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La casa – Il risveglio del male (2023): vecchio male, nuova soluzione abitativa

L’oggetto più importante nella cucina della vecchia casa della madre della mia Wing-woman era una grattugia, una di quelle in ferro, che se non facevi attenzione utilizzandola, ti grattugiava via anche le nocche di una mano. La si utilizzava parecchio, tanto che una volta, nel tentativo di portare l’innovazione, comprai una grattugia elettrica, ma niente, quella vecchia in ferro, a rischio asportazione degli arti era ancora la preferita (storia vera). Tutto questo per dirvi che ho lasciato più sangue sul campo io con la grattugia di mia suocera, che i protagonisti con quella tanto strombazzata dalla campagna promozionale di “La casa – Il risveglio del male”.

Ma che ne sapete del sangue donato per la pasta al sugo.

Questo è un post dedicato ad un horror no? Quindi iniziamo con qualcosa che fa davvero paura, proviamo ad indentificare questo nuovo capitolo della saga di Evil Dead: non è un “Remake” (per quello abbiamo già datoanche se si porta dentro uno spirito di rinnovamento, potrebbe essere più vicino ad un “Reboot” anche se è ufficialmente il quarto film della saga, quindi siamo più dalle parti del Requel, insomma, un sacco di orribili anglicismi che quelli sì, fanno davvero spavento.

A proposito di parole in inglese che iniziano con la lettera “R”, parliamo del verbo che da sempre manda in crisi i titolisti italiani, ovvero “Rise”, nel corso degli anni è stato adattato in ogni modo possibile e immaginabile, con risultati da facciaplamo. Ne approfitto per segnalarvi come gli esperti di Doppiaggi Italioti avessero già annusato la fregatura da tempo, ecco quindi che “Evil Dead Rise”, da noi diventa “La casa – Il risveglio del male”, un’altra occasione per i tre amigos Sam Raimi, Robert Tapert e Bruce Campbell di patrocinare l’operazione, per trovare un altro modo per rilanciare la loro casa, che poi era uno chalet.

Con la fine (ancora soffro…) della serie Ash Vs. Evil Dead, il gioco per noi fanatici della saga creata da Raimi è tornato ad essere lo stesso, riempire il tempo correndo dietro ai tanti annunci sui nuovi capitoli, che il più delle volte si risolvono con un nulla di fatto. Quindi archiviata (per fortuna!) la minaccia del seguito del remake e poi quella di un rilancio di L’armata delle tenebre, eccoci qui, una nuova casa, un nuovo inizio e un nuovo regista, che lo scopritore di talenti Sam Raimi è andato a pescare fino in Irlanda, si tratta di Lee Cronin.

I registi americani dirigono con il cappello, quelli irlandesi vestiti da RUN DMC.

Scrivo di tanti film, ma purtroppo non tutti sbarcano su questa Bara per miei limiti di tempo (ogni tanto dormo anche io), mi dispiace non aver mai scritto dell’esordio del regista, “The Hole in the Ground” (2019), horror che fa parte del vivace mercato irlandese, che su questo genere ha investito parecchio. Un film in cui Cronin ha saputo sfruttare bene gli interni, un dramma che guarda caso si svolge in famiglia, per poi lasciarsi influenzare nel finale dal Maresciallo, con almeno una scena riuscita che ricorda molto il miglior film di Neil Marshall. Insomma un ragazzo che ha studiato i classici, che ha avuto la possibilità di raccontare nuovamente “Evil Dead”, anche lui armato di diciassette milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, lo stesso budget che nel 2013 venne messo in mano a Fede Álvarez per il suo remake.

Bisogna anche dire che proprio rispetto al rifacimento firmato da Álvarez, “La casa – Il risveglio del male” è un film con molta meno ansia da prestazione, certo Lee Cronin ha infilato nella sua sceneggiatura i vari «I’ll swallow your soul» e i cori «Dead by dawn! Dead by dawn!», se avete l’occhio lungo poi, noterete che la vecchia Henrietta ha aperto una pizzeria, ma sono tutti dettagli per i vecchi fan, peccato che poi il regista irlandese, come i suoi personaggi, si sia lasciato possedere da un’immotivata fregola citazionista (o peggio, ha deciso si appoggiarsi su schemi già rodati) per il finale del suo film, ma a questo punto Anders Celsius mi ricorderebbe che è meglio andare per gradi iniziando dall’inizio, che poi è la fine.

Già perché la tradizione del prologo negli horror è fondamentale, quello di “Evil Dead Rise” sembra pensato per due ragioni, la prima non spiazzare troppo i vecchi fan, la seconda spendere cinque minuti per tenersi già una porta aperta per un possibile seguito, che a questo punto, con i soliti anni d’attesa che sono il gioco che noi Evil-Fan conosciamo bene, penso che arriverà visto che questo film sta incassando benino già dopo il primo fine settimana, che poi è l’unico che conta davvero.

Il film si intitola “Rise” no? Detto fatto!

Abbiamo un altro capanno (triangolare questa volta) e un altro bosco, abbiamo persino un lago e una posseduta di nome Jessica (Anna-Maree Thomas), che porta subito a due la conta dei morti del film, anche se mi ha fatto sollevare un sopracciglio, per via dello spunto del libro letto in questo inizio, “Cime tempestose” di Emily Brontë, piuttosto che il caro vecchio Necronomicon che si fa attendere. Perché tanto il prologo è un riscaldamento, in cui si scherza sulla tradizione della “Shaky-cam” usando un drone, Cronin riavvolge a storia, ci porta indietro nel tempo di un giorno (questo è l’unico viaggio temporale che troverete nel film, scordatevi i portali malefici che ti fanno piombare nel medioevo) dove la sua storia può finalmente cominciare. Forse.

Conoscete il nome, sapete come è stato scritto e rilegato, è sempre lui! 

Si perché in un film che dura novantasette minuti, ad esclusione del prologo, prima di vedere qualcosa di sostanzioso, bisogna attendere mezz’ora, tutta spesa dal regista e sceneggiatore ad introdurre i suoi abbozzati personaggi. Poi dopo un po’ di violenze assortite, per fare davvero sul serio bisogna attendere lo scoccare della prima ora, quindi di fatto sono gli ultimi venti o venticinque minuti i migliori, quelli dove all’Irlandese viene la fregola citazionista, quindi io ve lo dico, prendetelo per quello che vale in quanto parere soggettivo: “Evil Dead Rise” è un buon film, io avevo pochissime aspettative e sono uscito soddisfatto dalla sala perché mi è stato restituito quello che mi aspettavo, mi sono anche un po’ annoiato e la tanto decantata violenza del film, a mio avviso va sotto o al massimo pareggia con il secondo atto del remake del 2013 (l’unica porzione a mio avviso riuscita di quel film), risultato finale? Se vogliamo considerare il capitolo del 2013 come un’opera che fa storia a parte, questo è il quarto miglior film della saga di “Evil Dead”… Uh wow! Considerato che è una gara con quattro partecipanti, risultatone!

Ora, non voglio sembrare troppo cinico o cattivo con questo titolo, la qualità genere del film è molto buona, Cronin sa davvero il fatto suo, non ha il genio visivo di Raimi ma quello su questo pianeta lo ha solo uno (e si chiama Sam), in generale “La casa – Il risveglio del male” fa bene il suo sporco lavoro, rispettando i canoni della saga di cui fa parte, se la gioca sul sangue, ad ettolitri, ma l’originalità non è certo il suo bastone di tuono, ecco.

«Le parole te le ricordi?» 

Quando il film porta in scena i protagonisti, lo fa nella sua nuova ambientazione, un palazzone decadente, uno sfondo urbano come per l’ultimo Scream che di fatto non fa altro che rifare La Casa, ma in un appartamento. Anche perché il fatiscente palazzo è abitato da quanti? Sei o sette persone? Non più degli storici ospiti dello chalet, dove però a moltiplicarsi sono i legami di famiglia, prima avevamo solo Ash e Cheryl, ora abbiamo mamma Ellie (l’attrice e modella Australiana Alyssa Sutherland, vista in “Vikings”) e i suoi figlioli. 

Il tema della maternità è in primo piano fin dalla locandina di “Evil Dead Rise”, anche se va detto, un po’ abbozzato, i trascorsi di mamma Ellie stanno tutti nei tatuaggi di Alyssa Sutherland, così come sono abbozzati i suoi figli: Danny (Morgan Davies) aspirante DJ, Bridget (Gabrielle Echols) il cui massimo della caratterizzazione sono i capelli da “maschietta” e i cartelli in vista del prossimo Fridays for future che le vediamo preparare e infine Kassie (Nell Fisher) che beh, è una bambina, basta, stop, tutto qui è una bambina. 

La caratterizzazione dei personaggi è tutta in questa foto, non vi serve sapere altro.

Con la maternità sta facendo i conti anche zia Beth (Lily Sullivan) che ha appena scoperto non proprio con gioia di essere in dolce attesa, le basteranno poco meno di novantasette minuti per cambiare idea, in questo didascalico (e se vogliamo anche un po’ bacchettone) METAFORONE sulla maternità. Scritto da un uomo. 

Quando causa terremoto, Danny mette le mani su dei vecchi vinili e sul famigerato Necronomicon (nella sua nuova versione, con comode zanne chiudi-libro laterali), il film si avvia sui suoi binari, anche se capisco il trucchetto di mettere in mano ad un DJ dei vinile maledetti, ma le registrazioni delle traduzioni del libro su disco? Non era più comodo il vecchio registratore? Chi te lo stampa un vinile e se lo ha fatto, sarà morto anche lui? Misteri! Ve ne aggiungo un altro: secondo voi Cronin è andato a rivedersi “Dèmoni 2… L’incubo ritorna” (1986) di Lamberto Bava? No perché l’inizio dei due film è davvero simile.

A differenza di Raimi o del remake del 2013, Cronin sostituisce lo stupro arboreo molto esplicito, con una versione con cavi elettrici dell’ascensore solo accennata, fuoriescena, perché il buon Lee deve avere problemi con gli ascensori, ma su questo ci torneremo più avanti. 

«Lo sapevo che avrei dovuto usare le scale!» 

Da qui in poi “Evil Dead Rise” diventa una corsa per restare vivi, in cui ogni oggetto di casa può diventare un’arma, si anche la sotto utilizzata grattugia. Qui va detto che Alyssa Sutherland, con quegli occhi e gli zigomi altissimi, ha un volto sinistro anche prima di trasformarsi nella mammina degli incubi (non facciamo battutacce facili eh!), ma in versione posseduta è decisamente spaventosa, quel tipo di orrore che in sala il pubblico generico può stemperare solo con le risatine. Nemmeno la tanto pubblicizzata (quasi quanto la grattugia) scena dello spioncino, vista per intero nel film riesce a risultare meno inquietante, perché gli echi sono quelli Cronenberghiani, nel palazzo si aggira una sorta di “virus” che trasforma i tuoi cari in mostri invasati, niente di nuovo come detto, ma per lo meno rispettoso dello spirito (e degli ettolitri di sangue finto) della saga di “Evil Dead”.

Quando di colpo senti la mancanza dei testimoni di Geova.

Tra filastrocche sinistre, possessione, svolazzamenti demoniaci e violenza assortita, superata la prima ora di film, Lee Cronin ha finalmente scaldato le candelette, tanto che anche uno come me, sempre molto attento quando si parla di scene in ascensore al cinema, qui ne ha trovata una davvero notevole.

Affogare nel sangue stando dentro un ascensore, come unire lo Splatter alle dinamiche di sopravvivenza più basilari, una bella scena che va in un ottimo crescendo, quindi la domanda caro Lee è questa: perché dare un calcio al secchio del latte (o del sangue, fai tu) in questo modo, concludendo in un modo così anticlimatico? Solo per poter toglierti lo sfizio di fare una smaccata citazione a Shining? L’abbiamo colta tutti, anche perché è dritta sparata in faccia al pubblico, tanto palese quanto capace di togliere tutta la poesia Lee, lasciatelo dire.

Ma grazie all’ascensore di Cronin, arriviamo agli ultimi fatidici venti minuti, quelli dove il regista ha l’ottima intuizione di portare in scena un “Deadite” che è l’equivalente di Mother dei Pink Floyd, come usare l’horror per ricordarci che mamma, non ti lascerà mai, qui trasformata in una creatura potenzialmente ridicola, una regina madre che Cronin saggiamente sceglie di mostrare poco, in modo da renderla davvero spaventosa, ma ormai il ragazzo lo conosciamo, ad ogni idea buona ne segue una più banale, preso da un’immotivata ansia da citazione a tutti i costi. 

Mama’s gonna make all of your nightmares come true (cit.) 

Beth, alla fine del suo non proprio originalissimo arco narrativo, ormai è in preda dall’istinto materno, Kassie è la facente funzione di Newt della situazione. La mostruosa regina madre l’abbiamo, lo scontro finale avviene pareggiando le forze in gioco non utilizzando un Power Loader ma con un’arma, non gialla ma quasi, visto che Cronin in maniera un po’ paracula, ha pensato di rendere beige la motosega, la stessa identica tonalità della Oldsmobile Delta 88 tanto cara a Raimi (e qui grande assente). 

Ho seriamente pensato che ad un certo punto Beth si sarebbe esibita anche nella classica Get away from her, you bitch! Perché tanto nella sua ansia citazionista, Cronin pesca dal migliore, che non è mai un male, ma mettete in conto anche questo quando dico che l’originalità qui non sta di cas… No, questa non la dico, no! 

Mi ricorda tanto quando ho fatto l’atto di casa.

Insomma, “La casa – Il risveglio del male” è esattamente quello che mi aspettavo: riuscito, grondante sangue e senza guizzi, un buon compito in cui il gioco sembra essere quello di spostare quella manciata di personaggi dallo chalet ad un appartamento. Quindi la prossima volta cosa dobbiamo aspettarci? Una manciata di personaggi alle prese con il Necronomicon in un campeggio? In un parcheggio per roulotte? In una cascina? In un trullo ad Alberobello? In un igloo? Il male è sempre lo stesso, cambia solo la soluzione abitativa.

Sepolto in precedenza lunedì 24 aprile 2023

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