Ero pronto al peggio, avevo circondato la Bara con sacchi di sabbia, messo le assi alle finestre, fatto la punta ai paletti, contato le munizioni e preparato le scorte di cibo ed acqua, tutto per essere pronto all’avvento del tornado Joker, vi ricordate l’ultima volta che si è abbattuto su di noi? Avrei preferito evitare invece… Niente, silenzio, giusto forse una musichina in lontananza.
Lo sappiamo che ogni volta che il principe pagliaccio del crimine di Gotham si manifesta, tutti, su “Infernet” e non solo, diventano un po’ più pazzarelli e considerando che già di solito non stanno benissimo (lo dico io, che rappresento la categoria dei disturbati mentali) potete immaginare, eppure questa volta, l’aria carica di mesto silenzio, rotto giusto da qualche lamento, per certi versi, mi preoccupa ancora di più.
Conoscete la mia posizione sul primo film, ne ho scritto e volendo, ne ho anche parlato, ho apprezzato il giusto Joker senza amarlo alla beh, follia, non sto a ripetermi quindi iniziamo dalla parte facile, “Joker – Folie à Deux” è ovviamente il seguito del film del 2019 che ha fatto sciogliere il festival del cinema di Venezia, che ha raccolto premi, incassi e che ha generato un’onda anomala di meme, cosplayer, frasi citate e riportate su “Infernet”, insomma un delirio mai finito che, a distanza di cinque anni, non ho ancora capito se Todd Phillips abbia abilmente e astutamente generato e cavalcato oppure, a sua volta, si sia ritrovato travolto dal tornado Joker.
Il seguito? Apparentemente sembrava nato per seguire la regola aurea dei seguiti: uguale al primo ma di più. Se nel primo il protagonista ballava, qui canta (tenetevi aperta l’icona sulla questione, sarà importante chiuderla a dovere a fine post), se prima avevamo solo un pazzarello con la faccia pittata, qui ne abbiamo due, perché la principale novità oltre che calamita di attenzioni risponde al nome di Stefani Joanne Angelina Germanotta anche nota come Lady Gaga.
Capite il perché dei sacchi di sabbia? Se era bastato il bravissimo Joaquin Phoenix, che fa il pazzo in tutti i film, ma nel 2019 lo faceva con la faccia pittata a scatenare il tornado, figuriamoci una delle Pop Star pià famose del mondo nei panni di Harleen “Lee” Quinzel, infatti cosa è successo? Il solito delirio pre-uscita amplificato, con le fazioni meglio Margot Robbie! No meglio Lady Gaga! Oppure peggio le teorie, minchia le teorie! Odio il chiacchiericcio prima della visione, è sterile spesso, “Joker – Folie à Deux” dovrebbe insegnarlo anche a molti “cinefili” (o presunti tali), ma tanto quelli hanno la testa dura e non ascoltano. Pensate che per essere più chiaro (e didascalico) possibile, il regista ha deciso di aprire con un piccolo cartone animato, in stile Looney Tunes (come aveva già fatto Joe Dante, tenete a mente questo…) per chiarire che la “Follia a due” del titolo non è tra Joker e Harley Quinn ma tra Joker e Arthur Fleck.
Secondo molti Lady Gaga qui sarebbe stata solo una proiezione nella testa di Arthur Fleck e per certi versi, mi scoccia ammetterlo, se così fosse stato il film ne avrebbe un po’ giovato, io ad esempio, considerando quanto Todd Phillips avesse pescato a mani basse da Scorsese a dai suoi “Taxi Driver” (1976) e “Re per una notte” (1983) era rassegnato alla sua versione di “New York, New York” (1977) con Gioacchino Fenice e la signora Germanotta al posto di Bob De Niro e Liza Minnelli, che poi forse è il film che molti avrebbero voluto vedere, io no, perché come il pubblico NON ha riscoperto Scorsese guardando Joker, non avremmo avuto nemmeno la rivalutazione che “New York, New York” secondo me merita da anni. Invece la follia a due del titolo (a mio avviso perfetto, perché mette accanto al nome del protagonista la parola follia e il numero del seguito) ha colpito sì, ma più che altro Todd Phillips e il suo sceneggiatore Scott Silver, ma invoco Anders Celsius, andiamo per gradi.
Per vedere “Joker – Folie à Deux” dovrete aver visto il primo capitolo, non solo perché ne è il seguito diretto, ma anche perché per certi versi ne smonta la struttura con il cacciavite, anche se si tratta di uno di quei “Numeri due” in cui il regista è riuscito a tenere insieme cast e reparto tecnico, ricalcando anche il percorso, con un secondo passaggio al festival del cinema di Venezia che però ha lasciato tutti freddi, anche la mia inviata di fiducia, campionessa del mondo di musical, Harley Lisa.
Va detto che il tornado Joker ha colpito davvero duro, era piuttosto chiaro che Todd Phillips volesse fare un film sulla solitudine e su una società indifferente all’altrui sofferenza, la storia di origini di un antieroe diventato iconico per tutti quei movimenti a cui è chiaro, Todd Phillips non ha la minima intenzione di essere associato. Ho sempre detto che se avessi visto Joker da ragazzino forse mi avrebbe colpito di più, purtroppo quegli eterni ragazzini che si rifiutano di riconoscere di essere dei coglioni crescere noti come Incel, hanno elevato il personaggio a loro mito, quindi possiamo dire che “Joker – Folie à Deux” oltre ad essere il seguito diretto del film del 2019 è più che altro il suo secondo tempo o ancora meglio, un lungo discorso, al limite del meta-narrativo, sugli effetti che Joker ha avuto sul mondo, un’operazione di auto sabotaggio, carica di anarchia nel cuore degna di beh… Joker!
“Joker – Folie à Deux” ha essenzialmente tre anime, la vita carceraria di Arthur Fleck dietro le sbarre dopo aver scatenato l’inferno due anni prima (nella finzione narrativa), vessato dalla violenta guardia carceraria Jackie Sullivan (Brendan Gleeson) e idolo dei carcerati, che a colpi di “When the saints go marching in” usata come canzone di protesta, sperano in una reazione del pagliaccio, insomma, i carcerati sono gli spettatori in attesa che Gioacchino faccia il pazzo.
L’altra anima, la porzione processuale che ricopre una grossa fetta della trama seguita ovviamente da quella più famigerata, il musical. Le prime due parti a Todd Phillips va detto, riescono benino, c’è una certa tendenza a cercare l’inquadratura laccata, orientata a diventare un Meme su “Infernet” (Fleck che si dispera sotto la pioggia, il sorriso disegnato sul vetro etc.) però va detto che per fortuna, in questo secondo capitolo non prova ad imitare nessuno, sembra essersi svincolato dalla sua insana voglia di essere un piccolo Martin Scorsese e questo se non altro, è molto positivo, poi ci sarebbe la parte musical, e qui iniziano i problemi.
A fare da collante a queste tre anime, il personaggio di Lady Gaga, pazzarella al corso di musico terapia di cui il protagonista si innamora, intrecciando la più classica delle relazioni malsane, in cui uno alimenta le storture dell’altro, la Folie à Deux del titolo appunto, ed è qui che forse, se Harleen “Lee” Quinzel fosse stata una proiezione della mente del protagonista, le porzioni musicali avrebbero funzionato meglio, perché dopo un intero film passato a vedere il protagonista ballare, in questo seguito abbiamo l’occasione di sentire la musica che solo lui sente nella sua testa. I personaggi cantano e sono consapevoli di farlo, ovviamente i pezzi scelti portano avanti la trama (come da tradizione dei musical) e l’unico momento in cui la musica viene usata per fuggire dalla realtà coincide con “For Once in My Life” di Stevie Wonder, il resto del tempo ve lo dico, ma qui è la mia pancia a parlare, ho percepito la classica sensazione riassumibile con: minchia che palle cantano ancora! Gusto mio eh? Però la stanca si avverte.
Anche perché una critica che è stata mossa a “Joker – Folie à Deux” riguarda il coinvolgimento di Lady Gaga, per alcuni troppo sullo sfondo e per il vostro amichevole Cassidy di quartiere invece, dimessa il giusto, in linea con il tono voluto e fortemente cercato dal regista. L’altra critica? Le canzoni e qui va detto che se vi aspettavate la Gary Glitter Band, come quei due vestiti da Joker e Harley Quinn che ho beccato in sala io (a fine film? Sembravano fuori luogo e con l’umore sotto le scarpe, come due andati in ufficio lunedì mattina conciati in quel modo), ecco, magari no. I pezzi sono tutti all’insegna del malessere, la volontà è chiara, ridimensionare le aspettative del pubblico, ribadendo quello che Arthur Fleck è sempre stato, un povero diavolo bisognoso di aiuto, non di un palcoscenico, in questo senso anche i momenti musicali un po’ impacciati, con cui lo stesso Phillips non è a suo agio, rientrano nell’ottica di un’operazione che lo ammetto, ho apprezzato, più di testa che di pancia eh? Però sì, ho gradito perché è chiaro che la Folie à Deux qui, sia quella di Todd Phillips e Scott Silver.
Tutto il film è costellato di aspiranti Joker che vorrebbero qualcosa dal loro nuovo mito, vederlo a capo di una rivoluzione o sostituirlo, in questo senso il personaggio di Lady Gaga sta un passo indietro e spesso osserva (come fa durante le arringhe dei processi) perché rappresenta il punto di vista del pubblico, quello che lo spettatore medio che è andato pazzo per Joker si aspetta dal seguito del suo film del cuore, considerando la volontà di Phillips di prendere le distanze da certo pubblico, e da come molto pubblico ha interpretato il suo film, questo vuol dire per assurdo scontentare i tanti e far contenti i pochi, o quelli come me che dalla visione di “Folie à Deux” escono non soddisfatti ma almeno stupiti, davanti ad un film che ti costringe a rivalutare anche quello del 2019, che a questo punto, era evidentemente solo il primo tempo. Basta guardare il modo in cui Arthur torna a percorrere (di corsa) le strade da cui è partito o la famigerata scalinata, i due film insieme completano un cerchio che parte molto sotto il livello di modestia del personaggio, arrivano a metà con l’esaltazione totale (la fine del film del 2019) e si completa ritornando, se possibile ancora più in basso rispetto al punto di partenza. Come la definiamo un’operazione del genere? Un suicidio artistico? Un auto-autodafé? Io la definisco una trovata degna del Joker, oltre che una mossa che denota del fegato e un certo grado di sale in zucca, però lo sapete, questo sono io, il vostro amichevole Cassidy di quartiere matto come un cavallo, che davanti ad operazioni così si galvanizza.
Si perché tutto mi sarei aspettato, anche il “New York, New York” di Phillips, ma non di certo un film che si unisce di diritto all’odiata (non da me) schiera di titoli che ancora oggi fanno discutere, mi riferisco ai vari Gremlins 2, Nightmare nuovo incubo e ovviamente Fuga da Los Angeles, che per me sono tre gioielli, tre capolavori che il mondo un giorno capirà a pieno. Quando il creatore, torna alla sua creatura, con il preciso intento di distruggere l’iconografia da lui creata, di mettere fine ai seguiti (Dante ha sempre detto «Ho fatto Gremlins 2 perché nessuno potesse mai più dirigere un Gremlins 3») io la trovo una mossa brillante, coraggiosa e intelligente. Bisogna imparare dai film, non per forza sfornare seguiti fotocopia identici, come avrebbe potuto fare Todd Phillips con ben più facilità, se poi ci aggiungiamo la sua precisa volontà di riportare attenzione sul tema della solitudine e di una società indifferente… Bingo!
Viviamo in un mondo dove i drammi personali vengono trattai a livello mediatico come cabaret, that’s entertainment! Cantano spesso qui, ecco stessa cosa. Phillips non ci sta, nemmeno all’idea di aver generato involontariamente un’icona per gli Incel, e a costo di fottersi la carriera e bruciarsi altri premi e incassi sicuri, distrugge e smonta con il cacciavite la sua stessa opera, dandole così valore o meglio, il valore giusto. Quindi invece di imitare (male) Scorsese, qui Phillips dimostra di aver capito la lezione di Dante, Craven e Carpenter e di avere il fegato per applicarla. Forse il pubblico sperava in un Joker ancora più pazzo e Punk, ma qui il vero Punk mi sa che è Todd Phillips, tanto di cappello per il fegato.
Concludo chiudendo l’icona aperta lassù di cui vi ero debitore, non sono un grande amante dei parallelismi cinematografici, ma se proprio volessimo farne uno, ci sono momenti in cui Arthur Fleck potrebbe sovrapporsi al Joe Gideon di “All That Jazz”, giusto per confermare che l’ispirazione di Phillips restano gli anni ’70, ma prima di togliere i sacchi di sabbia, magari aspetterò ancora un attimo, nel caso questo mio post dovesse scatenare l’orda di fan delusi di Joker, però possibile che dove non è mai arrivato Batman, ovvero fermare l’anarchia del Joker, sia riuscito ad arrivare il comune “odio” del pubblico nei confronti del musical? Se lo avesse saputo Batman, avrebbe messo su uno spettacolo teatrale, tipo “Cats”, anzi, “Bats”.
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