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L’Esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual (2025): questa volta tratto da una storia veramente vera eh?

Siamo di nuovo qui, al cospetto di Sua Maestà William Friedkin, nuovamente alle prese con il maligno rappresentato da una ragazzina legata ad un letto e da due preti, che combattono per la sua anima, uno giovane in crisi religiosa, uno vecchio e stanco. Anno di grazie 2025, come se fosse ancora il 1973, con dei distinguo.

Questi film sugli esorcismi avete visto nella vostra vita? Milioni? Gazzilioni? Pochi hanno davvero capito e fatto loro la lezione di Hurricane Billy, inoltre solo recentemente ne abbiamo visti tanti, anche solo con Russell Crowe tanto da farli sembrare ancora di più. Questo probabilmente sarà ricordato come il film sull’esorcismo con Al Pacino, ma la domanda è, verrà ricordato? Ne dubito.

La premessa è un po’ sempre la stessa, questo è il film tratto dall’esorcismo vero più famoso della storia, non come gli altri seicentosessantasei film di esorcismo tratti da esorcismi veramente veri eh? Quindi tutti nell’Iowa, stato americano che si pronuncia sbadigliando nell’anno 1928, dove il parroco della chiesa di St. Joseph, Padre Joseph Steiger (Dan Stevens) riceve l’incarico di occuparsi di una ragazza di nome Emma Schmimdt (Abigail Cowen) che soffre di qualcosa che le cure mediche non sembrano poter alleviare, quindi via con l’esorcismo con l’auto dell’anziano Padre Theophilus Riesinger (Al Pacino). Il Resto già lo sapete, l’unica differenza è il tono scelto dal regista.

«Perdonaci cara ragazza, il manuale Friedkin prevede le corde strette, ci atteniamo a quello»

In originale intitolato “The Ritual”, qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa abbiamo recuperato la nostrana abitudine di allungare i titoli infilandoci dentro il nome di uno dei protagonisti, eppure “Il rituale” rendeva un po’ meglio l’idea, perché con un tono quasi da documentario, all’insegna del minimalismo e del budget modesto, David Midell parte anche benino, con un film sull’ignoto, su quello che resta fermo sulla soglia e quindi non si può vedere in maniera manifesta, un po’ come se il suo principale interesse fosse quello di mostrarci proprio la ritualità, se non il rituale stesso diventato ormai canonico anche per noi del film sugli esorcismi, visto che si ripete quasi identico a se stesso dal 1973.

La lentezza cronachistica va di pari passo con un film che invece di svoltare, va dritto per dritto, anche in un burrone se necessario, ma sempre all’insegna della modestia: modesta è la crisi religiosa del giovane prete Dan Stevens, uno che sa come andare sopra le righe e che qui non lo fa, regalandoci un personaggio incredibilmente piatto, specialmente nel confronto – inevitabile e diretto – con Padre Karras, che sfoggiava bel altro spessore e contenuti, ed inoltre tirava di Boxe.

«Nessuno mi ha detto che avrei dovuto litigare anche con un sacco da boxe, avevo capito solo con il demonio»

Al Pacino ha l’aria di uno consapevole di stare interpretando un personaggio archetipico, per non dire uno che sembra la copia di mille riassunti, per citare un pezzo famoso. Che Pacino sappia andare sopra le righe mi sembra quasi superfluo sottolinearlo, qui ovviamente non lo fa lasciando il campo alla solita roba: contorsioni, insulti, vomiti non verdi ma comunque di colori non propriamente sanissimi, tutto il campionario portato in scena da Abigail Cowen, molto brava, nulla da dire, ma alle prese con un personaggio di cui non ci importa davvero molto come spettatori, perché la storia non fa nulla per farci patteggiare per la sua anima, l’unico modo per renderla centrare rispetto alla vicenda è stato il contributo nostrano, di infilare il nome di Emma Schmidt nel titolo, quindi affrontiamo anche questo elefante posseduto al centro della stanza.

L’Esorcismo dell’elefante, tratto da una storia vera.

Leggi “L’Esorcismo di Emma Schmidt” e la tua mente traduce “L’Esorcismo di Emily Rose”, il film del 2005 che potrei anche infilare nella lista dei compleanni, se solo non fossi sfiancato da questi continui esorcismi, lo cito spesso il film di Scott Derrickson, quindi mi farebbe comodo averlo sulla Bara per questo, quello che scriverei in un eventuale post a tema sarebbe questo: uno dei pochi titoli ad averci almeno provato a svincolarsi dall’unica realtà, ovvero che esistono possessioni riconosciute solo nella chiesa cattolica e altre opzioni che non siano LO DIMONIO non vengono prese in considerazione perché non alimentano la narrativa.

Anche qui si parla di malattia mentale per Emma Schmidt, per la bellezza di boh, dodici secondi, poi David Midell che come Zoolander (o i protagonisti di Prometheus) non sa svoltare, prosegue dritto per dritto nel baratro del già visto, di un film senza guizzi, che per fortuna si guarda bene dal buttarla in caciara, ma che stringi stringi, non ha davvero nulla di nuovo da dire. A questo punto, sarà anche stato tanto preventivamente criticato, ma almeno, prima di sbracare male nel finale, L’esorcismo – Ultimo atto rifletteva in un modo tutto personale sul lascito di Billy Friedkin, qui invece? Niente, solo un Al Pacino che fa il verso a John Coffey.

«Sono stanco morto, capo»

Devo ringraziare i tipi di Midnight Factory per l’invito all’anteprima del film, ma purtroppo non credo che tra qualche settimana molto pubblico si ricorderà ancora di questo titolo, anche perché probabilmente per allora, avremmo avuto altri due o tre film a tema esorcismo, tutti tratti da una storia veramente vera eh? Mica come gli ultimi che dicevano di essere veri e poi erano veri solo in parte eh?

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