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Iron Fist – Stagione 2: Un pugno in un occhio

Questa la storia di un canale di streaming che precipita e
che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio, fino a qui tutto
bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene.

Bene ma non benissimo aggiungerei, perché l’accordo tra
Marvel e Netflix iniziato nel migliore dei modi con la prima stagione di Daredevil, al giro di boa della seconda stagione
dei suoi personaggi, sta mettendo in fila uno accanto all’altro una serie di
disastri. Il tutto è iniziato con quella porcheria di Jessica Jones 2, per continuare con la noia di Luke Cage 2 ed ora? Beh ora tocca ad Iron Fist 2, ve lo dico subito,
la prima stagione di “Pugno d’acciaio”
come lo chiamavamo un tempo, era completamente sbagliata per le scene d’azione,
ma tutto sommato una storia di origini più che decenti. Mettendosi entrambe le
mani sugli occhi per non vedere quell’incapace di Finn Jones, fare finta di
saper dare un pugno, quello che restava almeno era una trama tutto sommato
decente. Ecco, “Iron Fist 2” è uguale alla prima stagione, ma senza la trama
decente, mica male vero?
La storia riprende le fila dei personaggi, considerando in
minima parte gli eventi di The Defenders,
Danny Rand (Finn Jones con dei capelli finalmente decenti) eredita da Matt
Murdock il compito di difendere New York, ma deve ancora risolvere i suoi
casini famigliari con i fratelli Joy e Ward Meachum (Jessica Stroup e Tom
Pelphrey) e soprattutto fare ancora i conti con Davos (Sacha Dhawan) ancora
incazzato per quella volta che K’un-Lun ha eletto Danny come nuovo detentore
del potere del pugno d’acciaio e non lui.

Lo chiamavano Jeeg Robot Iron Fist.

In compenso la vita affettiva con Colleen Wing (Jessica
Henwick) procede a gonfie vele, i due hanno trasformato il vecchio Dojo nel
loro nido d’amore. Domanda: Vi frega qualcosa in una serie che dovrebbe mostrare
un super campione di arti marziali con un pugno in grado di illuminarsi come un
semaforo e sfondare una parete di cemento, di sapere come Danny e Colleen hanno
arredato casa? Oppure del tentativo di Ward di riprendersi dalle sue
dipendenza, o magari di Judy di cercare di uscire dalla società di famiglia e
lanciare la sua carriera di Bla Bla Bla? A me no, eppure è quello che “Iron Fist
2” ci propina per dieci episodi.

Si inizia piuttosto bene, grazie ad un comodo cappuccio e
una mascherina gialla tirata fin sotto al naso, possiamo nascondere le fattezze
della controfigura di Finn Jones, che a differenza del titolare della serie due
pugni li sa tirare, inoltre, aver accorciato la stagione da tredici a dieci
episodi sembrava inizialmente la scelta migliore possibile. Peccato che la
trama di “Iron Fist 2” sia stata scritta sul retro di una confezione di cinese
a portar via e quindi in ogni caso, dieci episodi da quasi 50 minuti l’uno sono
comunque troppi per raccontarla.

“Get Over here! Come Here!” (Cit.)

Il risultato sono episodi tediosi come il 2×03 (This deadly secret),
la cronaca di una cenetta tra due coppie, con Joy impegnata a fare il remake di
“Indovina chi viene a cena” (1967) con Davos come (s)gradito ospite. Oppure
lunghissimi dialoghi pensati per riempire i minuti in cui Misty (Simone Missick)
ci racconta di cosa mangia un poliziotto per mantenersi in forma, no sul serio,
ma sta roba la trasmettono su Netflix oppure su Real Time? Per me non ci
sarebbe nulla da raccontare su questa seconda stagione, ma giusto per non fare
torno a nessuno vi avviso, da qui in poi seguono SPOILER!

Tutto ruota attorno alla volontà di vendetta di Davos, che
cercherà in ogni modo di riprendersi i poteri del pugno d’acciaio, ma per
quanto mi riguarda uno dei tanti problemi della serie è proprio questo
personaggio. Nel fumetto Davos è un “Cristone” (passatemi la citazione da “L’aereo
più pazzo del mondo”) incazzato come una faina con la coda in fiamme, una bestia
feroce capace di mettere in crisi anche l’immortale Iron Fist, il campione di K’un-Lun.
Qui invece? Un tappo, alto un metro e tanta voglia di crescere, e considerando
il tipo di carnagione dell’attore, nella mia testa mi sono fatto tutto un film
mentale (per sfuggire alla noia degli episodi) in cui Davos non arriva da K’un-Lun,
ma da un altro luogo secluso e magico: La Sardegna!
Io capisco che per far sembrare quasi un guerriero vero quel
mucchietto di ossa di Finn Jones, abbia anche un senso prendere qualcosa di più
mingherlino di lui, ma qui pare di vedere Pugno d’Acciaio contro il
Cagliaritano Piddu del film Bomber!

“Io sono il cagliaritano Piddu Davos, ambisco al titolo della mia categoria, pesi piuma”, “Facciamo piumino”.

Il livello dei combattimenti bisogna dire che è migliorato, perché
se escludiamo le singole scene in cui gli attori si devono vedere bene in
faccia, è stato lasciato molto spazio alle controfigure che invece sanno
combattere davvero. Con il passare degli episodi però diventa chiaro che ad
essere protagonista delle scene di lotta non è Danny Rand (con cappuccio o
senza) ma Colleen Wing, si perché per quanto lenta nei movimenti, Jessica
Henwick ha un’infarinatura di arti marziali, si vede e qui torna molto buona,
ma lo sforzo vero devono farlo i registi dei singoli episodi, che nel tentativo
di avere uno straccio di scena d’azione decente, devono uscire pazzi cercando
gli angoli di inquadratura più matti, e gli stacchi di montaggio più brutali
per rendere meno visibile possibile il volto della controfigura.

Ad esempio l’episodio 2×09 (War without end) vede Colleen
protagonista di una bella rissa nel parcheggio, un duello sola contro tanti
coreografato pure piuttosto bene, in cui però il regista le deve inventare
tutte per cercare di non farci notare che quella che combatte non è Jessica
Henwick, compreso allineare il volto della controfigura con il montante di una
delle auto parcheggiate, nel tentativo disperato di nasconderlo alla nostra
vista, ma se avete occhio per questo tipo di dettagli, diventa impossibile
anche solo godersi il lavoro delle controfigure, il che è un gran peccato.

Ok perfette, ferme così. Ora fate entrare le controfigure che facciamo sul serio!

Vuoi per questa ragione, o per generale mancanza di carisma
da parte di Finn Jones, in molti momenti, la sensazione è quella di stare
guardando la seconda stagione di una serie intitolata “Colleen Wing” piuttosto
che “Iron Fist”. Che sia un omaggio al Maestro John Carpenter, con la spalla del protagonista che salva la situazione,
perché l’eroe è un incapace? D’altra parte anche questa stagione di Iron Fist è
ambientata a Chinatown come un capolavoro di Giovanni Carpentiere, ma dopo il Cagliaritano Davos, mi sa che è di
nuovo il mio cervello che cerca soluzioni cinefile per sfuggire alla noia.

Quindi, devo registrare la delusione per una seconda
stagione moscia, a cui bisogna ancora aggiungere la delusione dell’appassionato
di film di arti marziali in me. Basta così? Magari! Vogliamo mica che il
maniaco di fumetti che vive dentro le budella del vostro amichevole Cassidy di
quartiere ne esce bene da questa serie? Ma va! Se bisogna fare un lavoro di
demolizione, tanto vale farlo bene!

Che lo spreco di buoni personaggi cominci!

La novità, anche un po’ a sorpresa della serie è l’arrivo di
un nuovo personaggi Mary Walker (interpretata dalla bella Alice Eve), un nome
che agli appassionati di fumetti Marvel dovrebbe già dire qualcosa. Si perché
il personaggio affetto da personalità multipla, da una parte la tenera Mary e
dall’altra la tostissima Walker, altri non è che la mitica Typhoid Mary, anche
se ovviamente nella serie Netflix nessuno la chiama così.

Alice Eve oltre ad essere un bel vedere è bravina a farci
sempre capire, grazie al linguaggio del corpo (Walker non sbatte mai le ciglia,
fateci caso) quando sta interpretando una o l’altra personalità, peccato che un
personaggio così sfaccettato (si può dire di qualcuno con molteplici identità?)
come quello del fumetto, qui venga piallato e ridotto ad una ordinaria sicaria,
con passato militare nello stato di Sokovia, tanto per fare una strizzata d’occhio
ad Avengers – Age of Ultron.

Per una rasatura perfetta, usa anche tu Typhoid Mary!

Non ne faccio una questione di look, anche se in una scena,
complice un vetro appannato dal vapore dell’acqua calda, Mary si esibisce nel
classico volto bicolore che normalmente sfoggia tra le pagine dei fumetti. No,
il problema è proprio aver sprecato un personaggio che aveva il potenziale per
essere la Harley Quinn della Marvel, e che invece scivola via nell’anonimato.
Sono sempre stato un fanatico dei fumetti di “Devil” (scusate, ancora lo chiamo
così ogni tanto), e sono molto legato al ciclo di storie scritte dalla grande
Ann Nocenti e disegnate da John Romita Jr. in cui Typhoid Mary mandava fuori di
testa “Cornetto”, quindi so che potenziale ha il personaggio, sprecarlo così è
quasi un crimine.

Insomma, la seconda stagione di “Iron fist” è una delusione
sotto tutti i punti di vista, anche quello della scena dopo i titoli di coda,
frammento pescato evidentemente tra quelli già pronti di “Daredevil 3”, in cui
Matt Murdock con costume nero, si confessa, anche perché sta chiuso nel
confessionale della sua chiesa, quale luogo più consono per farlo? Ma in ogni
caso, davvero poca roba, se davvero Netflix riuscirà a sbagliare anche la terza
stagione del personaggio di punta di questa iniziativa condivisa con la Marvel,
verrà davvero da pensare che aveva ragione Hubert, quando diceva che il
problema non è la caduta, ma l’atterraggio.

Ecco, questo si che è un ottimo consiglio!
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