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Looney Tunes – Back in Action (2003): mettiamoci al lavoro, abbiamo un film da far riscoprire!

Cosa vi avevo promesso? Che il prossimo film con Brendan Fraser a sbarcare su questa Bara sarebbe stato il sottovalutato ed eccessivamente bistrattato “Looney Tunes – Back in Action”. Un Cassidy mantiene sempre le sue promesse.

D’altra parte ora o mai più, il film spegne venti candeline e poi il buon Brendan ha vinto un Oscar, se non m’impegno al massimo adesso per dare una spallata alla rivalutazione, per smuoverla da vent’anni passati in un angolo della stanza a prendere polvere, non avrò mai più un’altra occasione così. Quindi torniamo indietro nel tempo a volo di Bara fino al 1996 e agli uffici della Warner Brothers, dove tra sigari e cervelli fumanti, tutti cercavano un modo per strizzare ancora un po’ il limone chiamato Space Jam.

Mighty-Joe scalda i motori, tra poco tocca a te.

Per diverso tempo si è vociferato di un secondo capitolo, almeno finché i capoccia della Warner non si sono scontrati di faccia contro una realtà che chi ama il basket conosce bene: non si muove foglia che MJ non voglia, e lui di recitare (oddio recitare, vabbè ci siamo capiti) in un nuovo “Space Jam” non aveva foglia. Cioè, voglia. Nemmeno provare a trasformare il film in altro (tipo “Spy Jam” con Jackie Chan) è stata una soluzione praticabile, finché alle orecchie dei dirigenti Warner non è giunta una voce.

Fin dai primi anni ’90 Joe Dante stava cercando di produrre una commedia biografica intitolata “Termite Terrace”, la storia ruotava attorno al regista e disegnatore, il leggendario Chuck Jones e ai suoi primi passi alla Warner negli anni ’30, un sentito e divertente omaggio al padre putativo dei Looney Tunes da parte di uno come Dante, enciclopedia vivente cinematografica e spudoratamente innamorato dei cartoni animati. Il nostro Mighty-Joe era in trattative con la HBO quando venne contattato dai detentori dei diritti sui personaggi, sfiga! Alla Warner questa storia che puzzava di vecchio non fregava un accidente, loro voleva una cosa g-g-giovane, loro volevano “Space Jam 2” (fate attenzione a quello che desiderate…), ma forse la soluzione poteva essere un piccolo, grande compromesso tra le parti, visto che Joe Dante ha odiato con ogni fibra del suo corpo Space Jam ma ha sempre amato i Looney Tunes il patto è stato questo: ve lo faccio io un film con Bugs e compagni, uno vero. Affare fatto! Ed è qui che sono iniziati i casini veri.

Le immagini promozionali del film, riassumono anche la produzione.

Ora, su questo gnocco minerale che ruota attorno al sole, vi sfido a trovare qualcuno che ami i Looney Tunes e Space Jam più del sottoscritto, il film con Michael Jordan per me è un classico con tutti i suoi difetti, perché sono consapevole di un dettaglio che è proprio quello che ha fatto irritare Dante: Bugs e compagni in quella incarnazione cestistica, non sono pienamente loro, “Looney” come al solito ok, ma sono personaggi che per non essere spazzati via e ridotti in schiavitù su Moron Mountain mettono da parte i loro, chiamiamoli schieramenti, per mettersi sulle tracce di MJ, la più iconica e divertente delle pubblicità, messa su per vendere scarpe, bibite e magliette, che sacrifica qualcosa dello spirito dei Looney Tunes compensando come parecchio Michael Jordan, da appassionato di basket, mi è sempre stato benissimo così.

Ma è chiaro perché Dante, questo tradimento allo spirito originale dei personaggi non lo abbia mai amato, infatti con “Looney Tunes – Back in Action” si è impegnato tantissimo a riportare i personaggi alle origini, riuscendoci alla grande malgrado i bastoni tra le ruote messi dalla casa di produzione, che voleva più battute, più trovate sceme e in generale, voleva più “Space Jam”. Un braccio di ferro continuo dove lo sceneggiatore Larry Doyle (che arrivava dai Simpson) è stato affiancato da una squadra di basket di “battutari” impegnati a suggerirgli freddure da inserire nel film, nessuno dei quali però accreditato come sceneggiatore, insomma la Warner al suo meglio!

Davanti ad Heather Locklear anche voi reagireste come il vecchio Yosemite.

Ora, fate un piccolo passo indietro, Joe Dante è quello che ha regalato al mondo quel gioiellino di Gremlins 2, un meraviglioso attacco frontale alla giugulare del sistema Hollywoodiano e alla sua filosofia di seguiti a tutti i costi. In maniera forse più tenera ma decisamente visibile, lo stesso approccio coltello tra i denti, Dante lo ha utilizzato anche in “Looney Tunes – Back in Action”, doppiamente motivato visto che stanco delle continue interferenze della produzione, che gli hanno impedito di lavorare liberamente, il regista originario del New Jersey ha definito la lavorazione del film: «L’anno e mezzo più lungo della mia vita» (storia vera).

Chiarite queste doverose premesse e con un minimo di conoscenza della filmografia di Dante e del suo manifesto amore per i cartoni animati, secondo me già così avete tutti i mezzi per apprezzare molto di più un film colto, gioiosamente cinefilo, filologicamente corretto e ammettiamolo, anche dannatamente divertente, malgrado il fatto che sia solo una lunga infilata di gag una via l’altra, ma in fondo non è quello che hanno sempre fatto i Looney Tunes? Ovvero farci divertire con le loro trovate lunatiche?

«Lui, lui è quello lunatico», «Fate pure, ridete su quest’anatra»

Se Gremlins 2, stando alla definizione dello stesso Dante è stato realizzato in modo che nessuno dopo, potesse mai dirigere un “Gremlins 3” (anno di grazia 2023, l’obbiettivo di Mighty-Joe è ancora immutato), allora “Looney Tunes – Back in Action” è nato per essere “L’anti-Space Jam” e anche in questo ci riesce benissimo. Sono quasi tentato, mi lascio tentare? Considerando quante volte l’ho visto in questi vent’anni sì… Classido!

Purtroppo alla sua uscita “Looney Tunes – Back in Action” è stato un bagno di sangue, costato ottanta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, il film ne ha incassati meno di settanta, accolto soltanto da critiche alla sua animazione mista, considerata meno efficace di quella di Chi ha incastrato Roger Rabbit e senza avere dalla sua nemmeno i paper-dollari portati a casa dalla partita di basket con MJ.

A rivederlo oggi “Looney Tunes – Back in Action” risulta fresco come la birra appena uscita dal frigorifero, se non fosse per il fisico ancora super atletico di Brendan Fraser, avrebbe tutto per essere un brillante film del 2023, con la differenza che non ho idea di che fine abbia fatto la nipote del compositore Danny, ovvero Jenna Elfman, che però ha un bel sorriso e in un film così con il suo approccio spiritoso ci sta come il cacio sui maccheroni, quindi non ho nulla di che lamentarmi, inoltre Brendan è di nuovo il preferito di tutti, quindi ribadisco, ora o mai più!

«Voi due eravate fantastici in Terminator 2

L’inizio come al solito, mette in chiaro già tutta l’operazione, i fatidici cinque minuti iniziali sono utilizzati alla grande da Joe Dante, che ci porta nel vivo del nuovo copione, studiato a tavoli dai vertici dell’azienda i fratelli Warner in persona (i gemelli Don e Dan Stanton, già diretti da Dante proprio in Gremlin 2) per il loro divo numero uno, ovvero Bugs Bunny. Anche perché il suo storico rivale Daffy Duck sta per essere licenziato dalla nuova vicepresidente alle commedie Kate Houghton (Jenna Elfman), che mette in chiaro in maniera sottile un concetto che nel 2003 sembrava solo un vezzo momentaneo per pochi, ma che nel 2023 è diventato IL fattore chiave che smuove ad Hollywood, quello che fa decidere della morte o della “luce verde” di un progetto, ovvero il politicamente corretto (alla grappa).

Trovate meta veramente nerd! 

Già perché uno dei tanti pregi di “Looney Tunes – Back in Action” è aver riportato gli schieramenti all’interno della banda di lunatici protagonisti, quelli messi da parte per giocare tutti insieme a basket per salvarsi la vita. Qui Daffy torna ad essere il papero nero sputazzatore e arrivista, Taz, Willy il coyote, Marvin il marziano e quello che la Wing-Woman sostiene essere il mio vero alter-ego, ovvero Yosemite Sam, qui riprendono il loro ruolo di “cattivi” della storia, ma a dirla tutta lo stesso Bugs Bunny recupera quel suo atteggiamento furbetto, di uno che fa riassumere Daffy più per interesse personale che per bontà d’animo. Insomma i Looney Tunes sono davvero “back in action”, lo spunto molto brillante del soggetto sta nell’averli sovrapposti ad attori di Hollywood, Dante ci racconta delle beghe tra un coniglio e un papero che devono dividersi una sceneggiatura, ma è come se ci stesse raccontato, dei sorrisi di facciata e le coltellate alle spalle tra che so, Tom Cruise e Brad Pitt se mai dovessero recitare insieme. Insomma, Dante ha un affilato coltello tra i denti e nessuna paura di usarlo.

Infatti DJ Drake, il personaggio interpretato da Brendan Fraser è uno spasso perché lui vorrebbe entrare nell’industria cinematografica con le sue forze, per altro senza le ambizioni da divo in cartellone, lui vorrebbe fare un mestiere che non fa più nessuno ad Hollywood, ovvero lo stuntman, inoltre si vergogna di essere figlio del famoso Damien Drake, interpretato da un Timothy Dalton che fa il verso al suo passato da 007, quindi divertitevi a godervi i poster di finti film di spionaggio in casa Drake, perché da questo punto di vista il film di Dante è una cornucopia di citazioni da applausi.

Daffy nella parte di Cassidy ogni volta che corre a rivedersi questo film.

Per far incontrare i personaggi e metterli in movimento Dante cosa fa? Scatena l’anarchia in puro stile Looney Tunes ma anche con l’atteggiamento di uno che ha più di un sasso da togliersi dalla scarpa. Trovo significativo che i protagonisti finiscano sul set di uno dei tanti film nel film, ovvero un Batman girato da… Roger Corman! (Dante che rende omaggio al suo Maestro), che non solo è il film di Batman che sogno di vedere dal 2003, ma è anche una bella presa di posizione se ci pensate.

#Release the Corman cut

Poco male perché tanto da vero guastatore mandato dietro le linee nemiche, Dante mette su una fagiolata che colpisce al cuore anche i simboli della Warner, infatti nel suo film fa crollare anche il leggendario serbatoio idrico a torre simbolo dello studio e casa degli Animaniacs, per chi se li ricorda. Poi ditemi se Dante non è un genio! Anche solo per essere riuscito per l’ennesima volta ad affidare un ruolo al suo feticcio, Dick Miller.

«Spostati di lì ragazzo, 007 sta per spararti», «Grazie Dick, a buon rendere»

Il film è pieno di piccoli grandi attacchi al sistema, fatti dal di dentro, in mezzo a trovate simpatiche come Shaggy che si lamenta con Matthew Lillard per come lo ha interpretato nel film, ci sono frecciatine alla falce moralizzatrice che da lì a poco avrebbe colpito Hollywood («Un coniglio vestito da donna, disturba», «Se un coniglio con il rossetto non ti fa ridere, tu ed io non abbiamo altro da dirci»), anche se il film si mette in modo davvero quando papà Drake affida al figlio il compito di trovare l’oggetto MacGuffin di turno, un diamante chiamato scimmia blu, in grado di far aumentare il numero di SIMMIE nel film, per somma gioia dello scimmiologo in me.

Una scimmia cappuccina, no sul serio, come fate a non voler bene a questo film?

Quando i protagonisti si mettono in viaggio partendo in auto, il leggendario compositore Jerry Goldsmith, autore di una colonna sonora giocosa e lei stessa piena di citazioni (quando salgono in auto Goldmsmith accenna il tema di Gremlins e omaggio Bernard Herrmann, quando Dante si diverte a rifare la scena della doccia di Psycho) che accompagna molto bene un film che procede per accumulo di situazioni, tutte molto “Looney” e dove Dante fa una scelta che nel 2003 non è stata capita, ma è coerentissima con il suo cinema, ovvero nel suo essere così innamorato del formato dei cartoni animati, il regista del New Jersey chiede agli attori di recitare come cartoni, che se ci pensate è un po’ l’esatto opposto rispetto a quello che faceva Zemeckis, ma è molto coerente con la filmografia di Dante.

Il capo della ACME e il loro miglior cliente finalmente si incontrano.

Ecco perché Steve Martin ci regala un Mr. Chairman, il presidente della ACME, che è più cartonesco di molti degli altri personaggi, un malvagio fiero di esserlo che per aumentare la produttività, preferisce far cucire i palloni ai bambini di sei anni, che con le loro manine lo fanno meglio rispetto a quelli di nove. Allo stesso modo, risultano dei cartoni animati umanoidi anche gli assurdi vicepresidenti della ACME (non tanto diversi da quelli della Warner, continuano le stilettate), tra cui spiccano quello adibito alle domande retoriche interpretato dall’altro pretoriano di Dante, ovvero Robert Picardo. In un’operazione del genere è normale che il vicepresidente Ron Pearlman venga divorato dal diavolo della Tazmania, trasformandosi in uno spolpato scheletrino, capito il gioco no?

Le facce giuste, gli uomini di fiducia di Dante.

Ed è un gioco divertentissimo perché nella scena a Las Vegas diventa una corsa sfrenata con tanto di gara di auto sulla “strip” («Propongo un sondaggio, quelli favorevoli a non schiantarsi contro quel muro dicano ah», «Aaaaahhhhhh!») oppure un’apparizione dell’ultra conservata Heather Locklear. Salvo poi cambiare scenario e arrivare fino alla giungla, con apparizioni lampo di Titti, Silvestro, Michael Jordan e strizzate d’occhio a Guerre Stellari.

«Fateci scendere da questa Bara Volante!»

Uno dei miei momenti preferiti resta quando, tra una pubblicità semi occulta a Wall-Mart («Il pubblico se lo aspetta, ormai non se ne accorge neanche») i protagonisti volano fino da Mamma, la versione locale di Q di 007, impersonata da una Joan Cusack che quando si tratta di trasformarsi in un cartone animato vivente non è seconda a nessuno.

Joan cambia l’olio a Robby il robot (Rob, spera non sia una robo-supposta)

Nell’area 52, costruita contando sul fatto che tutti fossero distratti dall’area 51, Dante si diverte ad omaggiare i classici della fantascienza, infatti oltre ai Dalek e al robot di “Il pianeta proibito” (1956) ci sono una serie di citazioni semoventi che contribuiscono ad abbattere la parete che separa cartoni animati e attori in carne e ossa, infatti in un momento volutamente in bianco e nero, Dante convince Kevin McCarthy a tornare ad indossare i panni del dottor Bennell in una breve apparizione che omaggia L’invasione degli ultra corpi. No sul serio, ma come si fa a non amare “Looney Tunes – Back in Action”?

L’amore di Joe Dante per i classici scalda il cuore.

Dove quella parete non viene abbattuta ma del tutto infranta è sicuramente nella sequenza ambientata tra i corridoi del Louvre a Parigi, dove prima Dante si prende gioco di come gli americani nei film raffigurano i francesi, facendo vestire la sua banda di protagonisti da stereotipi parigini, per poi mandare in scena un momento molto “Looney”, in cui vengono esposte anche le tecniche pittoriche («Se uno va al cinema è giusto che impari qualcosa») in quella che è una presa di posizione piuttosto chiara: fin dagli esordi Dante ha sempre utilizzato il linguaggio dei cartoni animati al cinema, quella scena è doppiamente bella perché non solo lo mette in chiaro, ma idealmente è come se ci stesse dicendo che anche i cartoni animato sono arte e per citare Indiana Jones, dovrebbero stare in un museo. Ma d’altra parte di cosa stiamo parlando? Joe Dante gente, uno che in carriera non ha sbagliato un colpo e a cui Padre Tempo non sta facendo altro che dare ragione.

«Ehm Cassidy, non so se lo hai notato, ma siamo in un museo»

Procedendo di gag in gag, il film ha in finale bello ritmato che porta i Looney Tunes nello spazio, anche se mi va di concludere come ho cominciato, con Brendan Fraser, perché come detto il momento è qui ed ora, quindi nel 2003 Dante ha scelto lui per via dei suoi trascorsi cinematografici, che lo rendevano già perfetto per il ruolo visto che è sempre stato una sorta di cartone animato umanoide nei suoi film. Ma Fraser accettò di buon grado anche perché la trama gli offriva la possibilità di sfottere l’immagine da divo in cui si sentiva intrappolato.

«Atteggiati pure, ma non sei tu quello che ha vinto un Oscar»

Non è un caso se nel film DJ (quindi Brendan Fraser) parli male di quando ha fatto la controfigura per Brendan Fraser e in una recente intervista, l’attore ha confermato quando è stato catartico per lui potersi idealmente prendere a pugni da solo. Quindi ribadisco per l’ennesima volta, se non inizia ora la rivalutazione di “Looney Tunes: Back in Action” credo che non comincerà mai più, quindi io il mio dovere l’ho fatto, andate a rivedervelo con cognizione di causa e poi ringraziate, perché viviamo sullo stesso pianeta di quel genietto di Joe Dante.

That’s all folks!

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