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Lo straniero senza nome (1973): i primi cinquant’anni di un Western che potrebbe essere un Horror

2023, anno del coniglio secondo il calendario cinese ma come già detto, anno di Clint Eastwood sulla Bara perché la Leggenda è titolare del più alto numero di compleanni nel corso dell’anno, e ancora non ho finito! Riuscirò a festeggiarli tutti? Intanto oggi tocca ad un suo Western.

Strano eh? Clint Eastwood che recita in un Western, non si era mai sentito, ma se invece vi dicessi che tengo molto a questo compleanno perché potrebbe essere il primo, e forse anche unico Horror della carriera dell’ex sindaco di Carmel-by-the-Sea? Come avrebbe detto Anders Celsius, andiamo per gradi.

Finalmente ho la concreta possibilità di usare uno degli scatti più iconici della storia del cinema qui sulla Bara.

“Lo straniero senza nome” è la seconda regia di Eastwood dopo il suo esordio con “Brivido nella notte” (1971), viene ricordato decisamente più di “Breezy” (1973) il dramma sentimentale sulla ragazza figlia dei fiori, proprio perché qui la Leggenda recita e non fa solo una piccola apparizione, ma soprattutto lo fa sfoggiando la sua seconda espressione, quella con il cappello.

Se “Joe Kidd” (1972) era un solido Western revisionista diretto da John Sturges, qui Eastwood ha fatto sua la sceneggiatura scritta da Ernest Tidyman e Dean Riesner per chiudere idealmente un cerchio, per il vecchio (allora giovane) regista questo soggetto era il modo perfetto per rendere omaggio ai suoi Maestri, Don SiegelSergio Leone. Dal primo prende personaggi dai modi più che rudi, per nulla addolciti dai canoni di Hollywood applicandoli ad una narrazione per immagini ben riassunta dalla “Regola dei cinque minuti iniziali” che qui per la precisione sono sette, tutti muti, che vedono il vagabondo delle Alte Pianure del titolo originale, reso come lo straniero da quello italiano, arrivare nella cittadina di Lago pronunciate LEGO, raggiungere il bancone più vicino e rompere il silenzio dicendo: «Birra, e una bottiglia di whiskey», insomma le priorità della vita.

Birretta e sigari, lo straniero Clint uno di noi!

Da Leone invece, Eastwood ha pescato tutto il resto, un certo modo di impostare la regia e ovviamente i temi, ben sottolineati dal titolo italiano, un altro straniero senza nome per Clint dopo quello Leoniano, infatti la trama è presto detta: l’innominato arriva nella cittadina di Lago detta LEGO, dove a fare il bello e il cattivo tempo sono gli uomini che orbitano nella vecchia miniera poco distante, non fa in tempo a finire la birra che è già costretto a seccarne tre tizi dando loro una lezione su come si spara («Tu pensi di essere svelto abbastanza amico?», «Più svelto di tutti voi») per poi dedicarsi ad un altro tipo di lezione fornita, non per forza con le buone, alla ragazza del gruppo, Callie (Marianna Hill), che si becca uno stupro nel fienile per direttissima perché i canoni dei film degli anni ’70 prevedevano questo per un personaggio femminile negativo in una storia, e a volte nemmeno per forza negativo. Qui volendo si potrebbe mettere su un discorso sui piatti cucinati con il Woke, ma la frase che ho appena scritto si riassume nella parola “volendo”, ecco, non ho voglia, credo di aver già detto tutto quindi andiamo avanti.

Il capo della banda di criminali, spedito al carcere duro per futili motivi, nel tentativo disperato di tenerlo lontano da Lago detta LEGO, sta per tornare come i banditi di Mezzogiorno di fuoco, solo che qui il capo è fatto a forma di Geoffrey Lewis, che un film con Eastwood non se lo negava mai. Da qui avete già capito, archetipo narrativo in azione, lo straniero non sarà il più puro di cuore degli eroi, ma a Legoland tocca farselo bastare, quindi al personaggio di Eastwood viene offerto tutto pur di proteggere i cittadini dalla minaccia incombente: bagni gratis, stivali e cinturone nuovi, bistecche alte tre dita alla Tex Willer oltre alla stella di sceriffo.

Il secondo paio di occhi azzurri del film, uno dei pretoriani di Clint (oltre che papà di Juliette)

Il bello è il modo anti-glorioso con cui Eastwood ritrae tutti, dal suo personaggio ai “buoni” fino alle icone del cinema Western, non c’è da stupirsi che il Duca John Wayne, si sia rifiutato di lavorare con Eastwood dopo aver visto questo film (storia vera), per essere un Western, quindi puramente di genere, il regista ha dato una mano di critica sociale al tutto, quindi è normale vedere il protagonista appuntare l’ambita stella da sceriffo sul petto dello scemo del villaggio, amabilmente denominato Aborto, perché, vi ho già parlato del cinema degli anni ’70 vero? Ecco, era quello prima degli algoritmi inclusivi e alla pancia del pubblico moderno.

Clint nella posa degli eroi della Bara… Un vero classico!

Se è canonico anche il protagonista che insegna ai locali a sparare e che si spupazza la bella di turno ovvero Sarah (Verna Bloom), la particolarità è il modo di fare guerra psicologica ai suoi avversari del nostro “High Plains Drifter” del titolo originale, le case di Lago detta LEGO, vengono dipinte di rosso, quindi non sono più case di LEGO ma sono le case in linea non il nuovo nome dato alla città, ovvero “HELL”, per dare il miglior benvenuto possibile ai cattivoni. Quindi riassumendo, voi siete cresciuti con Ed Sheeran, io con Clint Eastwood, mi dispiace, ho vinto io… PRRRR! Torniamo al film.

«Ed chiii? Mai sentito nominare»

Perché questa scelta che non esito a definire “Metallara”? Per via degli incubi che attanagliano lo straniero, che ogni volta che appoggia la testa sul cuscino sogna di un uomo frustato a morte, storia che va a braccetto con quella del precedente sceriffo della città di Lago LEGO Hell, ucciso a frustate dai compari di Geoffrey Lewis, che non si è meritato nemmeno il suo nome, Jim Duncan, sulla lapide della sua tomba, proprio per aver ficcato il naso negli affari della miniera.

Per omaggiare i suoi Maestri, sulle lapidi nel film troviamo sia Siegel che Leone (che aveva la stessa abitudine

Quando si scatena l’inferno a beh, Hell, accade davvero alla grande, in questa porzione di film Clint Eastwood e il suo personaggio non prendono prigionieri, le chiacchiere si riducono a zero, volano pallottole e colpi di frusta mentre va in scena uno scontro finale che non esito a definire apocalittico, perché proprio quello è il passo del personaggio di Eastwood, che quando si staglia con la sua iconica sagoma (con cappello) davanti alle fiamme che avvolgono mezza città, sembra davvero scappato dall’inferno o venuto a scatenarlo sulla Terra. Nulla mi toglie dalla testa che tra tutti i personaggi di Eastwood che Garth Ennis avesse in mente quanto ha creato il Santo degli Assassini (e credetemi, li aveva tutti, Garth uno di noi!) quello che lo ha ispirato di più non fosse proprio lo straniero senza nome, ma armato con i revolver di Josey Wales.

Genesi (ah-ah) di un Santo.

Ma vi avevo promesso un Horror e sono un tipo di parola (che tipo di parola?), quindi arriviamo al punto, mi sembra un po’ assurdo farlo per un film che quest’anno spegne le sue prime cinquanta candeline, però… SPOILER!

«Quando vedi tutto rosso, occhio agli Spoiler ragazzo»

Prima di lasciare la città lo straniero senza nome passa a cavallo accanto a Mordecai (Billy Curtis), intento a chiudere il cerchio scrivendo il nome dello sceriffo Jim Duncan ucciso a frustate sulla sua lapide, in modo che possa avere finalmente pace. Il ragazzo chiede allo straniero «Non ho mai saputo il tuo nome» (in originale «I never did know your name»), ed è qui che il più grande doppiaggio del mondo ha utilizzato tutta la creatività italiana e senza vincoli del labiale grazie all’inquadratura sulla lapide, si sono inventati la risposta in italiano del personaggio: «Si, hai scritto adesso quello di mio fratello.»

Mi piace di più così, un bel nome lugubre, anche perché “Bara Volante” mi pare fosse già impegnato.

Soluzione italiana del giallo: lo straniero senza nome si chiama boh, Carmelo Duncan ed è arrivato a Lago, detta LEGO, detta Hell, per vendicare la morte di suo fratello che ancora lo perseguitava negli incubi. Un “Revenge movie” in salsa Western, chiudetevi la patta partita finita!

Ecco, peccato che si tratti proprio di un’invenzione del nostrano doppiaggio, perché la risposta dello straniero in originale è «Yes, you do» (ovvero «Sì, lo sai») con inquadratura chiarificatrice sulla lapide, quindi la soluzione originale del giallo è la seguente: lo straniero senza nome è Jim Duncan, tornato in qualche modo a Lago, detta LEGO, detta Hell per vendicarsi. Un film di fantasmi, se non proprio un horror in salsa Western, per certi versi confermato dal fatto che la sagoma dello straniero, che cavalca verso l’orizzonte come da canone cinematografico Western, sembra che si dissolva, come uno spettro che ha trovato la pace. Fine della sezione con SPOILER in ritardo di cinquant’anni.

«Shaaaane! Shaaa… Ah no, scusate, film sbagliato» 

“Lo straniero senza nome” è un film decisamente derivativo, con cui Eastwood, come regista ha chiuso un cerchio pagando un debito con i suoi Maestri, il fatto che il nostro doppiaggio abbia deciso di optare per una soluzione molto meno ambigua riguardo all’identità del protagonista, allo stesso tempo toglie e aggiunge fascino, a suo modo funziona in entrambi i modi, anche se da fanatico di Horror, ovviamente ho una predilezione per una delle due, in ogni caso, auguri straniero!

Sepolto in precedenza giovedì 21 dicembre 2023

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