Altro giro, altra domenica dedicata al Maestro Mario Bava, questo 2023 è l’occasione perfetta per trattare quattro suoi film che compiono gli anni, quello di oggi è il terzo in questo ottobre della Bara che omaggia Bava.
La scorsa domenica abbiamo trattato il suo storico antologico I tre volti della paura, in cui il mitico finale, oltre ad essere una geniale trovata ironica, era un modo per salutare con il sorriso il genere più in voga nel 1963, il gotico che ricordiamolo, in uno strambo Paese a forma di scarpa è stato proprio Bava a sdoganare.
Eppure lo sappiamo come funziona, le rivoluzioni cinematografiche iniziano a mostrare i loro effetti grossomodo nei cinque anni successivi, ecco perché gli sceneggiatori accreditati, ovvero Ernesto Gastaldi (con lo pseudonimo di Julian Berry), Ugo Guerra (come Robert Hugo) e Luciano Martino (con il nome Martin Hardy), si sono ritrovati a scrivere un altro film gotico dopo aver ricevuto dai produttori una copia di Il pozzo e il pendolo di Roger Corman, un grosso successo, vuoi non provare a replicarlo?
Lo stesso Gastaldi accreditato come co-regista il realtà ha dichiarato di non essere mai stato sul set, ma lo sceneggiatore si è riconosciuto la responsabilità di aver indicato lui il nome di Bava come potenziale regista, per darvi un’idea dell’affidabilità di come venivano assegnati i crediti, la fotografia di “La frusta e il corpo” risulta essere del solo Ubalzo Terzano, quando si sa che era il principale collaboratore di Bava che oltre a dirigere, ha quasi sempre curato la fotografia dei suoi film. In ogni caso questo film ha contribuito a creare il mito attorno a Terzano, omaggiato con piccola variazione nel cognome, come in un romanzo di Brizzi ispirato al chitarrista di un celebre gruppo californiano, nel film del 2010 “Ubaldo Terzano horror show”, posso dirlo? Meglio riguardarsi “La frusta e il corpo”, a mani basse proprio. Ok, devo evitare di fare battute sulle mani quando si tratta del festeggiato di oggi.
Il barone Kurt Menliff (Christopher Lee… Applausi!), esiliato dalla famiglia in seguito al suicidio di una domestica con il quale l’uomo aveva avuto una relazione, fa ritorno in famiglia accolto da una serie di sguardi scuri una volta giunto al castello paterno che fa da sfondo alla storia. L’unico a guardarlo ancora con malcelati occhi a forma di cuore è Nevenka (Daliah Lavi), ex amante del barone, ora sposata con il fratello Cristiano (Tony Kendall). La svolta arriva proprio con la morte di Kurt, ci sono tanti in quel castello che lo vorrebbero morto ma chi lo ha ucciso?
Questo non impedisce ai due amanti di riprendere le loro abitudini, visto che la donna riceve ancora visite da parte del fantasma del suo barone, con cui aveva intrecciato un morboso rapporto sadomasochista (come si intuisce dal titolo del film), che ha creato più di un problema di censura al film di Mario Bava.
Girato tra Anzio e Castel Sant’Angelo a Roma in sei settimane, il film ha rischiato un divieto ai minori di 18 anni a causa dell’alto contenuto considerato erotico dai censori, un paio di tagli e il film ha potuto ripiegare su un divieto ridimensionato ai minori di 14 (quindi visto? Più le cose cambiano più restano le stesse in uno strambo Paese a forma di scarpa), ma i problemi non erano ancora terminati. Accusato di diffondere degenerazioni legate alla sfera sessuale, “La frusta e il corpo” è stato oggetto di una breve ma intensa caccia alle streghe, locandine mandate al macero, l’addetto stampa della Titanus condannato a tre mesi di libertà vigilata per un risultato al botteghino modesto (72 milioni di lire) ma come succede sempre con i film di Mario Bava, adorato all’estero, con Francia e Stati Uniti in prima fila tra gli estimatori.
“La frusta e il corpo” è un film bellissimo, Christopher Lee offre una prova magnetica ma un po’ diversa rispetto alla media dei tanti film in cui ha recitato, allo stesso modo Daliah Lavi è una perfetta protagonista, in grado di far trasparire tutto il tormento della donna. Inoltre va detto che la trama, per quanto classica si porta dietro i segni dei suoi sessant’anni di età, la soluzione al “Giallo” non è impossibile da intuire per gli spettatori più smaliziati (del 2023), ma non per questo priva di fascino, anzi tutt’altro.
A proposito di “Giallo”, quello all’italiana, inaugurato proprio da Bava, si è alimentato di molte soluzioni visive presenti in questo film, per non parlare del fatto che essere espressivi con il bianco e nero è più facile, esserlo usando il colore come faceva Bava, resta ancora oggi scuola di cinema. Forse “La frusta e il corpo” non è il suo titolo più famoso presso il grandissimo pubblico, gli horror-maniaci giustamente lo amano, ma è uno dei più fulgidi esempi di come Marione sapesse risultare estremamente espressivo utilizzando la fotografia, oltre che un abilissimo narratore per immagini.
La mia scena preferita è quella simbolo del film, le mani sono patrimonio del cinema horror, qui Bava ci regala una scena incredibile da questo punto di vista. Nel cuore della notte Nevenka riceve ancora una volta la visita del suo amante, la mano del barone, descritta come un ragno, emerge verdastra dal buio, un momento iconografico molto riuscito a cui la donna come reagisce? Come il pubblico davanti ad una scena paurosa, come i bambini nel buio della loro cameretta quando hanno paura di qualcosa, si avvolge nelle lenzuola come se quelle potessero salvaguardarti dai mostri, ovvero la stessa mano del suo amante, che può essere fero o essere piuma (cit.)
Proprio il rapporto di dipendenza tra i due amanti diventa centrale, una co-dipendenza parecchio tossica raccontata in maniera molto moderna, troppo forse per quando il film uscì nel 1963, anche per questo ci tenevo molto a queste sessanta candeline da spegnere.
Prossima settimana, ultimo compleanno targato 2023 per Mario Bava, le candeline saranno (un po’) meno, ma non mancate, perché con il Maestro di mezzo si parla sempre di gran bei film.
Sepolto in precedenza domenica 22 ottobre 2023
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