Era un pezzo che non mi sparavo un Triello eh? Ho finalmente il materiale per far tornare sulla Bara questa vecchia abitudine, quindi, cominciamo!
IL BUONO – L’ultima vendetta (2024)
Annunciato, poi ritirato, nascosto sotto il tappeto e ripescato dalla nostra distribuzione e condito da un bel titolo di merda. “L’ultima vendetta” suona come il classico film di Liam Neeson, invece sorpresa! Non c’è nessuna vendetta in “L’ultima vendetta”, titolo originale “In the Land of Saints and Sinners” e quella terra è l’Irlanda del Nord degli anni ’70.
Robert Lorenz, una vita come produttore e regista per film di e con Clint Eastwood, qui firma un Western con Liam Neeson ambientato in pieni anni ’70. Una tacita regola non scritta prevede che ogni film sull’IRA, debba avere degli ArmaLite AR-18, qui stranamente mancano, per questo ci si affida al comma numero due della regola, film in Irlanda? Nel cast compare Kerry Condon, a capo di una cellula terroristica che durante un attentato, fa esplodere dei bambini e si rifugia in un paesello del Donegal per far calmare le acque.
Qui da tempo vive Finbar Murphy (il nostro irlandese da combattimento Liam), sicario in pensione specializzato nel portare qualcuno “In the middle of fuckin’ nowhere” come direbbero nel Donegal, seccarlo in una buca scavata dal poveretto e poi piantare un albero, così, tentativo di espiazione.
Una bambina cara a Finbar diventa il “casus belli”, il tutto in un tripudio di facce irlandesi dal piccolo schermo, da Star Trek, Colm “Capo O’Brien” Meaney e da “Giocotrono” Ciarán Hinds nei panni di un poliziotto locale amico del protagonista, ma anche Jack Gleeson con baffetti, il caro (si fa per dire…) Re Joffrey che inizia come stronzetto odioso, si becca due schiaffi da Liam Neeson, poi prosegue sullo stesso registro ma il suo personaggio, trova un senso nella parte di una sorta di vice-sceriffo in questo Western irlandese.
Confermo che di vendette, tanto meno quelle annunciate dal titolo italiano, nemmeno l’ombra, “In the Land of Saints and Sinners” è la tipologia di tiolo che vorrei veder uscire due o tre volte al mese, personaggi ben caratterizzati, affidati all’attore o all’attrice giusta, senza fronzoli, spiegoni, tutto molto schietto, diretto e senza edulcorare, non se lo merita il trattamento che gli è stato riservato, trovate il modo di non perderlo.
IL BRUTTO – The Union (2024)
Ho l’abitudine di appuntarmi i titoli dei film che ho visto papabili per la Bara, lo faccio solo perché mi piace spuntarli dopo aver scritto il post, mi da quella sensazione di aver portato a termine il lavoro. Quando ho letto “The Union” mi sono detto: «Io ho visto un film che si chiama “The Union”? Perché non me lo ricordo minimamente?», considerando che l’ho visto da un paio di settimane, questo vi dice di quanto funzionino bene i miei neuroni cancellatori, quelli che mi aiutano a salvare spazio nella mia testa e quando sia significativo questo film.
Mark Wahlberg è un operaio del New Jersey con ottimi gusti musicali, visto che ascolta Bruce Springsteen, quando ritrova l’amica del liceo Halle Berry, la serata sembra mettersi al meglio, vuoi vedere che finalmente “quagliamo” e riusciamo a fare quello che ai tempi, carici di adolescenziali ormoni, non abbiamo mai fatto? Ecco, invece finisce che Halle Berry lo arruola nel solito lavoro da spie, in un’agenzia guidata da J.K. Simmons e il film diventa la solita versione edulcorata e senza gag di “Team America”.
Basta un secondo, per capire chi è la spia nell’organizzazione, anche se come al solito il commento migliore sul film l’ha fatto la Wing-woman: «Possibile che questo [Mark Wahlberg] debba sempre fare la parte dello scemo? Ha capitalizzato sulla sua faccia per ruoli che gli si adattano», non ho altro da aggiungere sull’ennesimo film d’azione fatto con lo stampino da Netflix, che non riesce nemmeno a sfruttare il fatto che Mark Wahlberg e Halle Berry si conoscano veramente dai tempi del liceo, come ci tengono a confermarci le foto d’epoca sui titoli di coda, erano davvero compagni di scuola.
Strano, perché la chimica tra i due latita, mi auguro almeno che ai tempi ci abbiano dato dentro, perché qualcuno deve essersi divertito, noi spettatori non di sicuro, per assurdo, Marky Mark molto più a suo agio in “Arthur the King – Insieme a ogni costo”, classica biografia in odore di film da pomeriggio di Canale 5, con un cane e Nathalie Emmanuel che fa arrampicata, una robetta eh? Però un film di buoni sentimenti che potrebbe piacere anche a vostra zia, e che comunque risulta meglio di “The Union”, nel caso, lo trovate su Prime Video, così vi ho aggiunto un quarto titolo gratis a questo triello.
IL DISCRETO – Rebel ridge (2024)
Jeremy Saulnier è un regista che si muove all’interno dei canoni del cinema di genere e che ama molto spiazzare e decostruire, il suo lavoro migliore per me, resta senza ombra di dubbio Green Room, quando ho saputo che aveva sfornato un film con Netflix ho temuto il peggio, bisogna solo capire cosa abbiamo per le mani, ed in questo caso abbiamo Rambo con l’asterisco.
Un reduce con buone intenzioni arriva in una cittadina dove a fare il bello e il cattivo tempo ci pensa lo sceriffo con i suoi uomini, lo scontro sarà inevitabile. Trama applicabile sia al capolavoro con zio Sly che a “Rebel ridge”, poi noti l’asterico, vai a leggere sotto le voci in piccolo e scopri che Saulnier ha fatto il suo Rambo nel 2024, con i soldi di Netflix e nel cuore il realismo, le scelte sensate e logiche, la negazione della “Rule of cool”.
Terry Richmond arriva in città pedalando, in cuffia un pezzo degli Iron Maiden e credere che un uomo di colore ascolti i Maiden è il più grosso salto dello squalo del film. In tasca i soldi per pagare la cauzione del fratello, in mezzo la polizia che lo investe, lo arresta, gli porta via i soldi per sospetti più o meno legittimi. Superata tutta la parte di consulenza legale e fatta una gara di velocità tra Terry in bici e il bus che porta il fratello alla prigione (ecco, forse questo è meno credibile dei Maiden in cuffia), il nostro protagonista capisce di essere solo contro un sistema corrotto.
Il colpo di scena non consiste tanto nel vedere un Don Johnson in grande spolvero, nella parte dello sceriffo carogna, e nemmeno venire a sapere che Tommy è uno che sa il fatto suo, quello tutto sommato è la base di qualunque film d’azione con attore action di turno, la sorpresa è quel tocco di realismo in equilibrio tra imposizioni di Netflix, valore da eroe vecchia scuola e ricerca di soluzioni, che potrebbe quasi essere applicabili nella realtà. Un mix difficile da ottenere e in grado di scontentare tutti, perché è automatico che risulta troppo o troppo poco action per il pubblico.
Qualche esempio, Tommy non usa le armi, le impugna solo per disarmare l’avversario, una svolta di trama in odore di Deus ex machina viene sottolineata dal protagonista, pronunciando in maniera estemporanea (ma al momento giusto) un titolo di un film di Lumet e anche davanti alla ribellione del protagonista, molti cattivi reagiscono in maniera molto pragmatica. Insomma, un film che ha tutto per scontentare tutti, ma se cogliete il gioco di decostruzione che sta alla base, alla fine potrebbe essere una variazione sul tema quasi gustoso, oppure un episodio della serie Reacher finito per caso su Netflix.
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