Inutile girarci attorno, “Longlegs”, l’ultima fatica di Osgood Perkins, anche noto come Oz, era senza ombra di dubbio uno dei miei titoli più attesi del 2024, anche perché parliamoci chiaramente, non sono uno che si lascia impressionare dai paragoni, ma se un film viene presentato prima come il nuovo Il silenzio degli innocenti e poi comincia a collezionare recensioni piene di entusiasmo, specialmente dai miei contatti all’estero di cui mi fido e che hanno avuto la fortuna di vederlo al cinema, beh signore e signori, avete la mia attenzione.
Anche perché lo sapete benissimo, non cito mai alla leggera il film di Jonathan Demme, di cui sono leggermente malato e che potrebbe rientrare tra i miei preferiti di sempre, inoltre del figlio di Anthony mi posso fidare, ho apprezzato i suoi film precedenti come ad esempio Gretel e Hansel, che aveva nell’atmosfera generale il suo punto di forza. Se poi ci aggiungiamo la questione cast, con l’aspirante “Regina dell’urlo” Maika Monroe, nata artisticamente con il cinema horror nei panni della Clarice Starling di turno e con uno degli eroi della Bara, Sua Maestà Nicolas Cage, in quelli dell’Anthony Hopkins di giornata, beh gente, mi sono convinto a vedere film per molto, ma molto meno di così, ecco, se solo avessi potuto vederlo, mannaggia a loro.
Al momento in cui vi scrivo, l’uscita ufficiale italiana di “Longlegs” è stata annunciata per novembre 2024, assurdo, perché non solo uno dei titoli più attesi dell’anno salta completamente la “Spooky season” di ottobre, ma per un film che è in giro da luglio (data di uscita americana) capite da voi che è un’attesa atroce, anche perché, con il massimo rispetto per il doppiatore di Nicola Gabbia, la prova di Master Cage qui va gustata in originale (dove mette una fifa blu) e poi, sempre nell’ottica dell’onestà intellettuale, chiunque sia avvezzo al pensiero laterale questo film potrà vederlo nella comodità di casa propria, anche se finirò a fare come faccio sempre, ovvero rivedere il film in sala quando sarà, ma per l’amore per il buon cinema, non lamentiamoci se poi nessuno va più in sala eh?
Cosa vi dico sempre dei primi cinque minuti di un film? Sono quelli che ne determinano tutto l’andamento, “Longlegs” inizia in 4:3, con una citazione ad un pezzo dei T Rex, Osgood detto Oz ci porta negli anni ’70, per un prologo che è storicamente una delle tappe fondamentale di un Horror (lasciatemi l’icona aperta, tra poco ci torneremo), da cosa si capisce la bontà del lavoro di un regista? Da molti elementi, uno che mi sta a cuore la sua capacità di fare i compiti. Perkins pesca dalla valigia dei trucchi di David Lynch uno non da poco, vi ricordata quando il regista di Twin Peaks ci mostrava la creatura del vicolo (quella che io amichevolmente chiamo “L’uomo di caccapupù”) in Mulholland Drive? Una trovata che personalmente adoro e che fa leva su istinti primari del nostro cervello.
Se per strada, di notte, vedi un energumeno con la maschera da Hockey e un machete in mano che ti segue, normale che finirai per percepirlo con un grosso pericolo e a scappare no? Quando invece ci si para davanti qualcosa che è leggermente differente dal nostro canone (percepito) di normalità, ma non per forza pericoloso, quello è il momento in cui personalmente il mio senso di Cassidy del pericolo si attiva, di fronte a qualcosa di sottilmente minaccioso. A Lynch bastava mostrare bene, ma velocemente, l’uomo di caccapupù per tenere lo spettatore sul filo per tutto il film, Oz Perkins fa lo stesso, un mezzo “Salto paura” (anche noto come “Jump Scare”) e un primo piano sulla metà del volto di Nick Cage, truccato quel tanto che basta da risultare sinistramente distante dal canone della normalità, metteteci poi quel lavoro sulla voce e boom! Titoli di testa, sempre sulle note dei T Rex. Da qui in poi il regista ci tiene tutti per le palle.
“Longlegs” è tutto così, anche quando la trama si sposta negli anni ’90, la minaccia chiara nella nostra testa di spettatori fin dal prologo, diventa percepita, costantemente percepita, grazie a grandangoli che letteralmente sotterrano la protagonista, l’agente dell’FBI Lee Harker (Maika Monroe) anche all’interno delle sue solitudini, allargando intorno a lei il campo, quel tanto che basta da farci percepire una minaccia nascosta dietro ad ogni elemento. Come un novello Michael Myers, il papà gambalunga di Nicola Gabbia esiste anche in assenza, sembra di riconoscerne la sua sagoma sullo sfondo anche quando non è in scena, risultato finale? 101 minuti di tensione costante, percepita, concreta, il che per un Horror non è affatto male, scusate se continuo a battere sull’icona da chiudere.
Lee Harker mostra presto capacità da sensitiva che vanno oltre il fiuto da detective, le prove sensoriali del test a cui viene sottoposta, sembrano più o meno le stesse a cui il regista di espone come spettatori, ed è automatico che una con il suo talento, venga dirottata su un vecchio caso mai concluso, quello di Longlegs, un assassino in odore di Manson (quindi uno che tecnicamente non si sporca le mani, non direttamente) che lascia lettere cifrate nelle case delle vittime uccise. Facile trovare dentro alla trama elementi riconducibili al precedente “February” (2015) del regista, ma anche Seven, “Zodiac” e ovviamente Il silenzio degli innocenti, di cui Perkins dimostra quello che apprezzo sempre in un regista, non la mera e pedestre capacità di fare citazioni e strizzatine d’occhio stronze (… ogni riferimento a film recenti è puramente voluto) ma quella di aver assimilato la lezione, in questo caso di Demme, facendola propria, ok dai, chiudiamo quell’icona lasciata aperta lassù.
Il silenzio degli innocenti è arrivato a vincere giusto quei due premietti di pregio che si è portato a casa perché è un capolavoro, su questo non si discute, ma anche perché ha saputo “vendere” un film Horror all’Accademy, che storicamente questo genere lo schifa, passato sotto i loro nasi come un Thriller, in realtà il film di Demme utilizzava un canone e delle soluzioni provenienti dall’Horror a tutti gli effetti. “Longlegs” lavora al contrario, in una riuscita operazione di decostruzione alla rovescia del film di Demme, questo si rivela essere un Horror a tutti gli effetti, con dentro elementi da Thriller, quindi a voler fare quelli che cercano il pelo nell’uovo (o per semplice amore di critica) i difetti stanno tutti qui. Quando “Longlegs” abbraccia l’elemento sovrannaturale come parte della soluzione del mistero, un po’ di poesia da parte mia è svanita (poca e del tutto soggettiva, ma mi pare sensato segnalarlo) così come piccoli difettucci qui e là, senza rovinare la visione a nessuno, se nel primo atto, una bambina invita Lee Harker alla sua festa di compleanno, beh diciamo che è una grossa pistola di Čechov in bella mostra, che ovviamente sparerà nel terzo atto.
Quello che funziona davvero molto in “Longlegs” è il modo in cui riesce così bene a parlare di identità (e tante altre letture di secondo livello) senza mai lanciarlo in faccia al pubblico, troppo impegnato a beh, restare in tensione per tutti i 101 minuti di durata. Facendo propria la lezione di Demme, si dipana un dedalo di patologie mentali, di dinamiche e rapporti affettivi che si intrecciano spesso in maniera non per forza sanissima, una sensazione strisciante, quasi un lento strangolamento emotivo che ricorda da vicino la presa che il Killer con vocetta infantile e canterino di Cage ha sui personaggi. Quasi un peccato che il terzo atto (il film è diviso in altrettanti capitoli) sia un pelo troppo espositivo al limite dello spiegone, perché la scena madre finale si guarda malgrado tutto in apnea, aggrappati ai braccioli.
Un film capace di colpire l’immaginario del pubblico, di fargli sincera paura, sopra le righe nelle sue scelte narrative, in cui recita uno che vive e prospera lassù come Nicolas Cage, che però malgrado tutto riesce comunque ad andare più in alto, sopra le righe di tutti, ma risultando allo stesso tempo al servizio della storia, un elemento perfettamente integrato malgrado il suo risultare folle, nel senso più autentico del termine. In una carriera dove Master Cage ha interpretato tutto, il ruolo più semplice per uno come lui, da sempre a suo agio con ruoli eccentrici, era proprio il Serial Killer, per esordire in questo ruolo Cage ha intelligentemente scelto il film giusto, uno dove il suo talento può brillare al massimo, sarebbe carino capire quanti minuti effettivamente passa in scena, non li ho cronometrato (lo farò a Novembre a questo punto), ma potrebbero essere anche meno di quelli che ai tempi bastarono ad Hopkins per vincere un Oscar ed entrare nella storia del Cinema dalla porta principale.
Cage nello stesso film riesce ad essere sia Hannibal Lecter che Buffalo Bill, infantile, dalla voce squittente e sinistra, che di colpo canta, si lancia nella sua “Cage Rage” oppure si esibisce in una canzone, un personaggio cesellato ad arte, su ammissione di Cage, pescando dai cassettini della memoria, la crema viso che usava la sua mamma, lo spaventava quando lei lo guardava girando velocemente la testa, come fa lui qui spesso, ed in un cinema come quello di Oz Perkins, che scava spesso nei legami di famiglia (normale se tuo papà era Norman Bates), le scelta di Master Cage paga enormi dividendi.
A fine visione, uscito dalla trance dei titoli di coda (ancora una volta sulle note dei T Rex) sono andato in bagno, accendendo la luce nel corridoio distrattamente, ho cacciato fuori la testa dalla stanza perché con la coda dell’occhio, mi era sembrato di aver scorto una figura pallida muoversi sullo sfondo. Immaginatevi il vostro amichevole Cassidy di quartiere con sguardo torvo che esclama: «Non scherziamo eh?» (storia vera), ora, non voglio scomodare paragoni grossi, ma era dalla prima volta in cui vidi Halloween che la zona periferica del mio campo visivo non era un posto tanto sinistro.
Il vero crimine per un film così, consiste nel dover attendere fino a novembre per vederlo in sala qui da noi, spero che la nostrana distribuzione si dia una sveglia, per scelte tanto suicide si meriterebbero di ricevere una lettera firmata Longlegs come sostiene la Bolla, intanto tenete un posto occupato in quella classifica (che non faccio mai) dei migliori film dell’anno, un posto è già stato preso.
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing