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Jolt – Rabbia assassina (2021): andiamo a John Wickare

Possiamo girarci attorno quanto vogliamo, ma John Wick ha inevitabilmente segnato
tutto il cinema americano contemporaneo.

Nel giro di davvero poco tempo, gli stessi autori ci
hanno regalato una versione femminile con Atomica Bionda, una versione un po’ più comica ma per questo non meno divertente
con Io sono nessuno. Abbiamo visto
attrici come Jessica Chastain tentate di cavalcare il filone con risultati
assolutamente rivedibili in Ava,
oppure Nicolas Cage firmare il suo stile l’anti-John Wick con Pig. Insomma come lo giri o lo volti, il
modello piace, vende e crea proseliti, evidentemente la bella Kate Beckinsale
deve aver pensato: «Ed io chi sono, la figlia della serva?».

Dopo mille seguiti di Underworld, Kate sa come puntare un’arma.

Per certi versi “Jolt” sembra dire a Jessica Chastain: «Ah
Gessì è così che si fa!». Parliamoci chiaro, un film per nulla esente da
difetti più o meno grandi (anzi), che sbuca dal mare magnum del nuovo
videonoleggio che oggi conosciamo come streaming, un oggettino buono per
salvare la serata che aggiunge un tassello agli eroi “Wickiani” sempre più
popolari e abbondanti.

“Jolt”, scritto da Scott Wascha, sembra l’adattamento
cinematografico di un fumetto che in realtà non esiste. Girato in buona parte
in portogallo in una manciata di set, molti dei quali in interni tra cui la via vicino alla casa della
protagonista, che risulta tanto posticcia da essere perfettamente funzionale ad
un film, la cui idea di fotografia sono luci al neon come potete facilmnete intuire fin
dalla locandina del film.

Se John Wick ci
portava in un mondo dove tutti, ma proprio tutti, erano assassini
professionisti, “Jolt” cerca di sfruttare la stessa premessa fumettistica con
la nostra protagonista, una novella She-Hulk affetta da un problemino che mi ha
fatto subito patteggiare per lei: una capacità limitata di controllare la
rabbia, che quando si manifesta lo fa nel modo più distruttivo possibile.

Sotto ogni foto di Kate potrei risparmiarmi di scrivere la didascalia, tempo perso lo so.

Io che di mio sono uno calmo e tranquillo, sono anche uno di
quelli che tende a perdere le staffe in modo esplosivo quando la misura è
colma, quindi il tema della gestione della rabbia mi ha sempre affascinato e
“Jolt” lo risolve con una trovata fumettistica anche fin troppo spiegata
dall’introduzione, una voce narrante che ci aggiorna per filo e per segno sul
passato della protagonista: Lindy Lewis (Kate Beckinsale) non è stata amata
abbastanza da piccola e ora soffre di disturbo esplosivo intermittente e se il
nome vi sembra scemo, con una motivazione del genere che cosa vi aspettavate?

Sta di fatto che allenamento militare, meditazione, yoga e le sessioni al poligono non hanno alleviato il problema, ma solo reso Lindy più
pericolosa. L’unico ad ottenere qualcosa è stato il suo psicologo Stanley Tucci
nel ruolo di Stanley Tucci – ormai i personaggi li interpreta tutti uguali ma buca lo schermo lo stesso – che ha inventato per Lindy una sorta di bustine con elettrodi in grado di dare
scosse elettriche, controllare da un pulsate: vedi uno stronzo che maltratta
qualcuno per strada? Schiacci il pulsate, stringi i denti, le pupille tornano
del loro normale diametro ed eviti di lasciare un cadavere sul pavimento. Molto
utile, di questi tempi penso che lo utilizzerei moltissimo, chissà se la
batteria dura più di quella di un i-Telefono?

L’abbigliamento giusto per un primo appuntamento.

Questa lunga premessa che spiega fin troppo, si risolve con
la montagna che partorisce il topolino, perché di fatto Lindy a colpi di
pulsante, vive una vita tutto sommato normale, fino al giorno in cui conosce
Justin (Jai “patatone” Courtney), classico bravo ragazzo che di mestiere fa il
contabile e riesce a portare la ragazza a letto fuori dalla sua zona di sicurezza piena di fissazioni, costruite per evitare di perdere le staffe.

Può la forza dell’aMMMore salvare Lindy dalle sue ossessioni? Di
sicuro è quello che crede la ragazza che però non arriva nemmeno al terzo
appuntamento con Justin, fatto fuori probabilmente dalla Mafia per motivi misteriosi. John Wick aveva un beagle, Kate Beckinsale ha quella faccia da
labrador di Jai “miglior amico dell’uomo” Courtney, con la differenza che almeno il cane di John Wick era un simbolo
di un momento felice della sua vita, qui invece Lindy pare perdere la testa
come una scolaretta, il che a ben pensarci ci sta quando la tua protagonista
s’incazza come un’adolescente in balia degli ormoni o come in un pezzo degli
883. Avevo entrambe le metafore in punta di vita, quindi ho fatto che scriverle
tutte e due, crepi l’avarizia.

Cavi delle batteria e modi creativi per utilizzarli.

Da qui parte l’indagine di Lindy, che la vedrà braccata da
una coppia di strambi sbirri già pronti per un film tutto loro, da una parte il
Detective Vicars interpretato da Bobby Cannavale, eterna faccia da stronzo in
qualche modo adatto anche ai ruoli da buono di supporto, affiancato dalla sua
socia, la Detective Nevin interpretata da Laverne Cox resa celebre da Orange is the new black. Se siete tra
quelli che considerato i programmi in streaming propaganda per la lobby del gender gaio che minaccia la famiglia tradizionale, questo è il vostro momento di lamentarvi, vostro, non mio, che sono ben felice
di veder recitare Laverne Cox.

Nel ruolo del cattivo cattivissimo con monologo da cattivo
cattivissimo, qui troviamo uno dei miei preferiti David Bradley, il suo boss Gareth Fizel che sproloquia sulle
aragoste, buca anche lui lo schermo e si aggiunge alla collezione di facce note
di un film, che può giocarsi un premio Oscar, sullo schermo per cinque secondi
(di numero) nel ruolo della Nick Fury di turno, comparsata di lusso piazzata
prima dei titoli di coda per tenersi aperta una porticina su un possibile
ritorno di Lindy Lewis (anche l’allitterazione nel nome, vedete che è un
personaggio da fumetto?), nel caso le cose dovessero andare bene al bottegh… No, come si valuta il successo di un film in streaming? Con il numero di click? Vabbè ci siamo capiti.

Louise senza Thelma.

Parliamoci chiaro, nel mucchio di “Proto-Wick”, questo
“Jolt” tira scoppole ad “Ava” ma risulta meno divertente di “Io sono nessuno”,
inoltre le coreografia di combattimento sono adorabilmente posticcie nel senso
che si vede sempre chiaramente il momento in cui la controfigura prende il
posto di Kate Beckinsale per le scene d’azione, indossando una bella parrucca
bionda con ricrescita, per simulare la ricercatissima acconciatura di Kate
prima di entrare in azione. Era dai tempi degli stuntman con parrucca canuta,
necessari a dare un’idea di movimento all’Hannibal Smith di George Peppard, che
non mi divertivo così tanto a giocare a “Trova l’intruso stuntman”, ma direi
che in un film come questo fa parte del gioco.

Se avete visto più di due film nella vostra vita, e non si
trattava di titoli come “Piccolo Pippo cucciolo eroico”, ci metterete circa
dodici secondi a capire come va a finire “Jolt”, perché il film si chiamerà
anche “Jolt” (appesantito dal solito sottotitolo italiano abbastanza inutile),
ma forse per Lindy sarebbe stato più adatto “Mai una Joltia” visto che quel
brevissimo momento di felicità della sua vita dura un attimo, poi si torna a cercare
di utilizzare quella rabbia incanalandola da qualche parte.

“Uno alla volta o tutti insieme? Tanto a menarvi ci penserà la mia controfigura”

Non bisogna nemmeno porsi troppe domande, “Jolt” cerca di
“Wickare” in ogni modo, quindi è normale che se la protagonista ha bisogno di
uno smanettone informatico, lo vada a cercare nell’equivalente locale del
vicino Mediaworld, dove ovviamente non troverà il solito ventenne annoiato, ma una tredicenne dallo stile ricercato nel vestire che è anche un drago dei computer. La costruzione del
mondo attorno alla protagonista è più che deficitaria, il tentativo è quello di
utilizzare un linguaggio da fumetto ormai ben noto al pubblico, senza perdere
tempo su chissà che altre spiegazioni, il risultato è riuscito a metà, a volte
anche meno, ma forse a Kate Beckinsale basta, visto che sembra divertirsi molto
più qui che in tutti i dodici o tredici Underworld
in cui ha recitato prima.

Anche se il vizio di fare le faccette ancora non lo ha perso.

La sua Lindy Lewis strappa piercing a mani nude e ha la
battuta sempre pronta, regalandoci una Kate Beckinsale che sembra addirittura
viva, non la vampira fasciata nel latex, imbalsamata da una serietà congenita
nei panni di Selina. Anche se è impossibile non notare che Kate Beckinsale risulta essere un’altra di quelle attrici che non invecchia mai, il tassametro dice 48 ma l’aspetto in
questo film sembra averla congelata a boh? 32? Forse 27. Certo parliamo di
personaggi che campano sul loro aspetto quindi investono tutto in palestra,
chirurgia e dietologo, però urca se sullo schermo il risultato paga dividendi! Anche perché parliamoci chiaro, chi vedrà il film lo farà per lei, il resto
sono lucine al neon sullo sfondo.

“Jolt” ha difetti evidenti, trovate azzeccate e una protagonista
bella bella in modo assurdo (cit.), nel coraggioso nuovo mondo dello streaming è
l’equivalente di quei film Direct-To-Video che un tempo ci avremmo pescato al videonoleggio, anche se non tutti potevano giocarsi un cameo di Susan Sarandon, ma che
volete farci i tempi sono cambiati. Per nostra fortuna, la regia di Tanya
Wexler è davvero ben fatta, una varietà di movimenti di macchina da presa
curati e scelte stilistiche ben fatte, elevano tutta l’operazione di almeno una
tacca, se un film dalla trama facilmente intuibile e il tono in precario
equilibrio tra un fumettone e John Wick funzionicchia, per me è proprio grazie
alla regia di Tanya Wexler, non credo di aver visto nessun altro suo film, ma
tanto di cappello, questo lo ha salvato dall’anonimato.

No questa battutaccia è troppo facile, ve la risparmio.

91 minuti (durata perfetta) per un filmetto che
probabilmente dimenticheremo dopodomani, ma che mentre lo stai guardando, si
certo spesso finisci per scuotere la testa per le occasioni mancate e i difetti, ma comunque
continui a guardare, posso dirlo? Ho preferito di gran lunga questo che tutta
la saga di “Underworld”, forse sarò il solo ma in questo panorama in cui tutti,
ma proprio tutti, sono alla ricerca della propria personale versione di John
Wick, Kate Beckinsale forse ha già trovato un’eroina da film di cassetta,
pardon, da streaming. Anche se ho dei dubbi che tra i film che escono in
streaming e quelli che vedono il buio della sala, ormai ci sia più tutta questa
grossa differenza, ma sono anche quello che non si è mai divertito con
“Underworld”, quindi magari faccio poco testo.

Per un secondo parare invece, vi consiglio il mio fratello
Raptor dalle pagine di Malastrana VHS, anzi ne approfitterò per leggerlo anche
io, ancora non lo avevo fatto.

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