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La La Land (2017): the great Jazz swindle

Mettetevi comodi, non sarà un cosa breve.
La verità è che io “La La Land” non lo volevo nemmeno vedere, sì, perché lo dico ad ogni piè sospinto che i musical non mi piacciono e per i miei gusti si parlava già troppo di questo film, alla fine mi sono detto: posso pormi dei limiti legati al genere cinematografico, proprio io che mi trito ogni tipo di pellicola senza soluzione di continuità? In fondo, poi, Whiplash, il precedente film di Damien Chazelle, mi era pure piaciuto un sacco, dai proviamoci!

Lo dico subito: “La La Land” non mi è piaciuto e lo dico a costo di passare per “Hater” per usare un giovanilismo che mi si addice pochino, perché l’affare “La La Land” è scappato di mano, le 14 nomination agli Oscar m’interessano poco o nulla, la sensazione che ho è che questo film sia nato sovraesposto, i cori di entusiasmo e di schifo si sono alzati fin dal primo trailer del film, di cui ho visto circa venti secondi per poi pensare che Whiplash, mi sarebbe mancato un sacco.

Vai pure sciolto, rilassato, senza nessuna pressione addosso.

Non credo ci sia stato un momento in cui “La La Land” abbia avuto il beneficio del dubbio che si deve a tutti i film, quella condizione da gatto di Schroedinger, in cui, almeno prima di uscire, i film possono essere allo stesso tempo sia orrendi che bellissimi, avendo fatto il giro di tutti i festival che contano, “La La Land” è stato strombazzato minimo minimo come il secondo avvento cinematografico. Lo dico sempre che i film visti nei film festival, fanno storia a sé.

Sul perché i ragazzi (si fa per dire…) dell’Accademy abbiano appioppato 14 nomination agli Oscar a questo film non entro nemmeno nel merito, molte mi sono sembrate quanto meno esagerate, ma della celebre statuetta mi frega il giusto, alcuni dei miei film preferiti di sempre non sono mai stati presi in considerazione nemmeno per la coppa del Nonno.

Sfiga! Quando il pubblico bombardato da tutta queste stellari aspettative va in sala e non trova il film che pensava di vedere (nella sua mente), nel 2017, anno del gallo secondo il calendario cinese, succede che poi va su internet a dire “Ehhhh che merda ‘sto La La Land” e giù bordello, perché ormai funziona così: ci sono pellicole che se ne parli male sei un “Hater” o che vengono odiate per i motivi sbagliati, poi escono in sala e tutti se ne dimenticano tempo pochi mesi. Qualcuno ha detto Ghostbusters?

Di che parla “La La Land”? Di un ragazzo che incontra una ragazza, tutto sommato la trama è questa, nel dettaglio il ragazzo è un fanatico del Jazz duro e puro di nome Sebastian Wilder (Ryan Gosling) e la ragazza un’aspirante attrice di nome Mia Dolan (Emma Stone), seguono svariate canzoni.

«Ho una grande idea per un film, un ragazzo che incontra una ragazza, eh? mica male no?»

Le mie aspettative per questo film erano meno di zero, l’ho detto, non lo volevo nemmeno vedere. L’inizio è fulminante, Damien Chazelle apre subito con un piano sequenza che mi ha fatto pensare: ok, va bene un flash mob diretto bene. Ma con il passare dei minuti la coreografia diventa più intricata e risulta una gran scena d’apertura.

Adesso ripeto dettagli che potreste aver letto in TUTTI i commenti relativi a “Tripla L” e che sono anche un po’ banali: bella fotografia, bei colori, ma soprattutto bello che la macchina da presa di Chazelle sia quasi sempre in movimento anche durante alcuni dei dialoghi.

Dal punto di vista strettamente tecnico il film è davvero ottimo, Chazelle è uno che ha studiato quintali e quintali di cinema classico e si vede, in certi momenti i titoli di riferimento vengono snocciolati come se piovesse e persino io che non sono un appassionato di musical, in parecchi momenti mi sono ritrovato a dire: ok, questa è la scena in piscina di “Boogie Nights” di Paul Thomas Anderson, questa, invece, è la passeggiatina tra le stelle di “Moulin Rouge” di Baz Lurhman, qui stanno rifacendo “Cantando sotto la pioggia”, “West Side Story” e giù fino ad arrivare a omaggi palesi e dichiarati in stile giocatore di biliardo che chiama la prossima mossa, l’arrivo in auto all’osservatorio Griffith di “Gioventù bruciata”, è replicato identico a se stesso.

«Ragazzi ha telefonato Baz Lurhman, rivuole indietro la sua scena madre»

“La La Land” è un’operazione che si muove in quella terra di nessuno che sta tra il plagio e l’omaggio, se questo tipo di citazionismo vi disturba, sappiate che “Tripla L” non fa per voi, quello che mi sono detto è che se una trovata come questa, posso accettarla quando viene fatta da Quentin Tarantino, non vedo perché dovrei criticarla fatta da Chazelle, solo perché anzichè i Western e i film di genere, qui ad essere omaggiati sono i musical.

La differenza sostanziale, però, è un’altra: Tarantino (che può starvi simpatico o antipaticissimo) anche citando come se non ci fosse un futuro, rimaneggia sempre il materiale originale tanto da tirare fuori qualcosa di totalmente differente, recentemente ha fatto un Western, che partiva da La Cosa di John Carpenter (inserire Carpenter nel commento di “La La Land”? Fatto!) per parlare dell’America di oggi.

Chazelle su una storiella molto semplice, tira fuori un musical classico, quasi fuori moda, in equilibrio tra una disillusione alla Woody Allen e una malinconia per i tempi andati che traspare anche dal personaggio di Sebastian (che vuole salvare il Jazz, ma lo predica solo nella sua forma più pura e classica). Ho questa immagine in testa di Woody Allen in sala che punta il dico contro lo schermo e dice: “Ecco! Era così che lo volevo fare “Tutti dicono i love you” proprio così!”.

La La Land, il film preferito dai carrozzieri.

Il secondo problema è che questa operazione è così fuori moda che tanti giornalisti in cerca di clamore hanno già salutato come una rinascita del genere, a me sembra piuttosto fine a se stessa, perché di moderno “La La Land” anzi scusate “Tripla L”, non ha davvero nulla, ne vuole averlo. Visto che è un film che va a sensazione, quella che ho io è che passata la gran buriana mediatica e la notte degli Oscar (in cui trionferà di sicuro), il film di Damien Chazelle sposterà bene poco, magari mi sbaglio e verranno messi in produzione cento musical per la gioia degli amanti del genere, ma ci credo davvero poco.

Quello che è chiaro guardando “Tripla L” è che Damien Chazelle sia tecnicamente davvero bravo, ma è anche un autore in fase di maturazione, ho apprezzato molto gli evidenti segnali di continuità con il precedente Whiplash e, in un filmaker, la coerenza è qualcosa che apprezzo sempre.

Sia Sebastian che il batterista del precedente film sono fissati con il Jazz e non sono disposti a scendere a patti né a fare compromessi, a suo modo Chazelle fa lo stesso: è riuscito a rendere protagonista di due pellicole di estrazione completamente diversa il genere musicale preferito. Whiplash utilizzava il Jazz per fare un film quasi sportivo, non vorrei esagerare dicendo alla Rocky qui, invece, ha un ruolo centrale in un musical in stile vecchia Hollywood. Se tanto mi dà tanto, il prossimo film di Chazelle potrebbe essere un horror dei Jazzisti zombie, oppure un cartone animato con dei gatti che vogliono fare il Jazz (ma mi sa che quello esiste già…) o chissà che altro, sempre se gli 87 Oscar che vincerà per “La La Land” non lo vincoleranno a vita a dirigere musical, questo dipende da lui.

«Tutti quanti, tutti quanti, tutti quanti voglion fare il Jazz…»

Parlando di generi, però, devo registrare il fatto che “Tripla L” è piaciuto di sicuro a chi già amava i musical, ma ha saputo conquistare anche alcuni insospettabili che normalmente apprezzano altri tipi di film. A me non è sembrato tutto questa gran cosa, è vittima della sua notorietà e se dovesse portare a casa tante statuetta di Zio Oscar, andrà soltanto peggio. Vi ricordate come è finita con La grande bellezza, vero?

La trama è davvero risicata e… Sì, lo so! In un musical l’evoluzione dei personaggi passa attraverso le canzoni, ma a fine film le avevo già dimenticate tutte, anche se si sono impegnati parecchio a cercare di trivellarci le meningi con “City of stars” che si sente in due o tre occasioni, la parti cantate e quelle recitate si dividono in maniera equilibrata il minutaggio, se devo dirla tutta, le ho trovate meno fastidiose di quelle di Oceania.

Visto che avete intuito che è un film dove le sensazioni contano, quella che ho io è che il musical sia un genere per cui le persone sono più propense a chiudere un occhio sui difetti, perché la trama minimale, scritta sul retro di un fazzoletto di “La La Land”, pare non essere un problema per nessuno, mentre quelle di Mad Max Fury Road, The Raid o Pacific Rim, sono un’onta che impedisce di prenderli sul serio?

Seguitemi nella mia iperbole: anche il film di George Miller ha una fotografia, un montaggio, delle coreografie e dei colori che ti s’imprimono nella retina, però non mi sembra che abbia avuto 14 nomination agli Oscar, eppure numeri alla mano, se il genere è così amato da critica e pubblico, perché vengono sfornati così pochi musical?

«Oh ma che bei colori», DVD-quote suggerita dalla signora dietro di me al cinema.

Se non altro, in un film d’azione, se il tuo protagonista non è credibile, perdi quasi tutta la tua credibilità, quindi parliamo di attori. Emma Stone qui raggiunge l’apice del tuo faccettismo, nei primi piani è tutta occhi, diciamo che mi ricordava Andy Serkis, solo perché non mi va di dire Gollum, però, se non altro, quando deve cantare un minimo di voce la tira fuori, il buco nell’acqua è il suo compare.

Ryan Gosling è un ciocco di legno, nelle scene di ballo si vede che la specialità non fa proprio per lui, impietoso nel paragone diretto con Gene Kelly, evidentemente Chazelle poteva avere chi voleva per i protagonisti e ha scelto due attori che, malgrado abbiano recitato insieme in tre film, ancora sono ben poco affiatati. A Gosling viene bene una cosa: la fissità totale, da cui in qualche modo, riesce a tirare fuori un suo modo di essere espressivo. Lo ha capito Refn, d’altra parte se uno risulta un palo quando deve recitare le battute scritte da Shane Black, cosa gli volete dire? Black è riuscito a far sembrare un attore persino uno dei fratelli Wayans e non ci è riuscito con questo, qualcosa vorrà dire, no?

Ryan Gosling impegnato ad interpretare la frase sopra che lo riguarda.

Tirando le somme, “La La Land” mi è sembrato un film in grado di far esaltare gli appassionati di musical, classico al limite del conservatore alla faccia di chi lo spaccio come moderno, al massimo post moderno, Chazelle ha ancora ambi margini di crescita, spero, però, che mantenga la coerenza e la poetica dei suo…

Da un foro rotondo nel soffitto, si calano degli uomini in tenuta anti sommossa: Tassidy sei stato identificato come hater e per questo condannato per crimini contro il film del momento! Ma fermi! Ho solo espresso il mio parere, poi non sono Tassidy! Io mi chiamo Cassid… STUMP! Feccia hater, sono solo capaci di gettare fango, compilate il modulo 27B/6 e poi liberatevi di questo bastardo.

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