Squadra che vince non si cambia, figuriamoci se quella squadra è una famiglia. Prendendo in contropiede la stessa Paramount Pictures, La famiglia Addams è stato un enorme successo al botteghino che pretendeva il suo tributo di sangue un seguito immediato, messo in produzione così in fretta che a ben guardare per certi aspetti, la trama somiglia davvero molto a quella del primo capitolo o per lo meno, ruota nuovamente attorno allo zio Fester (il solito impeccabile Christopher Lloyd), ancora una volta al centro dei guai di tutta la famiglia.
In uno strambo Paese a forma di scarpa non ci siamo accorti di nulla, perché qui da noi il film è uscito nelle sale aggiungendo il numero due nel titolo, ma negli Stati Uniti invece è conosciuto come “Addams Family Values” che potremmo tradurre più o meno “I valori di famiglia degli Addams”, che di fatto è una presa per i fondelli (in puro stile Charles Addams) voluta dallo sceneggiatore Paul Rudnick, per sbertucciare un infelice discorso di Dan Quayle, che incolpava le rivolte di Los Angeles del 1992 come principale causa della distruzione dei valori della famiglia. Una menata che è stata giustamente oggetto di sberleffo dall’altra parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico, che qui da noi non avremmo semplicemente avuto i mezzi per comprendere a pieno.
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«Cos’è lacca per capelli?», «DDT» |
Davanti e dietro alla macchina da presa, sono stati confermati davvero tutti quanti a partire dal regista Barry Sonnenfeld, che con la sua naturale propensione per l’umorismo nero aveva dimostrato di aver capito per davvero la lezione delle strisce a fumetti di Charles Addams e qui lo dico e non lo nego: esattamente come per il primo film, a casa Cassidy era precipitata dal cielo (o caduta dal camion, fate voi) una di quelle vhs in prima tv esclusiva che potremmo anche in questo caso, descrivere con Mano impegnata (o impegnato? Mai capito) a fare l’universale gesto noto come “Aumma aumma”. Ci siamo capiti no?
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Ehi ragazzi, aspettate almeno di essere rimasti da soli! |
Se la vhs del primo film ha girato numerose volte nel mio vecchio videoregistratore, quella del secondo film è stata triturata. Penso sia inutile che io cerchi di nascondermi dietro ad un dito (grazie Mano per il supporto) tra il vostro amichevole Cassidy di quartiere e la signora Christina Ricci ballano tre anni di differenza, insomma guardando questo film da bambino mi sentivo esattamente come lo sfigatissimo Joel Glicker (David Krumholtz), con gli occhi a forma di cuore per quella sorta di Greta Thunberg votata alle forze del male di Mercoledì Addams. Perché anche se la trama del secondo film ruota ancora attorno allo zio Fester, “La famiglia Addams 2” è il film di quella meraviglia di Christina Ricci, ma andiamo per gradi anche se una cosetta posso dirvela subito… Classido! Barry! Tu ed io non abbiamo più debiti ora eh?
Barry Sonnenfeld inizia con il botto, con quello che in tv chiamerebbero un “cold open”, un inizio a freddo con Morticia Addams (la sempre magnetica Anjelica Huston) pronta ad annunciare: «Sto per avere un bambino… adesso». La corsa in ospedale finisce in modo glorioso («È un maschio?», «È una femmina?», «È un Addams!») e con l’entrata in scena del nuovo arrivato, “La famiglia Addams 2” si discosta ulteriormente dal canone del fumetto, anche se lo fa con il piglio di chi ha fatto i compiti, infatti il piccolo Pubert Addams (interpretato dalle due gemelline non siamesi, Kaitlyn e Kristen Hooper) prende il suo nome dal primo proposto e successivamente scartato perché eccessivamente provocatorio, pensato per Pugsley, qui ancora interpretato da un sempre più paffuto Jimmy Workman.
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E la signora Lovejoy… MUTA! |
I piccoli Addams non vedono di buon occhio nessuno, figuriamoci l’ultimo arrivato in famiglia. Nel tentativo di gestire questa situazione esplosiva, si va alla ricerca di una tata per i bambini che finirà per far perdere la testa al solitario Fester, che ulula la sua solitudine alla luna, in un’imitazione quasi perfetta di una scena famosa di un film di Francesco Nuti, però virata in versione Addams.
La nuova Babysitter, tanto pazza da poter fare paura anche ad un assassino di bambinaie come Michael Myers è la bella Debbie Jellinsky, a mani basse una delle migliori interpretazioni della bravissima Joan Cusack. Una vita come sorella, nello specifico di John, doppiatrice bravissima che molti ignorano sia la voce ufficiale di Jessie la pistolera di Toy Story. Fantastica nei panni del “potente” in “School of rock” (2003) ma è con la psicopatica Debbie Jellinsky, che per quello che mi riguarda che Joan Cusack si è guadagnata il palcoscenico che merita. La vedova nera che cambia identità e marito ogni volta, prima di scomparire e tornare con una nuova identità e un nuovo pollo da spennare, in questo caso il nostro zio Fester. Ovviamente la convivenza con il resto della famiglia non sarà altrettanto semplice («Cosa si dice alla nuova tata?», «Peggio per lei, molto peggio per lei»).
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Fester, ma cosa gli fai tu alle donne? Oltre a terrorizzarle intendo. |
“La famiglia Addams 2” si sviluppa su due fronti, da una parte il corteggiamento (a colpi di pane sbocconcellato e grissini nel naso) di Fester a Debbie e tutta la loro, chiamiamola storia d’amore anche se si tratta più di convenienza, mentre dall’altra parte la sotto trama che per diversi minuti sembra diventare quella principale, resta senza ombra di dubbio quella dedicata al temibile “Campo Chippewa”, una sorta di estate ragazzi con cui Debbie riuscirà temporaneamente a liberarsi di Mercoledì e Pugsley, colpevoli di mettere i bastoni tra le ruote al suo piano da futura e ricca vedova Addams.
Mettiamola così, oltre ad un’infatuazione per Christina Ricci da cui non mi sono mai davvero ripreso, una propensione per un guardaroba fatto di vestiti neri e il pallore naturale tipico del vampiro, da bambino ho sempre considerato le attività all’aria aperta con la stessa gioia dei giovani Addams, spediti in quel campo di prigionia gestito tra gli altri da Peter MacNicol, in quella che per me resta la sua seconda prova più celebre dopo Ghostbusters 2.
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Quando scopri che una ragazzina con le trecce può essere peggio di Vigo il Carpatico. |
Se tutto l’umorismo del creatore del fumetto, nonno Charles Addams, era basato sull’opporre dei “normali” ai suoi stramboidi protagonisti, il Campo Chippewa è l’equivalente dell’inferno (o del paradiso? Fate voi) per i nostri eroi. Uno dei tanti piccoli colpi di genio del film è stato quello di far tornare l’attrice Mercedes McNab, nei panni dell’odiosa Amanda Buckman, dopo la sua breve apparizione come ragazzina scout del primo film, portando di fatto avanti una faida con Mercoledì Addams che qui brucia, nel vero senso della parola.
I tentativi del campo estivo di piegare i giovani Addams rendendoli bravi (e solari) soldatini sono di volta in volta sempre più esaltanti, la capanna con i film Disney usati in stile “Cura Ludovico” ad esempio, ma in generale, credo che nessuno abbia mai portato tanto scompiglio ad un campo estivo come ha saputo fare Mercoledì Addams dai tempi di, beh credo Jason Voorhees, anche se la scena del “sorriso” di Mercoledì (se così possiamo chiamarlo) è divertente e spaventosa per i “normali”, più o meno come l’ultima scena di “Sleepaway camp” (1983).
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Come quando in un moto di umanità, faccio finta di ridere alle battute dei miei colleghi. |
Penso che potrei stare qui una settimana a raccontarvi tutte le scene di un film, che di fatto cavalca la regola aurea dei seguiti: uguale al primo, ma di più. Vado pazzo per la scenata nella stazione di polizia di Gomez Addams («… io ho visto larve immonde che banchettano negli oscuri recessi di quello che è l’animo umano!», «Al campo Chippewa»), oppure Debbie al bar circondata dai marinai che canta pezzi dei Village People aspettando di diventare vedova. Per non parlare di Fester “zerbinato” e ridotto ad una grottesca imitazione di un Nino D’Angelo con una Buick, insomma davvero, quando la formula funziona e hai per le mani (… niente battute questa volta giuro!) personaggi così riusciti ed interpretati così bene, il gioco è fatto.
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«Perché ti sei vestito come il fratello buono di Gru?» |
Ma la mia è tutta una scusa, perché in realtà più che La famiglia Addams, questo secondo capitolo è quello che mi ha fatto andare sotto bevendo dall’idrante per la signora Ricci, una che nel corso del tempo ho visto crescere (perché invecchiata proprio non lo è) diventando sempre più sexy ad ogni apparizione e ad ogni nuovo film, non sto qui a farvi l’elenco, altrimenti questo post finiranno di scriverlo i miei ormoni.
Quella che per me è LA scena di “La famiglia Addams 2” resta ovviamente lo spettacolo organizzato per il giorno del Ringraziamento, con Mercoledì scelta per il ruolo dell’indiana Pocahontas, prima che la ragazza decida di far andare la storia dei nativi americani in una direzione del tutto diversa. Posso dirlo? Per me il monologo di Mercoledì durante lo spettacolo, resta uno dei più spassosi e mai citato quando si parla di grandi monologhi al cinema, da anni ho in cantiere un post su questo argomento, se mai riuscirò a completarlo sappiate che ci troverete dentro Christina Ricci (storia vera).
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Che sia messo agli atti, sono sempre stato dalla parte dei nativi (storia vera) |
La distruzione del Campo Chippewa potrebbe già essere di suo una scena madre, anche se poi il gran finale arriva poco dopo, con la lunga e articolata punizione del cattivo (anche se qui si tratta di una cattiva) che coglie Debbie nel mezzo del suo lungo spiegone del suo piano, forse l’unico vero errore della psicopatica bionda, grave quasi quanto il regalo dei suoi genitori («La Barbie malibù… dovevano morire!»).
Insomma “La famiglia Addams 2” per me resta un titolo di culto, uno di quei seguiti validi tanto quanto (se non più) dell’originale che non è invecchiato quasi per niente, giusto un po’ in qualche effetto speciale digitale, ma resta una delle migliori interpretazione del lavoro di Charles Addams fuori dai suoi fumetti. Ditemi pure che sono di parte (avreste ragione), ma uno stramboide come me con gli Addams si sente subito a casa, al resto ci ha pensato Christina Ricci.