Per certi versi è un po’ una tappa obbligata in molte filmografie, la sfida di rifare un film altrui prima o poi si presenta per tutti, anche per i fratellini del Minnesota. Benvenuti al nuovo capitolo di Coen, Storia vera!
Ad un solo anno di distanza da Intolerable Cruelty (no, il titolo italiano non lo userò) i fratelli Coen tornarono in sala con un altro film ad una prima occhiata leggerino, anche se questa volta strapieno di morti ammazzati nei modi più variegati, come da loro abitudine. Non so se vi ricordate l’aria che tirava nel 2003 o nel 2004, ma la sensazione generale da parte di molti cinefili (o presunti tali) era che i Coen fossero passati da ragazzi meraviglia a bolliti nel giro di un battito di ciglia, perché? Per via di questa ridicola tendenza da parte di molti cinefili (o presunti tali) a giudicare TUTTO il lavoro fatto da un regista (in questo caso a due teste) solo sulla base dell’ultimo film uscito, l’unico che conta. Una roba che trovo di un ammosciante che non avete idea, anche perché basta un attimo perché possa uscire un nuovo titoli in grado di cambiare le carte in tavola ma si sa, cinefili, vanno di fretta a giudicare e a scrivere epitaffi.
Va detto che “Ladykillers” è stato messo su dai Coen molto velocemente, potrei dire che hanno rimesso insieme la banda: Roger Deakins alla fotografia, il fidato Carter Burwell alla colonna sonora, qui impegnato a fare gli straordinari visto che le musiche tengono banco nella trama del film, ma anche a ben guardare il loro primo direttore della fotografia, Barry Sonnenfeld, nel frattempo diventato regista e produttore del primo remake della filmografia dei Coen.
Rispetto al film originale, i due fratelli del Minnesota spostano l’azione a Saucier, nel placido Mississippi, dove la vita scorre allo stesso ritmo, quello del Gospel e dei canti di chiesa che tanto piacciono alla signora Marva Munson (un’esilarante Irma P. Hall) e dove la vita prosegue sempre uguale, con i tentativi di fuga del micio Mr. Pickles e la chiatta che porta i suoi rifiuti (a volte anche umani) verso l’isola della monnezza, scivolando con tutta calma sulle acque, come il ritmo della vita a Saucier, Mississippi.
A portare nuova musica ci pensa il mellifluo professor G. H. Dorr impersonato da Tom Hanks, l’ennessimo personaggio dalla parlata forbita che piace tanto ai Coen, che hanno ripetuto il modello nel loro cinema spesso, forse pescandolo proprio da Sir Alec Guinnes che lo impersonava nell’originale “La signora omicidi” nel 1955. Un modello che viene replicato in buona parte quasi pagina per pagina, anche nella scelta più che sensata di utilizzare quei tempi comici, quelle trovare un po’ fuori moda (il professore che si libera dall’impaccio citando Poe, anzi evocandolo, visto che un corvo nel finale farà la differenza), a cambiare è solo l’oggetto del colpo.
Non più una stazione ferroviaria da rapinare, ma un casinò ormeggiato sull’acqua, il sottoscala umido della signora Munson è il posto ideale per, ufficialmente, suonare musica rinascimentale con la sua banda, ufficiosamente, scavare un tunnel, infilarsi e rubare 1,6 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti spirati, lasciando tutti con il mistero della camera chiusa.
Per organizzare il colpo, il professore intorta l’anziana signora con tante belle parole e mette su una sorta di Gruppo T.N.T. (senza Alan Ford) che curiosamente, non sfoggia tra i suoi componenti nemmeno un attore feticcio dei Coen, abbiamo l’esperto (si fa per dire…) di esplosivi Garth Pancake con la sindrome del colon irritabile impersonato da uno spassoso J.K. Simmons, un enorme giocatore di Football che prende botte in testa in soggettiva, un orientale che fuma troppo e sembra l’incubo vivente del Vietnam evocato da Walter, fino ad arrivare ad uno dei Wayans, per la precisione Marlon, che qui sembra impersonare quei ragazzi neri che ascoltano quell’odiosa musica del “Pip pop”, che la signora Munson mal sopporta.
Alla pari di Intolerable Cruelty (no, il titolo italiano non lo userò) anche di “Ladykillers” non ho il DVD nella mia collezione, però tra i due l’ho sempre apprezzato molto di più, perché dietro l’aspetto da commedia garbata, di garbato non ha poi davvero molto, come detto la struttura ricalca quella del film del 1955, come è giusto che sia trattandosi di un remake, ma nell’insieme tutto funziona piuttosto bene grazie a gag più o meno divertenti, certo, tocca sopportare Marlon Wayans che fa Marlon Wayans, però viene stemperato dal suo continuo battibeccare con J. K. Simmons, quindi tutto sommato è più facile digerirlo.
Quando poi i Coen si mettono in moto, prendono il film originale e lo fanno loro, mettendo in chiaro come mai abbiano deciso di rifare proprio questa storia. Ancora una volta a muovere i personaggi sono i soldi, sempre i soldi, il filo rosso dell’avidità e della voglia di cambiare il proprio stato sociale dei personaggi, una costante tematica dei Coen, che il più delle volte, quando tentano di farlo in modo truffaldino, vengono puniti, dall’altra grande forza superiore che sta al centro di tutte le storie dei Coen, il caso e suo fratello, il caos.
Il gruppo TNT messo su dal professore è una forza inarrestabile che finirà per schiantarsi contro l’oggetto inamovibile che è la signora Munson, ancora una volta chi pecca di avidità verrà punito, in maniera all’apparenza caotica e casuale (il micio ha un ruolo fondamentale come agente del Caos) e ancora una volta, la giustizia farà a suo modo il suo corso, i soldi non verranno ritrovati, ma in ogni caso finiranno nelle mani migliori, quindi anche per questo “Ladykillers” rientra pienamente nella poetica dei fratelli Coen, solo che fin dalla sua uscita, venne giudicato troppo leggerino, ribadisco, vi ricordate il 2003 o il 2004 no? Eppure non so di che ci si potrebbe davvero lamentare di questo film, compare anche il solito e fidato Bruce Campbell!
Con una doppietta di commedie, malgrado l’alto tasso di morti ammazzati di “Ladykillers”, in troppi erano già pronti a dare per finiti i Coen, che invece non solo sono usciti brillantemente dalla prova del remake, senza snaturarsi (anzi!) ma sono anche riusciti poi a zittire tutti quelli che all’uscita di questo film, li volevano comodamente in poltrona, a godersi una lunga e anticipata pensione piena di film “leggeri”. In molti hanno dimenticato l’andamento dei film dei due fratelli del Minnesota, pronti a passare al cinismo più nero in un attimo, perché tanto quello è alla base di tutti i loro film, anche di quelli più musicali e volutamente fuori tempo come “Ladykillers”.
Ma per parlare di questo avremo modo e maniera, ad esempio tra sette giorni, nel nuovo capitolo della rubrica, affronteremo anche questo, il modo in cui i Coen si sono ripresi l’ideale testa della classifica, ricacciando in gola a tutti i criticoni le loro istanze, tra sette giorni qui, non mancate.
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