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Il Triello Horror (più uno): Smile, Grimcutty, Old People e V/H/S/99

La coda lunga di ottobre si fa sentire, quindi sotto con un altro Triello Horror, come al solito ho pasticciato con le categorie, anzi ho pasticciato anche con il numero di film coinvolti, visto che questo è un Triello (più uno) di film dell’orrore, cominciamo!

IL BUONO aka IL SORRIDENTE – Smile (2022)Aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso (…’zzo ridi?)

Non so se ve ne siete accorti, anche perché la campagna pubblicitaria del film è stata sussurrata, quasi impercettibile, ma è uscito un horror intitolato “Smile”, ed ora, un po’ di musica assolutamente fuori contesto, scelta solo per assonanza con il titolo!

“Smile” nasce corto e verrebbe da aggiungere che non muore quadrato, visto che l’esordio di Parker Finn in origine si intitolava “Laura Hasn’t Slept” (2020) e durava una manciata di minuti, dopo aver conquistato tutto e tutti, il piano di trasformarlo in un film è stato sostenuto da una campagna pubblicitaria leggerissimamente martellante, roba da farmelo diventare subito irritante, anche perché per certi versi “Smile” ha seguito la stessa trafila e un po’ lo stesso destino di Lights Out, anche se il risultato finale è un pelo più riuscito.

La storia è quella della dottoressa Rose Cotter, interpretata da Sosie Bacon, figlia di Kevin che evidentemente deve averle detto che per farsi notare, iniziare la carriera con un horror posta fortuna, a papà Gavino ne ha portata tanta. Rose resta traumatizzata il giorno in cui la sua paziente Laura (Caitlin Stasey) si suicida davanti a lei nel suo studio, tagliandosi la gola con un coltello e con il sorriso sulla labbra (anche perché fare il contrario è difficile), un minuto dopo aver delirato su un’entità che la perseguitava, capace di “indossare i volti delle persone”.

Ora dovrò trovarle un amichevole soprannome, proprio come ho fatto per il suo papà.

Quanti horror abbiamo visto di recente dove i protagonisti devono superare un trauma? Tanti lo so, una tendenza ormai collaudata, bisogna dire che “Smile” rientra alla perfezione in quella tipologia di film dell’orrore da sala, quelli che un tempo erano capaci di riempire tutte le poltroncine di ragazze e ragazzi giovani in cerca di brividi, ora per le sale cinematografiche è cambiato tutto, quindi nemmeno la campagna pubblicitaria ossessiva di “Smile” è servita a molto.

Non aiuta poi che Parker Finn abbia la sindrome della lunghezza, il suo “Smile” è il classico film costretto a stiracchiare una trametta fino alla bellezza di 115 minuti, a volte ci riesce molto bene, in altri passaggi il ritmo risulta soporifero, dieci minuti di chiacchiere e borbottamenti, per preparare il campo alla prossima scena… BOOO! Un abuso di “Salti paura” (anche noti come “Jump scare”) tutti ben fatti niente da dire, che però portano il film più in zona James Wan, giusto per restare dalle parti di uno bravo a vendere il genere horror al pubblico più giovane.

Ma che avrai mai da ridere?

Per fortuna “Smile” quando gira, lo fa anche molto bene, quando la maledizione preferita dai dentisti passa a Sara, questa comincia ad essere perseguita da apparizioni della sorridente Laura un po’ ovunque, una lenta discesa in una follia che, come da copione, la farà passare per pazza anche se ho trovato interessante (ma prevedibile) il fatto che per saltare alla prossima vittima, sia necessario un primo piano su un volto sorridente, il che se avete visto più di due horror nella vostra vita, già dovrebbe essere un indizio.

Non è certo l’originalità la forza di “Smile”, che bisogna dirlo da valore ai sorrisi, visto che le apparizioni sono tutte piuttosto inquietanti, non vedevo qualcuno apparire alle spalle sorridendo, così spaventoso dall’ultima volta che uno dei miei colleghi di lavoro non è venuto da me per chiedermi un favore (brrr…), quindi mentre seguiamo la protagonista del suo “giro delle sette chiese” in cerca di una soluzione alla sua maledizione, la vediamo perseguitata da una serie di sorrisoni gustosamente sinistri che se non altro, fanno il loro dovere.

La scena delle festa è abbastanza inquietante, più che altro per il contenuto della scatola regalo, in questa maledizione poi potete leggerci la metafora che volete, per fortuna Parker Finn abbracciato al suo corto originale, sembra più interessato a strappare un urlo al suo pubblico che a lanciare messaggioni, lo fa abusando dei “Salti paura” quindi dimenticatevi Robert Eggers o Ari Aster, ma il cinema Horror ha bisogno anche di filmetti così per far appassionare i ragazzi al genere.

Oh e basta, pare una paresi la tua!

Ma forse il paragone diretto va fatto con l’altro film con le entità sinistramente minacciose, ovvero It follows, che però era molto più compatto e riuscito (anche scivolando sulla scena della piscina) rispetto a questo film, che fa il suo dovere se quello che volete è provare a battere il record di salto da seduti sulla poltroncina di un cinema, oppure se volete credere alla campagna pubblicitaria.

Anche perché nel finale poi “Smile” si gioca un asso non da poco, quando l’entità mostra la sua vera (e sorridente) natura, almeno un mostro tutto denti come si deve arriva, dando un po’ di spessore ad un film che è un po’ meglio di quanto la sua martellante campagna pubblicitaria non vi abbia convinti a pensare, ma resta comunque un corto stiracchiato farcito di “Jump scare”. Magari in futuro Parker Finn potrà continuare la sua carriera, a patto di farsi venire in mentre un’altra idea come il rendere spaventoso un gesto amichevole come un sorriso, perché se ha intenzione di campare sui “Salti paura”, non so quanta strada farà, anche se con i pubblicitari che si ritrovava alle spalle, già mi immagino i seguiti: “High five” e “Bro Fist”, quando i saluti possono uccidere.

IL DISCRETO aka IL DISCRETAMENTE SCEMO – Grimcutty (2022)Alice guarda i Grimcutty, i Grimcutty guardano le alici

La domanda è chiara e semplice: perché “Helllraiser” (2022), prodotto da Hulu non è ancora sbarcato su Disney+ mentre “Grimcutty”, sempre prodotto da Hulu è arrivato comodo sulla piattaforma? Qualcuno mi dia una risposta, grazie.

Il film di John Ross prova a cavalcare tutto il filone Creepypasta, che in parole povere è quello che diventa virale in rete, legato al mondo dell’horror, così anche il vostro zio Boomer può dire di capire i giovani, quando invece chi ha superato gli …’anta non capirà mai davvero i giovani. Inutile provarci è storicamente così, da milioni di anni e sarà così anche dopo la fine della vita sulla Terra, solo che nel mezzo, faranno tanti altri Horror sulla difficoltà di comunicazione tra figli e genitori.

Ho una buona notizia, “Grimcutty” è meno peggio di Slender Men, ma infinitamente peggio del bellissimo “Pontypool” (2009), lì a diffondersi in modo virale era il virus della parola, qui un meme, una sfida online. Un mostro brutto con gli occhi rossi, che pare il cugino con la scogliosi di quello di Death Note, che compare sui dispositivi dei vostri figli sempre connessi in rete e spinge loro a tagliarsi, o ad aggredire con un coltello i genitori, come accade nel prologo del film. Anche perché in buona sostanza questo film avrebbe potuto intitolarsi “Momo Challenge – The movie” oppure “Blue whale – Il film”.

«Cosa sei McFly un fifone?» (cit.)

La storia è raccontata dal punto di vista di Asha (Sara Wolfkind), la prima a vedere Grimcutty in casa sua, per questo insieme al fratellino minore, dovrà lasciare tutti i dispositivi in una “Detox box” su ordine dei genitori (Usman Ally e Shannyn Sossamon), ma questo non fermerà le apparizioni del bitorzoluto Grimcutty vestito di pelle.

Cosa funziona di questo filmetto Hulu? L’inizio, l’indagine, anche le apparizioni della creatura, un po’ troppo mascherone plasticone, visto che il regista John Ross non resiste alla tentazione di inquadrarlo spesso da troppo vicino, ma finché resta una grottesca figura in lontananza, bisogna dire che funziona, ma forse è una metafora di questo film, più ti avvicini ad esso e più capisci che è una fregatura.

L’indagine per scoprire le origini di Grimcutty vede protagonista la ribelle pettinata Cassidy (bel nome ragazza), ma anche il compagno di classe figlio di papà, che organizza feste e ha libero accesso ad internet malgrado le restrizioni, tutti personaggi abbozzati ma mai quanto quello chiave, la mammina pancina con il suo seguitissimo Blog, che pare l’origine di tutto il Grimmoso problema.

«Certo che Internet è pieno di roba strana, anche le bare volanti ci trovi»

“Grimcutty” è talmente abbozzato che anche le svolte più sinistre, finiscono a risultare appena accennate, sarebbe stato bello approfondire il personaggio della mamma Blogger, ma una volta capito il gioco, il film di Ross si gioca la carta del METAFORONE nel modo peggiore possibile. I genitori sono in ansia per la vita online dei figli e di conseguenza i figli avvertono la pressione e le aspettative genitoriali, questo differenza di potenziale crea mostri e incomunicabilità che può essere risolta solo con la forza dell’AAAAmmmore, parlando, non capendosi ma capendosi, avete capito? Nemmeno io, però ho capito che mi pare una cazzata, caramellosa risposta semplice ad un problema complesso.

La differenza tra generazioni diverse raccontata (però male)

John Ross ad un certo punto però si gioca l’asso, per rompere il cerchio ci vuole il siringone che fa passare l’ansia al genitore! Una punturina e capirai tuo figlio, anche se sono due ore che ti dice: «Un mostro gigante che posso vedere solo io mi insegue con un coltello, aiuto!». Vi giuro quando ho visto il siringone che fa passare l’ansia genitoriale, ho capito che “Grimcutty” è stato venduto come horror, ma voleva essere una parodia su tutti gli horror che trattano temi sociali, solo che Ross non sa fare le commedie, quindi gli è venuto fuori un horror brutto, sciatto, melenso e dimenticabile. Quei film che mi fanno rimpiangere che il Maestro Mel Brooks abbia ormai un’età e non diriga più, si trova ancora tanto materiale da parodie in giro.

IL BRUTTO aka IL BOOMER – Old People (2022)il primo Horror approvato dalla CEI

Qualche sera fa avevo poco meno di due ore libere, avrei potuto scegliere tra questo horror e un documentario sulla nazionale americana di pallacanestro, entrambi comodi su Netflix. Ho optato per l’horror. Mi sono maledetto per tutta la durata del film (storia vera).

Produzione tedesca, sbarcato su Netflix per rimpinguare di Horror il paginone in vista di Halloween, mi ha attirato con l’idea degli anziani rabbiosi che aggrediscono le persone come se fossero zombie, un’idea che avevo avuto per una commedia horror, prima che una puntata di “How I met your mother” mi bruciasse uno spunto che di fatto, era già stato usato meglio e prima di tutti da George A. Romero, solo che lo abbiamo scoperto solo nel 2021.

“Old People” è tremendo, nel senso di tremendamente bacchettone, la mamma DIVORZIATA protagonista, porta i figli al paesello, per festeggiare il matrimonio della sorella. I figli hanno il muso perché papà non è più con loro da quando avete… DIVORZIATO. Ovviamente papà si manifesterà sul luogo, bello, biondo, avvolto nel sole, amato dai figli, in buoni rapporti con la moglie con cui ha DIVORZIATO tanto da farci chiedere, perché ‘sti due hanno DIVORZIATO?

Ho imparato come si dice DIVORZIO in tedesco (storia vera)

Si va a prendere il nonno nella vicina struttura, per strada solo anziani, ma vuoi non portare poro nonno allo sposalizio, in fondo non vede la figlia da quando lei ha… DIVORZIATO.

Qui seguono momento incredibilmente statici, per anticipare i «BUU!» e le esplosioni di violenza che non mancano badate bene, però rappresentano davvero troppo poco o per lo meno, non sono riuscito a godermele, perché il film cosa fa? Pensa bene di sfoggiare tutto il moralismo di cui è capace.

La notte dei nonni viventi.

Sulla questione divorzio, anzi scusate, DIVORZIO, non solo la trama si sofferma come se fosse una colpa pari all’essersi nutriti di carne umana, pare proprio che “La notte degli anziani pazzoidi” a tratti, sembri iniziata per un totem con sopra voti di matrimonio andati in fumi (a causa del… DIVORZIO), dopodiché la morale finale è tediosa, una specie di volemose bene, si perché tra giovani e vecchi non ci si capirà mai davvero e la colpa è del DIVORZIO dei giovani, un finale caramelloso che fa rima con tedioso.

Vi giuro che per tutta la durata del film ho sperato di vedere entrare in scena palleggiando Kobe e LeBron, mannaggia a me che non mi fido del mio istinto di evitare ‘sta roba. Ora scusate, vado a vedermi il documentario sul basket, me lo sono sudato.

EXTRA – V/H/S/99 (2022)L’inferno del nastro non riavvolto

Shudder ormai ha messo le mani sul marchio “V/H/S” lo scorso anno ci ha regalato V/H/S/94 e non accenna a rallentare, perché quest’anno non solo è già uscito sulla nota piattaforma il nuovo “V/H/S/99” ma è già stato annunciato per l’anno prossimo un nuovo capitolo, con nomi coinvolti di tutto rispetto, non vedo l’ora!

Il formato è sempre lo stesso, il finto VHS su cui qualcuno ha registrato sopra più e più volte, rovinando il nastro, lasciando ancora visibili vecchi spezzoni (come “Veggie smasher” direttamente da V/H/S/94), la cornice in questo caso è rappresentata da un corto realizzato con i soldatini animati a passo uno, che avranno un ruolo in uno dei segmenti, ma ovviamente come sempre il pezzo forte restano i singoli episodi, vediamoli nel dettaglio.

Shredding
Maggie Levin, firma il primo found footage del lotto, la storia di una banda punk che si intrufola nel sotterraneo dove sono morte bruciate durante un loro concerto, le componenti di un altro gruppo punk, le Bitch Cat. L’episodio è tutto sommato abbastanza lineare, i ragazzi si divertono a spaventarsi da soli ma la possessione demoniaca viene annunciata fin troppo presto nei dialoghi, anche per la media di una trama non proprio irresistibile per originalità, con il finale ovviamente già segnato.

No future! (non è tanto per dire)

Suicide Bid
Johannes Roberts, regista di The Strangers – Prey at Night e Resident Evil – Welcome to Raccoon City, firma invece uno dei segmenti più interessanti, forse anche per maggiore esperienza dietro alla macchina da presa rispetto agli altri colleghi, Roberts ci porta in diretta durante il rituale di iniziazione di una confraternita tutta la femminile, se vuoi entrare nelle Beta Sigma Eta, devi passare la notta chiusa in una bara (non volante).

«In che senso non volante? Allora che ci stiamo qui sopra a fare?»

Ansia, spazi ristretti, insetti e se parliamo di cimiteri, possono mancare i cadaveri? In quello che sembra un racconto horror della EC Comics, ma con la macchina da presa molto più traballante, viene rispettata la regola Romeriana: Barbara! I morti ti prenderanno! (cit.)

Ozzy’s Dungeon
I Flying Lotus alla regia si giocano la quota follia, “Ozzy’s Dungeon” è il “Takeshi’s Castle” dei ragazzi, un programma tv in cui chi supera le varie prove fisiche, può vincere un desiderio da esaudire che però nessuno è mai riuscito ad esprimere, anche perché il programma è stato cancellato quando una ragazza si è fatta molto male.

Voglio indietro “Takeshi’s Castle”, subito!

A distanza di anni sua madre, organizza la sua versione casalinga di “Ozzy’s Dungeon” per vendicarsi del viscido presentatore, proprio qui i Flying Lotus si giocano la “locura”. Il finale è talmente matto da fare il giro, smettere di avere senso solo per ritrovarlo (forse), di sicuro la mattanza e gli effetti pratici non mancano, però ribadisco, bisogna abbandonarsi alla follia per apprezzarlo in pieno.

The Gawkers
Tyler macintyre (quello di “Tragedy girls”) firma l’episodio fanalino di coda, non perché ultimo del lotto ma ultimo come qualità: alcuni adolescenti arrapati usano la tecnologia piu avanzata disponibile negli anni ’90 per spiare la bella vicina di casa, che quando si spoglia, rivela la sua vera natura. Mettiamola così, bello l’omaggio a Ray Harryhausen, ma l’episodio è davvero poca cosa.

Monitor e tastiera bianca, il vero indicatore dell’età di un computer.

To Hell And Back
Vanessa e Joseph Winter, lo ammetto candidamente, hanno salvato “V/H/S/99” dall’oblio della memoria, se non fosse per loro sarebbe stato un capitolo di questa saga con la macchina da presa ballerina dimenticabile, invece la loro storia è una catabasi come promette il titolo, con i protagonisti che vanno all’inferno e ritorno e non perché qualcuno li ha spediti, ma nel senso letterale del termine!

Quando ti dicono di andare all’inferno (letteralmente!)

L’inferno è stato rappresentato spesso anche al cinema, pochi hanno provato a farlo con due spicci e una sola macchina da presa a mano, quasi nessuno è anche riuscito a risultare convincente, quindi onore ai due Winter che salvano tutta l’operazione con il loro folle e angosciante segmento.

In attesa dei nomi grossi che arriveranno con il prossimo capitolo, Shudder conferma che non ha nessuna intenzione di abbandonare “V/H/S”, anche se il formato su nastro è ormai fuori moda, almeno in streaming viaggia ancora a gonfie vele.

Sepolto in precedenza lunedì 14 novembre 2022

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