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La notte della cometa (1984): girls just want to have apocalypse

Ormai lo sapete, la lista dei compleanni della Bara Volante spazia in lungo e in largo tra i generi, quello che conta è che il titolo sia meritevole di essere ricordato e finisca con il numero quattro (anno in corso) nella data di uscita, che è anche un po’ il motivo per cui ho aspettato a far sbarcare un film come questo qui sopra anche se ehi, conoscete un titolo più da Bara Volante de “La notte della cometa”?

Passo indietro, Thom Eberhardt, qualcuno lo definirebbe “onesto mestierante”, non metto in dubbio la sua onestà ma i risultati nella sua filmografia prevedono tra i momenti più alti la sceneggiatura di “Tesoro, mi si è allargato il ragazzino” e altra roba che non ho visto, ma così a naso, mi sembra appena un po’ peggiore del brutto seguito di un titolo di culto. Ecco veniamo al punto, il titolo più di culto della carriera di Thom Eberhardt è senza ombra di dubbio questo piccolo B-Movie del 1984 che resta il classico film spartiacque, tra chi lo conosce (e di solito lo ama) e chi non ne ha mai sentito parlare, ma anche chi ci si avvicina proprio per la sua fama di film di culto con il rischio di restarne malamente scottato, ed è qui che la Bara cala volando su di voi, pronta ad eseguire il suo servizio di pubblica utilità.

Lo spettacolo della notte della cometa, solo per oggi, solo su la Bara Volante!

L’unico altro titolo che somiglia per attitudine e DNA a “Night of the Comet” lo abbiamo festeggiato da poco, mi riferisco a quella mattana Punk di Repo Man, che condivide con il film di oggi un buon ottanta, se non novanta per cento tra comparse e membri della troupe, anche se l’ispirazione per il soggetto al regista e sceneggiatore Thom Eberhardt è arrivata da Dio, nella persona di Frank Vincent Zappa, anche noto appunto come Dio e di un suo pezzo, quindi sotto con un po’ di musica!

Mentre Eberhardt era alla ricerca di un’idea, nelle radio imperversava “Valley girl” di Frank Zappa e nelle sale andava fortissimo beh, “Valley Girl” con Nicolas Cage al primo ruolo da protagonista e già capace di fare la differenza, anche se da noi il film è uscito come “La ragazza di San Diego” (1983). Quindi il buon Thom deve aver pensato: «Perché non fare un film su due tipiche Valley Girls, che affrontano la fine del mondo?» (storia vera).

“La notte della cometa” è davvero tutto qui, due ragazzine adolescenti della Valley, due sorelle diverse in tutto, Regina più tosta e risoluta, Samantha più svampita sullo stile Cheerleader, in attesa del passaggio della cometa che ooops! Finirà per polverizzare – letteralmente visto che trasformerà i più in polvere rossa – molta della popolazione mondiale, o per lo meno tutta quella che di colpo non si ritroverà trasformata in zombie. Gli unici a salvarsi? Non tanto quelli con due paia di occhiali termici (cit.), quando più che altro coloro che al momento del passaggio, avranno la fortuna di ritrovarsi tra sei comode facciate di solido metallo.

BOOM! Mic-drop.

Ora, tu una trama così la puoi raccontare nel modo più scemo possibile, considerando anche che parliamo di un film dove lo stesso regista, con un budget infinitesimale per le mani, chiedeva al suo cast di recitare e reagire a tutto quello che succedeva (compresi UZI caricati a salve che sparavano a caso) sempre e comunque, perché avevano troppo poco tempo, soldi e pellicola per scartare qualunque parte di girato (storia vera). L’alternativa per un soggetto così sarebbe raccontarlo con quintali di dramma, alla fine parliamo di due sorelle, molto giovani, rimaste quasi sole al mondo in un pianeta di morti viventi, dentro mettiamoci poi una banda di criminali e un’altra di scienziati pronti a tutto pur di sintetizzare un antidoto. Pensate a quanto sono riusciti a tirarla per le lunghe con i Camminamorti, e la possibilità di drammone sembrava dietro l’angolo, invece Thom Eberhardt ha scelto la terza via, quella che ha fatto di “The night of the comet” un titolo di culto.

Gli zombie, rendono migliori i film e peggiori l’apocalisse.

Senza troppi giri di parole, non mi viene in mente nessun altro titolo, nemmeno Benvenuti a Zombieland che comunque per qualcosa ha pescato da qui, oppure Buffy, considerando che Joss Whedon non ha mai nascosto che “The night of the comet” fosse tra le ispirazioni per la sua cacciatrice di Vampiri (storia vera), che però sia riuscito nell’impresa di raccontare l’apocalisse con così tanta intelligente leggerezza, si ho detto intelligente e non me lo rimangio, perché se il ritmo di “La notte della cometa” è il suo punto debole più grosso (dura 90 minuti ma ha materiale per 80) il resto funziona sotto tutti i punti di vista.

La voce narrante ci aggiorna riguardo al passaggio della cometa del titolo, attorno agli ultimi giorni di dicembre, quindi volendo questo B-Movie è il film natalizio che non ti aspetti. Regina detta Reggie (una bellissima Catherine Mary Stewart, vista anche in I falchi della notte) è impegnata a mantenere il suo record al cabinato parcheggiato del cinema dove lavora come maschera, qualcuno che si firma DMK gli ha rovinato la schermata perfetta, quella con il suo nome in ogni posizione. Roba da ragazzini degli anni ’80, se non vi siete svincolati appesi ad un cabinato lasciate perdere, inutile cercare di comprendere certe fissazioni.

Stupenderrima al cabinato (sì, ho inventato una parola per descriverla al meglio)

La sorella di Reggie è la bionda Samantha detta Sam, interpretata da Kelli Maroney, di nuovo nel ruolo della Cheerleader dopo “Fuori di testa” (1982), una che ha davvero dedicato vita e carriera ai B-Movie, facile che la ricorderete per “Supermarket horror” (1986). Qui facciamo la sua conoscenza mentre si trova alle prese con la matrigna Doris e va detto che la battuta che coinvolge “Asshole” il suo nuovo fidanzato, il regista l’ha pescata identica da un film porno, il che dà alla scazzottata che segue tutto un altro gusto (storia vera).

Un’adorabile mammina, che la cometa se la pigli!

I momenti in cui “The night of the comet” fila via sul velluto sono i piccoli dettagli, per spiegarci come le protagoniste si sono salvate dall’apocalisse, insomma per dare un minimo di spiegazioni, il film si gioca il dialogo su Superman di Regina, che a letto con il suo amichetto cita la vista laser dell’eroe simbolo della Distinta Concorrenza, un modo semplice, giovanile (e anche Nerd), per mimetizzare bene uno spiegone. Allo stesso modo i pochi zombi che si vedono, sono quelli che garantistico l’etichetta “horror” a questo B-Movie che però se la gioca alla Carpenter: pochi soldi, tante idee e tutte sfruttate al meglio, se serve, anche strizzando i centesimi.

Stupenderrima in motocicletta.

Dove vince facile “La notte della cometa”? Mi verrebbe da dire nella sua notevole colonna sonora (vi canterete “Trouble” per giorni, garantito al limone) ma soprattutto su un’estetica semplice ed efficacissima, per ottenere quelle lunghe sequenza ambientate nella città di Los Angeles post-passaggio della cometa, Thom Eberhardt ha fatto quello che Danny Boyle e Don Coscarelli avrebbero fatto dopo di lui, ovvero girare all’alba, magari senza avere proprio proprio tutti i permessi eh? Ma in compenso con un direttore della fotografia che sapesse il fatto suo, uno come Arthur Albert a cui dobbiamo i tocchi di rosso che caratterizzano il film.

Stupenderrima, così come la fotografia.

Ovvio poi che facendo di necessità virtù, Thom Eberhardt punti spesso a girare in interni il più possibile, tutta la parte con gli scienziati è quella con il ritmo meno brillante di tutti i 90 minuti, ma è un grosso omaggio a tutta la produzione di fantascienza anni ’50, quei titoli ambientati in tunnel o bunker, insomma anche qui, con le differenze di talento del caso, ma siamo in zona Carpenter per approccio, quello giusto. Anche se va detto che tra gli scienziati qualche faccia nota spunta, come ad esempio gli occhioni blu del mitico Geoffrey Lewis e a proposito di sguardi, gustatevi quelli taglienti della scienziata impersonata da Mary Woronov, il cui massimo difetto è avere per le mani un personaggio con ben più potenziale di quello espresso dal copione.

Quella volta in cui Geoffrey Lewis ha trovato una con lo sguardo più di ghiaccio del suo.

Un elemento che porta lo scompenso nel film, a ben guardare anche più della cometa del titolo, è il “latino” Hector Gomez, logico se le tue protagoniste sono due adolescenti, che un ragazzotto, potenzialmente anche l’ultimo portatore di cromosoma Y del mondo, sia oggetto di interesse. Per la nuda cronaca ad impersonalo qui troviamo un giovanissimo Robert Beltran che per tutti i Trekker sarà per sempre Chakotay di Star Trek – Voyager.

Prima dei tatuaggi in faccia e della Voyager.

Proprio attorno ad Hector si crea uno dei momenti più riusciti del film, oserei dire quasi un passaggio chiave per comprendere lo spirito di questo B-Movie: Reggie e sua sorella Sam sono sul tetto, davanti a questo cielo rosso apocalittico che sembra stare lì a ricordare loro che la vita come la conoscevano, non tornerà più. Sam sospetta della mezza tresca tra l’ultimo ragazzo della Terra e Reggie e se ne esce con una roba tipo, prima mi fregavi tutti i ragazzi migliori, ora ti sei cuccata anche l’ultimo disponibile. Altrove questo sarebbe l’inizio di un conflitto, un pianto, una rissa, una sorella che butta giù dal palazzo l’altra, invece come si risolve la scena? Con le due sorelle che si guardano e scoppiano a ridere, una scaramuccia tra sorelline da nulla, farcita dall’incoscienza e la voglia di vivere tipica della gioventù.

Una DJ speciale su Radio Bara Volante.

Da qui un altro momento chiave che arriva poco dopo, quasi a chiarire il fatto che magari Thom Eberhardt non avrà mai spiccato o fatto il salto, ma ha sempre avuto il cuore dal lato giusto e l’intelligenza di imparare dai migliori, in questo caso da George A. Romero, quando le due ragazze fanno la cosa più sensata per due Valley Girls come loro senza più nessuno a controllare: di corsa a folleggiare al centro commerciale!

La scena non ha il peso critico del Romeriano Dawn of the Dead ovviamente, ma oltre a far entrare in scena la banda di criminali con occhiali da sole tattici, si gioca un momento allegro sulle note di una cover (l’originale è roba che costa troppo per il budget del film, storia vera) della celebre Girls just want to have fun che a suo modo è un manifesto programmatico dell’opera.

Cyndi Lauper sarebbe orgogliosa di voi.

Tutto questo mi permette di sottolineare quanto, distribuendo leggerezza, questo film riesca sistematicamente a risolvere situazioni anche improbabili di partenza, nel modo più intelligente e perché no, anche satirico possibile. Come possono due Valley Girls sopravvivere sole in un mondo pieno di zombie? Lo scopriamo per voce di Regina, che ci racconta di come papà (che non si vede mai, ma in una sua sfuggevole foto è impersonato da… Thom Eberhardt, ha senso no?) le ha addestrate come due Berretti Verdi, fino al giorno in cui si è rassegnato che due maschietti nell’esercito non li avrebbe avuti mai e dandola definitivamente su. Tutto questo, oltre ad essere una stoccata mica male ai fanatici delle armi che abbondando negli Stati Uniti, ci fa capire che le sorelle Belmont, nel sogno matto di papà, avrebbero dovuto essere la risposta al femminile dei fratelli Eckert di Alba Rossa. In che anno è uscito il bellissimo film di Milius? Annata mica male il 1984 eh?

WOLVERINES!!

“La notte della cometa” è tutto così, brilla per trovate anche sinceramente comiche e se ne esce dai potenziali vicoli ciechi della trama con la leggerezza con cui le sue due protagoniste affrontano l’apocalisse. Ad esempio, quando uno degli scienziati si chiede dove potrebbero mai andare due adolescenti con tanto tempo libero in un pianeta disabitato, la risposta – che poi è anche una battuta – ci viene data mostrandoci le sorelle Belmont impegnate a ballare con addosso tutti i vestiti possibili raccattati al centro commerciale. Non so voi, ma ho sempre stimato chi ha i tempi comici naturali, e questo film ne è portatore sano.

Potrei parlarvi del bizzarro finale, quello forse fin troppo ottimista e leggero per essere in pieno stile Carpenteriano, ma non starei a perderci troppo tempo, più che altro perché comunque conclude alla grande il film, fornendo anche una (tanto per cambiare) divertente risposta alla domanda che il regista sentiva farsi ripetutamente sul set del film: chi sarebbe DMK? (storia vera). Anche se per me “La notte della cometa” ha in una gag il suo vero momento rivelatorio, quando lo scienziato finalmente trova le due ragazze, si interroga sul fatto che di tutti quelli che avrebbero potuto salvarsi dall’apocalisse, perché proprio due adolescenti Valley Girls piene di vita e senza un pensiero per la testa, due il cui motto è riassunto tutto in “Girls just want to have fun”? Ecco, perché no dico io, il mondo è finito, che per lo meno riparta con lo spirito giusto.

“Ed ora?”, “non so, ricostruiamo la società e poi partita al cabinato?”

Auguri “La notte della cometa”, il film che ci ha insegnato a guardare sempre prima di attraversare e non farlo mai con il rosso. Penso che il modo migliore per festeggiarlo un film così sia consigliarlo, ricordarlo, anche ora che finalmente è stato ristampato in DVD, lasciarlo nell’oblio dei titoli dimenticati sarebbe un crimine, quindi rendiamo di nuovo divertente l’apocalisse coltivando il culto di un film con pochi numeri, ma tutti quelli giusti.

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