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L’ultimo Boy Scout (1991): viva la Giga (che Dio la benedica)

Noi boy scout abbiamo una filosofia semplice: il cielo è azzurro, l’acqua è bagnata, i predatori sono sempre in agguato e sempre più forti. Il nostro motto è “Sii sempre pronto”, anche perché ogni momento è buono per veder tornare la rubrica… Back in Black!

1991, Marzo per la precisione. L’ego di Bruce Willis viene preso a schiaffi al botteghino, il film che il divo sognava da una vita Hudson Hawk porta a casa due spicci, ci vuole subito un filmone per rimettere in carreggiata la carriera di Willis dopo questa sbandata. Facendo valere la sua amicizia con il leggendario produttore Joel Silver si mette subito all’opera, missione: Sopravvivere uscire con un film poco prima di Natale. Natale, tenete a mente questo dettaglio ed ora facciamo entrare un altro peso massimo in questa storia… lo Scott giusto!

Tony Scott, arriva dalla pubblicità, come suo fratello maggiore Ridley. Ha fatto parecchie film, sempre come suo fratello, solo che i suoi vengono ricordati giusto perché molto patinati e, malgrado Tony dimostri di essere un virtuoso capace di usare nove macchine da presa per dirigere una sola scena (storia vera), continuano tutti a trattarlo come lo scemo della famiglia, me lo immagino durante il pranzo di Natale: «Tony hai diretto qualche capolavoro come tuo fratello? Perché lui ne ha già fatti almeno due». Tony mastica il sigaro (e la bile), non è mica giusto che tutti si ricordino di lui solo per film omoerotici con partite di Beach Volley. Quando suona il telefono e Joel Silver gli offre un lavoro Tony accetta. Il destino non è stato tenero con lui (ciao Tony, mi mancano i tuoi film), ma il tempo ha dimostrato che lo scemo della cucciolata alla fine era Ridley.

Quello figo della famiglia Scott, e provatemi a dire che non è così!

Poco tempo, l’unico obbiettivo di fare un film che non sia meno che meraviglioso per spaccare i botteghini, per di più in uscita a Natale, Silver conosce l’uomo giusto, lo stesso che con ancora meno tempo prima della scadenza ha rivoluzionato per sempre il genere Buddy Cop, con quella pietra miliare di Arma Letale, scritto alla tenera età di anni: ventisei. Due, sei. Non mi capaciterò mai di questa dettaglio.

Un colpo di fortuna può capitare a tutti, no? Quante volte può capitare nella vita della stessa persona, di poter ridefinire i canoni di un genere? Una volta va bene, ma due, è impossibile. Inoltre, dopo aver firmato Arma Letale 2, Shane Black da due anni non scrive più, una lunga pausa dopo una storia d’amore finita male (storia vera). Ma è il 1991, alla faccia dei due anni di fermo, Shane Black scrive un capolavoro con cui ridefinisce il genere imponendo a tutti un nuovo standard di eccellenza. Di nuovo! Per farlo si becca anche 1.75 milioni di ex presidenti defunti stampati su carta verde (record di stipendio per una sceneggiatore che verrà battuto solo da Joe Eszterhas per Basic Instinct), il tutto alla tenera età di anni: trenta. Tre, zero… minchia. Il film è “The Last Boy Scout” ed ora vi faccio una domanda: il logo dei Classidy lo volete in alto o in basso?

Se avete visto “L’ultimo Boy Scout”, sicuramente lo amate, se dagli anni ’90 vivete in una pagoda sulla Luna e non lo avete mai visto, probabilmente diventerà il vostro film preferito. Dico sempre che ci sono poche pellicole che ritengo perfette, quelle in cui tutto è impeccabile, di solito le riconosco perché appena arrivo ai titoli di coda, ho voglia di ricominciare il film da capo, una volta riavvolgevo la VHS, oggi basta premere “Play”, mi capita con Raiders, con Terminator e con “The Last Boy Scout”. Tutto è così perfetto che potreste stupirvi a scoprire quanto segue.

Il grande Michael Kamen, compositore della rocciosa colonna sonora, ha odiato il film finito. Bruce Willis e Damon Wayans hanno una gran chimica, dettata forse dal fatto che sul set non si sopportavano sul serio, roba che dopo lo “Stop” di Tony Scott andavano uno da una parte e l’altro dall’altra (storia vera). Inoltre, Joel Silver e lo stesso Bruce si sono messi di loro pugno a modificare quasi tutto il terzo atto del film che nella sceneggiatura di Black era completamente diverso, Milo (Taylor Negron) aveva più spazio per dimostrarsi un cattivo viscidissimo e il colpo di grazia a Marcone lo sparava Sarah Hallenbeck (Chelsea Field).

Intervistati in occasioni separate, sia Tony Scott che Shane Black hanno dichiarato che la sceneggiatura originale era molto meglio di così (storia vera). No, aspetta aspetta, Time out Cassidy! Ma come meglio di così? Come faceva ad essere meglio di così?!

«Secondo te era davvero meglio Tombolino?» , «Non lo so, e comunque toglimi la mano dal cu…»

Cosa vi dico sempre sui primi cinque minuti di un film? Ecco, quelli di “The Last Boy Scout” ti incollano allo schermo tipo carta moschicida: fine del primo tempo tra Cleveland Cats e Los Angeles Stallion, il punteggio è 17 a 10, la stella degli Stallion, il runnerback Billy Cole stasera non gira, il proprietario della squadra Shelly Marcone (Noble Willingham) ostenta sicurezza mentre piove a dirotto, piove così tanto che pare di vedere Tony Scott che pensando al fratello dice: «Blade Runner? Suuuuuuuuca!»

Billy Cole (l’attore e marzialista Billy Blanks) riceve una chiamata negli spogliatoi, dev’essere meta o morte, scatta, evita il primo difensore, poi tira fuori una pistola e si mette a gambizzare la difesa avversaria. Arriva in meta, si toglie il casco, si punta l’arma alla testa: «La vita è una merda» BANG! Volete sentirmi urlare? Mettetemi davanti a questo inizio. Oppure provate con un po’ di musica Rap.

Siamo già nel mito. Ed è solo la prima scena del film!

Già lo sapete, ve l’ho raccontato, da bambino guardavo la saga di Die Hard senza soluzione di continuità, “L’ultimo Boy Scout” lo scopro in tv, lo registro e consumo la VHS, costringo tutti a vederlo più e più volte, persino i miei amici per assecondarmi ormai lo conoscono a memoria. Qualche anno dopo scopro i romanzi di Hammett e di Chandler e finalmente capisco.

Con questo film Shane Black dice la sua portando nuova linfa al genere Hardboiled, l’investigatore non si chiama Philip Marlowe, ma Joe Hallenbeck, l’ambientazione non è notturna e piovosa, ma è il sole della California degli anni ’90, dentro c’è un’altra coppia agli antipodi, uno bianco e uno nero proprio come in Arma Letale e l’indagine prevede scommesse sul Football e spogliarelliste ballerine esotice uccise malamente, ma il modello è lo stesso.

«Joe dici che siamo troppo vecchi per queste stronzate?» , «Dovremmo prima arrivare vivi ad essere vecchi»

Joe Hallenbeck diventa il MIO prototipo di investigatore in stile Hammett e Chandler, Bruce Willis che sognava di essere ricordato come una specie di Frank Sinatra 2.0, con questo personaggio scolpisce per sempre nella storia del cinema il suo ruolo da moderno Robert Mitchum con sigaretta appesa alla bocca («Sono buone le mie sigarette») o di Humphrey Bogart, ma con molta più faccia da schiaffi e parolacce.

Joe Hallenbeck che si sveglia con il dopo sbronza e una pantegana («Ho avuto un flirt con un topo, non ricordo i dettagli») colpisce il mio immaginario di adolescenza scazzato in mezzo agli occhi, ancora oggi il suo monologo motivazione allo specchietto retrovisore: «Non piaci a nessuno, sei antipatico a tutti. Sei un fallito. Fai un bel sorriso stronzo» è l’apice cinematografico del grattare il fondo. Ma poco dopo la giornata di Joe peggiora, quando scopre che il nasone di MacGyver («Dovresti dare via il naso, avresti tutto da guadagnare») si orizzontalizza sua moglie. Io non ti odio Joe sei tu che ti odi. E devo convivere con me stesso ventiquattro ore su vent… Ok, dai basta la smetto!

Una faccia da schiaffi appesa ad una sigaretta.

Bruce Willis qui è più stropicciato che mai, siccome guardavo i primi Die Hard, alternati a questo film, inizio a pensare che John McClane quando non sventa un attentato terroristico, torna a casa per litigare con la moglie e lanciare confezioni di gelato al cioccolato nelle siepe di casa, tra gli insulti di una figlia con il suo stesso adorabile carattere, però truccata con la pistola a spruzzo («…sembra un panda»). Per altro, considerando che la figlia di Hallenbeck è la versione tredicenne di Danielle Harris, il me stesso quattordicenne di allora avrebbe voluto essere parte della profezia di papà Joe.

«Cassidy? Ma che schifo! Premi il grilletto subito grazie!»
Nella mia testa “The Last Boy Scout” è il vero “Die Hard 4”, al costo di dire un’eresia, Bruce Willis qui forse recita ancora meglio, magari anche perché i dialoghi di questo film sono meravigliosi. Il film ha un ritmo impeccabile e il numero di scambi di battute e “Frasi maschie” è talmente alto che se per caso ti scappa uno starnuto, ti perdi due battute mitiche. Se poi fai l’errore madornale di sgominare il vicino per sottolineare quanto sia geniale una determinata frase, ciao, sei già rimasto indietro di altre quattro battute da applausi. Sapete qual’è la vera sfida nel cercare di scrivere qualcosa di sensato su “L’ultimo Boy Scout – Missione: Sopravvivere” (sottotitolo italico superfluo, ma figo)? Non trasformare il pezzo in una mera trascrizione delle frasi migliore. Che poi vorrebbe dire dover riscrivere TUTTO il film, se per caso dovessi riuscirci, giuro che mi metto a ballare la Giga!
No ma guardatelo, non è il titolo più figo del mondo?

Il cinema è pieno di coppie male assortite insieme per forza, “The Last Boy Scout” da questo punto di vista gioca in un’altra categoria, Bruce nel suo essere stropicciato è tirato come una lippa e non sbaglia un colpo, ma la vera cartina al tornasole della bontà della sceneggiatura di Black è Damon Wayans. Lo dico fuori dai denti: quando sento parlare dei Fratelli Wayans mi viene l’orticaria, non tanto per i vari “Scary Movie”, quando per il tremendo “White Chicks” (2004), perché io costringevo i miei amici a guardare “L’ultimo Boy Scout” e loro rispondevano con “White Chicks” (storia vera) che, a suo modo, è un film di polizotti, ma anche una forma di tortura.

Damon Wayans, lo guardi qui e ti chiedi come mai non sia diventato il nuovo Denzel Washington, poi realizzi che quello è Damon Wayans, Damon “Tutto in famiglia” Wayans! Eppure, con i dialoghi di Shane Black pure lui sembra un attore. Il suo Jimmy Dix cambia più camice che durante la settimana della moda di Milano, anche se sono una più inguardabile dell’altra, persino i suoi pantaloni di pelle da 600 Dollari («… sei e cinquanta») diventano oggetto di culto, come ogni altro dettaglio di questo film, un esempio? Halle Berry qui era ad uno dei suoi primi film, talmente esordiente che sfoggiava naso e carrozzeria originali (prima delle messe a punto dal chirurgo) e dopo essere stata Cory qui (mi risuona in testa Jimmy che urla «Coooooooooory») non si è più guardata indietro diventando una celebrità. Shane Black meglio di Re Mida, anzi Mida, levati, ma levati proprio.

La versione 1.0 di Halle Berry, che comunque già così, malissimo non era per niente.

Jimmy ha un numero ragguardevole di battute sufficienti da farcelo stare subito simpatico anche se di adorabile come personaggio non ha nulla, tutto i suoi brindisi e il suo piangersi addosso per il figlio Alex («Ad Alex, l’avvocato», «Il tuo avvocato si chiama Alex?») si traduce nella scenata in bagno quando Hallenbeck lo becca con la droga e a quell’unica singola lacrima testosteronica che gli riga il volto che da sola si fa perdonare tutta la filmografia dei suoi fratelli.

Per risultare un ex quarterback caduto in disgrazia credibile, Damon Wayans si è allenato con veri giocatori della NFL, anche se lui è un gran appassionato di basket, basta dire che in “Tutto in famiglia” ogni due per tre stava a parlare di Michael Jordan e state certi che non era un’idolatria di facciata, anche per questo “The Last Boy Scout” sul me stesso adolescente di allora, aveva una presa unica.

Una fantasia adolescenziale, stropicciata, incazzata e scritta da Shane Black. Brutto?

Tu stai lì a sentire i battibecchi tra Joe e Jimmy e sembra chiaro che il primo mal sopporti il secondo per come si comporta, per quello che rappresenta, persino per come si veste, poi per bocca di Darian, Shane Black butta nel mucchio la rivelazione che cambia lo scenario. La ragazzina rivela che Jimmy era l’eroe di suo padre, ha smesso di guardare il football quando lui ha smesso («E lui li picchia tutti i suoi eroi?»), per poi firmargli la figurina giustificando il (ammettiamolo, geniale!) titolo del film. Per un ragazzino come me, cresciuto nel mito di Michael Jordan, il film faceva leva su due idee chiave, ma opposte: poter un giorno interagire con il tuo eroe, ma scoprire che potrebbe essere uno stronzo. Magari questo non ti trasforma in un cinico alla Joe Hallenbeck, ma è un buon passo in quella direzione.

Il concetto stesso di essere “l’ultimo Boy Scout”, messo addosso a due protagonisti così, stona, ma funziona, come l’idea stessa che anche questo film è ambientato sotto Natale (come TUTTI quelli scritti da Shane Black). A ben guardarli, Joe e Jimmy avrebbero tutte le ragioni per fregarsene dei magheggi di Shelly Marcone, invece gli danno addosso come due mastini perché mossi da un senso della giustizia anche fuori luogo, ma incrollabile, un voto di vita, proprio da Boy Scout, insomma.

Continuità nel cinema di Shane Black: Piscine in cui cadono cose ed auto parcheggiate in posti strani.

Sono due rottami, perché uno è un ex stella dello sport che si è bruciato con la droga, l’altro un catorcio umanoide, eppure vendono cara la pelle, abbracciando i canoni del Buddy Cop, ma riscrivendone anche di nuovi, ad esempio, quanti film avete visto in cui il protagonista minaccia qualcosa tipo, «Toccami ancora e ti ammazzo», ecco Joe Hallenbeck è l’unico che fa seguire alle parole i fatti!

Il fumo uccide te e chi ti sta intorno. Ma prima (e peggio) chi ti sta intorno.

In tutto questo Tony Scott è perfetto, la sceneggiatura è una polveriera pronta ad esplodere, quindi non ha nemmeno bisogno di esagerare come suo solito, però beccami gallina se regia e montaggio non tengono il passo di quei dialoghi sparati a mitraglietta, in cui impari che “BOM” vuol dire vaffanculo in Polacco e che il secondo nome di Hallenbeck è Cornelio, ma se lo dici in giro ti ammazzo.

Poi dicono che guardando film non si impara niente, tzè!

Il risultato finale è un film impeccabile sotto tutti i punti di vista, in cui non si nota minimamente che tutti quelli che ci hanno preso parte, per una ragione o per l’altra erano incazzati con i propri colleghi, una pellicola perfetta con un ritmo indiavolato, in cui dovete solo scegliere qual è il vostro scambio di battute preferito, tanto non ci riuscirete mai, quindi vale la pena goderseli tutti e impararli a memoria. Il mio personale metro di paragone per distinguere quanto un film abbia fatto presa su di me, è proprio questo: il numero di battute che mi ritrovo a citare (più o meno volontariamente) durante la vita di tutti i giorni. “The Last Boy Scout” da questo punto di vista gioca in un’altra classifica, ogni volta che qualche politico che mi sta poco simpatico, mi sorride dal cartellone elettorale, finisco per dire: «Tanto non ho votato per te stronzo» (storia vera) e questo solo per citare UNA frase del film, c’è ne sono altre 857 fighe come questa.

Insomma, “L’ultimo Boy Scout” è un film perfetto, sulla mia scala digitale gli darei un tre (sapete come continua la frase…), il miglior Bruce Willis di sempre? Il miglior Tony Scott di sempre? Forse anche il miglior Shane Black di sempre? Non so lo, direi che questi tre sono la migliore combinazione capiatata al cinema da tanto tempo a questa parte.

«Sei alla fine del post Cass, mi sa che ora ti tocca ballare sul serio»

Clamoroso che alla sua uscita sia stato un flop al botteghino, perché considerato eccessivamente violento, ma che si sia comunque costruito la sua (sacrosanta) gloria grazie all’home video. Ora, fatemi rivolgere direttamente al pubblico del 1991, amici degli anni ’90! Quanto tempo che non ci vediamo, poco meno di trent’anni, fatemi capire una cosa: nelle stesso anno avete avuto DUE film di alto profilo con protagonista Bruce Willis, uno è andato male perché era troppo comico e non abbastanza violento, l’altra, invece, troppo violento e poco comico. Vi volete decidere una buona volta? Capisco che negli anni ’90 eravate tutti impegnati ad usare frasi ad effetto prima di dare pugni alla gente, ma ringraziate che ora Joe non può darmi un passaggio in auto, altrimenti veloce come guida lui, tornerei volentieri indietro nel tempo a spiegarvi un paio di cosette. Con questo capolavoro ho finito, ora se volete scusarmi, per i prossimi minuti mi trovate qui. A ballare la Giga.

«Per essere un ballerino, lo fa bene il detective blogger»

Quello che non può mancare a questo punto è il consueto schemino della “Scottitudine”. Ma non perdetevi la locandina d’epoca del film sulle pagine di IPMP!

L’ultimo Boy Scout (1991), se lo avesse diretto Ridley?
Tutti lo riconoscerebbero per quello che è davvero: Il più bel film della storia del Cinema. Ma lo ha diretto Tony no? Quindi bisogna minimizzare, ridurlo al solito film d’azione, al massimo riconoscere che ha un buon ritmo e dei dialoghi simpatici, quando invece è il più bel film della storia del Cinema!

Nel paragone diretto, resta comunque molto meglio di: Blade Runner (1982)
Sono stati entrambi due flop all’uscita, giusto? Sono due film giganteschi, corretto? Hanno entrambi una scena drammatica sotto la pioggia, no? Solo che questo a parità di aspettative per la sua fama, conquista tutti fin dalla prima visione, non si può dire lo stesso del suo celebre collega.

Risultato parziale dopo il sesto Round:
I cattivi sono sempre più forti e più cattivi, e i boy scout sono sempre di meno. Per questo bisogna fare il tifo per Tony, lo Scott giusto!

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