Si sa che i grandi assassini degli slasher, trovano sempre un modo per ritornare, questa è proprio la storia di un clamoroso e sottostimato ritorno, benvenuti al nuovo capitolo della rubrica… Vieni a giocare con Chucky!
«Campierò! Campierò! Lo giuro ho capito il mio errore… Campierò!». Me lo immagino così Don Mancini, con tanto di evidente difetto di pronuncia dettato dal trasporto emotivo, mentre cerca di convincere i produttori che Il figlio di Chucky è stato un caso isolato, un esperimento, un momento di follia, la roba di una notte. Tanto è stata apprezzata dalla critica, remunerativa al botteghino e ben dosata la svolta comica di La sposa di Chucky, quanto il tentativo di mettersi in scia ai film di John Waters (ma anche Ed Wood) dell’esordio alla regia di Don Mancini ha scontentato tutti, per riprendersi da Il figlio di Chucky bisogna inventarsi qualcosa, ma anche scontare un po’ di pena, infatti “La maledizione di Chucky” è il primo film della saga a non vedere il buio della sala e ad uscire dritto per il mercato home video, dettaglio che si nota nel film che può contare su un budget di soli cinque milioni di ex presidenti spirati stampati su foglietti verdi, certi colpi di testa si pagano caro Don.
Ma il buon Mancini qui dimostra di avere più vite del pupazzo “Tipo bello”, parliamo di un professionista che ha dedicato la carriera (e la filmografia) a Chucky, nemmeno fosse il suo personale Damballa, uno che, comunque, ha quasi trent’anni di esperienza nel settore e sa come muoversi e che malgrado la follia manifesta di Il figlio di Chucky, ha dimostrato di saper dirigere quando vuole (la scena iniziale del film precedente è ottima), infatti lo stesso Don Mancini arriva a definire “La maledizione di Chucky” come il suo primo horror, il capitolo precedente ai suoi occhi, era più che altro una commedia ed, infatti, Mancini si rifà proprio ad alcuni stilemi classici del cinema Horror (lasciatemi l’icona aperta, più tardi ci torniamo) il risultato è un film che inizia piano e con qualche difetto, poi sale di colpi diventando più appassionante e convincente con il passare dei minuti, per finire anche piuttosto forte, insomma l’uscita in home video non gli ha dato molta visibilità, ma il risultato finale è un seguito niente male.
Nei primi minuti sembra che Mancini abbia deciso di cancellare con un colpo di spugna tutto il passato di Chucky, si comincia con nuovi protagonisti e una location inedita per questa saga, una vecchia casa isolata, dove vivono mamma Sarah Pierce (Chantal Quesnelle) e sua figlia paraplegica Nica (Fiona Dourif… No, non è un caso di omonimia, dopo ci torniamo) che un giorno si sentono suonare alla porta, solo per ricevere dal fattorino una bambola “Tipo bello”, di cui ignorano la provenienza. Passa pochissimo tempo e Nica si risveglia solo per trovare la madre morta in una pozza di sangue che per Mancini diventa l’occasione per sfoggiare un po’ di buona regia (Nica riflessa nel sangue) e un buon lavoro sulla fotografia (curata da Michael Marshall) e gli interni che hanno un ruolo chiave nella riuscita dell’intreccio.
Nica non è destinata a stare sola a lungo, perché a trovarla per riscuotere l’eredità arrivano subito la sua arrogante sorella maggiore Barb (Danielle Bisutti), suo marito sveglione Ian (Brennan Elliott), la nipotina di Nica, la piccola e adorabile Alice (Summer H. Howell) e pure una costosa baby sitter molto sexy, molto molto bionda e pure molto costosa di nome Jill (Maitland McConnell) al seguito, perché i soldi dell’eventuale vendita della casa c’interessano, ma comunque la baby sitter si becca 400 dollari a settimana. Fischia! Nemmeno un chirurgo vede tutti quei soldi!
La baby sitter sexy, la sorella arpia, la nipotina adorabile che perde la testa per quella bambola con la salopette e i capelli rossi che continua a teletrasportarsi da una parte all’altra della casa, sembrerebbe tutto pronto per imboccare la strada del già visto, invece la parte iniziale di “Curse of Chucky” riserva qualche sorpresa nelle dinamiche tra i personaggi che vi lascio scoprire e Don Mancini si diverte a mettere su una partita a Cluedo, con lo zampino di Chucky. Ad esempio, il chili cucinato da Nica, con l’aggiunta di un non richiesto aiuto da parte della nostra bambola assassina preferita, trasforma una scena in un momento in cui, da spettatori, è impossibile non provare ad indovinare quale dei commensali ci lascerà le penne, forse la scena viene tirata avanti fin troppo a lungo (è pur sempre un DTV con un budget risicato), ma vi assicuro che funziona, non dico proprio “Signori, il delitto è servito” (1985) in salsa horror, comunque un risultato più che decente.
Mancini si conferma un dritto, l’idea di sfruttare una casa che sembra un maniero come quelli che potreste trovare in un vecchio film della Hammer o della Universal è davvero ottima, ne fa, purtroppo, le spese Chucky che nella prima parte del film rappresenta l’elemento sovrannaturale, che in un horror gotico avrebbe potuto essere un fantasma, ad esempio. Questo spiega come mai Chucky che di solito si mangia ogni scena in cui compare con il suo carisma e il turpiloquio da camionista imbottigliato nel traffico con la sempre azzeccatissima voce di quel mito di Brad Dourif, qui è stranamente silenzioso, impegnato a comparire, scomparire, uccidere con buone dosi di emoglobina sempre mostrandosi molto poco in scena.
Il che, da un certo punto di vista, è anche un bene, visto a causa del budget scarso, la bambola di questo capitolo è quella realizzata peggio, il viso ha davvero qualcosa di troppo posticcio, ma anche qui è solo questione di tempo perchè questo elemento venga integrato nella sceneggiatura da Don Mancini che fa davvero buon viso a cattivo gioco, mi sembra il caso di dirlo!
“Curse of Chucky” con il passare dei minuti letteralmente migliora sotto gli occhi degli spettatori, lo si nota dai dettagli, le dinamiche tra personaggi filano molto bene e Mancini gioca la meglio con questi elementi, quindi abbiamo personaggi che si gettano tra le braccia del pericolo per un’incomprensione, oppure che non possono gridare aiuto quando dovrebbero, per non svegliare la persona accanto a loro e farsi scoprire, tutte trovate che nel vostro sesto capitolo di una saga horror, uscito direttamente in home video, non è proprio detto che troverete sempre e che dimostrano che tra tutti i grandi assassini del genere Slasher, Chucky è quello che è ancora qui dopo trent’anni e che, per qualità dei film in cui compare, può guardare dall’alto al basso tutti i suoi colleghi più famosi, come Freddy, Jason e Michael, anche se è molto più basso di tutti quanti loro.
In particolare, “La maledizione di Chucky” si gioca la brillante idea di avere una protagonista bloccata su una sedia a rotelle, impegnata a fare tutte quelle cose che fanno i personaggi negli horror gotici (ritrovarsi al buio solo con una candela, salire le scale, scendere le scale, prendere un ascensore quando ti va bene) che però, sono rese molto più complicate dalla sua disabilità. Certo, la casa di Nica è completamente attrezzata per concederle di muoversi in libertà, ma se la corrente salta, l’ascensore si blocca e Chucky ti mette i bastoni tra le ruote (magari proprio nel senso fisico del termine) per Nica diventa tutto più complicato e per noi spettatori molto più credibile rispetto ad un semplice: “Ah, sta scappando da un bambolotto di plastica alto cinquanta centimetri, che paura, rabbrividiamo” (cit.).
In questo senso, Fiona Dourif segue l’andamento del film, fornisce un contributo non-negativo quando deve recitare scene di dialogo, ma è perfettamente a suo agio a fare la Scream Queen, il che non è affatto un male, per una che esordisce qui, con sulle spalle il peso di essere la figlia di Brad Dourif (così finalmente chiudo quell’icona lasciata aperta lassù), quando papà da trent’anni presta la voce a Chucky e tu il primo ruolo da protagonista lo ottiene in un nuovo capitolo della saga di Chucky, rischi di ritrovarti circondato da persone con la tosse (Coff COFF Raccomandata! COFF! Coff), invece Fiona Dourif risponde presente e porta avanti la tradizione di famiglia, ma anche nel capitolo successivo, ovvero Il culto di Chucky, inoltre, nel resto della sua carriera Fiona ha dimostrato che i personaggi sopra le righe e i momenti esagerati, sono quelli che sa recitare meglio (la sua assassina olistica Bart nella serie televisiva Dirk Gently, si mangia spesso la scena), insomma signore, signori: La figlia di Chucky!
“La maledizione di Chucky” è un onestissimo capitolo che si gioca al meglio le sue carte e il nostro assassino in salopette direte voi? Segue l’andamento della pellicola, ad un certo punto ritorna prorompente (e ciarliero) come al solito e Don Mancini trova un modo molto razionale di far quadrare tutta la trama all’interno del passato del personaggio, dando una risposta alla domanda: «Cosa faceva Charles Lee Ray prima di venire ucciso in un negozio di giocattoli nel 1988?»
Come faccio a spiegarvi questa parte che interessa molto ai fan della saga, senza rovinarvi la visione? Diciamo che da qui in poi parte la parte con gli SPOILER, ok?
La prima delle TRE scene dopo i titoli di coda (nemmeno fosse un film della Marvel) ci fanno capire che a spedire Chucky ovunque desidera andare, altri non è se non Tiffany (nuovamente umana e nel corpo di Jennifer Tilly), se la bambola è finita nelle mani di Nica non è certo un caso, perché con una lunga scena flashback, che vede Brad Dourif tornare ad indossare i panni (nella fattispecie una parrucca, per avere nuovamente i capelli lunghi) di Brad Dourif, ci viene spiegato che l’assassino era un amico della famiglia Pierce che dopo aver ucciso il padre e tentato di sedurre la madre, ha pensato bene di colpirla con una coltellata nel pancione, causando così la disabilità delle piccola Nica, questo un attimo prima di sfuggire dalla polizia di Chicago venire ucciso, come visto nel primo film.
Don Mancini riesce a trovare il modo di far funzionare tutti insieme vecchi e nuovi personaggi, con una soluzione che non puzza nemmeno troppo di forzatura, dal punto di vista registico, invece, qualcosa deve inventarsi, perché Brad Dourif ha talento, ma di certo non ringiovanisce, quindi per riuscire a rendere almeno omogenee le scene nuove girate dall’attore nel 2013 e gli spezzoni di film del 1988, filma tutto il lungo flashback in bianco e nero, inserendo alcuni tocchi di colore (il giallo dei girasoli, i colori della scritta al neon del negozio di giocattoli, roba così) una trovata che ad una prima occhiata, ricorda davvero un po’ troppo “Sin City” (2005) di Robert Rodriguez che, però, è parecchio astuta: più passi il tempo a fissare il giallo dei girasoli pensando che è un po’ fuori posto, meno noti le rughe di Brad Dourif, comunque mimetizzate da parrucca e bianco e nero. Sapete che vi dico, ha ragione Don Mancini alla fine!
Inoltre, nel crescendo finale, l’ultima scena dopo i titoli di coda, vede il ritorno in scena di Andy Barclay (nuovamente interpretato da Alex Vincent) che per gli ultimi trent’anni cos’ha fatto? Si è riempito casa di armi (come vedremo ancora meglio nel successivo Il culto di Chucky) e ha aspettato la sua nemesi, insomma Don Mancini ha anticipato anche la mossa di Laurie Strode nell’ultimo Halloween! Ok, ora posso dirlo FINE SPOILER
Insomma, “La maledizione di Chucky”, trova un modo per equilibrare nuovamente horror e commedia, ma anche il passato dell’assassino in salopette e i nuovi personaggi, una strada ripercorsa anche nel successivo e al momento ultimo capitolo, ovvero Il culto di Chucky. Alla fine Don Mancini alla sua creatura più famosa ci tiene davvero, in trent’anni ha dimostrato una dedizione per il personaggio che è mancata ad altri “papà” cinematografici ben più blasonati di lui, tanto di cappello ragazzo!
Capolinea gente! Siccome avevo già commentato anche Cult of Chucky, la rubrica dedicata a quel bastardello pel di carota termina qui! Mi sono divertito e spero anche voi, ma sono abbastanza sicuro che prima o poi, Chucky tornerà a trovarci, anzi non vedo l’ora!
Sepolto in precedenza giovedì 22 novembre 2018
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