Daryl Booth (Mark Wahlberg con la pelata vera-finta), un sicario. Il resto del film potete immaginarlo.
Vorrei dirvi che questo filmetto da novanta minuti è un gioiellino di tensione, che Gibson con la sua regia ha saputo sospendere l’incredulità ancora, facendo emergere la resilienza di Madelyn e che il film sia un’altra ottima regia di Gibson, ma dovrei mentire e nemmeno un oggetto volante fa protendere verso un giudizio positivo questa Bara.
Topher Grace recita diciotto metri sopra le righe, già di suo è un attore di cui non mi spiego come faccia ad avere una carriera, ci sta anche il cliché del soggetto da salvare che però vorresti strangolare per la sua petulanza, ma qui siamo proprio alle aste. A questo aggiungiamo la prova di un Mark Wahlberg in picchiata, si è rasato la testa perché la finta pelata secondo lui, sarebbe stata ridicola, wow, che dedizione al ruolo! Ma cosa aggiunge al personaggio se poi in locandina viene mimetizzata? Purtroppo, impossibile da occultare è la sua prova, questo cattivo che però è anche spalla e alleggerimento comico, per assurdo l’unica che recita intensamente è Michelle Dockery, tanto da risultare quasi fuori luogo in questa guascona commedia (che non fa ridere) in volo.
Il film non annoia? Ha momenti d’azione? See, diciamo di sì, ma siamo in zona meno peggio, come è venuta a Gibson l’idea di ripescare questa sceneggiatura finita in lista nera (e non poteva restarci!) per il suo ritorno dietro alla macchina da presa? Cosa avrebbe questo filmetto buono se va bene per essere dimenticato in streaming in comune con la sua filmografia? Inspiegabile, un po’ come la situazione in cui si trova Gibson, berretto verde con coltello tra i denti, mandato dietro alle linee nemiche di Hollywood dal presidente in carica, ma comunque costretto (o forse no, chi lo sa) a dirigere una robina dimenticabile, nel senso che vorrei già averlo dimenticato.
Il futuro per lui? Il seguito della sua passione di Cristo, un secondo capitolo che sa di unica carta da potersi giocare, per un soggetto di cui nessuno sente davvero l’esigenza di un numero dur, di sicuro più di questo penoso thrillerino, buono giusto per il ciclo “Alta tensione” di Canale 5.
IL DISCRETO – September 5 – La diretta che cambiò la storia (2025)
Il sottotitolo italiano ridondante dobbiamo averlo sempre vero? Lo abbiamo per contratto? Vabbè, la storia è quella tristemente nota della diretta della troupe di ABC durante le Olimpiadi estive di Monaco 1972, il drammatico attacco del gruppo militante Settembre Nero, entrato nell’appartamento che ospita la squadra israeliana prendendo ostaggi in diretta mondiale, una pagina tragica di storia ma anche il punto di partenza di un bellissimo film di Spielberg.
Il regista (e sceneggiatore) Tim Fehlbaum firma un film molto parlato, basato su una scelta molto interessante, quella di costruire una narrazione che si alimenti di minuto in minuto delle informazioni che vengono raccolte dai protagonisti, un dramma in tempo reale basato su notizie che sono tutt’altro che perfette e spesso, anche non attendibili, perché non confermate.
Il film per ovvie ragioni è tutto basato su silenzi, telefonate angoscianti, momenti di tensione tutti centrati sulle decisioni da prendere al volo o più banalmente, sulla paura generata dal momento e dalla voglia, tipica del lavoro dei protagonisti, di mandare a segno lo scoop della vita.
“September 5” è un film tutto in interni e quasi in tempo reale, novantaquattro minuti parlati ma tesi, il tema poi è tristemente ancora caldo e il monito del regista più attuale che mai, il difetto potrebbe essere proprio questo, non so quanto pubblico sia interessato ad andare in sala a seguire una storia che ricorda fin troppo i telegiornali, devo dirvi però che il film ha dei numeri, sarà che amo le storie con un’unica unità di luogo.
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