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Infinite (2021): fave di Fuqua

Lo continuerò a ripetere finché lui continuerà a fare film
come questo: io Antoine Fuqua non lo capisco. Avrebbe tutto per essere uno dei
giusti, invece continua a sfornare film da Facciapalmo.

Certo il 2021 lo ha visto molto attivo, con ben due film
piazzati su entrambe le principali piattaforme streaming, The Gulty per Netflix e questo “Infinite” per Prime Video, il che
vuol dire che almeno due case di produzioni cinematografiche non hanno creduto nel fatto che i
suoi film fossero abbastanza tosti per reggere la botta dell’uscita in sala,
ripiegando comodamente sullo streaming. Zero su due Tonino, zero su due.

“Antoine abbiamo un’auto sportiva e un aereo, cosa ci facciamo?”, “Non chiederlo a me, io ormai sono più che altro un arredatore d’interni”

Inoltre se The Gulty
sapeva di già visto, per il semplice fatto di essere il remake americano di un
bel film danese del 2018, questo “Infinite” tratto dal romanzo del 2009
intitolato “The Reincarnationist Papers” scritto da D. Eric Maikranz, sembra un
Highlander con le rotelline, anzi
peggio, sembra The old guard che già a sua volta, sembrava il bignami del film
con Christopher Lambert, una storia che nel passaggio dalla carta del bel
fumetto di Greg Rucka, aveva perso tutta la sua forza.

“Infinite” è la storia di questi immortali divisi in due
fazioni, da una parte i Granata Credenti, che da sempre vegliano sul
pianeta, non si sa come, probabilmente non facendo nulla. Dall’altra gli
Juventini
i Nichilisti che capitanati da Bathurst (Chiwetel Ejiofor),
cercano un famigerato uovo, solito artefatto semi magico che permetterà di
dominare la storia ponendo fine all’umanità e al loro continuo reincarnarsi,
considerato dai Nichilisti una noia, se non proprio una tortura, perché più passa il tempo più i film
diventano pezzenti come questo “Infinite”, quindi un po’ io ‘sti Nichilisti li
capisco, anche se il loro nome sembra una citazione a “Il grande Lebowski”
(1998).

“Non crediamo in niente, Lebowski. In niente” (cit.)

Il giovane (giovane?) protagonista del film è Evan McCauley, interpretato da Mark Wahlberg che ritrova Fuqua dopo “Shooter” (2007), un ragazzo (ragazzo?)
problematico incapace di gestire la rabbia o di tenersi un lavoro, l’unico
talento di McCauley è costruire Katane come un novello Hattori Hanzo, perché in
una vita precedente era stato, che ne so, probabilmente Hattori Hanzo, tanto il
film non si sbatte troppo a spiegarlo, pensate che debba farlo io? Mica mi stipendia Jeff Bezos a me.

Eppure io Uma Thurman la ricordavo differente.

Avete già capito come prosegue la storia, con un canovaccio
da prescelto contattato dal gruppo di illuminati, e il destino di chi dovrà
combattere il cattivone per salvare il mondo, il film prosegue come un Matrix
con le rotelline (oggi sono in fissa con questa metafora, perdonatemi),
mandando a segno tutte le scene giuste, ma nel modo più sbagliato possibile.

Su questo si è già espresso Lucius perfettamente, quindi vi rimando al suo post perché davvero
non potrei fare di meglio. Aggiungo solo che l’inseguimento che apre il film,
tra una Ferrari rossa fiammante e le auto della polizia messicana, risulta davvero il
modo migliore per iniziare una pellicola, peccato che poi si giochi un salto
del protagonista da cartone animato che ha l’effetto di una secchiata di acqua
gelida, che ti arriva addosso mentre stai facendo l’amore con la persona amata, sta andando tutto bene e di colpo… Splash!

Mark Wahlberg impegnato a leggere la complicata sceneggiatura del film.

Marky Mark Wahlberg non ci prova nemmeno ad atteggiarsi da
figo come da sua abitudine, appare
completamente spaesato in un film che si gioca un catfight, una lotta tra gatte, in cui le uniche capaci di darsi due
pugni sono le rispettive controfigure delle attrici, in cui succedono delle
cose, cose anche belle, del tipo che mi piace sempre vedere nei film, come moto
che rombano sulle verdi colline dell’Irlanda e persone che saltano sulle ali
degli aeroplani in volo, ma tutto succede in maniera così sciatta a
approssimativa, da far perdere completamente interesse alla trama (che sa tanto
di già visto) e ai personaggi (piattissimi), un esempio?

Wahlberg si appende all’aereo su cui vola il cattivo
cattivissimo Chiwetel Ejiofor, piantando la sua Katana nell’ala e restando
appeso con una mano sola. Poco credibile lo so, ma un minimo di sospensione
dell’incredulità vogliamo metterla in conto? Ok, allora Fuqua, benedetto
figliolo, ma due ventilatori giganti sul set li vuoi portare mentre giri la
scena davanti ad uno schermo verde? Possibile che in tutto questo il ciuffo di
Wahlberg non si muova mai? Cosa utilizza come gel per capelli il cemento
armato?!

“Tieni Mark, ti regalo il mio gel per capelli, ormai a me non serve più”

Insomma “Infinite” dura 106 minuti ma pare durare un’infinità, una vita
intera fatta di rimpianti, brutte scelte e situazioni viste e riviste un
milione di volte, l’unico ad aver capito il livello infimo dell’operazione pare
essere Chiwetel Ejiofor, che infatti si atteggia come il super cattivo da
fumetto, con il super piano trovato in regalo nelle patatine, con l’aria di chi
pare essere l’unico ad essersi divertito a girare ‘sta roba, buon per lui, perché di sicuro è impossibile divertirsi guardandola, appena sembra che possa accadere… SPLASH!

Insomma io continuerò a cantare la mia canzone, Antoine
Fuqua potrebbe essere uno dei giusti, invece ormai deve credere che i suoi film
azzeccati siano un caso, perché anche “Infinite” rientra in quella sua porzione
dimenticabilissima di filmografia, che ormai ho ribattezzato le fave di Fuqua, perché sono film con le stesse proprietà delle fave dal nome quasi omonimo.

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