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M3gan 2.0 (2025): quando provi a rifare James Cameron ma nell’era di TikTok

180 milioni di dollari sono stati incassati nell’anno 2023, quando le macchine lanciarono la loro offensiva, ricordata da tutti con il nome di M3gan. Ma gli umani sopravvissero solo per affrontare un nuovo incubo, il sentir parlare costantemente di intelligenza artificiale sui social-cosi e in tv, dove manca anche quella naturale. Nel tentativo di replicare l’incasso, Gerard Johnstone provò ad applicare la lezione di Cameron mandando la sua nuova ginoide malvagia contro quella già amata dal pubblico, si trattava solo di vedere quale delle due avrebbe trovato i gusti del pubblico per prima. Ca-ca-ca-cazzat! Ca-ca-ca-cazzat!

Film che fa soldi non si cambia, si moltiplica, M3gan di soldi ne ha fatti parecchi, perché tanto, come abbiamo visto anche ieri, i soldi al cinema si fanno con le grandi operazioni di marketing oppure, con quelle spalleggiate da Tik Tok. La ginoide Megan, resa graficamente anche M3gan (per avere il suo ashtag, anche noto come cancelletto, dedicato) di soldi ne ha fatti molti, il seguito era inevitabile e la storia, tiene conto di cosa accaduto nel primo film, il che è sempre un bene.

Niente, ormai Giasone e Pupazzo UAN con la parata di Cosplayer alla prima del film è una tradizione.

Questo secondo capitolo è ambientato alcuni anni dopo gli eventi del primo film, Gemma (Allison Williams) è diventata un’attivista contro l’intelligenza artificiale o meglio, a favore di un utilizzo etico dell’I.A. Sua nipote Cady ormai adolescente (Violet McGraw) è caratterizzata così: una ragazzina adolescente. Fine.

Lo spirito, il ghost fuori dallo shell, l’anima, o semplicemente la programmazione di M3gan è ancora disponibile, da qualche parte nel cloud o roba così, sta di fatto che a metterci sopra le zampacce è una compagnia interessata alle applicazioni militari, che risponde con AMELIA, una nuova ginoide che è la nuova minaccia, perché non si chiami AM3LIA (la voce in originale di Ivanna Sakhno) proprio non lo so, ma in fondo ne sono grato, una storpiatura grafica in meno da sopportare.

«Parla con la mia mano»

L’unico modo per fermarla è recuperare la coscienza sopravvissuta online di M3gan è combattere il fuoco con il fuoco, perché parafrasando John Spartan, ci vuole una ginoide per beccare una ginoide e anche se mi sono rivolto alla “concorrenza” di zio Sly, spero non vi sia sfuggito il punto, Gerard Johnstone si è abbeverato alla fonte di James Cameron, l’idea sulla carta è anche giusta, applica la regola aurea dei seguiti, uguale al primo ma di più, oppure, fai quello che ha fatto Jimmy.

Se per Aliens il canadese ormai neozelandese metteva su una lotta tra “leonesse” e spostava il genere da uno Slasher nello spazio ad un film d’azione con i Marines, Johnstone prova a fare la stessa cosa, ispirandosi apertamente anche a Terminator 2, questa volta la creatura artificiale che nel primo film era la minaccia, dopo essersi guadagnata i favori del pubblico nel mondo fuori della trama, torna per un ruolo da “buona”, tutto giusto, tutto bello, bravo Geraldo, non me la prenderò mai con qualcuno che si ispira a James Cameron, purtroppo “Megan 2.0” va fuori fuoco e nemmeno di poco. Anche se mantiene l’idea nella nuova versione della creatura sintetica, più avanzata rispetto a quella del primo film, come il T-1000 arrivato dopo il T-800, Amelia ha sembianze quasi totalmente umane, facendo sembrare Megan ancora di più uno di quelle bambole iper realistiche che di solito comprano in rete ricchi pervertiti solitari orientali, che se chiedete a me, dovrebbe essere la trama di “M3gan 3.0”.

«Adesso e il momento in cui devo ballare, o ballerò tra qualche minuto?»

Non posso dire di aver amato il primo capitolo, l’ennesimo film sul travestitismo prodotto da James Wan perché ormai, ho sposato l’analisi della filmografia di Pupazzo UAN fatta da Federico Sfascia, la follia, vera o presunta di M3gan non mi ha fatto urlare al miracolo ma era la sua cifra stilistica. Un film benedetto dai Social-Cosi, che genera un seguito soffocato dalle stesse brutte abitudini e appesantito dalla ricerca della comicità, cioè, voglio dire, il momento musical con Megan che inizia a cantare, volete dirmi che non sia stato pensato per provare a diventare virale?

Le battute sui robot famosi degli anni ’80 sono simpatichine, così come la “frase maschia” «Hold onto your vaginas» molto in linea con lo spirito del film, alcune parti del mio corpo, non vi descriverò quali ma leggete tra le righe, mi sono rotolate sotto le poltroncine del cinema quando ho assistito all’ennesimo inevitabile balletto, infilato a forza per generare un momento “Facce ride”, tutto pensato per replicare il contenuto “memetico” del film per provare ad ingraziarsi ancora una volta Tik Tok, ma “M3gan 2.0” è questo, un contenuto, infatti a tratti, sembra più penato per lo streaming che per il cinema.

Eh niente, questa roba ve la commentate voi, io inizio a sentirmi come Roger Murtaugh.

La durata è estenuante, non perché centoventi minuti siano un tempo folle, ormai sono la durata media di un film, ma risultano insopportabili perché azzoppano per sempre un film che in novanta minuti o forse anche qualcuno meno, se non altro avrebbe mantenuto un ritmo più alto, più in linea con la strana voglia di trasformare in un film d’azione questo seguito.

Invece? Spiegoni infiniti, ma anche lo spiegone dello spiegone, perché se le persone non riescono a restare concentrare più di un video di Tik Tok, bisogna assicurarsi di non perderli e quindi giù a spiegare, quando invece ci sarebbe da far menare le due bambole da combattimento e buttare in caciare la premessa scippata a Jimmy Cameron. Anche se fa piacere vedere un altro film in cui le scene di combattimento sono le più interessanti, con tanto di personaggi anche pochi avvezzi a calci e pugni che, complice un coreografo sul set e la tecnologia offerta dalla storia, finiscono a fare a botte.

In generale “Megan 2.0” è un film difettato che prova a tenere i piedi in troppe staffe, vorrebbe osare e passare dall’Horror con la bambola assassina ad una sorta di film d’azione, ma è bolso, pachidermico nella durata, ammazzato da spiegoni e personaggi scritti con il pennarellone a punta grossa, un’occasione persa per buttarla davvero in caciara, dimostrando che la follia e anche le scelte audaci e pazze, sono quelle che il genere Horror – a differenza di tutti gli altri – può ancora permettersi.

Detto questo, quando ormai saremmo arrivati a “M3gan 4.0” o giù di lì, se non di più, ricorderemo questo capitolo come quello che introduce la nemica mortale della titolare, insomma tutta roba che ribadisco, Don Mancini aveva già fatto diverso tempo fa, ma il pubblico dei Social-cosi a cui questo film fin troppo spesso ambisce non ha una memoria lunga, si fa bastare un balletto di venti secondi.

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