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Kick-Ass (2010): calcinculo, coltellate e tanti morti ammazzati

I titolisti italiani non li capirò mai. Passano il tempo a storpiare un titolo qua, aggiungere un inutile inciso là, e quando gli capita il titolo della vita se lo lasciano scappare così. Se avessero avuto il coraggio di tradurre Kick-Ass con “Calcinculo”, sarei stato fiero del mio Paese.

Tempismo. A volte non basta fare sempre – come diceva Spike Lee – la cosa giusta, conta pure farla al momento giusto.

Quando il fumetto di Mark Millar e John Romita Jr. uscì nel 2008, il Marvel Cinematic Universe irrompeva per sdoganare definitivamente quelle strane “cose da ragazzini” che rispondono al nome di fumetti, raccogliendo i dividendi seminati per due decenni da pochi registi coraggiosi (Sam Raimi su tutti).

Il film di Kick-Ass, diretto dal mai abbastanza apprezzato Matthew Vaughn, usciva nel 2010 con un tempismo perfetto, non troppo tardi da risultare una stantia variazione sul tema, non tanto presto da risultare un oggetto misterioso e un po’ bizzarro. Il regista britannico ci aveva visto lungo, lunghissimo, e ditemi se è solo mia impressione che non gli sia resa la fama che merita, specie quando si parla di cinema di intrattenimento. Un regista capace da sempre di gestire budget medio-alti e grandi attori, dirigere con mestiere, ironia e uno spirito caciarone genuino.

Millar e Vaughn erano in contatto per un possibile adattamento di “American Jesus”, quando il fumettista gli spedì le prime pagine di Kick-Ass, Vaughn deviò il suo interesse al nuovo progetto, che non era ancora stato nemmeno pubblicato. Semplicemente, quello era il momento. La nerditudine veniva sdoganata da The Big Bang Theory e mentre i supereroi diventavano culto di massa, Kick-Ass giocava coi loro stereotipi, li irrideva e celebrava al tempo stesso. Il tutto battendo sul tempo il modesto “Super” (una specie di Kick-Ass apocrifo) diretto da quel James Gunn che con altri budget e altri personaggi avrebbe comunque segnato l’era dei cinecomic.

No, non è Big Bang Theory. E sì, quello a sinistra è il figlio di Magneto.

Altro esempio di lungimiranza e tempismo che ha fatto invecchiare il film benissimo è la presenza pervasiva dei social network che muovevano i primi, velocissimi passi nella cultura di massa. Nel film l’esplosione di fama di Kick-Ass e il mondo iperconnesso intriso di cultura pop che oggi conosciamo, era catturato bene e con tempismo, anche se le citazioni sono a MySpace e non Facebook, alla serie di Lost e non Stranger Things. Il discorso vale doppio per il film, perché nel fumetto la cosa è molto meno presente (visto che si parlava ancora di video sui cellulari a conchiglia, brrrr).

Vi rendete conto? Cellulari a conchiglia. Barbari!

La storia la conoscete. Non la conoscete? Dave Lizewski è un ragazzino fin troppo comune, privo di particolari talenti, sta in fissa coi fumetti come tanti altri. Non verrà morso da ragni, mosche o zecche radioattive, non subirà mutazioni genetiche, non farà concorrenza a Daredevil diventando cieco per troppi lavoretti di mano.

Dave non è ricco e né particolarmente intelligente, forse posseduto da un demone marzulliano si fa una domanda e si dà una risposta: “perché nessuno, nel mondo reale, ha mai provato a diventare un supereroe? Proviamoci!” Così il nostro si fa carico di questa grande responsabilità, senza nessun potere. Compra un’inguardabile tutina verde e sotto l’identità di Kick-Ass pattuglia le strade, solo che i calci li prende, invece di darli. Perché i cattivi, quelli esistono davvero.

«Indietro coglioni! Sono Kick-Asso di bastoni!»

Tutta la parte iniziale del film è quasi una copia carbone del fumetto, ma ci risparmia la fiera del tale e quale show, prendendosi ampia licenza sugli attori. Il film si gioca Nicolas Cage e Mark Strong sulle opposte barricate e opposti stili: il primo è un buono un po’ pazzo e molto incazzato, l’altro un cattivo equilibrato che gestisce il business da uomo d’affari un po’ stressato. Notevole la scena della “origin story” animata che definisce al volo i due personaggi crea la svolta per un atto finale in crescendo di tensione e budella volanti.

Certo, Aaron Taylor-Johnson sta a Kick-Ass come Chris Hemsworth sta a Bilbo Baggins, ma Aronne è salvato dalla faccia da boccalone, addizionata con ricci inguardabili e occhialoni per rendere credibile il personaggio, persino più patetico del Dave originale (che era basso, secco e biondino). Il Dave Lizewski su carta è molto più autentico, gli si vuol bene, mentre nel film è una variante del teenager scemo che si caccia in un guaio più grosso di lui, mentre sbrodola per la solita ragazza della porta accanto, una Lyndsy Fonseca perfetto sogno romantico ed erotico del protagonista sfigato, e pare la versione acqua e sapone d’una Megan Fox d’altri tempi.

La vera marcia in più la mette Hit-Girl, che brilla del sorriso e la spontaneità bambinesca di una Chloë Grace Moretz strepitosa. E brilla nel senso esplosivo del termine, visto che sarà pure alta quanto un candelotto di dinamite, ma è un’arma di distruzione di massa. Hit-Girl non dà calci in culo: mozza gambe, apre arterie e ammazza male. La definizione perfetta ce la dà il fumetto:

Come sarebbe “chi è Polly Pocket”? La versione per femmine di Mighty Max!
(ringraziamo il sessismo industriale, a noi maschiacci è andata di lusso)

Quando Vaughn acquisì i diritti per l’adattamento coinvolse subito gli autori nel progetto. Il film adatta per lo schermo il primo libro della serie e tradisce volontariamente – con assenso di Millar – buona parte dello spirito del fumetto, tanto da farlo sembrare una versione edulcorata. Se nel fumetto la violenza è dura e pura, nel film è giocosa, ci si diverte con più accoltellamenti e schizzi di sangue di quanti vedrete mai in un cinecomic (infatti è “Rated R” e non “PG13” grazie al cielo).

Se il fumetto è tragedia, il film è commedia, e abbassa l’asticella a livello demenziale più d’una volta. Tirare un cazzotto allo stomaco del pubblico come aveva fatto Millar dubito avrebbe pagato dividendi al botteghino, ma non è un crimine perché la sceneggiatura esalta le parti più solide del fumetto, e i compromessi sono serviti a cavalcare il successo dei supereroi e farne un film per le masse.

Gli sgherri del boss servono ad aumentare il tasso comico, mentre la controparte di Kick-Ass, Red Mist, la butta sul team-up tra sfigati in pieno disagio adolescenziale. E vi dirò, ho preferito questa versione di Red Mist, che vuole solo farsi degli amici e farsi notare dal padre.

Magari non vestiti così, ma l’abbiamo fatto tutti.

Quando si parla di puro intrattenimento, Kick-Ass gioca sul terreno dei fuoriclasse, ed è ruffiano al punto giusto da ingraziarsi il pubblico con una colonna sonora che accompagna degnamente tutte le scene: da Kick-Ass che canta “Crazy” degli Gnarls Barkley, al “Big Daddy scatenato” che massacra gli sgherri sulle note di “In the house, in a heartbeat” (non amo il riciclo delle musiche, il pezzo John Murphy era scritto per “28 giorni dopo” [LINK], ma qui è esaltante). C’è pure la citazione musicale a “Per qualche dollaro in più” che non fa mai male. In generale le musiche ci accompagnano sull’ottovolante delle atmosfere ora caciarone, ora drammatiche.

I combattimenti sono ben coreografati, diretti bene e montati meglio. Messa da parte la sospensione dell’incredulità per una bambina che stende uomini adulti senza troppe difficoltà, le scene di Hit-Girl sono giocose anche per non prendersi troppo sul serio.

Non importa quanto sei grosso, è la cazzimma che conta (e il pugno di ferro aiuta)

Kick-Ass fa un doppio carpiato e passa dalla dissacrazione alla celebrazione degli eroi, ma senza diventare superficiale. Anzi: nel film le relazioni fra i personaggi hanno tutte un piccolo spazio, magari solo abbozzato, ma c’è. Ogni personaggio e ogni attore ha il suo motivo di esistere.

Ovvio che in un ambiente simile Nick Cage aka Big Daddy riesca a spiccare, gigioneggiando e divertendosi nel ruolo che più di tutti traccia la differenza tra fumetto e film, un’imitazione di Batman nella tuta e nelle motivazioni. Sul Big Daddy originale non faccio spoiler, leggete il fumetto e giudicate voi, io ho apprezzato entrambe le versioni per motivi opposti. Cage ha una gran chimica con la piccola Chloë Moretz, i due funzionano come padre suonato e bambina sboccata che gioca coi coltelli. I loro duetti a suon di pallottole in petto e quiz sui film di John Woo sono divertenti, così quando arriva la scena più drammatica siamo più che coinvolti.

Hai due pistole e sai cosa fare: pensa a John Woo.

Allora meglio il fumetto o il film? Io dico: perché scegliere, in un mondo in cui li abbiamo entrambi? Il Kick-Ass di carta ha concluso il suo ciclo di quattro volumi e Hit-Girl ha una serie tutta sua. Il Kick-Ass del cinema non è mai diventato una saga, il sequel del 2013 senza l’entusiasmo e la regia di Vaughn, era già infiacchito e stanco. Si è parlato di un reboot, ma francamente, in un’epoca in cui c’è stato The Boys e le serie e i film sulle tutine hanno messo alla prova la pazienza e la sopportazione dei fan più accaniti, non se ne sente il bisogno. Anche perché quel tempismo del film giusto al momento giusto, difficilmente sarà replicato da un reboot.

Tale padre, tale figlia.
Nick Cage e Chloë Moretz vi salutano nella posa degli eroi della Bara.

Sepolto in precedenza in data lunedì 11 dicembre 2023

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