Questa era facile da intuire, così facile che persino uno come me, storicamente incapace di fare una previsione decente, era riuscito ad arrivarci. La nuova tendenza al cinema sono le biografie dedicate ai musicisti, Bohemian Rhapsody ha spalancato un portone, ero convinto che il prossimo titolo grosso sarebbe stato “Rocketman”, dedicato alla vita di Elton John, e invece? Mi sono ritrovato casa piena di metallari Norvegesi.
Mi dovete scusare, spesso sono davvero fuori dal mondo, e di questo film che originariamente avrebbe dovuto essere diretto da Sion Sono attorno al 2010, non sapevo molto. Anche perché sono un vecchio Metallaro ma non ho mai avuto una passione per il Black Metal, ma per non conoscere le vicende dei Mayhem e di Burzum bisognerebbe essere stati su Marte negli ultimi trent’anni, visto che hanno incendiato la Norvegia, anche se mi rendo conto che forse avrei dovuto selezionare meglio le parole.
Liberamente tratto dal romanzo investigativo “Lords of chaos. La storia insanguinata del metal satanico” del 1998 di Michael Moynihan e Didrik Søderlind, questo film è finito nella mani di uno che con la materia, dovrebbe sentirsi a suo agio, si perché Jonas Åkerlund è stato per un anno il batterista dei Bathory, prima di esordire alla regia.
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Un metallaro, per dirigere un film sui metallari. A volte la vita è semplice no? |
Per lui qualche film, tipo “Spun” del 2002, ma soprattutto parecchi video musicali per qualunque artista, sul serio tutti, a partire dallo storico e chiacchieratissimo “Smack my bitch up” dei Prodigy, che nel 1997 oltre a diventare uno dei video più controversi di sempre, ha anticipato un decennio di film con telecamera a mano traballante, quasi un antesignano del “Found footage”. Ma Åkerlund ha diretto dei video anche per i Metallica, Ozzy, Madonna, Jamiroquai e Lady Gaga, provate a dare un’occhiata alla lista dei suoi lavori, facile che ci troverete dentro alcuni dei vostri video musicali preferiti.
A ben guardarlo Jonas Åkerlund è uno che avrebbe i trascorsi giusti per portare in scena “Lords of Chaos”, oppure potrebbe tranquillamente essere considerato un “Poser”, per usare la terminologia adatta, beccandosi gli insulti dei parenti delle persone citate nel suo film, ma anche di quel mattacchione di Varg Vikernes, che infatti la cosa più gentile che ha fatto, è stata quella di discostarsi dalla pellicola, lasciando che i suoi appassionati facessero il resto, tipo devastare il regista e il suo film su Internet, come è puntualmente successo (storia vera), e poi ditemi che certi atteggiamenti in rete non sono roba da neonazisti.
Il film si concentra sul chitarrista Euronymous (Rory Culkin, si proprio il fratellino di Macaulay, quello di “Mamma, ho perso l’aereo”) e del suo gruppo i Mayhem, mettiamola così, Freddie Mercury e compagni sono un pelo più popolari al grande pubblico, rispetto a questa banda di Norvegesi, ma se un paio di litigate all’acqua di rose tra Mercury e Brian May hanno appassionato il mondo, qui siamo proprio su un altro pianeta. Sono eventi documentati che chi conosce la storia del gruppo già conosce, ma per chi si avvicinerà ai fatti solo attraverso il film potrebbero suonare come degli “Spoiler”, parliamo di chiese bruciate, componenti della band che si suicidano, parti di cranio asportate (e forse anche assaporate) da usare come collanine per il gruppo, chiese bruciate, omicidi nei parchi, chiese bruciate, altri omicidi tra “amici” e… Vi ho già parlato delle chiese date alle fiamme?
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«Fuoco e fiamme! Fuoco e fiamme!» (Cit.) |
Ma fin dal primo minuto Åkerlun si gioca una mossa abbastanza paracula, ovvero iniziare il film con la scritta «Based on True… Lies. And what actually happened». Quasi una dichiarazione d’intenti, raccontare gli eventi più eclatanti, barricandosi dietro ai fatti comprovabili, e per farlo il regista sceglie un tono che potrebbe far incazzare un sacco di appassionati di Black Metal, che però, almeno nella parte iniziale della pellicola, paga i suoi dividenti bisogna dirlo.
“Lords of Chaos” è una biografia che sembra quasi una commedia con un senso dell’umorismo particolarmente macabro, ed un certo gusto per il sangue, vedere gli sforzi per sfondare di Euronymous e del suo cantante, uno svedese con crisi depressive che si fa chiamare Dead (ed è interpretato dal figlio di Val Kilmer, Jack) dare – letteralmente – il sangue sul palco, fa quasi pensare ad una versione Black Metal di “This is Spinal Tap” (1984), che per qualche oscura ragione funziona tenendo il ritmo alto, anche quanto realizzi di essere davanti alla biopic con più alto numero di teste di maiale mozzate, gatti uccisi malamente e cadaveri di piccoli animali conservati in un sacchetto per essere sniffati.
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Visti così sembrano Wayne e Garth versione 2.0. |
Ma è con l’arrivo di Kristian Varg (Emory Cohen) che la storia svolta, e “Lords of Chaos” si assesta su una parte centrale dove il ritmo cala vistosamente, ma la curiosità per gli eventi non molla un millimetro, anche se le dinamiche tra i personaggi sfociano nel già visto. Basta vedere entrare Varg in scena, con la sua toppa degli Scorpions sul giubbotto, per capire che si tratta del classico allievo destinato a diventare più cattivo del suo maestro, e in questo senso “Lords of Chaos” si gioca la carta Hollywoodiana di appiattire i personaggi togliendo loro molte delle controversie, se non relegandoli proprio sul fondo della trama.
Parliamo di protagonisti che bruciano chiese, strappano Bibbie e forse praticano anche il cannibalismo, la sfida per un regista, sarebbe farti patteggiare per loro, anzi, il cinema questo dovrebbe fare, non moralizzare mai, e di certo non lasciare che il pubblico pensi: «Sono tutti dei drogati, con i capelli lunghi, che si vestono di nero puah!»
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Questa gente che si veste di nero, dove andremo a finire signora mia! |
Certo Jonas Åkerlund ha un gusto per il sangue notevole, basta dire che in questo film nessuno muore al primo colpo, ci vanno dalle otto alle ventidue coltellate prima di vedere qualcuno lasciarci le penne, un esempio? Un personaggio in particolare, prima pensa di tagliarsi le vene, dal polso al gomito su entrambe le braccia, poi non pago si taglia la gola, e tutto sgocciolante scrive la classica lettera del suicida (scusandomi per le macchie di sangue), poi infine si spara in testa, e solo a quel punto decide che può essere finalmente morto e contento.
Tutto questo fa di “Lords of Chaos” un Bohemian Rhapsody con particolare attenzione riguardo alla parte dedicata a Belzebù, perché purtroppo molti dei personaggi diventano delle macchiette senza troppo spessore. Varg è cattivo per il gusto di esserlo, Euronymous un buono intrappolato nel suo personaggio, la cui posa da duro gli impedisce di piangere la morte dell’amico (in questo senso, il sogno girato come un videoclip, oppure la scena del taglio dei capelli, sono simbolismi davvero da poco). Quello che mi ha lasciato con più domande di tutti è Faust (Valter Skarsgård) perché uccide un uomo in un parco? Pure e semplice cattiveria anche lui? Una gara a chi la combinava più grossa e satanica? Non è chiaro.
Il registro scelto da Jonas Åkerlund alla fine è quello della biopic classica, se non fosse per tutto il sangue, il pubblico di riferimento potrebbero anche essere le casalinghe di Voghera, se mai dimostrassero un interesse per il Black Metal. Molte delle controversie restano un po’ sul fondo di una storia in cui i personaggi, si comportano così per quale ragione esattamente? Perché sono dei metallari di merda che fanno cose da metallari di merda? Da uno con i trascorsi di Jonas Åkerlund era legittimo aspettarsi più approfondimento per l’argomento.
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Viene fuori del buonismo, una ventata di ottimismo, W W il black metal all’incontràr (Cit.) |
Si perché questa biopic, con il suo accumulare scene violente, sembra proprio un Metallaro che si diverte a sconvolgere il suo pubblico, ma poi a ben guardarlo non fa così paura, perché in certi passaggi – specialmente nei dialoghi – i personaggi emergono come dei ragazzi giovani, alle prese con qualcosa di più grande di loro, nella scena in cui Varg rilascia un’intervista per accaparrarsi i meriti, dimostra davvero tutta la sua giovane età.
Sto continuando a fare paragoni con Bohemian Rhapsody, anche perché gli appassionati di Black Metal potranno divertirsi ad elencare tutti gli errori presenti nel film, anche se Åkerlund si è molto impegnato a ricreare le foto (una in particolare…) che i Metallari per anni ed anni hanno studiato nei dettagli, ma se non fosse per il contenuto e il tasso di emoglobina, “Lords of Chaos” è una biopic molto classica nella struttura, che si ferma lasciando fuori dalla storia molte delle conseguenze degli eventi narranti, che sono così tante da poter garantire almeno un altro film.
Il rischio con un film così è che venga bollato come un “Poser” che si atteggia, perché purtroppo a venir meno è proprio la musica Black Metal, che qui passa in secondo piano, se non addirittura ignorata. In un periodo in cui il metal era arrivato a tutti con canzoni molto popolari (ogni riferimento a fatti, cose, persone o “Nothing else matters” dei Metallica è puramente voluto), questi lassù in Norvegia, hanno inventato un sottogenere in seno al genere, ancora più estremo e pazzo, una questione che passa purtroppo quasi tutta in secondo piano.
Chi invece ne esce bene è sicuramente Rory Culkin, malgrado l’impressionante somiglianza con il fratello, che in più di un momento è un fattore difficile da ignorare, il ragazzo se la cava molto bene, alla fine questi ruoli da sociopatico gli vengono piuttosto bene e il film funziona anche grazie alla sua prestazione.
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«Ti darò in pasto alla mia tarantola!» (Cit.) |
Si perché malgrado tutti i tentativi di apparire più brutto, sporco e cattivo di quello che è “Lords of Chaos” si lascia seguire grazie alla sua storia, i difetti si notato tutti, ma proprio tutti, ma nel suo modo bislacco e inserendo dell’umorismo nero dove non ti aspetteresti mai di trovarlo, riesce comunque a farti venire voglia di arrivare fino alla fine. Certo, escludo che nei cinema ne faranno mai una versione Karaoke, ma non si può mai sapere no?