Se mi infilo le mani in tasca, trovo sempre briciole, monetine e avanzi di titoli che nella mia ossessione di grafomane, mi dispiace lasciare andare, un’ottima occasione per radunarli in un Triello speciale dedicato al cinema Horror, tre film caldi caldi appena usciti, uno buono, uno brutto e l’altro discreto, ma vi avviso, ho pasticciato con le categorie, cominciamo!
Il DISCRETO IL GIA’ VISTO – Get Away (2025)
Uno dei migliori film visti all’ultima edizione del ToHorror dello scorso anno è stato senza ombra di dubbio Krazy House, l’anarchica follia diretta da Steffen Haars e Flip van der Kuil che mi ha fatto venire voglia di recuperare alcuni dei loro lavori precedenti, che sembrano promettere bene. Con ancora quella mattana di film negli occhi, mi sono gettato sulla nuova collaborazione tra Nick Frost e questa volta, il solo Steffen Haars che mi ha fatto capire che evidentemente, quello capace di portare il friccicore nei film è il qui assente Flip van der Kuil.
Spaziamo via ogni dubbio, “Get Away” non allaccia nemmeno le scarpe a Krazy House, prima di arrivare alla svolta, con relativa mattanza, bisogna passare attraverso una commedia in cui i momenti comici al massimo fanno sorridere e va detto che anche quando arriva l’ora del sangue, è tutto due tacche sotto le aspettative, insomma secchiata di acqua gelata sulla mia voglia di recuperare i lavori dei due registi, qui in versione solista.
La storia ruota intorno ad una famiglia inglese in vacanza in una piccola isola svedese durante quella che per gli abitanti locali è una tradizione tra le più importanti, la messa in scena teatrale della cronaca della comunità, fatta di rivolte e vecchie storie di colonizzazione da parte dell’impero britannico. Potete tranquillamente intuire che i nostri, in quanto figli di Albione, non siano proprio ben visti da quelle parti, in particolare in questo momento dell’anno e quando ti aspetti di veder spuntare l’uomo di vimini, arriva la svolta e con essa il sangue.
Il problema non consiste nel fatto che “Get Away” non funzioni o non possa stupire, il suo problema consiste nell’arrivare dopo altri film identici che hanno fatto lo stesso prima e meglio, la sola presenza di Nick Frost, anche sceneggiatore, mette in chiaro che la sua idea era quella di fare una cosetta come faceva con i suoi amici Edgar Wright e Simon Pegg, ma senza i suoi amici Edgar Wright e Simon Pegg. Quando di colpo parte una scena di lotta sulle note di “Run to the Hills” degli Iron Maiden è impossibile pensare che con Wright alla regia, sarebbe stata mitica, qui è solo… MEH!
IL BRUTTO IL MALINCONICO (in modo imbarazzante) – Y2K (2025)
Se avete una certa età, vi ricorderete del famigerato Millenium Bug, un baco di programmazione che avrebbe dovuto spengere il mondo stile Jena Plissken allo scattare della mezzanotte del 31 dicembre del 1999. Personalmente dopo dieci minuti a stappare bottiglie e a far casino con i miei amici (ciao Mattia), ricordo che affermai: «Non si è nemmeno spento il mondo!» e giù con un’altra tornata di bottiglie da stappare (storia vera).
Nel tentativo di scalzare l’ossessione per gli anni ’80 con quella per i ’90, ci prova anche la A24, casa di produzione dalla fama fighettina, con un film prodotto tra gli altri da Jonah Hill, che probabilmente il 31 dicembre del 1999 lo ha passato come me. Di suo il film diretto da Kyle Mooney avrebbe anche delle idee, poi semplicemente esagera, ma nel senso peggiore del termine, tanto da diventare imbarazzante.
Le facce note nel film non mancano, molto ruota intorno all’eterno quasi famoso Jaeden Martell, la differenza è che qui la luce si spegne davvero e con mia somma sorpresa, la ribellione delle macchine si porta dietro almeno una lunga sequenza di ammazzamenti con buona dose di sangue, non me lo sarei aspettato quindi bene, peccato che poi “Y2K” esaurisca presto la benzina e debba inventarsi roba per andare avanti.
A differenza di Brivido, qui la tecnologia, di qualunque tipo, si assembla insieme sottoforma di robot che fanno da meccanica minaccia, purtroppo Kyle Mooney infila giù per il gozzo alla storia (e quindi al pubblico) una selezione di canzoni d’epoca (tipo i Chumbawamba) che partono spesso a casaccio per ricordare a tutti: ehi! Anni ’90!
Anche se quello che ritengo essere il vero e autentico colpo di genio nel film, si manifesta quando una delle protagoniste, con addosso il classico berretto rosso da Baseball che quelli della mia leva associano solo e soltanto ai Limp Bikzit, si vede comparire il suo eroe, Fred Durst in persona (in cerca di una seconda vita nel cinema Horror) nei panni di Fred Durst, anzi la dico meglio, il Fred Durst (classe 1970) dell’anno 2025, interpreta il Fred Durst dell’anno 1999. Signore, signori, io davanti a tale miserabile colpo di genio non so che dire, nemmeno pararsi dietro ad una riga di dialogo «You look like shit!» ottiene l’effetto sperato.
Da qui in poi “Y2K” diventa la fiera dell’esagerazione imbarazzante, troppi momenti “Occhiolino occhiolino” per Fred Durst, troppe trovate da film degli anni ’80 (ma non dovevamo celebrare il decennio successivo?), il risultato è una cosetta che vorrebbe essere la versione fine millennio di, boh, “Ritorno dalla quarta dimensione” (1985) ma non ci riesce nemmeno quando prova ad omaggiare i film giusti, insomma no, non ci siamo proprio, a meno che i Limp Bizkit non siano stati il vostro gruppo preferito di tutti i tempi, ma solo in quel caso.
IL BUONO IL PICCHIATORE – Dark Match (2025)
La tradizione degli Slasher canadesi è lunga e ricca, Shudder a fine gennaio si è giocato questo film rozzo e con il cuore dal lato giusto, niente di rivoluzionario badate bene, ma abbastanza trucido da spiccare in un mese iniziato a fuoco e finito con poca gloria per il genere Horror.
Il regista Lowell Dean, reso se non celebre almeno famigerato dalla doppietta “WolfCop” (2014) e il suo seguito “Another WolfCop” (2017), che sulla carta avrebbero dovuto essere i miei due film del cuore, in pratica sono passati inosservati se non presso i fanatici di Horror senza ritorno tipo il sottoscritto. Dean ha avuto l’idea per “Dark Match” pensate un po’? Durante un incontro di Wrestling, il sangue e la folla che urla, gli hanno fatto pensare ad un rituale sacrificale, da qui qualcosa ha fatto click nella sua testa e senza l’ironia (spesso scoreggiona) di WolfCop, il regista ha deciso di portarci nel sottobosco dei combattimenti sul ring.
I nostri lottatori spiantati viaggiano in lungo e in largo e dormono in motel scapestrati, per raggiungere angoli di mondo dove sono stati organizzati incontri non proprio scintillanti come quelli della WWE, anche se da lì arriva Chris Jericho (anche lui alla ricerca di una seconda vita negli Horror) che ripescando i suoi monologhi dai tempi del ring, qui impersona una specie di santone che organizza sacrifici grondanti sangue, tra combattenti intenti a menarsi tra le corde.
Tutto giusto, tutto sporco e trucido quanto basta, anche la colonna sonora è piena di pezzi dei Fozzy, il gruppo Heavy Metal di Chris Jericho, problemi? Spesso Lowell Dean fa l’errore madornale di riprendere i lottatori troppo da vicino, che è la regola numero uno per dirigere buone scene di lotta, in generale poi “Dark Match” allunga un po’ troppo il brodo della sua premessa e risente dell’essere una produzione piccolissima firmata Shudder. Per la gloria di mazzate in stile Do a powerbomb bisognerà attendere ancora.
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