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Loki – Stagione 1 (2021): deve essere un inganno, ora datemi la serie vera grazie

Ci sono momenti in cui la distanza tra me e gli altri bipedi
della mia specie si allunga inesorabilmente. Vi giuro che ho provato con tutte
le mie forze a capire il vostro (perché mio non è) entusiasmo per la serie
Disney+ dedicato al dio Marvel degli inganni, ma proprio non ci sono riuscito.

Mettiamola così, cercherò di fare un passo nella vostra
direzione, non ho problemi ad ammettere che Tom Hiddleston sia Uber-gnocco, un
manzo, un pezzo di figo chiamatelo come vi pare, il concetto non cambia, ha
stile, ha carisma, piace ad una vastissima fetta di pubblico estremamente
variegato, uno che è perennemente destinato a stare ad un Vodka-Martini di distanza dal
ruolo di 007 che non ricoprirà forse mai, perché tanto il giorno in cui Tommaso
lascerà questo gnocco (non quanto lui) minerale che ruota attorno al Sole, i
giornali scriveranno: “Oggi è morto Loki”.

Tommasino lo sa e gigioneggia nel ruolo della vita, quello
in cui in molti film ha rubato la scena, in altri non ha fatto nulla (ma lo ha
fatto benissimo), in un’infilata di casting targati Marvel uno migliore
dell’altro la sua scelta è stata un quadruplo axel, la quintupla doppia delle
scelte azzeccate, talmente giusto da influenzare anche l’aspetto del
personaggio originale (o meglio la sua versione a fumetti Marvel, il dio
norreno Loki resta ben poco hollywoodiano nell’aspetto), che tra le pagine dei
fumetti è dovuto mutare, varie volte per la precisione, per diventare un metrosexual
cornuto adattandosi alle fattezze affilate di Hiddleston, l’unico altro
precedente? Wolverine, passato da nano peloso a Ugo Uomogiacomo nel giro di una manciata di anni (e disegnatori).

Comunque meglio di molti candidati visti in giro nel corso degli anni.

Sto andando bene? Siamo amici? Perché poi su “Infernet” è un
attimo passare per un odiatore compulsivo, si è capito che Hiddleston mi è
simpatico? Poi, di mio sono noiosamente eterosessuale, quindi i suoi super
poteri su di me non hanno nessun effetto, forse per questo mi sono
lasciato abbagliare un pochino meno da “Loki”, miniserie (seee credici!) di sei
episodi già rinnovati per una seconda stagione, vista l’enorme risposta di
pubblico.

Tutto possiamo dire, ma non che “Loki” non sia stata la serie
su cui la Marvel ha puntato, WandaVision
è quella che ha sfruttato meglio il formato televisivo dimostrando che la Casa
delle Idee poteva stare anche sul piccolo schermo, Falcon & Wintercoso, invece, era quella più calata nella
contemporaneità, ma anche quella che ha dato un calcio al secchio del latte di
tutte quelle buone idee sfruttate malissimo. Ad affascinarmi di “Loki” più che
il “sesso a pile” di Hiddleston, il nome del curatore della serie, quel Michael
Waldron già al lavoro sul mio personalissimo film più atteso tra i prossimi in
uscita ovvero “Doctor Strange in the Multiverse of Madness” (dajè Sam Raimi!
Uno di noi!), ma più noto per il suo lavoro su “Community” e Rick & Morty. Ed è qui che sono
arrivate le delusioni vere per me, ma prima, vi tocca l’inevitabile paragrafo
che serve a collocare “Loki” nella cronologia della Marvel, lo sapevate che
sarebbe arrivato, non fate quella faccia. Da qui in poi, parlerò a ruota libera
sulla serie, quindi vi avviso: SPOILER!

“Anticipazioni? Non vi temo!”, “Si ma ora vieni con noi, che il post è solo all’inizio, ci servi ancora”

Anche perché, in fondo, vi è andata bene, “Loki” è collocato
subito dopo gli eventi di Avengers – Endgame, ricordate quello che molti hanno considerato un “buco di
sceneggiatura” (espressione quotatissima nell’Infernet), ovvero la scomparsa
del secondo Loki dopo la sua cattura a New York? Bene, “Loki” parte da qui per
raccontarci cosa è successo a quella “variante” e lo fa piuttosto bene con un
primo episodio davvero molto azzeccato, lento nel ritmo, però, ehi! Bisogna
preparare il palco su cui far recitare i personaggi, no?

“Modulo 27B/6? Ma di che stai parlando? Io firmo solo autografi”

Il Loki in fuga viene catturato dalla TVA, la Time Variance
Authority, agenzia che esiste al di fuori dello spazio-tempo, il cui compito è
quello di vegliare sulla sacra linea temporale. Il flusso del tempo su cui si
collocano tutti gli eventi che non deve per nessuna ragione subire variazioni,
lo conoscete il discorsetto di Doc Brown,
no? Stessa cosa, ma su scala cosmica.

Chi fugge dalla linea temporale, viene battezzato
“Variante”, una versione alternativa appartenente ad una realtà parallela che
va catturata e “falciata” stando al gergo della TVA, ovvero riportata
all’interno del flusso temporale, per evitare gli eventi “Nexus”, ovvero quegli
eventi catastrofici che generano alterazioni sulla linea temporale. Dei vigili
urbani dello spazio tempo in tenuta divisi tra agenti operativi in tenuta da
SWAT e grigi burocrati, anzi marroncini a giudicare dal colore smorto degli
uffici della TVA, con il loro arredo retrò in stile anni ’50, insomma, come
qualunque ufficio pubblico di uno strambo Paese a forma di scarpa.

Mascotte, perché cercando di migliore tutto usando le mascotte? I Burocrati non posso essere migliorati!

Tutto questo viene raccontato a Loki (e a noi spettatori)
con il giusto compromesso tra chiacchiere e azione, ad esempio, il cartone
animato educativo della TVA, introdotto dalla mascotte Miss Minutes, che ci
racconta di come la TVA lavori al servizio di tre entità cosmiche, chiamate i
Custodi del Tempo è uno spasso che per animazione, ricorda anche un po’ Heavy Metal, ma senza tette e metallo
(purtroppo).

Qui facciamo la conoscenza dell’agente Mobius M. Mobius
(come il nastro sì, ma anche come il grande disegnatore) interpretato dal
biondo del Crodino Owen Wilson. Il compito di Mobius? Beccare una variante di
Loki che ancora sfugge, seguendo il principio per cui ci vuole un ladro per
beccare un ladro, chi meglio di una variante di Loki per beccarne un’altra? Da
qui parte quell’abbozzato effetto da “Buddy Movie” con due opposti come Mobius
e Loki costretti a collaborare malgrado le differenze di approccio, dico
abbozzato perché finché si tratta di gag sulle moto d’acqua va tutto bene, poi,
purtroppo, la serie introduce Sylvie e le buone dinamiche tra Owen Wilson e Tom
Hiddleston finiscono per i pom, per i pim, per i prati. Time out Nerd!

“Ma tu non sei il biondo del Crodino?”, “Hai un collare esplosivo al collo e questo è il tuo massimo problema?”

Nel ruolo del burocrate in odore di Brazil, Owen Wilson funziona bene finché la serie non decide di
relegarlo sullo sfondo della trama, il suo personaggio è un omaggio (a partire
dai baffi) ad un autore incredibile come Mark Gruenwald che creò la TVA sulle
pagine di “Thor”, ma più in generale era considerato da tutti i suoi colleghi,
come una specie di schedario umanoide con all’interno del suo cranio tutte, ma
intendo dire TUTTE le informazioni relative all’universo fumettistico della
Marvel. Eri un autore di una serie su che so… I Fantastici Quattro? Non ti
ricordavi che fine avesse fatto uno dei loro avversari come l’uomo talpa? Mark!
In che numero è comparso per l’ultima volta e Mark ti raccontava per filo e per
segno quali numeri dovevi leggerti per essere aggiornato (storia vera).

Il Mobius originale, Mark Gruenwald.

Basta dire che Mobius M. Mobius e tutti i burocrati della
TVA nel fumetto, erano cloni disegnati con le sembianze dello stesso Mark Gruenwald,
uno che, oltre aver curato di persona la guida dei personaggi Marvel (Official
Handbook of the Marvel Universe), ha scritto centinaia di storie dallo Squadrone
Supremo a Spider-Woman passando per Iron Man e gli Avengers. Quando venne a
mancare nel 1996 per arresto cardiaco, su sua precisa volontà (frutto di un
carattere perennemente impostato sullo scherzoso andante) Gruenwald venne
cremato e le sue ceneri mescolate all’inchiostro usato per ristampare una
raccolta in volume del suo Squadrone Supremo (storia vera). Dite un po’, il
Time out Nerd per rendere omaggio al grande Mark ci voleva, no? Torniamo alla
serie.

Quando ami così tanto i fumetti, da diventare tu stesso un fumetto.

Tom Hiddleston si gioca il primo momento “bravò” della serie
quando si spreme una lacrima davanti al filmino della sua vita, l’ultimo
momento in cui questa serie ha applicato il principio “Show, don’t tell” della
buona narrazione, prima di scadere in un tedioso chiacchiericcio attorno al
nulla.

Internet (o Infernet) è come un grosso stagno: ogni tanto
capita che qualcuno ci butti dentro un sasso e che le increspature dell’acqua raggiungano
chiunque. Ecco perché basta che qualcuno s’inventi espressioni ridicole come
“Natale ad Asgard” per descrivere Ragnarok
(e allora “Thor 2” come lo dovremmo definire? Siamo seri, dài) perché tutti comincino a
ripetere l’espressione come farebbe il pappagallo. Per “Loki” è rimasta
attaccata a tutti l’espressione “Il Doctor Who della Marvel”, ci può stare sì, ma forse il Doctor Who pezzente della
versione Chris Chibnall, perché
qualcuno ha criticato la scarsità di location di “Loki”, la Pompei che vediamo
qui è fondamentalmente una stradina allestita davanti ad un fondale in CGI, ma
“Doctor Who” con ancora meno mezzi, era comunque riuscita a mandare a segno
tanti episodi (tra cui uno mitico, ambientato proprio a Pompei), senza nemmeno
tutti i soldi della Disney.

“Può farlo David Tennant ed io no?”

Più che altro, la TVA con i loro Timepad per viaggiare nel
tempo, mi ha ricordato molto più “Timecop” (1994) con Van Damme, per altro,
sceneggiato da un fanatico di fumetti come Mark Verheiden. Ma la questione è
un’altra: la versione femminile di Loki esisteva anche nei fumetti. Era una
“Femme fatale” androgina e gotica che sembrava più Marilyn Manson che la Missy
di Doctor Who, personaggio che mi è mancato tantissimo, perché la bionda Sylvie
(detta Sylvie Vartan) è un vuoto pneumatico di carisma, tanto è stata azzeccata
la scelta di Hiddlestonm, tanto Sophia Di Martino ha la presenza scenica di un
vaso di fiori (vuoto).

“Il verde ti dona”, “A noi cattivi concedono solo questo”

Con il personaggio di Sylvie Vartan la serie “Loki” diventa
un buco nell’acqua, Michael Waldron prende il principio “Show, don’t tell” e lo
getta giù lungo lo scarico, trasformando la serie in un eterno blaterare sul
niente e anche i grandi eventi “Nexus”, dove la variante impazzita Sylvie sono
modestissimi scenari sullo sfondo, alla faccia delle apocalissi temporali che
dovrebbero rappresentare.

Loki, in quanto vagamente bisessuale, ma egocentrico al 100%,
ovviamente ha una mezza cotta per la sua versione femminile (ha una sua logica),
peccato che la “tensione sessuale” tra i due personaggi anziché venire
mostrata, ci viene raccontata e da qui in poi “Loki” sarà tutta così: una serie
dove gli eventi (anche drammatici) non accadono, ma vengono raccontati con
pochissima enfasi da personaggi seduti ad un tavolo, davanti ad una scrivania o
a bordo di un treno come il tedioso episodio numero tre, il peggiore di tutta
la serie, quello che si gioca la carta dell’aMMMore che ci salverà tutti. No,
sul serio? Loki il dio dell’inganno che ha rubato la scena a tutti per anni,
qui si piega alla più tediosa e banale delle trovate narrative, facendosi
mettere in un angolo da un personaggio insignificante come Sylvie Vartan? No,
sul serio, vi riformulo la domanda: come avete fatto ad andare giù di testa per
una serie così sciatta e banale?

“Potresti usarlo per pugnalarmi? Non sopporto più i dialoghi”

A proposito di sciatteria, vogliamo parlare delle scene di
lotta? Tra montaggi da galera (fratellini Russo, sto parlando di voi) e macchina
da presa ballerina per evitare la censura, la Marvel non ha mai brillato per le
sue scene d’azione, anche se ci sono state eccellenze illustri (ma isolate) e ultimamente la questione è stata gestita con molta più grazia.

Lo avete visto l’episodio numero quattro? La lotta al
cospetto dei Custodi del Tempo è la scena di combattimento più imbarazzante
vista in un audiovisivo (non per forza della Marvel, uno qualunque) degli
ultimi anni, Sophia Di Martino è un palo, ma vi invito a riguardare quella
scena, concentrandovi su Tom Hiddleston sullo sfondo: sembra uno che cerca di
colpire una mosca con un giornale arrotolato, viene voglia di poter entrare in
scena solo per portarlo fuori dall’inquadratura tirandolo per un orecchio! Un
pericolosissimo miscuglio di pessimo montaggio, regia incapace e attori
palesemente non adatti nemmeno ad eseguire la più semplice delle coreografie.
Ma poi vogliamo dirlo: lo stagno di Internet che ha portato tanti a ripetere
“Il Doctor Who della Marvel” lo sanno che questa serie ha ben più trovate in
comune con Bill & Ted piuttosto
che con la celebre serie inglese? I Custodi del Tempo sono palesemente un
omaggio alle tre più importanti persone del mondo, ma senza il carisma di Clarence
“Big man” Clemons.

I Custodi del Tempo, solo più fighi e con molti anni d’anticipo.

Il quinto episodio tenta di giocarsi qualche “variante” di
Loki con più carisma di Sylvie Vartan, oltre che mandare a segno qualche
personaggio già destinato a generare Funko Pop e merchandising vario, lo dico?
Quando un coccodrillo con le corna da Loki è più carismatico della tua
protagonista femminile, vuol dire che hai un grosso problema, non nel vendere
pupazzetti, ma narrativo. Liberatevi di Sylvie Vartan e fate una serie spin-off
sul coccodrillo Loki con apparizioni di Throg (già apparso in un fulmineo cameo
impossibile da cogliere senza un’abile capacità di mettere in pausa al momento
giusto), ci sarebbe da guadagnare per tutti.

Mr. Crocodile Dundee Loki

Tom Hiddleston nella sua serie nominativa cosa fa? La diva,
spesso isterica. Il suo Loki passa fin troppo tempo dall’essere il personaggio
sempre in controllo, quello che trova sempre un modo per salvarsi, al generico
tizio sconvolto che non capisce cosa sta accadendo attorno a lui e necessita di
spiegazioni una sull’altra, questa continua “normalizzazione” dei cattivi davvero mi annoia. Inoltre, il fatto che la sua annacquata variante gli rubi la
scena è francamente imbarazzante, persino “Kid Loki” (che ha ben due righe di
dialogo, due di numero) risulta più carismatico di entrambi i protagonisti, ma
quella che per me resta l’unica gioia di “Loki” è il “Classic Loki” di Richard
E. Grant.

MVP! MVP! MVP! Tutto quello che ricorderò di questa serie in una foto.

Nella linea temporale dove la Marvel ha cominciato a
sfornare film ad alto budget tratti dai suoi fumetti, Richard E. Grant è il
Loki titolare da decenni. Talmente azzeccato da sembrare uscito dalle pagine
dei fumetti, quelli di quando Loki non aveva ancora il fascino di Hiddleston.
Vederlo affaticato dagli anni e dai chilometri, ci regala un personaggio con
dei trascorsi tangibili, che si mette in tasca la moscissima prova di Sophia Di
Martino anche restando sullo schermo una manciata di minuti. Il suo urlo di
battaglia «Gloriosi propositi!» mi ha esaltato come quando ai vecchi tempi,
Richard E. Grant sbraitava sulla “macchina aurea” ai tempi d’oro.

Vorrei farvi notare che “Classic Loki” risolve la situazione
anche se poi il merito se lo beccano Sylvie Vartan e Loki che passano metà del
quinto episodio a fare niente, tenendosi per la manina, ma devo per forza
parlarvi del sesto episodio, dove la tragedia chiamata “Loki” si completa.

Dopo averne parlato per sei episodi, i due protagonisti
imbambolati, raggiungono la fine dei tempi davanti alla porta della casa
dell’uomo che ha tirato i fili Sylvie attacca la pippa: «Non ti stupisce il
fatto che non ho ancora aperto la porta?», «No, perché so che tu aprirai la
porta», «ma come sai che io aprirò la porta?», «Perché so che alla fine tu
aprirai quella porta», tutto così, per dieci minuti di episodio. Non ci potevo
credere.

Non aprite quella porta (o almeno prima prendete tempo)

Una volta entrati, alla presenza del Conquistatore
(occhiolino-occhiolino) che ha fatto da burattinaio di tutti gli eventi, come
al cospetto del mega direttore galattico vengono invitati a sedersi, altri
dieci minuti in cui le due varianti Loki si sistemano la sedia e prendono
posto. Se prima non potevo crederci, qui ormai avevo gli occhi fuori dalla
testa e non vi dico altre parti del corpo dove.

Alla faccia di Gli Incredibili, non vogliamo mettere su il monologo del cattivo che spiega
TUTTO quello che già sapevamo con tanto di marionette ultra didascaliche? Il
monologo sfora la decina di minuti, i miei maroni si schiantano a terra creando
un evento Nexus e mentre gli agenti della TVA intervengono per falciarmi, sullo
schermo il cattivone sta ancora parlando… Che finale di stagione avvincente!

“Tranquilli, continuerò a parlare nelle mie prossime apparizioni in tutti i film Marvel”

“Loki” poteva essere una “web series”, oppure una miniserie
vera, della durata di tre episodi e allora sarebbe stata davvero mitica, anche
perché di fatto qui siamo di fronte ad un enorme, tedioso riempitivo che serve
soltanto ad introdurre Kang il conquistare, personaggio che era già stato abbondantemente
annunciato come il prossimo grande cattivo Marvel. Riconosco questo, però (e non
ditemi che non sto cercando di fare passi nella vostra direzione), WandaVision era la storia delle origini
di Wanda che non avevamo mai avuto, Falcon
& Wintercoso
abbastanza accessoria, nel prossimo “Avengers” Falcon avrà
lo scudo, ma se si è visto o meno la miniserie con cui se lo è conquistato, non
cambia molto rispetto al finale di Endgame.

“Loki” avrà ripercussioni sul futuro delle trame, forse
siamo davvero di fronte all’esordio del tanto annunciato “Multiverso”, però
posso essere spudorato? Anche un po’ cattivello? Il fatto che la Marvel sia
sempre stata molto sbilanciata in favore dei suoi personaggi, considerati più
importanti e spesso più cesellati delle trame di cui sono protagonisti, non è
certo una novità. Nemmeno il fatto che il fumetto sia un prodotto seriale,
pensato per venderti il prossimo numero, non quello che hai in mano, quello lo
hai già pagato (ma poi chissene, chi ama la Marvel otto volte su dieci ignora i
fumetti), però ormai la sensazione è che il pubblico sia interessato solo alla
trama orizzontale della lunga telenovelas.

Ha chiamato Rod Serling, vuole indietro il suo colpo di scena finale.

Un po’ come vostra nonna che guarda “Sentieri” o
“Milagros”, una roba con la fotografia tutta “smarmellata” e gli attori
cagnacci, però oh! Se vola una mosca durante la nuova puntata, volano le
ciabattate. Qui mi sembra un po’ la stessa cosa, ci sono i divi, ci sono
personaggetti che domani diventeranno Funko Pop? Vengono introdotti nuovi
personaggi chiave che dopodomani (forse) saranno importanti come Kang? Allora
il resto è contorno, chissenefrega se poi in una serie che parla
dell’importanza del flusso temporale, il tempo, il minutaggio e il ritmo è
gestito da cani, più tutti i difetti che ho elencato, stiamo diventando come le
nostre nonne che guardano “Milagros”? Meditate gente, meditate.

Tutti noi, davanti al nuovo capitolo della telenovelas.

“Loki” è una serie così didascalica che anche la scena dopo
i titoli di coda (su cui il successo Marvel è stata fondata) risulta tale, un
timbro con su scritto “Loki tornerà nella stagione 2” e aria a camminare. Tutto
qui? Questa è la grande miniserie serie telenovelas per cui in
tanti su Infernet vi siete esaltati? Bah!

Le cose sono due: o gli hacker russi hanno preso possesso
del mio profilo Disney+ oppure voi avete visto “Loki” proveniente da una linea
temporale diversa dalla mia, quindi indosso la mia tuta con su scritto
“Variant” sulla schiena e aspetto gli agenti della TVA, mi sembra tutto un
grosso inganno, più grosso di quelli messi su dal dio degli inganni.

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