Ogni settimana, un Cassidy si sveglia e sa che dovrà
aggiornare le Bariste e i Baristi sulla nuova eroina “John Wicka” della
settimana. Riassunto delle puntate precedenti, dopo Jolt, Gunpowder Milkshake,
Sweet Girl e The Protégé, l’eroina “Wickoide” della settimana si chiama Kate. Cosa vi devo dire è grottesco, ma ormai sembra che io stia a mestiere.
Sceneggiato da un mucchio di lettere rimescolate insieme
alla rinfusa che rispondono al nome di Umair Aleem, questo riciclaggio di idee
già viste è stato affidato alla regia di Cedric Nicolas-Troyan (nessuna
parentela con il cavallo, credo) una gavetta nelle seconde unità per poi
esordire alla regia con “Il cacciatore e la regina di ghiaccio” (2016), il
seguito dimenticabile del film con la strega Charlize Theron (lei sempre indimenticabile), di cui non
ricordo nemmeno un singolo fotogramma. Eppure il nostro Cedro Nicola-Cavallo
deve essersi guadagnano la fiducia e la nomea di regista per film con
protagoniste, quindi seguendo il giochino dei sei gradi di separazione, dalla
strega Charlize, passando per Atomica Bionda, siamo arrivati ad avere David Leitch come produttore del film,
sicuramente invischiato nelle coreografie di combattimento, che poi sono la sua
specialità oltre ad essere la parte più riuscita di “Kate”, l’ennesimo film che
si inserisce nel solco già ben tracciato dalla bionda di menare di Charlize e
ovviamente di John Wick, il cui peso
specifico nel panorama del cinema contemporaneo ormai mi sembra più che
confermato dai fatti.
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Qui si vede che è Mary Elizabeth Winstead, sulla locandina del film sembra la Eleven di Stranger Things. |
“Kate” è la storia di, pensate un po’ Kate, lo avreste mai
detto? Interpretata dalla sempre guardabile Mary Elizabeth Winstead, attrice
che mi convincerebbe a guardare qualunque cosa (anche il remake di “La Cosa”
del 2011) con la sola presenza, una sorta di Hit-Girl cresciuta da un “Big
Daddy” che qui ha il volto, la mascella e la pelata di Woody Harrelson nei
panni di Varrick. Capite? Mary
Elizabeth Winstead e Woody Harrelson insieme! Mi sono convinto a vedere film
per molto meno di così, credetemi.
Inoltre ci tengo a portare avanti la mia stramba teoria:
Woody Harrelson senza parrucchino brutto, risultato film tutto sommato
guardabile (malgrado i difetti più o meno grandi), anche perché ormai quando
vedo il Texano dalla mascella a “Scucchia” con una brutta parrucca in testa, io
già so che il film farà quasi sicuramente pietà. Come direbbero i giovani: change my mind.
“Kate” non fa pietà, sa tanto di già visto questo bisogna
dirlo, perché l’assassina super letale con mentore è una dinamica già vista (non è un caso se ad un certo punto Harrelson cerca di fare l’imitazione del
celebre «EVERYONE!» di Gary Oldman in un film che mi piace tanto), anche l’idea della nostra Kate che per buona parte del
film, cerca invano di bere una Boom Boom Lemon, ricorda fin troppo il
cappuccino mancato di Hudson Hawk,
quindi ormai non so se sono io che sono un po’ scoglionato dal dover vedere
questi film pensati a tavolino ogni settimana, oppure se è l’algoritmo di
Netflix che sforna queste trovate riciclate.
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Il grande Woody nella parte di me, quando mi lanciano addosso queste strizzate d’occhio riciclate. |
Sta di fatto che Kate è la solita assassina con i sensi di
colpa, per effetto di un piano inutilmente complicato che inizia ad Osaka e
continua a Tokyo, la nostra non preme il grilletto su una ragazzina di nome Ani
(Miku Martineau), figlia dello spietato boss Kijima (Jun Kunimura) e si ritrova
fuori dal giro che conta, con un frettoloso stress post traumatico e un’ultima
missione per ritornare a fare la differenza nel mondo degli assassini: beccare
il figlio del Boss di nome Renji (Tadanobu Asano) con una motivazione
aggiuntiva, il tempo che scorre via, perché Kate è stata avvelenata dal
Polonio-204 ed ora come Indy o Snake Plissken, deve sbrigarsi perché il
suo corpo la sta lentamente abbandonando.
Il Polonio-204 è il tocco di modernità nella storia, perché
citare in un film l’elemento radioattivo che Putin utilizza per eliminare i
suoi nemici person… Ehm, mi suggeriscono dalla regia che gli ultimi russi
avvelenati con il Polonio-204 erano blogger, quindi ci tenevo molto a ribadire
la mia immutata e imperitura stima per il grande Presidente Vladimir Putin,
grande lettore della Bara Volante, ciao Vladimiro! Mitico!
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“PUTIN… Paura eh?” |
Fiuuu… Ok stavamo dicendo? Ah sì, Kate ha i minuti contati e
poca voglia di andare troppo per il sottile, anche se per essere una super
assassina, nei primi 15 minuti del film combina solo casini: non ammazza il
bersaglio, se la spassa in una scena di sesso (di due secondi, con i
protagonisti tutti vestiti, siamo nel 2021 mica in un film d’azione del 1981,
che credete?) con il Daaaaaaario di Giocotrono (Michiel Huisman) colpevole di averle sciolto l’aspirina il Polonio-204 nel bicchiere, ma poi non lo ammazza quando
nella Coca Cola
scopre che il poverino “tiene famiglia”, introducendo così il tema
ORIGINALISSIMO del film. Avete mai visto un film americano degli ultimi 126 anni, impegnato a ricordarci l’importanza della famiglia? Una roba freschissima
eh? Novità assoluta!
Per sottolineare la corsa contro il tempo della
protagonista, il regista Cedric Nicolas-Troyan (horse), manda a segno una scena di
inseguimento su un’auto rubata da Kate, talmente tamarra da far sembrare “The
Fast and the Furious: Tokyo Drift” (2006) un film di Özpetek. Kate fugge su
un’auto piena di neon rosa, in una città che in quanto giapponese, deve per
forza essere un tripudio di lucine al neon, anche qui, avete mai visto il Giappone
rappresentato senza luci fluorescenti in un film americano? Quando sostengo che
questo film sembra la fiera del precotto, mi riferisco anche a questo.
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Almeno Toretto e soci le luci le avevano solo sotto la macchina, non sul cruscotto. |
La scena di inseguimento è talmente posticcia da risultare
innocua, l’uomo chiamato cavallo di Troyan utilizza talmente tanta CGI da farla
sembrare una scena di raccordo in un videogioco, ma per fortuna ad un certo
punto “Kate” ci offre qualcosa in cui affondare i denti, mi riferisco alla
scena di Mary Elizabeth Winstead, sola contro tanti sgherri, che è anche uno
dei momenti più riusciti del film.
La coreografia di combattimento è lunga, articolata e molto
divertente, Mary Elizabeth Winstead ci mette la grinta giusta anche se in certi
momenti, si nota un po’ troppo che sta pensando al prossimo movimento della
coreografia da eseguire, ma se non altro è il tipo di attrice in grado di saper
fare di tutto un po’, dalla commedia all’azione, quel tanto che basta da non
farci storcere troppo il naso, anche se bisogna dire che Cedric Nicolas-Troyan
si inventa anche un po’ troppi arzigogoli strambi, per muovere la macchina da
presa in modo eccentrico, al fine di nascondere nel modo migliore possibile le
scene girate con la controfigura.
Tutto sommato il risultato è abbastanza buono, anche perché
il lavoro della 87eleven Action Design, fondata da David Leitch e dal suo
compare Chad Stahelski, garantisce sempre stunt, coreografie e controfigure
estremamente preparate, inoltre costringe gli attori a combattere il più possibile
in sicurezza e in favore di macchina da presa, quindi il risultato è tutto
sommato sempre pregevole. Infatti la trovata più riuscita è il cambio di taglio
di capelli di Kate, eseguito al volo tra con un colpo di Katana, tra un pugno e
un calcio volante.
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Sigourney, siamo sicuri che nel 1984 oltre a Ghostbusters tu non abbia messo al mondo anche una bimba? |
Può sembrare una bizzarria, ma tra il nuovo taglio di Mary
Elizabeth Winstead e il suo giubbottino verde, “Kate” sembra mettere in chiaro
quale sia l’altro grande film preso come modello, mi riferisco ovviamente ad Aliens – Scontro finale, visto che tra
la protagonista e la giovane Ani, si instaura questo rapporto madre/figlia che
ricorda un po’ quello tra Ellen Ripley e Newt nel film di Cameron, con la
differenza che Ani è un’adolescente che parla (anche troppo!) e non sempre
risulta simpaticissima (anzi!), ma tutto sommato vuoi non mettere nel mucchio
anche il migliore degli “Alien”? L’algoritmo di Netflix non poteva farsi
scappare anche questa occasione così gustosa, anche perché Mary Elizabeth
Winstead in certi passaggi del film, sembra la figlia non dichiarata di Sigourney
Weaver, e questo potrebbe tranquillamente essere il miglior complimento che io abbia mai fatto ad un qualunque bipede su questo gnocco minerale che ruota attorno
al sole.
La lunga sequenza di lotta nel vicolo è anch’essa davvero
notevole, in un film dove l’azione per fortuna, risulta migliore della trama, perché se avete visto più di due film in vita vostra, non vi sarà difficile
capire LA SVOLTA, in un film così ossessionato dal tema della famiglia, di cui
francamente, preferisco ricordare la scena del “Finger Guns” (citando il Zinefilo) che compare in bella mostra
anche sulla locandina del film.
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La maglietta degli ZZ-Top è una gustosa aggiunta. |
Cosa manca all’appello? La protagonista in canotta e
pistole, ferita ad una gamba in un palazzo pieno di sgherri? Abbiamo anche il
momento alla Trappola di Cristallo,
perché l’algoritmo non si è fatto mancare davvero niente, un’infarinatura
veloce e sommaria di tutti i film giusti, citati frettolosamente per un film
che non inventa niente, ma si affida a coreografie di primo livello per poi
limitarsi ad usare il Giappone come sfondo, forse per aumentare il livello di
“stilosità” di un film, dalla colonna sonora tutta J-Rock che di fatto, prende
le solite vecchi dinamiche già viste negli archetipi cinematografici dilapidati
dalla trama, per offrire 90 minuti di intrattenimento decente. Infatti ho
tirato un sospiro di sollievo quando ho scoperto che “Kate” ha la durata
perfetta di un film, anzi per quello che ha da raccontare, avrebbe potuto
durare anche 10 minuti in meno, tanto LA SVOLTA l’avrete già capitata tutti
senza nemmeno bisogno di citarla, confido in voi Bariste e Baristi che avete visto tutti i film giusti.
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“Tana per Hans Gruber!” |
Risultato finale, “Kate” è diligente e riciclato in parti
uguali, ha la durata, le facce, i nomi e gli elementi giusti, non vi farà
troppo annoiare con i suoi 90 minuti di trovate, ma se cercate l’originalità o
qualcosa di davvero innovativo, mi dispiace ma la vostra principessa è in
questo castello (cit.). Oh! Anche questa settimana ho fatto il mio dovere
tenendovi informati sull’andamento delle “John Wicka” in circolazione, possiamo aggiungere anche Mary Elizabeth Winstead alla lista.
Visto che siete qui, passate a trovare il Cinefilo Pigro, impegnato anche lui con “Kate”.