Quando penso alla Pixar, nella sala di commando del mio cervello, rotolano un sacco di biglie gialle/Gioia, ultimamente dopo qualche biglia-sequel ben fatto, ma del tutto normale per i loro (stratosferici) standard, rotola un’altra biglia di memoria dal giallo-gioia scintillante, si chiama “Inside Out” ed è stra-bellissimo!
La storia è tanto semplice che persino io sono in grado di riassumerla: l’ undicenne Riley si trasferisce dal Minnesota a San Francisco (seconda sortita a ‘Frisco per la Pixar dopo “Big Hero 6”) per via del lavoro di papà, cambia scuola, amici e squadra di Hockey e tutto pare andare male, mentre la ragazza viene colta dall’apatia.
Solo che l’idea semplice è tutta raccontata dall’interno di Riley, o meglio, dall’interno del suo cervello/Gulliver/centro di comando, dove a pilotare il Riley-Jaeger ci sono le sue emozioni antropomorfe: Gioia, Rabbia, Disgusto, Paura e Tristezza.
In una specie di versione cerebrale di “Esplorando il corpo umano” le emozioni si alternano al comando, determinando l’umore (e le azioni) della protagonista e qui la Pixar entra fortissimo a gamba tesa rappresentata dalle personcine di Ronaldo Del Carmen e Pete Docter (regista solo di Up e di Monsters & Co. e sceneggiatore di praticamente tutti i film Pixar che contano).
I due registi trovano il modo di riassumere in maniera chiara e colorata, la complessità del cervello e della sua banca dati dei ricordi, rappresentati da biglie di vetro che rotolano su un sistema di binari, le emozioni ne determinano il colore (Rosso giallo blu verde e viola, nemmeno fossero i Power Ranger), dalla sala comando procedono verso l’immagazzinamento, su enormi scaffali giganti vengono impilate e ordinate. Per bilanciare le emozioni ci sono delle grandi isole su cui fare affidamento, quella della famiglia, dell’onestà, dell’Hockey, ma anche quella del gioco. In mezzo, una discarica dove i ricordi inutili vengono scaricati e dimenticati….
L’idea di utilizzare le biglie è la classica trovata cinematografico-infantile che grida fortissimo Pixar, una bigliona di vetro conteneva il ricordo della Rosebud di (Citizen) Kane, o il sacchetto con le biglie, che salvava i Goonies dal trasloco forzato che è toccato a Riley. Si potrebbe andare avanti in eterno, perché i colpi di genio dei geni della Pixar vengono snocciolati uno dietro l’altro, la macchina che elimina i ricordi inutili, rendendoli prima astratti e poi in due dimensioni, è il classico colpo di genio che sul grande schermo viene resto in maniera magnifica, con un passaggio dall’animazione in 3D a quella più classica in 2D. ma è solo una delle mille idee geniali di un film curatissimo e brillante, nel nostro cervellone, chi si occupa di produrre i sogni? Facile, Dreamwood e una volta aperta la diga, allora perché il treno dei pensieri, non può essere un treno? Cavalcando il gioco di parole.
Se la testa della protagonista è il contesto, proprio alla testa (e al cuore) il film parla, il titolo sollecita la biglia dei ricordi con su scritto Diana Ross, mentre ci regala la classica avventura Pixariana con protagonisti che sfidano loro stessi, cercando di raggiungere luoghi lontani. Ma questo è solo il primo livello di lettura della storia.
L’intervallo della vita di Riley che va dalla nascita alla pre-adolescenza, è l’ennesimo capolavoro Pixar che si legge su più livelli, divertendo allo stesso tempo gli spettatori più piccoli e facendo ridere, commuovere e meditare quelli più grandi. Sì, perché tra una risata a una corsa contro il tempo, il film butta dentro tanti dettagli mica da ridere…
Gioia è l’emozione principale di Riley, ma non è così per tutti, l’austero, ma buon padre della ragazzina, doppiato in originale da Kyle MacLachlan, è guidato dalla rabbia, mentre la madre (Diane Lane) in un dettaglio magari non immediato da notare, è guidata dalla tristezza.
«Grazie Rosafante! Ci sei sempre quando ho bisogno» (CIT.) |
Sì, perché “Inside Out” fa allo spettatore un “Inception” non da poco, ci insegna che per crescere dobbiamo rinunciare alle rassicuranti isole dell’infanzia, che cadono a pezzi come le guglie di Fantàsia, in favore di isole tutte nuove, da utilizzare nell’età adulta, perché i ricordi (cinematografici e non) vanno conservati e non è detto che debbano essere tutti gialli-gioia, forse alcuni devono essere (i feel) Blu / tristezza, perché anche la tristezza va amata ed accettata nella sua importanza, anche se ha le sembianze antropomorfe di una ragazzetta cicciotta e con gli occhiali (colpo di genio). O forse solo perché gioia e tristezza vanno di pari passo (in questo film sicuro), infatti, Gioia è tutta gialla, ma ha i capelli blu. Colpo di genio, un altro…. E via che l’idrante della genialità è aperto!
Questo film è un “Viaggio allucinante” nelle nostre emozioni, si ride e ci si commuove, mentre ci scorrono davanti agli occhi più colori di quelli che vedeva Guglielmo Ferito nella vasca di deprivazione sensoriale di “Stati di allucinazione”. Tutta questa presa di coscienza dei propri sentimenti, può sembrare roba da signorine, ma per fortuna, è così! Proprio perché raccontata dall’interno del cervello di una ragazzina (se fosse quello di un uomo ci sarebbero solo biglie bruciacchiate dalla troppa birra) tutte queste visioni femminili-pre-adolescenziali si notano, Bing Bong è un po’ (stre)gatto, un po’ Rosafante e il ragazzo dei sogni (Canadese) è soltanto una fantasia replicabile infinite volte da utilizzare a proprio piacimento, divertitevi a scovare le mille mila citazioni, rimandi e chiavi di lettura di questo bellissimo film.