Ho aspettato per scrivere qualcosa su questa serie, perché avevo un titolo bellissimo che sentivo di dover usare per forza, ma quei figli della merda di Blogger mi hanno rotto le palle per ragioni che nemmeno loro erano in grado di difendere, quindi un paio di tette avrebbero potuto far implodere i loro algoritmi, ora che volo su una nuova piattaforma, posso giocarmi il mio umorismo controverso… Badum tss!
Ho scoperto la serie creata da Amy Sherman-Palladino per Prime Video abbastanza tardi nel corso dello scorso anno, malgrado l’abbondante e convincente promozione messa su da Lisa dalle pagine di In central perk, che non ringrazierò mai abbastanza per avermi convinto ad iniziare, anche se va detto, l’altro 50% del merito va al Re della collina, Walter Hill, da sempre occhio lunghissimo e gran talento per far brillare le attrici nei suoi film, che mi ha fatto scoprire Rachel Brosnahan, vera mattatrice di questa serie.
Nel corso del 2023, con la Wing-woman KO per diverso tempo, questa serie ci ha fatto passare il tempo alla grande durante la pausa forzata, perché di base ha tutti gli elementi di inclusività per cui oggi, una serie non viene messa nemmeno in cantiere senza, ma li usa (quasi) tutti alla grande, per una storia che sarà anche di emancipazione femminile, ma per lunghi, se non lunghissimi tratti, raccontata in modo spigliato, intelligente e anche molto pungente, come la favella della protagonista.
La fantastica signora Maisel del titolo è Midge (la già citata Brosnahan, sugli scudi), perfetta moglie, madre e casalinga americana dell’anno 1958. Newyorkese ed ebrea di origini come il suo umorismo, rappresenta quella spiritosa della famiglia, anche se quello con i sogni di gloria sui palchi della stand-up comedy è il marito, un povero inetto che troverà la sua caratterizzazione fuori dallo stereotipo in corso d’opera, ma intanto l’unica battuta veramente divertente del suo repertorio, è quella che ha scippato alla moglie.
La vita costruita attorno al marito di Midge crolla quando questo si mette ad inseguire gonnelle oltre che sogni da comico professionista. Midge, a sua volta su un palco in sottoveste e ben oltre una crisi di nervi, offre sfoggio di vero talento comico, si fa arrestare ma sapete come funziona no? Anche la peggiore pubblicità è sempre pubblicità, ma prima… Time out Cassidy!
Caratteristica di TUTTE le serie? La scena di nudo o di sesso nel pilota, la trappola per gonzi che serve a convincere tutti a restare e continuare, nella speranza di un po’ di epidermide a vista. In una serie che non ha paura di trattare temi femministi (ma verrà seguita da tanto pubblico per i mille costumi della protagonista dal guardaroba infinito), a Rachel Brosnahan viene chiesto il sacrificio della più classica delle “uscite” di petto, che per carità! Sono un maschietto, apprezzo, ma tutto questo ci dice delle idiosincrasie di una serie che per lunghi tratti, sa convivere con questi paradossi, alcuni mettendoli anche alla berlina. Però ehi! Ne hanno parlato tutti della serie, fatemi dire la mia, l’unica che potete trovare solo su queste pagine svolazzanti.
Midge si fa un nome, oddio, con il suo nome d’arte da comica litigherà a lungo, anche più che con le convenzioni che la vorrebbero sempre perfetta, sempre un passo indietro agli scandali, in aperto scontro con un padre, scienziato e conservatore, interpretato da un Tony Shalhoub che ci conferma che lui, famoso non è diventato mai, perché si è impegnato tutta la carriera ad essere solo un bravissimo attore, scusate se sembra poco.
Terzo miglior attore della serie, perché la seconda arriva ora, Susie Myerson, interpretata da Alex Borstein, è la risoluta e decisamente ruspante responsabile di una bettola per comici, che in Midge vede il vero talento e la possibilità di fare il salto diventando la sua agente. Chiaramente “maschia” nel piglio e nell’orientamento sessuale, Susie non è mai, lo ripeto, mai, un personaggio unicamente definita dalla sua sessualità, una serie di minore valore avrebbe battuto su questo tasto a ripetizione per cinque stagioni, quindi si può fare, prendete appunti!
“The Marvelous Mrs. Maisel” si gioca alla grande il paradosso di una donna che ricopre un ruolo impensabile per il tempo, anche per classe sociale per una volta troppo alta, sfoggiando un umorismo tagliente che è tipico della stand-up comedy del 2024, non del 1958. Lo fa con dialoghi che suonano e filano alla grandissima, la vera arma segreta del film e lo sono dalla prima fino all’ultima puntata (affare non da poco), capaci di generare tormentoni tipo quello che ho usato nel titolo, l’urlo di battaglia delle protagoniste prima di ogni spettacolo.
L’ascesa della signora Maisel ci viene raccontata in parallelo all’unico personaggio storico (in tutti i sensi di questa parola) paragonabile, vederla interagire con il vero – ma interpretato da Luke Kirby – Lenny Bruce, mette in chiaro il riferimento, la sfida all’istituzione ma anche perché finalmente mi sono deciso a scrivere della serie, vi sarà chiarissimo tra qualche giorno, ma ora, passiamo ai difetti di una serie che ve lo ripeto, ha davvero tutto per conquistarvi, con un apice rappresentato dall’ultimo episodio della quarta stagione, un gioiellino televisivo come non se ne vedevano da tempo.
Quell’ultimo episodio, rappresenta il miglior monologo di Midge, in una serie in cui il monologo della protagonista è parte integrante di quasi ogni episodio. Alla faccia della ripetitività, nelle puntate senza monologo ne sentivo la mancanza, perché in linea con la tradizione di “Seinfeld” (mi convincerò a scriverne finalmente?), il monologo è il piano inclinato sulla quale scivolano tutte le esperienze e le riflessioni della protagonista, a volte anche il suo modo di elaborare, in una tirata a flusso di coscienza recitata alla grande.
Il finale della quarta stagione potrebbe essere il finale della serie, mentre “The Marvelous Mrs. Maisel” trova il modo di battere anche la maledizione di “How I met your mother” (anche qui, prima o poi ne scriverò?), invece di fare un salto in avanti nel tempo tutto circoscritto ad un solo frettoloso episodio, dedica tutta la stagione finale a quel balzo, una serie nella serie che sporca il foglio solo in due elementi.
La maternità, descritta come elemento chiave per la protagonista (e per una donna in generale) prende un po’ troppo il sopravvento, così come la bellezza innegabile della titolare, la vera differenza tra lei e Susie, un fattore da cui la serie aveva saputo agilmente smarcarsi per quattro stagioni, prima di inciamparci proprio nel finale, poco male perché come mette in chiaro l’ultimo dialogo di questa serie tanto parlata, il fuoco della serie è il rapporto tra le due protagoniste, quello sì raccontato in maniera per nostra fortuna distante risperto ai cliché.
insomma, può una serie tanto parlata e piena di relle colme di vestiti avere il piglio che piace a questa Bara, se la serie è questa sì, quindi tette in su e vediamo se ora la polizia dei blog mi tirerà giù dal mio palco per questo, fino ad allora, io ho un altro post da scrivere, finalmente “sbloccato” dalla favolosa signora Maisel.
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