Home » Recensioni » La battaglia di Hacksaw Ridge (2017): lo aveva promesso, ci rivedremo nella mischia

La battaglia di Hacksaw Ridge (2017): lo aveva promesso, ci rivedremo nella mischia

Se vi dico le parole “Filmografia di Mel Gibson” voi cosa mi rispondente? No, lasciate perdere Mad Max Rockatansky, parlo dei film diretti dal vecchio Mel. Cosa mi dite? Non rispondete? Non hanno ancora inventato le pagine Internet interattive, quindi non mi potete rispondere, tocca rispondere a me. I tratti comuni dei film del regista Gibson sono: sangue e violenza senza tirar via la mano, una propensione ai personaggi monodimensionali (buoni buonissimi, cattivi cattivissimi), Dio, fede e religione come se piovesse e una buona dose di retorica. Non fate i finti tonti, non siete solo voi cresciuti guardando “Braveheart”, ma bisogna avere l’onestà intellettuale di riconoscere che la retorica era parte integrante di quel film e di tanti altri che hanno fatto la storia del cinema, questo non vuol dire che io sia un fan della retorica, però ammiro i registi che al cinema riescono a portare avanti le loro idea facendo del bel cinema, basta pensare all’ultimo Eastwood, solo per fare un esempio recente.

Ok, facciamo un altro giochino allora. Io vi racconto la trama di “Hacksaw Ridge” (da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa, anticipato da “La battaglia di” perché sia chiaro che è un film di guerra) e voi mi dite chi sembra fatto dal sarto per dirigere questa storia, ok? Bene, dai, bravi, mi piace quando avete questo spirito di iniziativa!

«Nasconditi Isidoro! Questo fa domande strane!»

Desmond T. Doss, un ragazzo con la passione per curare gli altri e un grosso problemino di gestione della rabbia, vive secondo i precetti della sua fede, quella degli avventisti del settimo giorno e si rifiuta categoricamente di usare la violenza o qualsiasi tipo di arma. Nel 1945 all’età di 23 anni si arruola supera l’addestramento e viene spedito in Giappone, durante la battaglia di Okinawa, salva 75 soldati feriti del suo plotone, il tutto senza mai utilizzare un’arma e diventa il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia al valore. Voi direte: “Bella cazzata! Chi è che ha scritto ‘sta roba da fantascienza?”. Risposta: nessuno. Perché Desmond T. Doss è esistito davvero e questo film è la più classica delle “Storia vera”, visto che Doss è morto nel 2006 all’età di 87 anni. Ora, come abbiamo già chiarito, voi non potete rispondermi, ma non pensare che questo sia materiale per Mel Gibson, credo sia davvero impossibile.

“La battaglia di Hacksaw Ridge” è uno di quei film in stile “Into the Wild” (2007), guarda caso, anche quello diretto da un attore e regista, celebre per essere piuttosto fermo sulle sue idee e per il caratterino tenero, ovvero: Sean Penn.

Meglio che faccio attenzione a quello che dico, mi tengono d’occhio.

Le vite di Christopher McCandless e quella di Desmond T. Doss se fossero sceneggiature di Hollywood, verrebbero bollate come eccessivamente caramellose ed esagerate, per essere davvero credibili, se non fosse che sono accadute davvero, i protagonisti (e pure i registi mi viene da dire) di “Hacksaw Ridge” e “Into the Wild”, sono capaci di far pensare allo spettatore dieci volte “Ma questo è tutto scemo”, sono due film per cui se tu, seduto davanti allo schermo, non sei d’accordo con le scelte di vita dei protagonisti, semplicemente li prenderai in odio e il film con loro, ma allo stesso tempo, sono quei personaggi, “Larger that life”, come direbbero gli amici Yankee, che sono automaticamente materiale per il cinema. Il gioco è questo, prendere o lasciare.

Inoltre, Mel Gibson, è uno che smuove coscienze, se dovessi tenere in considerazione l’artista, è una non competitiva, quell’uomo è responsabile di alcuni dei miei film preferiti di sempre, ma una cosa è l’attore l’altra l’uomo e sull’uomo non mi ci metto neanche, fanatico religioso? Uno che la sera esce a bere con il suo grande amico nostro Signore Onnipotente e poi sulla via del ritorno si fa arrestare per guida in stato di ebrezza, eccesso di velocità e condisce il tutto con insulti antisemiti? Vero, ma quando si parla di cinema, di cosa fa “Mad Mel” nel tempo libero m’interessa quasi niente.

Siccome non sono una persona molto religiosa (eufemismo numero uno) e non vado pazzo per nessuna religione in particolare (eufemismo numero due), preferisco interessarmi alla mia fede vera, ovvero quella per il cinema e qui il Gibson regista torna molto buono, perché è uno di quei filmaker riconoscibili ed estremi per cui ho un debole, è uno sullo stile dei vari Sam Peckinpah e John Milius, anche solo per il modo in cui viene tenuti a briglia corta e preferibilmente, in prossimità della cinta daziaria di Hollywood, anche perché se fosse per lui, farebbe quel film sui vichinghi con Leonardo Di Caprio, tutto parlato in antico Normanno che minaccia da una vita e che, personalmente, mi vedrei molto volentieri.

Con quella barba sta anche iniziando ad assomigliare a… Naaaaaa!

Nella parte iniziale del film Mel parte già forte con parallelismo su Caino e Abele, mentre ci presenta il Desmond T. Doss interpretato da Andrew Garfield, che qui sembra un “Forrest Gump” per quanto il personaggio appaia poco sveglio, ti aspetti che da un momento all’altro se ne esca con un “Stupido è chi lo stupido fa”.

I suoi genitori, sono Hugo Weaving, reduce con problemi di bottiglia e Rachel Griffiths che è invecchiata di botto in due giorni, anche perché io Six feet under ho finito di vederlo pochissimo tempo fa e ritrovarmela qui è stato un mezzo shock. Per altro, se consideriamo che nel film nel ruolo del capitano Glover, c’è anche il redivivo Sam Worthington, sembra la comunità di recupero degli attori Australiani poco utilizzati, evidentemente Mel Gibson ha voluto omaggiare, a suo modo, la terra dei canguri che gli diede i natali.

«Lasciatemi entrare! Mi ha scritto Mel! Ho la sua lettera!»

Doss, povero per una laurea in medicina, ha la passione di curare i feriti e s’innamora dell’infermiera Teresa Palmer, quella di Lights out e Codice 999, solo che qui è rossa, invece che bionda. Ma malgrado la sua fede e la sua inflessibile volontà di non utilizzare armi si arruola e fa la conoscenza di Vince Vaughn impegnato a rifare il sergente istruttore di “Full Metal Jacket” con il piccolissimo problema di avere la faccia dello spilungone di tante commedie sceme, anziché quella di, che so, R. Lee Ermey giusto per fare un nome a caso.

«Soldato Isidoro! Ti faccio forse ridere? Mi hai visto in qualche commedia buffa?»

L’inizio del film corre sul ghiaccio sottile del “Ma il protagonista è scemo o cosa?” e l’imitazione di Kubrick a Gibson viene bene, ma non benissimo, la prima mezz’ora passa, ma se gran parte del pubblico è già uscito dalla sala, si può anche capire il perché.

«Benedetto figliolo sei tutto scemo, ora vai fai cominciare sul serio questo film»

Quando, finalmente, nel processo Doss ha l’occasione per spiegare, ai vertici militari (e al pubblico) le sue motivazioni, il film inizia sul serio, con il suo plotone laggiù nel Pacifico, di attività pacifiche in corso ce ne sono davvero poche, compreso prendere l’Hacksaw Ridge del titolo, un crinale maledetto dove i soldati americani sono stati falciati sei volte di fila dai Giapponesi ben più motivati.

Posticino ideale per una vacanza insomma.

Le scene di battaglia sono davvero ben dirette, Gibson dà libero sfogo al sangue che è parte integrante del suo cinema, ma nemmeno tanto quanto ci si potrebbe aspettare, evidentemente a livello produttivo qualche compromesso lo ha dovuto mandare giù anche lui, il risultato è che come film di guerra vecchio stampo funziona molto bene, tanto da farti dimenticare che in realtà si tratta di una biopic, una delle tante che escono nel periodo prima degli Oscar.

Una scena tipica della vostra classica biopic da Oscar.

Quasi tutti i film ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, usciti dopo “Salvate il soldato Ryan” risentono dell’influenza del film di Spielberg, anche qui ci sono delle somiglianze, ma Mel Gibson riesce comunque a mantenere la sua coerenza e anche a smarcarsi dalle accuse facile che “Hacksaw Ridge” sia un film della tipologia, “Dio e patria! Vinceremo perché l’Onnipotente è con noi!”, anche se sono sicuro che qualcuno utilizzerà questo chiavistello per criticare il film.

Di fatto, la prima parte è un lungo preludio alla seconda, non particolarmente complessa a livello narrativo (come tutti i film di Gibson), ma efficace. In particolar modo dal punto di vista visivo, tanto che anche lo spettatore che pochi minuti prima era pronto a pensare “Ma questo è scemo”, finirà per fare il tifo per il protagonista, impegnato a cercare di salvare un altro dei suoi compagni.

Bada dum dum dum, another one bites the dust.

Personalmente, da laico in odore di eresia quale sono, non l’ho trovato sfacciato o da fanatici religiosi, nemmeno la scena in cui sopraffatto Doss, mormora al suo Dio: “Cosa vuoi da me? Non riesco a sentirti” e in risposta sente solo le grida di aiuto dei suoi compagni, capendo immediatamente quello che è giusto fare, perché? Perché questo è materiale da cinema e Gibson l’uomo giusto per dirigerlo.

Più che lanciare messaggi religiosi o politici, dirigendo quella che potrebbe erroneamente essere interpretata come la sua risposta al Silence di Martin Scorsese, Mad Mel sembra interessato a raccontarci la parabola pacifista di Doss, nella porzione centrale del film che, poi, è anche quella più riuscita, alla fine si patteggia per il protagonista, la faccia da bravo ragazzo allampanato di Andrea Isidoro comincia a funzionare alla grande, ci sta ogni tanto godersi una riuscita parabola edificante, specialmente se è fatta a forma di film di guerra ben realizzato come questo qui.

«Permesso, obiettore di coscienza fate largo!»

Bisogna dire che negli ultimissimi minuti di film, tra granate prese a calci e l’ultima inquadratura quasi cristologica sul protagonista Mel Gibson esagera, ma ormai l’obbiettivo era già stato riassunto, quindi posso anche perdonargliela (per questa volta…) perché alla fine “La battaglia di Hacksaw Ridge” è un film estremamente coerente con il chiacchierato personaggio, la sua idea di cinema e la filmografia di Mel Gibson, la coerenza mi piace e poi che ci volete fare? A me piacciono i film di guerra e i registi controversi, quindi ben venga “Mad” Mel Gibson, uno degli ultimi cani sciolti a zonzo per Hollywood. 

Sepolto in precedenza martedì 7 febbraio 2017

5 1 voto
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

La città proibita (2025): la vendicatrice di Roma Est

Dopo Jeeg e i suoi FreaX-Men, Gabriele Mainetti torna colpire più duro che mai. Ce ne parla il nostro sensei Quinto Moro, rigorosamente senza spoiler. Il guaio del cinema italiano [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing