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L’uomo invisibile (1933): novant’anni da classico intramontabile (anche se invisibile)

Cosa ci volete fare? Sono un ragazzo cresciuto con i classici, tutto merito di mia nonna, per lei tutto quello che passava su Rete 4 poteva andare bene anche per me, da “Le strade di San Francisco”, ai film di zio Hitch fino ai classici della Universal. Storia vera e grazie nonna!

Malgrado qualche timida apparizione (ah-ah) nella filmografia di Méliès, il mito dell’invisibilità è stata un sogno proibito per tanti, magari per farne un uso tipo fumetto del Maestro Milo Manara, eppure prima di tutti, a creare quintali di iconografia e metterci in guardia sul fatto che essere invisibile potrebbe non essere tutto pesche e crema, ci ha pensato lo storico produttore Carl Laemmle Junior che ha continuato a cavalcare il successo dei mostri Universal, investendo sul romanzo scritto da H.G.Wells, colui che ha creato questo archetipo di “Mad Doctor” di nome Jack Griffin, alla ricerca di un’idea rivoluzionaria che potesse consacrare la sua fama a livello mondiale come il siero dell’invisibilità.

Mi piace il suo stile, bendato ma con la giacca da camera.

Iniziamo dalla parte facile, trattandosi di un film che compie i suoi primi novant’anni, dalla sua ha il tempo e altri vantaggi notevoli, come quello di essere stato valutato dal suo scrittore, lo stesso Wells ha lodato l’adattamento perché è oggettivo, si tratta di un film molto aderente al romanzo originale, anzi alcune invenzioni trovo che funzioni meglio nel film, ad esempio la follia del personaggio, per Wells già presente dal primo capitolo, invece enfatizzata dall’invisibilità nel film di James Whale, la scelta migliore possibile per la regia.

Reduce dal successo del suo Frankenstein, il regista si approccia subito nel modo giusto alla materia, devo essere onesto, non è il film di Whale che preferisco, secondo me con Franky il regista ha dato il suo meglio, ha potuto sviscerare di più la sua poetica e i temi che gli stavano a cuore, non serve lanciarsi in letture di secondo livello legate all’identità da mantenere invisibile e nascosta, Whale modificando pochissimo del romanzo di Wells ha creato un film iconico, un vero Classido!

La prima ottima scelta del regista è stata quella di mettere le corna per terra imponendosi, la Universal avrebbero voluto Boris Karloff, il regista invece ha pretese l’attore teatrale Claude Rains, che qui offre un Jack Griffin impeccabile, anche se ha dovuto sudarsi la parte faticando e soffrendo sul set. 

Le bende sul volto di Griffin, sono iconiche, il tentativo disperato del personaggio, che nel suo delirio prima è disposto a rinunciare alla sua immagine pur di assecondare il suo desiderio di potere e gloria, poi una volta diventato cavia del suo stesso esperimento, sarebbe pronto a tutto pur di continuare ad avere uno straccio (o una benda?) di immagine per passare ancora per umano, problema: Claude Rains era drammaticamente claustrofobico. 

Il pugnetto da super cattivo, come rendere espressivo un personaggio invisibile.

Per mantenere il mascheramento, il poveretto doveva respirare attraverso tubicini che correvano giù lungo i pantaloni del costume di scena (storia vera), quando Rains riemergeva dalle bende, aveva bisogno di diversi minuti di riposo per riprendersi, la sua prova deve averne giovato. 

Il film che inizia e termina con la simbolica neve, portatrice di morte e sventura, si trasforma in un abbozzo di “Body Horror”, quando il corpo del protagonista scompare, la sua mente va in pezzi, attraverso diverse fasi, alcune ironiche ben presenti nel personaggio fin dal romanzo, altre decisamente drammatiche, ma anche quando il personaggio usa i suoi poteri per spaventare le persone, risulta un’ironia amara, perché il personaggio è comunque piuttosto avanti nella sua trasformazione. Per altro resi alla grande dagli effetti speciali al tempo all’avanguardia firmati da John P. Fulton, lo stesso responsabile di un altro uomo della Universal, l’uomo lupo.

«Ah! Rido di voi risibili visibili!»

Il film di Whale è fondamentale, basta dire che è riuscito nell’impresa di definire l’iconografia di un personaggio, che in linea di massima sarebbe invisibile, forse anche più di quanto fatto dal romanzo di Wells, ancora oggi l’uomo invisibile di Whale lo ritroviamo quasi identico nei fumetti e oltre ad una serie di seguiti (più o meno ufficiali), è un archetipo narrativo che ancora oggi turba gli animi.

Dalla fonte di Whale si sono abbeverati in molti, da registi colti come Carpenter che hanno saputo enfatizzare l’umorismo già presente in questo classico, mettendoci in guardia sul fatto che essere invisibile, potrebbe non essere una pacchia, fino a Paul Verhoeven che invece ha puntato più sul “Mad Doctor” che perde il boccino, perché un potere infinito corrompe in modo infinito.

Seguiamo le orme di questo classi(d)o.

Volete qualche altro grande titolo figlio più o meno diretto di questa pietra miliare? Forse il suo parente più prossimo, passando per Vincent Price (che non a caso recitava in uno dei seguiti dell’uomo invisibile) è proprio il “Mad Doctor” Cronenberghiano de La Mosca, insomma per non essere nemmeno il più dove James Whale si è espresso di più nelle sue ossessioni, in linea di massima a livello di lascito bene no?

Alla sua uscita “The Invisible Man” fu un grosso successo al botteghino, proprio come il precedente Frankenstein, io lo vidi la prima volta durante una replica su Rete 4 complice il patrocinio della nonna, quindi per questo compleanno ringrazio lei e ovviamente la coppia W&W (Welles & Whale) per aver combinato per questo classi(d)o!

Sepolto in precedenza domenica 26 novembre 2023

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