Home » Recensioni » Iron Fist – Stagione 1: L’uomo con i pugni nelle mani

Iron Fist – Stagione 1: L’uomo con i pugni nelle mani

Trovo sempre
incredibile la moderna capacità di tante persone di esaltarsi tantissimo
nell’attesa di vedere un nuovo film o una serie tv, ma anche la velocità degna
di un super eroe Marvel di etichettare, archiviare e dimenticare in favore del
prossimo titolo degno di AAAAAIIIIIPPPP.

Bah, sarà che io
quando mi appassiono ad una storia ho sempre voglia di approfondire, o
semplicemente perché sono troppo lento per stare al passo con il ciclo
digestivo dell’Hype, ma sta di fatto, che pure la novità delle serie Netflix
dedicate agli eroi urbani della Casa delle Idee provoca già sbadigli e
polemiche ridicole, roba che vi costringerei a guardare il “Daredevil” di Mark
Steven Johnson a rotazione costante, stando in ginocchio sui ceci, mentre vi
bastono con un grande randello, come fanno i monaci di K’un-Lun con Danny
Rand in questa serie.
Parliamo subito
dell’elefante nella stanza. La serie dedicata a Pugno D’acciaio ha esordito
facendosi largo in una selva di pernacchie nate, ovviamente, online, perché sui
Socialcosi un sacco di persone ci passano la vita, parlando di tutto con una
visibilità spesso esagerata, quindi, qualcuno ha pensato che fosse molto
razzista prendere il biondino Finn Jones (il cavaliere dei fiori di Giocotrono)
per fare la parte di un maestro del Kung-Fu, per una parte così ci vuole per
forza un Orientale.
A parte il fatto
che Danny Rand del fumetto originale è CAUCASICO (come dicono in maniera errata
dei doppiagi italioti dei film) e per
di più biondo, ma poi penso che sia molto più razzista associare per forza le
arti marziali agli Orientali, è come dire Italiani mangiaspaghetti, ribadisco,
i commenti sui Socialcosi hanno spesso troppa visibilità e poi, a dirla tutta,
io sognavo Scott Adkins nei panni di Iron Fist, perché ho la tessera del KKK e
sono a favore del Whitewashing nei film. No, perché un maestro di Kung-fu mi
piacerebbe che fosse interpretato da uno che sa dare dei calci della stramadonna,
quindi non sono razzista, al massimo calcista.



“Ho le mani piene di pugni!”

Elefante nella
stanza numero due. Ai giornalisti che guardano la serie Netflix in anteprima,
vengono forniti i primi cinque episodi e ve lo dico subito: i primi due di
questa serie hanno un ritmo al limite del soporifero questo, secondo me, spiega
i primi commenti freddini. Sì, perché sono le prime due inevitabili puntate di
costruzione ad essere un po’ lente, poi la serie dal terzo episodio cambia
passo ed io mi sono divertito, i difetti ci sono, ma Finn Jones è
perfetto per la parte e la prima stagione di “Iron Fist” è il romanzo di
formazione di un ragazzo con i “Pugni nelle mani” (Cit.) che sa tutto di arti
marziali e pochissimo del mondo fuori dalla sua K’un-Lun.

“Non sono pazzo, ho sconfitto un drago in una città di maestr…”,”Eletroshock subito!”.

Bisogna anche
dire che la serie personale dedicata all’ultimo dei quattro Difensori, è quella
che sfrutta uno schema ormai rodato, Daredevil (prima o seconda stagione
che sia) resta ancora la migliore e più curata, Jessica Jones quella con
il cattivo più riuscito e Luke Cage quella che ha saputo omaggiare meglio la Blaxploitation
e la cultura nera americana.

La famiglia Rand,
titolare delle industrie che portano il loro nome, si schianta con l’aereo
sulle cime dell’Himalaya, ad ereditare tutto il cucuzzaro è Harold Meachum (David
Wenham, il Faramir de “Il Signore degli Anelli”), il socio dei Rand che per un
po’ eredita tutto e poi lascia la compagnia nelle MANI (occhiolino occhiolino)
dei figli Joy (Jessica Stroup) e Ward (Tom Pelphrey), tanto precisina la prima,
quanto pronto a collassare il secondo, anche perché Harold resta una presenza
con cui fare i conti, in particolare per il figlio.
Senza preavviso,
dopo 15 anni in cui era dato per morto, alle porte della Rand torna a bussare Danny
(Finn Jones) che, come Ulisse, torna a casa e nessuno lo riconosce, anche perché
scalzo e con la barba lunga, è il miliardario peggio vestito della storia, roba
che Mark Cuban a confronto sembra un modello di Dolce e Gabbana!



“No, non ho cento lire, e se non te ne vai chiamo la buon costume”.

Danny Rand è
stato salvato e cresciuto dai monaci guerrieri di K’un-Lun, ora è un esperto di
arti marziali e padroneggiando il sui Chi, può concentrare la sua energia in un
devastante pugno d’acciaio luminoso, ottimo per sfondare pareti, o per leggere
a letto senza accendere l’abat-jour.

Unica alleata, Colleen
Wing (Jessica Henwick) sensei di un Dojo di arti marziali che ospita lo
spiantato Danny per i primi giorni, poi lo supporta nel suo ritorno al mondo
reale e nella sua battaglia contro i Ninja della Mano, la letale società segreta
già vista in Daredevil che ambisce a conquistare K’un-Lun e la città di New
York.
Visto che ci sono
più elefanti in questo commento che in “Dumbo”, lo dico subito: le arti
marziali di questo film non sono eccezionali, cosa anche normale se tutto il
tuo cast è composto da attori con poca o nessuna esperienza marziale. I primi
episodi non possono contare nemmeno registi così astuti da sfruttare la magia
del cinema per mascherare questa lacuna, vi faccio un esempio.
Nel secondo
episodio Danny Rand evita un Taxi con un balzo, sfiga! Finn Jones non è Tony
Jaa, quindi il regista lega il suo attore ai cavi, lo tira su come una pinata
messicana e poi cancella i cavi usando la computer grafica, risultato finale:
un balzo di mille metri da fermo che risulta finto da morire. Maluccio se
parliamo di una serie il cui protagonista è un campione di Kung-Fu.



Benedetto figliolo, ma che cacchio stai facendo? Sembra il lago dei cigni.

Bisogna anche
dire che dal famigerato episodio tre in poi, le cose vanno molto meglio,
no Jones non impara a menare, ma in compenso arrivano registi più furbi, alcuni
dei quali riescono a mascherare meglio il fatto che la controfigura di Jones sappia il fatto suo, quindi iniziano ad arrivare delle inquadrature
larghe e qualche bel momento d’azione.

“Mi metto il cappuccio, così la mia controfigura può picchiarti”.

In particolare,
nell’episodio sei, dove Danny è impegnato a combattere uno dopo l’altro i
campioni della Mano, in una struttura che, ovviamente, è ispirata a Game of Death
(quello pensato da Bruce Lee, non
l’abominio che tutti conosciamo), chi dirige l’episodio? RZA, ormai lo sanno
anche i muri che l’artista del Wu-Tang Clan è un fanatico di film di arti
marziali, quindi non poteva mancare, anche perché il suo il suo
esordio alla regia “The man with the iron fist” (e il suo seguito), fanno di lui l’uomo giusto per questa serie.

Forse non si
ripete la magia di Luke Cage, in cui
oltre all’origine di un eroe urbano, si riusciva ad omaggiare Harlem e la
cultura nera, mi sarebbe piaciuto poter dire che questo “Iron Fist” è un
omaggio ai film di arti marziali. In parte lo è, ci sono un sacco di combattimenti
rispettosi della tradizione, quello già citato con un combattete per ogni
piano, ma c’è anche un ottimo scontro a distanza ravvicinata in ascensore (come
vuole la tradizione dei film di menare) e nell’episodio numero otto, Randy
deve vedersela con un “Drunken Master” della Mano, impegnato ad utilizzare la
tecnica dell’ubriaco, con tanto di fiaschetta.



Un, due, tre mena! Ecco dai, stai migliorando…

Insomma, non ci
troviamo al cospetto del “The Raid” delle serie tv (purtroppo), ma tutto
sommato “Iron Fist” potrebbe iniziare molti spettatori al mondo dei film di
menare, anche se lo fa con un prodotto per tutti che riesce ad
intrattenere molto bene, devo dire che la serie mi ha preso abbastanza, per
altro, è piaciuto anche alla mia Wing-Woman che di certo non è una fanatica di
arti marziali. In fondo, bisogna ricordare che nei fumetti di super eroi, gli
eroi in costume le mani le menano e le serie Netflix si confermano più
realistiche da questo punto di vista rispetto alla controparte cinematografica
della Casa delle idee.

“Stai per assaggiare il mio pugno sulla faccia!” , “Meno male che non ti chiami Iron Fisting allora”.

“Iron Fist”
funziona come romanzo di formazione di un ragazzo che padroneggia il suo Chi
alla grande, ma che lo vedrà messo a dura prova dalla burocrazia e dai rapporti
umani (che sembrano spesso coltellate alle spalle) del mondo. Finn Jones per
questo è azzeccato, è un toncolone (poverino, è biondo, non è colpa sua…) che
avrà pure i pugni di acciaio, ma si fa prendere dal naso da tutti, non aiuta
nemmeno che abbia dei riccioli biondi che lo rendono la brutta copia di Justin Timberlake
quando ancora ballicchiava negli NSYNC, vedere per credere.

“Il mio cliente vuole dichiararsi colpevole per la pettinatura”.

Danny e tutti i
personaggi hanno il giusto spazio di approfondimento e sono tutti piuttosto
sfaccettati, ad esempio, Ward Meachum, interpretato dall’azzeccato Tom Pelphrey
in tredici episodi compie un arco completo di evoluzione che copre tutta la
gamma da buono a cattivo, ho trovato anche azzeccato David Wenham nella parte
di papà Meachum, scelta di casting azzeccata, ne “Il Signore degli Anelli” era
Faramir, un figlio che si disperava per cercare di essere all’altezza delle
impossibili aspettative di suo padre, qui ha saltato lo steccato ed
è lui il padre che fa favoritismi tra i suoi figli. La vendetta di Faramir!

Candidato al premio “Papà dell’anno 2017”.

Mi ha convinto
abbastanza anche Jessica Henwick, dal trailer della serie sembrava lei la meno
preparata a livello atletico, invece nel ruolo della “Figlia del Drago” come si
fa chiamare quando partecipa ai combattimenti in gabbia illegali, la sua Colleen
Wing funziona e riesce ad essere molto di più che le quote rosa del menare, o
la fidanzatina del protagonista, in proporzione, molto più riuscita lei della
sua socia (nei fumetti) Misty Knight, vista in Luke Cage.

“Contati le ossa, che ora vengo li e te le mischio”.

Ovviamente, non
manca la Nick Fury delle serie Marvel/Netflix, ovvero l’infermiera Claire
Temple interpretata da Rosario Dawson, potrà sembrare strano che anche nel
momento di massimo bisogno, faccia riferimento ad altre “Persone con capacità
straordinarie”, senza coinvolgerli mai davvero, ma d’altra parte l’infermiera
(di notte) è vincolata da una specie di patto professionale di non rivelare
segreti (e identità) dei suoi pazienti e proprio in “Iron Fist”, oltre a
curare, è impegnata anche a procurare qualche ferita ai ninja della Mano. Può
sembrare strano, ma la Dawson ha di questi numeri, in fondo, faceva un piccolo
cameo “Scazzottante” nell’ottimo Raze,
quindi la ragazza è perfettamente a suo agio tra gli eroi con i lividi e i
pugni (d’acciaio) pronti a volare di Netflix.

“Nick Fury non deve fare tutta questa fatica, e ha anche un elivelivolo tutto suo!”.

Sul mio
personalissimo cartellino, l’MVP della serie, però, è Madame Gao, il suo
personaggio è diabolico e beffardo, l’attrice Wai Ching Ho recita ridendo in
faccia a tutti i suoi nemici mangiandosi ogni scena in cui compare, sicuramente
molto più sveglia del biondo protagonista, in certi momenti viene quasi da
tifare per lei se solo non fosse così sfacciatamente votata al male.



“Siete talmente scemi che ho anche il tempo di farmi la tisana”.

L’avevamo già
vista nella prima stagione di Daredevil
ed è proprio lei il personaggio che fornisce il gancio più insolito tra Iron Fist
e il diavolo di Hell’s Kitchen, mi pare abbastanza chiaro che i “Defenders” che
arriveranno nel 2018 dovranno vedersela con lei e i ninja della Mano, Daredevil
dovrà fare “Team-up” (usando un termine in puro stile Marvel) con gli altri
eroi urbani per affrontare la temibile setta e… Sigourney Weaver! Sì, perché ci
sarà anche lei! No, sul serio gente, l’avrei guardata comunque “Defenders”, figuriamoci
se poi ci mettete dentro pure la Weaver, dai!

Tutto questo, con l’aggiunta di Sigourney Weaver, brutto?

Risultato finale:
“Iron fist” è il disastro di cui tutti parlano in rete? Secondo me proprio no,
i difetti ci sono, ma è anche una serie appassionante in grado di portare in tv
un po’ di azione al netto di una storia meno banale di quello che si potrebbe
pensare. Se non conoscete il personaggio e siete a digiuno di arti marziali,
questa serie equivale alla cintura bianca, potete iniziare da qui e poi
approfondire per imparare a controllare il vostro Chi, per ora promossa, ma per
“Defenders” voglio un salto di qualità fatto come si deve, non con le corde
elastiche.

Grazie al nostro super potere secondario (la telepatia) oggi è venuto fuori un “Iron Fist Day”, passate anche su Il Cumbrugliume che ci parla della serie!

0 0 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

Fandango (1985): senza direzione, verso l’età adulta (o forse no)

Fandango [fan-dàn-go] – 1. Danza andalusa, di origine secentesca, a ritmo binario e movimento lento, poi a ritmo ternario e movimento rapido, per lo più accompagnata dalle nacchere. È così [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing