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Licorice Pizza (2022): c’era una volta nella San Fernando Valley

Esiste la famigerata pizza con l’ananas e malgrado i continui rinvii ora abbiamo anche la pizza di liquirizia di Paul Thomas Anderson, in amicizia detto Pitì, che pescando dai cassettini della memoria ci riporta tutti in un periodo ed un luogo evidentemente caro al regista, ovvero la California degli anni ’70, quella già raccontata in Vizio di forma.

Ma se in precedenza si trattava di un adattamento del romanzo di Thomas Pynchon, qui Pitì pare volerci offrire la sua versione di un classico, per certi versi la trama più vecchia del mondo: un ragazzo incontra una ragazza.

Nello specifico il quindicenne Gary Valentine (Cooper Hoffman), che il giorno della foto per l’annuario scolastico del suo liceo, conosce l’assistente del fotografo, la venticinquenne Alana Kane (Alana Haim) e malgrado la differenza d’età si prende una bella cotta. Disposto a tutto pur di conquistarla, con la stessa determinazione con cui sogna di sfondare come attore, i due continueranno ad incontrarsi e – letteralmente – rincorrersi per tutto il film, tra i vari piani sequenza diretti con la solita maestria da Anderson.

Ok che in amore vince chi fugge, ma qui si esagera!

Detta fuori dai denti: “Licorice Pizza” è una commedia drammatico/sentimentale tanto quando lo era “Ubriaco d’amore” (2002), con la discriminante del viaggio indietro nei ricordi e nel tempo orchestrato dal nostro Pitì, le istruzioni per l’uso quindi sono semplici, lasciarsi andare all’atmosfera, se arriva e ti prende di pancia bene, altrimenti potreste correre il rischio di assistere ad uno spettacolo tecnicamente ineccepibile di cui però, potrebbe importarvi molto poco, perché “Licorice Pizza” mi sembra il classico film che con un po’ di contesto può essere recepito meglio.

Sicuramente c’è aria di famiglia nell’ultima fatica di Pitì, l’esordiente Cooper Hoffman è il figlio del compianto Philip Seymour Hoffman, uno degli attori feticcio di Anderson, mentre Alana Haim insieme alle due sorelle è la cantante delle Haim, ma soprattutto è la figlia di un insegnante di scuola che tra i suoi alunni quando faceva l’appello, per un po’ tutte le mattine invocava: «Anderson, Paul Thomas?», «Presente» (storia vera).

«Quindi la tua mamma dava i compiti per le vacanze al regista?»

Ma questo film che inizia seguendo ragazzi nei corridoi della scuola come farebbe Gus van Sant, in realtà si conferma presto essere un romanzo di formazione, tutto concentrato sui suoi giovani protagonisti, due facce fresche e ammettiamolo, non per forza Hollywoodiane nella bellezza, quindi un po’ più “veri” rispetto a quanto il cinema non ci abbia abituato in tanti anni. Anche se per svariati minuti questa “Pizza di liquirizia” pare girare a vuoto seguendo le (dis)avventure dei ragazzi, da Gary impegnato a lanciare la sua strampalata compagnia di materassi ad acqua chiamata “Soggy Bottom” (tradotto a braccio “Culi a mollo”, che a lungo è stato anche il titolo di lavorazione del film, storia vera), fino al furto del camion guidato da Alana, l’unica del gruppo davvero in grado di guidarlo, che ci riporta attraverso la crisi petrolifera degli anni ’70, tema più attuale oggi che mai, con la differenza che allora almeno avevano i Flipper, quanto sono belli i Flipper? Perché non ci sono più, mi sono sempre piaciuti tanto i Flipper. Ok la smetto di dire Flipper e torno al film.

Più che un corteggiamento sembra uno Slasher.

Quanto apprezzerete questo film dipende da voi, dalla vostra disponibilità a lasciarvi trasportare indietro lungo il viale dei ricordi mano nella mano con Pitì, che come sempre aggiunge uno strato ai suoi film che potremmo definire di citazionismo post-moderno, non mi riferisco tanto al fatto che ad un certo punto, come se nulla fosse, lungo le strade della San Fernando Valley del 1973 raccontata da Anderson, passi uno alla guida della Bat-Mobile di Adam West, quella del bat-Telefilm degli anni ’60, quanto piuttosto all’utilizzo dei personaggi, una bella banda di “Quasi famosi”, mi sia concesso citare Cameron Crowe.

L’aria di famiglia che si respira nel film è un po’ ovunque, il personaggio di Gary Valentine è ispirato a Gary Goetzman, famoso produttore di film famosi come Il silenzio degli innocenti e amico di Anderson. Quasi una non-biopic, una biografia immaginaria che mescola personaggi reali e immaginari, quindi diventa quasi normale che la protagonista del musical dove prova a recitare Gary, solo per finire preso a male parole si chiami Lucy Doolittle, un riferimento abbastanza esplicito alla più famosa Lucille Ball, mentre il viscido personaggio interpretato da Sean Penn di nome Jack Holden, potrebbe essere una variazione sul tema di William Holden, anche lui appassionato di motociclette e con qualche problemuccio con la bottiglia.

«Sei sicuro di saperla guidare?», «Shhh! Non si parla con il conducente, soprattutto quando è ubriaco»

A proposito di attori feticcio di Pitì, occhi aperti per beccare John C. Reilly che compare conciato come Herman del telefilm “I Mostri” (prossimamente, vedremo la versione di Rob Zombie di questo classico del piccolo schermo, non sto scherzano, lo sta girando per davvero!), anche se il più colorito di tutti resta Bradley, nei panni di quel pazzo di Jon Peters, l’uomo con la biografia più pazza del mondo: da parrucchiere e amante di Barbara Streisand, su fino a diventare uno dei produttori più famosi di Hollywood, per altro pericolosamente in fissa con i ragni giganti nei suoi film (storia vera). Menzione speciale per il grande Tom Waits, che ogni volta che compare in un film mi fa fare le capriole sulle mani.

La reazione di Peters quando non mettono un ragno gigante in uno dei suoi film.

Insomma, senza girarci troppo intorno “Licorice Pizza” per certi versi è il C’era una volta a… Hollywood, di Anderson, un viaggio indietro nei ricordi di un periodo passato in equilibrio tra cinema e musica, io ci avrei messo una “Blinded by the light” di Bruce Springsteen nella colonna sonora, ma Anderson è più accorto e raffinato di me e mi fa un regalo, scegliendo un pezzo sul tempo sospeso e andato come “Life on Mars?” di David Bowie, grazie Pitì, ottimi gusti.

Qui si nota l’influenza di Tarantino.

Anche perché il ricordo delle estati del passato è chiaro fin dal titolo del film, la “Pizza alla liquirizia” oltre ad essere il nome di una catena di negozi di dischi è anche il soprannome che veniva dato ai vinile, per la precisione al formato “LP” da cui arrivano le iniziali, quindi Paul Thomas Anderson ci chiede idealmente di fare questo, mettere su un vecchio disco che ci piaceva tanto da ragazzini e lasciarsi andare al ritmo della puntina, una corsa che non può che terminare in modo un po’ caramelloso (sempre di liquirizia si tratta) ma decisamente cinematografico, non è un caso se la scena finale culmina davanti ad un cinema che proietta The Mechanic con Charles Bronson e “Agente 007 – Vivi e lascia morire”, perché i film e la musica che ami in gioventù sono quelli che ti formano i gusti e forse anche il carattere, Pitì ha trovato un modo per ricordarcelo. Madman drummers bummers and indians in the summer with a teenage diplomat.

Sepolto in precedenza sabato 19 marzo 2022

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