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La città verrà distrutta all’alba (1973): il virus Romeriano si diffonde

Se ve lo state chiedendo, mi pare chiaro che negli anni ’70 non esisteva l’ansia da spoiler che perseguita tanto pubblico oggi, detto questo, benvenuti al nuovo capitolo della rubrica… Lui è leggenda!

Nel 1973, George A. Romero è alla ricerca di un soggetto per bissare il successo di La notte dei morti viventi, l’occasione che sembra proprio quella giusta arriva da una sceneggiatura firmata da Paul McCollough intitolata “The mad people”, la storia di un esperimento militare finito in cacca, che provoca il rilascio di un’arma biologica sperimentale nei pressi di una piccola cittadina. Ma la primissima bozza del film era molto più focalizzata sulle operazioni militari, il tentativo di insabbiamento del disastro, insomma una roba abbastanza tecnica, al limite del documentaristico.

Romero capisce subito che questa è tutta roba parecchio nelle sue corde, ma anche che alla sceneggiatura manca qualcosa, ci vuole una componente che aiuti il pubblico ad immedesimarsi e il produttore Lee Hessel (già al lavoro con la Leggenda per There’s Always Vanilla) è dello stesso avviso, ma è disposto a finanziare il film solo se Romero accetta di metterci le mani e riscriverne una buona parte, a quel punto Paul McCollough decide semplicemente di passare ad altro e Romero si ritrova con una sceneggiatura da sistemare e un budget stratosferico, roba proprio da capogiro ehm, circa 270 mila bigliettoni verdi con sopra facci di alcuni ex presidenti spirati.
Come si fa a girare interi plotoni di militari, masse prese dal panico e in generale tutte le scene di cui Romero avrebbe bisogno per una storia così con un pugno di dollari? Risposta: non puoi, al massimo puoi arrangiarti e tirare fuori il meglio da quello che hai, se la vita ti dà limoni tu facci una limonata e se il produttore non ti dà soldoni… Beh, arrangiati e aguzza l’ingegno.
«Ragazzi ho solo un raffreddore, non vi sembra di stare esagerando?»

Di ingegno e talento George A. Romero (ricordo a tutti che la “A” sta per amore, non vorrei mai che ve lo dimenticaste) ne ha sempre avuto parecchio e “The Crazies”, titolo definitivo con cui il film esce negli Stati Uniti, è davvero l’arte di arrangiarsi applicata alla produzione di film. Parole che si sentono più spesso quando si parla di questa pellicola, “minore”, nel senso di opera minore e ci può stare, ma anche grezza e anche questo, a suo modo, ci sta, perché “The Crazies” ai tempi uscì in pochissime sale e fu un discreto flop anche per il mercato home video, non è difficile capire il perché visti i suoi problemi di ritmo, ma sottovalutarlo sarebbe comunque letale, perché al suo interno “La città verrà distrutta all’alba” porta tutti i segni del cinema Romeriano destinato ad arrivare e a rivoluzionare di nuovo la settima arte.

Parliamo subito dell’elefante in mezzo alla stanza, il titolo italiano chilometrico in puro stile anni ’70 appena lo leggi ti fa pensare: «Allora cosa guardo a fare il film se mi racconti già come finisce?!» ed in effetti in parte è così, anche se Romero con il suo cinismo riesce ad ampliare la vicenda ben oltre la lunghezza del titolo. Inoltre, complice la mia passione per questa tipologia di titoli spregiudicato, devo dire che la scelta di “La città verrà distrutta all’alba” non mi fa impazzire, ma rende almeno il senso di urgenza dei protagonisti, che sono in lotta contro il tempo, fin dal titolo.
Intanto, portiamo avanti la tradizione dei titoli di testa nella rubrica.

Sì, perché la trama parte in medias res, pronti via, anche perché se non hai tanti soldi da spendere non puoi certo perderti in chiacchiere, la cittadina di Evans City in Pennsylvania (Romero gioca sempre in casa con le location) è funestata da strani casi di persone che dando di matto scatenano una violenza belluina sul prossimo, senza guardare in faccia amici e parenti. Tipo quando devi andare in visita dai suoceri, giusto per darvi un’idea.

Siccome, come vi ripeto sempre fino allo sfinimento, “i primi cinque minuti sono fondamentali”, Romero comincia alla grande, due bambini ben nascosti spiano il padre schiumante di rabbia impegnato a devastare casa e a darle fuoco, una dimensione domestica della violenza subito gettata in faccia allo spettatore, che non raggiunge i livelli della scena d’apertura di Halloween, ma gioca nello stesso campo da gioco.
Questa scena, oltre a determinare il passo del film, ci dice tantissimo di “The Crazies”, anche su come sia stato realizzato, infatti Romero
ha riscritto l’inizio al volo, per sfruttare l’occasione a lui propizia: una
vecchia casa data alle fiamme dal locale distretto dei pompieri, per essere
usata come esercitazione per lo spegnimento degli incendi, che zio George ha
avuto il permesso di poter filmare ed inserire nel film (storia vera)… Cosa vi
dicevo lassù riguardo ad aguzzare l’ingegno?

L’unico incendio al mondo, che può vantarsi di essere stato diretto da Romero.

“La città verrà distrutta all’alba” ha la caratteristica di essere visibilmente diviso in due trame principali: quella con protagonisti i militari impegnati a cercare di contenere il virus che porta ancora in sé le tracce del lavoro originale di McCollough, e l’altra con i civili intenti a reagire all’infezione, a scappare e in generale a salvare la pellaccia. Ma questo è, purtroppo, anche il grave difetto del film, perché rimbalzando da una trama all’altra, si crea un certo effetto “Serie tv” dove le azioni dei protagonisti sono fin troppo spezzettate per coinvolgere davvero il pubblico, il risultato finale è che di “La città verrà distrutta all’alba” ricordi sempre la situazione iniziale, come va a finire, alcune scene chiave, ma il resto rimane nebbioso, anche se (come me) avete visto il film più e più volte.

Eppure, “The Crazies” è un film importante per più di una ragione, la prima è perché, di fatto, resta una dei primi film che sfrutta il tema del contagio che trasforma le persone in pazzi assassini, Zombie che non sono Zombie in quanto vivi e con il cuore ancora pulsante, ma che agiscono con le stesse dinamiche. “La città verrà distrutta all’alba” arriva un paio di anni prima che un Canadese piuttosto dotato, faccia quasi lo stesso con Il demone sotto la pelle e, per altro, giocandosi nel cast la stessa attrice Lynn Lowry che ritroveremo nel film di Cronenberg.
Quasi quasi voialtri mi fate rivalutare gli zombie, almeno loro ti divorano e basta.

Inoltre, arriva ben prima del celebre “Incubo sulla città contaminata” (1980) di Umberto Lenzi, che è un po’ il titolo che viene sempre giustamente fuori quando si parla di pellicola con infetti molesti e violenti, idealmente il papà “28 giorni dopo” (2002) di Danny Boyle, quindi Romero fa calare su tutti la sua lunghissima ombra, anche perché era giù lunghissimo lui con i suoi quasi due metri di altezza, figuriamoci la sua ombra!

L’altro motivo per cui “The Crazies” è importante, in particolare all’interno della filmografia della Leggenda, è perché rappresenta la prova generale per tutto il cinema che seguirà nella carriera del regista di Pittsburgh, “La città verrà distrutta all’alba” è un film figlio del suo tempo, parliamo del 1973, la guerra del Vietnam ormai era un pantano di cui gli Stati Uniti non vedevano più la fine, che restituiva solo le cronache delle violenze dei militari e di tutti i ragazzi che tornavano a casa dentro una bara. Romero con questo film, incarna alla grande il sentimento di sfiducia, se non manifesto disgusto del pubblico americano per il governo, l’autorità e i militari, tutte cosette di cui un democratico nato ribelle come Romero è sempre stato portabandiera e che presto troveranno definitiva forma del capolavoro di zio George, che non vedo l’ora di trattare in questa rubrica.
«Ci manca solo la smania di Cassidy, non abbiamo già abbastanza problemi?»

Il maggiore Ryder (Harry Spillman) rappresenta tutta l’incompetenza dell’esercito, oltre al profondo anti-militarismo di Romero, sì, perché nell’impossibilità di contenere gli effetti letali del virus “Trixie” (che di carino ha solamente il nome), non esita a mandare ad Evans City i soldati in tuta NBC e maschere anti gas per tentare di contenere il danno fatto con ogni mezzo possibile, mentre l’ordine per far decollare un B52 con a bordo un ordigno nucleare da sganciare sulla città è già partito e il titolo italiano ci ricorda quanto tempo hanno i protagonisti per salvarsi.

Nel mezzo Romero porta avanti la sua tesi secondo la quale l’uomo è il peggior mostro da cui guardarsi, i suoi protagonisti civili sono una coppia innamorata composta dall’infermiera Judy (Lane Carroll) e dal pompiere David (Will MacMillan), lo so che il pompiere e l’infermiera sembrano la rappresentazione delle maggiori fantasie erotiche maschili e femminili (malpensanti!), ma per Romero sono anche i paladini della quotidianità, gli eroi comuni da opporre ai militari senza scrupoli e pure senza volto!
«Vuoi giocare al pompiere e l’infermiera?»

Sì, perché i soldati in tuta e maschera anti gas diventano minacce paragonabili agli zombie di La notte dei morti viventi, sono indistinguibili tra di loro e nascondendosi dietro ad una maschera possono permettersi di sparare sui civili senza nemmeno doverci mettere la faccia, la perdita dell’identità nel cinema di Romero è un tema fondamentale e ricorrente, vedremo che tornerà spesso in molte forme, ma sempre in maniera molto chiara. Se uno zombie ti morde e ti trasforma, sei destinato a perdere la tua umanità e la tua identità, diventando solo un altro volto nella massa che si muove barcollando lentissima, qui allo stesso modo, la minaccia è senza identità, perché nascosta dietro ad una maschera anti gas e agli ordini dei superiori da eseguire senza pensare, proprio come farebbe uno zombie. D’altra parte il cinema di Romero è sempre stato politico, il perfetto punto di equilibrio tra intrattenimento e temi sociali.

«Ciao Frank!», «Io non sono Frank», «Scusami sei vestito come Frank», «Io pensavo fossi tu Frank!»

Non è un caso se il personaggio che sta a metà tra i “Buoni”, ovvero i civili in fuga e i “Cattivi” in tuta bianca, è Clank (Harold Wayne Jones), il migliore amico di David e Judy, un reduce del Vietnam i cui gli effetti dell’infezione si manifestano in maniera meno violenta, solo attraverso qualche scatto d’ira e un generale comportamento da pazzoide sopra le righe che, però, sembra più che altro un effetto collaterale o ancora meglio un’esasperazione del suo essere un reduce del Vietnam. Come vedete, quando c’è da fare critica al militarismo, Romero è sempre in prima linea.

L’altra faccia della medaglia sono i militari che, invece, cercano davvero di risolvere la situazione, emblematico è il barbuto Dottor Watts (Richard France) che riesce a trovare un vaccino a Trixie, ma per via della disorganizzazione e dell’ottusità generale, viene scambiato da un paio di soldati per un infetto e muore in un modo stupidissimo e, quindi, ancora più drammatico, vista la sua importanza nel quadro generale.
«Bisogna tener duro fino a quando passerà questa mania dei vaccini!» (Quasi-cit.)

Romero sfrutta l’assist offerto dal virus per mandare a segno una riuscita metafora, contro il Capitalismo che ti divora e ti rende bramoso oltre misura, infatti una delle scene più forti del film è quando Artie (Richard Liberty) apparentemente tranquillo e sano, impazzisce di colpo e violenta sua figlia che verrà salvata solo dall’intervento di Clank. Sì, perché Romero qua e là non tira via la mano sulla violenza, mostrandola sempre iniqua, appena Clank affetto dal virus pare quasi divertirsi ad uccidere i soldati che come moderni Untori sterminano le persone infette (ma non solo), viene colpito a tradimento alle spalle proprio quando per il pubblico diventa più facile iniziare a patteggiare per la lui che, comunque, giova ricordarlo è un pazzo infetto armato, eh?

Va ancora peggio nel dramma finale, Judy e David, innamorati un po’ da soap opera (bisogna dirlo) che fanno una fine anche peggiore, anche per mano dei civili in rivolta contro i militari, in una scena che idealmente (ma con un decimo della potenza) non può non ricordare il finale di La notte dei morti viventi.
«Are you my mummy?» (Cit. dedicata ai Whoviani).

Purtroppo il ritmo, i continui stacchi da un personaggio all’altro e il budget risicatissimo per le ambizioni del regista, pesano su “La città verrà distrutta all’alba”, infatti se il finale di questo film (con tanto di canzoncina allegra del tutto e volutamente fuori contesto) vi sembra uno schiaffone in faccia che arriva del tutto inaspettato, è perché Romero aveva semplicemente terminato il budget e ha dovuto tagliar corto (storia vera) e per questo grazie al personaggio del colonnello Peckem (Lloyd Hollar) riesce a mettere su un finale ancora più cinico. Trixie ha dilagato, Evans City non è l’unica città colpita, il cordone sanitario non ha retto per la manifesta incapacità umana di collaborare e tanti saluti a chi ama i finali lieti! Quindi, vedete, il titolo italiano ha tanti difetti, ma non è proprio uno spoiler, è soltanto l’inizio.

Stesso discorso che vale per tutto il film, “La città verrà distrutta all’alba” è l’inizio di tutte le tematiche che diventeranno ricorrenti nel cinema Romeriano, una prova generale che lo stesso zio George non ha mai fatto fatica ad ammettere tutti i limiti, anche per questo nel 2010 è comparso tra i produttori esecutivi del remake uscito proprio quell’anno e che, curiosamente, ha conservato lo stesso titolo italiano, per una volta che potevano cambiarlo e fare contenti tutti, la nostra distribuzione non si smentisce mai! Se volete sapere la mia sul remake, un buon inizio e poi ricordo solo molta noia in sala mentre lo guardavo, preferisco fare un’altra cosa: darvi l’appuntamento alla prossima settimana.Tra sette giorni qui, arriverà un altro titolo minore, ma anche uno dei film di zio George A. Romero che preferisco in assoluto. Portatevi dietro i canini di plastica! Intanto, non perdetevi la locandina originale d’epoca di questo film, sulle pagine di IPMP!

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