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La cura dal benessere (2017): Un film SPAventoso!

Anche se ho
smesso di guardare quella serie, mi rendo conto di fare un po’ come Sheldon
Cooper quando decide di scegliersi un nemico mortale, tipo Wil Wheaton, o nel
mio caso, Gore Verbinski.

Ho passato anni a
dire peste e corna di Gore Verbinski, detto Verbinski(fo), detto anche “Il non-regista”
per il semplice fatto che buona parte dei titoli della sua filmografia, li
avrebbe diretti di sicuro qualcun’altro se lui si fosse rifiutato di farlo,
roba tipo “Un topolino sotto sfratto” (1997), “The Mexican” (2001), anche lo
stesso “The Ring” (2002), di cui come dico sempre, preferisco la versione originale giapponese, anche perché la versione americana, forse campava di luce
(e paura) riflessa.

Salto a piè pari
i tre film sui Pirati dei Caraibi che ha diretto che solo a pensare a Johnny
Depp mi viene l’orticaria, arriviamo direttamente a quello che mi ha
messo in crisi, “Rango” premiato con l’Oscar come miglior film d’animazione nel
2012 e, per di più, doppiato dal maledetto Depp.
Non un film
impeccabile, a tratti derivativo come Verbinski è sempre stato, eppure
brillante, mi è capitato di vederlo un paio di volte ed ogni volta mi ha
divertito, complice anche quell’omaggio gigantesco a Clint Eastwood che mi
piace illudermi e pensare fosse il ramoscello d’ulivo del mio arci nemico.


Gore non offenderti, ma vista la tua fissa, bevo solo alcolici grazie.

“Lone Ranger”
(2013) è stato un flop perché il mio quasi ex nemesi tende a sbracare con la
durata dei suoi film (tenetemi l’icona aperta che ripasso…), con il budget e poi,
francamente, Johnny Depp nella parte della spalla comica, l’indiano Tonto, che
ha più spazio del protagonista Lone Ranger, ha bello che rotto le palle.

“La cura dal
benessere” è il nuovo film del mio nemico giurato, un horror da cui non mi
aspettavo nulla, che ho deciso di vedere solo perché da “Rango” in poi ho
iniziato a guardare Gore Verbinski con la faccia di chi dice: ma ci sei o ci fai?
Risultato finale:
no “A cure for wellness” non è un capolavoro, il mio quasi ex nemico Gore nel
frattempo non ha ancora limato alcuni dei difetti del suo cinema, ma si
riconferma visivamente abile quando ci si mette e, soprattutto, capace di
tirare fuori una personalità, cosa che fino a qualche anno fa mancava
totalmente all’appello.


Il talento visivo invece quello non gli è mai mancato.

L’affarista di
Wall Street Lockhart (Dane DeHaan, quello di “Chronicle” e l’Harry Osborn dello
Spider-Man sbagliato), viene spedito tra le Alpi svizzere dai suoi superiori,
non perché sia un investigatore, ma solo perché è il più giovane e ricattabile
delle società.

Il suo compito è
quello di riportare indietro l’amministratore delegato che per dirla come “Il
Dottor Stranamore” ha perso il boccino e sta cercando di superare la sua
profonda crisi personale in un centro benessere tra le montagne, facendo
massaggi, cure termali alla SPA e bevendo molta acqua sotto le amorevoli cure
del dott. Heinreich Volmer che, siccome ha la faccia del redivivo Jason Isaacs,
è sicuramente uno di cui fidarsi, no? Ceeeeeerto.


Beh si ovvio, ne “Il Patriota” era un tale simpaticone.

Per colpa di un
incidente e di una gamba ingessata, Lockhart resta bloccato tra le Alpi, dove beve
molta acqua, fa la conoscenza di Hannah (Mia Goth, vista in Everest e vista meglio in “Nymphomaniac” di Von Trier) unica giovanotta in una
comunità di anziani pazienti e tra un bicchiere e l’altro di acqua, viene a
conoscenza delle leggende legate al vecchio castello e al bizzarro conte che lo
abitava, seguono casini.

Iniziamo con i
difetti, tanti, quindi mettetevi comodi.
Se volete un
horror che vi sorprenda nel suo sviluppo, lasciate perdere, Verbinski si fa
aiutare a scrivere la sceneggiatura da Justin Haythe, ma in certi passaggi è
sempre lui, il mio arci nemico che scivola su bucce di banana, tipo mostrare
incessantemente i bicchieri d’acqua offerti al protagonista che
insospettiscono tutti gli spettatori in sala, ma non il protagonista che, scemo,
se ne sgarzarozza uno ogni volta che gli viene offerto: bravo furbo!
Giuro che non vi
racconterò altro della trama, ma proseguendo nel corso del film, Verbinski
spesso calca troppo la mano su alcuni dettagli che vi faranno risolvere il
rebus con qualche minuto di anticipo, se odiate gli horror del tipo “ma si
capisce come va a finire” lasciate perdere.


No, l’assassino non è il maggiordomo, almeno quello no.

Altri difetti? Ci
sono un paio di passaggi di sceneggiatura forzati e anche l’ultima scena mi è
sembrata un po’ frettolosa nella risoluzione, ma a quel punto la storia in sé
era già terminata, quindi è solo una delle (tante) sbavature in un film che,
tutto sommato, ha il suo perché.

Ah! Non aiuta
nemmeno che il tema musicale sia la più classica delle cantilene infantili
inquietanti, mi sono rivisto un pezzo di The Ward qualche giorno fa e davvero la colonna sonora sembra la stessa (NON
composta da Carpenter ci tengo a ricordarlo).
Vi ho elencato
tutti i difetti? Non credo, l’importante è che sia arrivato il messaggio “A cure
for wellness” ha dei difetti, qualcuno imputabile alle sceneggiatura, altri a
scivoloni di Verbinski. Bene, ora parliamo dei pregi perché, stranamente, non lo
avrei mai detto, ma ci sono anche quelli.


Ad esempio il bel panorama, ed un ampio parcheggio!

“La cura dal
benessere” parte in zona “Shutter Island” e poi piano piano scivola verso l’horror,
un horror molto classico, per altro, in cui il castello di Hohenzollern in
Germania, che ha fatto da location per le riprese, si unisce alla lunga
tradizione dell’horror gotico fatto di castelli, case stregate e porte
cigolanti.

Inoltre,
incredibile a dirsi per uno che ha quasi sempre fatto solo film su commissione,
ma “A cure for wellness” è il film in cui ho realizzato che Verbinski è in
fissa con l’acqua. L’acqua del pozzo di “The Ring”, degli oceani dei suoi
pirati e di quella che spariva provocando la siccità in “Rango”, quindi diventa
abbastanza logico che un centro di cure terminali, dove l’acqua è la base di
tutti i trattamenti, possa diventare il film più SPAventoso per uno che sta in
fissa dura con l’acqua. Ecco, ho trovato come etichettare la pellicola: un film
SPAventoso!

Anziani ed acquagym, ok, è decisamente un horror!

Certo 146 minuti
di durata potrebbero spaventare gli spettatori più del contenuto del film, un
minutaggio inusuale per un horror non indipendente (quindi gli unici che escono
in sala anche da noi), ma qualcuno dovrebbe spiegare a Verbinski che lo pagano
anche se fa un film che dura meno di due ore e la sua narrazione ne
gioverebbe.

Verbinski, però, è
abile nel trasformare il centro termale in un microcosmo, un luogo isolato che
vi farà pensare ad altri dieci titoli, come accade sempre con i film di Verbinski,
potremmo citare “Youth” di Sorrentino, o tirare in ballo come ho fatto prima
Scorsese, però se devo fare nomi, io mi gioco Lovecraft.


“Vi prego ditemi che per lo meno sono finito in un film di Scorsese…”.

Perché questa
è la tipica del cinico protagonista materialista che crede solo nelle sue
certezze, che arriva in un posto e inizia a dubitare della sua sanità mentale,
come la stragrande maggioranza dei personaggi scritti dal solitario di Providence. Da questo punto di vista
aiuta molto la convincente prova di Dane DeHaan, uno che non è certo un divo
capace di portare la gente al cinema con il suo nome in cartellone e, a dirla
tutta, ha anche un po’ la faccia da stronzo che per una parte del genere è
giusta, ma più in generale “La cura dal benessere” mi ha ricordato tanto horror
degli anni ’70.

Ecco, ora vi dico
cosa ho apprezzato di questo film, se invece di averlo visto sul grande schermo
nel 2017, lo avessi scoperto su una gracchiante VHS durante la mia adolescenza,
uguale identico (se non nel formato) con tutti i suoi difetti, penso che lo
avrei apprezzato.

“La cura dal
benessere” crea un luogo che trasuda malattia e situazioni malsane, Verbinski
di suo zitto zitto, in un horror film mainstream piazza inquietanti storie di
incesti, sangue mestruale e fa leva su qualche paura ancestrale, come quella
di essere scambiato per pazzo oppure il terrore per i dentisti e i loro
tremendi strumenti, ad esempio, se non amate il trapano del dentista, state
lontani da questo film.


“Sentirà solo un piccola punturina, una roba da niente”.

Non voglio fare
paragoni grossi, però le anguille di Verbinski, si mettono in scia alla
tradizione delle bestie schifose di tanto Horror nostrano d’annata, tipo le
Tarantole “…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà” di Fulci e i vermi che
popolano gli incubi diretti da DarioArgento e, guarda un po’, Mia Goth sarà nel cast del remake di “Suspiria”,
tanti auguri a tutti, ma proprio tanti tanti…

Signorina il capitone non si mangia solo a Natale? Poi dubito che si cucini in questo modo…

Non sto dicendo
che Verbinski sia improvvisamente diventato né Fulci né Argento, però questo
film mi dà la sensazione del classico titolo che visto senza aspettative e
magari scoperto per caso, potrebbe regalare un paio di torciamenti sulla sedie
e quel senso di malessere che un Horror dovrebbe sempre lasciare.

Siamo molto
lontani dal capolavoro, se volete vederlo, soppesate quanto vi ho descritto e
valutate voi, per ora non posso ancora dire di aver fatto pace con il quasi ex
nemico giurato Gore Verbinski, ma se continua a sfoggiare questa personalità e
correggesse un po’ il tiro, vedo degli spiragli all’orizzonte, speriamo non sia
il faro del treno che sta arrivando.
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