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La notte su di noi (2018): Su di noi, almeno una scoppola

Ma perché non mi ascoltate? Io sto qui tutti i giorni, in
volo dalla mia Bara a colpire la tastiera come farebbe Iko Uwais con le
persone, per consigliarvi e sconsigliarvi film e voi nulla, imperterriti mi
fate fare la figura della scimmia urlatrice ubriaca, sul ponte di una nave
pirata. Che poi a me piacciono le scimmie (e pure il Rum), quindi potrebbe anche
andarmi bene, però leggete un po’ qui sotto:

«Poi non potevo trovare nulla di meglio per riprendermi
dalle “Botte per tutti” di Iron Fist, perché comunque questa non è Hollywood,
ma è l’Indonesia delle persone trafitte, delle gole sgozzate, delle fratture
esposte mostrate in primo piano e dei tagliacarte da ufficio sradicati e
utilizzati come valida alternativa al machete (!). Mentre aspettiamo il nuovo
lavoro di Gareth Evans ora sapete cosa fare.»
Ok, lo so che non è bello citarsi da solo, che poi si
rischia anche di diventare ciechi, però questo era quello che scrivevo per
concludere il mio commento al film Headshot
che ora torna più in voga che mai, perché nel frattempo il nuovo lavoro di Gareth
Evans è arrivato e no, non somiglia proprio a quello che era lecito aspettarsi (o forse no?). A qualcuno è piaciuto, altri come me, invece,
sono rimasti un po’ spiazzati, ma guarda caso, a pochi giorni da Apostolo, la
piattaforma Netflix ha rilasciato anche “The night come for us” (lo trovate con
il titolo che forse piacerebbe a Pupo, “La notte su di noi”) e ha più di un
legame con Gareth Evans.
Headshot era
diretto da i Mo Brothers, rispettivamente Timo Tjahjanto e Kimo
Stamboel, era stato distribuito anche lui da Netflix, ma senza lo stesso tam
tam mediatico di questo “The night come for us” che è proprio diretto da uno
dei due “Fratelli Mo”, nella fattispecie Timo Tjahjanto che è lo stesso che
aveva co-diretto insieme a Gareth Evans, il segmento di “V/H/S/2”
intitolato “Safe Haven” che, a conti fatti, era il migliore mai apparso in
tutta la trilogia di “V/H/S”.

L’idea di Timo Tjahjanto di inquadratura ravvicinata, che ti porta nell’azione.

Diciamolo chiaramente: anche se avete visto dieci volte “The
Raid” (2011) che, ricordiamolo, è il più grande capolavoro d’azione del cinema
contemporaneo, un film come “The night come for us” può colpirvi in faccia come
un calcio volante, non perché sia un film diretto meglio, non ha il controllo
degli spazi che Gareth Evans sfoggiava nel sul capolavoro, però Timo Tjahjanto
oltre alle coreografie tutte matte e degli stuntmen che non hanno paura di
farsi spaccare una bottiglia in faccia in primo piano come accade in uno dei
(circa quaranta, o giù di lì) combattimenti di questo film, ci mette abbondanti
dosi di sangue senza tirar via la mano, il che se non avete visto Headshot, rappresenta una (grondante
sangue) novità.

Eppure, anche rispetto ad “Headshot”, questo “La notte su di
noi” riesce ad alzare ulteriormente l’asticella, sì, perché il film del 2017 era
caratterizzato da tre grandi momenti “di menare”, tre gradi di difficoltà in
cui Iko Uwais brillava, tra Machete improvvisati e tavoli spostati e utilizzati
come non vedevo fare dal mio trasloco. Mentre “La notte su di noi” si concede
una parte introduttiva che serve a giustificare le botte successive (che per
comodità chiameremo: Trama) e poi non guarda più in faccia nessuno, se lo fa, è
solo per gonfiarlo di botte.

“Questo è quello che succede a chi prova a prendermi in giro per i miei baffetti”.

La Triade controlla l’80% della criminalità della criminalità, tra le attività le solite cose, droga, armi e traffico di esseri umani, per mantenere l’ordine e l’obbedienza, la Triade si affida a sei capetti, sei boss di fine livello chiamati i “Sei mari”, perché gli orsetti del cuore era già occupato. Pensare di mettersi contro la Triade è un suicidio, se invece ne sei già un componente, e ti viene la balzana idea di dir loro: «Ok ragà, va bene così grazie di tutto, tante care cose», firmi da solo la tua condanna a morte.

Ito (Joe Taslim) dopo che la Triade ha brutalmente ucciso un
villaggio e sterminato i genitori della piccola Reina (Asha Kenyeri Bermudez)
davanti agli occhi della bambina, decide di fare come il vecchio Jack Burton: “Basta
adesso”. Porta Reina nel suo appartamento e potete immaginare come prosegue il
film.
Non basta? Ci mettiamo ancora un po’ di Habanero in questa
trama? Il cattivo, uno dei “Six seas” si chiama Arian ed è interpretato da Iko
Uwais, ex amico e socio di Ito, insomma
il film diventa un lungo preparativo (pieno di botte) per vedere Iko VS Ito!

I-KO, I-KO, un-day. Hey! (Cit.)

Ito all’inizio deve vedersela da solo contro la Triade,
giusto per scaldarsi s’inizia con una scena in una macelleria che da sola
potrebbe essere il biglietto da visita del modo di fare cinema di Timo
Tjahjanto: una lunga coreografia che vede il protagonista costretto a fare a
cazzotti con sette macellai assassini, il tutto in una location che sembra la
scena dei quarti di bue appesi di Rocky,
ma con molti più schizzi di sangue e lo stesso numero di pugni. Per darvi un’idea
vi dico che vale tutto per portare a casa la pelle, compreso usare un osso
bovino come arma e i vegani… MUTI!

Una menzione speciale la meritano gli alleati di Ito, su
tutti spicca “White Boy” Bobby (Zack Lee) un mattacchione piuttosto
resistente, che prima ci insegna che un cartello “Pavimento bagnato” in
metallo può essere utilizzato in un modo degno di Clint Eastwood (quando
vedrete la scena capirete) e poi vende carissima la pelle, in una lunghissima
scena dove Timo Tjahjanto si diverte a cercare inquadrature tutte matte, mentre
Zack Lee mena uno, due, tre, sentite non lo so, ho perso il conto di quanti
sgherri armati stende quasi da solo!

A vederli così so che non sembra, ma vi assicuro che loro sono i buoni (pensa gli altri!).

Timo Tjahjanto ha un certo gusto per l’inquadratura ricercata,
non ha il senso dello spazio e del ritmo che ha Gareth Evans, ma può contare
sulle coreografie del Uwais Team, tutte molto lunghe e variegate, perché se c’è
qualcosa che non manca a “The night come for us” è proprio la varietà delle
scene d’azione.

Ne abbiamo una dal macellaio, una in casa, una lunga lotta diretta
con un carrello laterale da Tjahjanto, ma anche uno scontro nel pochissimo
spazio offerto dal retro di un furgone adibito al trasporto dei prigionieri che
vede Joe Taslim protagonista di un’evasione esplosiva (e non è tanto per
dire!). Ma non è che l’inizio, perché ad aggiungere ulteriore pepe alla
vicenda, arriva anche una motociclista parecchio armata, interpretata da Julie Estelle,
che non solo aveva un ruolo di rilievo in Headshot, ma che forse ricorderete
nei panni della “Hammer Girl” in “The Raid 2” (2014).

Ecco, se pensate che Julie Estelle sia la “Quota rosa”
inserita nel film per motivi di buonismo di facciata, aspettate di vederla in
azione e poi ne riparliamo, non vorrei esagerare, oppure rovinarvi la sorpresa,
ma la sua “The Operator” che arriva a dare man forte al protagonista potrebbe
tranquillamente essere il personaggio più cazzuto di tutto il film, sulla sua
preparazione tecnica non si discute, spero proprio che prossimamente uno tra
Evans Timo o l’altro “Fratello Mo” decida di darle un ruolo da protagonista e
non solo di contorno, ne avrebbe davvero le carte in regola.

Timo, questa è già pronta per essere la tua prossima protagonista, pensaci!

In generale, “The night come for us” con la sua sottotrama
di fratelli (di sangue e non solo) che si tradiscono e si scontrano, ha nelle
vene qualcosa del cinema di John Woo, sempre senza fare rivelazioni sulla
trama, l’ultima tostissima scena mi ha fatto pensare al finale di “Bullet in
the Head” (1990) proprio di John Woo che, magari non sarà il più totalmente
riuscito del Maestro del cinema d’azione di Hong Kong, ma resta un gran titolo
ed è cosa buona e giusta prenderlo come esempio.

Ho tenuto volutamente Iko Uwais per ultimo perché bisogna
dire che il ruolo di cattivo lo vede un po’ imbrigliato, per fortuna quando è
il momento di menare, invece, è scioltissimo ed insieme a Joe Taslim mette su
uno spettacolo finale davvero degno di nota!

ITO vs IKO… Fight!

Insomma, “The night come for us” è la prova che il cinema indonesiano di menare è in grande forma, che Timo Tjahjanto con le sue parti
uguali di botte e sangue senza tirar via la mano è seriamente intenzionato a
portare avanti la tradizione dei film di arti marziali provenienti da quella
porzione di pianeta ed ora, io lo so che Netflix si fa da sola una gran
pubblicità, però non facciamo che finisce come con Headshot, eh? Se vi dico che un film dovreste vederlo, voi dovreste davvero
vederlo!

Altrimenti facciamo così: leggetevi il post del
Cumbrugliume, lui sì uno di cui potete fidarvi!
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