Continua la mia personale rincorsa in attesa del nuovo “Mad Max: Fury Road”, la scorsa settimana abbiamo parlato del primo film della serie, questa settimana ovviamente si parla del sequel, un film talmente grosso che merita una seconda introduzione, in arrivo tra poche righe.
La pallacanestro mi ha insegnato che i fondamentali individuali sono la base di tutto, la stessa cosa vale per il cinema, ci sono alcuni film talmente importanti, che è impossibile non averli visto un milione di volte. Pellicole che hanno saputo dare una spallata alla storia del cinema, facendogli cambiare (un pò) direzione. Non ho la pretesa di insegnare niente a nessuno, prendetelo solo con un sentito omaggio a tutti quei film che io personalmente considero dei veri e propri classici, quelli che per me sono dei classici, e in questo tali ho deciso di chiamarli: I CLASSIDY!
Un po’ alla volta ne arriveranno altri, tutti indicati da questo inquietante banner rosso qui sopra, per inaugurare questa rubrica, ho deciso di scegliere proprio “Road Warrior”. Buona lettura!
Cosa succede se fai un film con due lire e incassi cazzilioni di Cangur-Dollari trasformando il tuo anonimo protagonista in un Divo mondiale? Facile, fai il sequel…. Solo con molti più soldi! Il sequel di “Mad Max” (in uno strambo Paese a forma di scarpa “Interceptor”) si intitola “Mad Max: Road Warrior” (nello stesso strambo Paese a forma di scarpa di cui sopra “Interceptor – Il Guerriero della Strada”, per tutti i dettagli vi rimando QUI), con un budget 10 volte superiore a quello del primo film, ovvero circa 2 milioni di dollari Yankee (ora ci pagano sì e no il catering, un volta ci facevano i film), il film è stato per anni il più costoso della storia del Cinema australiano, cose che capitano se nel bel mezzo dell’Outback australiano, tiri su la raffineria che è al centro della storia, e poi… La fai esplodere sul serio!
Girato interamente a Broken Hill (Nuovo Galles del Sud) una location perfetta per rendere il deserto Post-Apocalittico. Giusto perché nel deserto non piove mai, le riprese del film tardarono di una settimana, causa pioggia battente, dopo 4 anni senza nemmeno una nuvola in cielo. Quando si dice la fortuna…
Con l’aumento del budget sono arrivate anche un paio di cose che hanno fatto lievitare il livello della qualità generale di questo sequel: molte più comparse, molte più auto e soprattutto… Dean Semler. Vi è piaciuta la fotografia di Balla coi Lupi, ringraziate Dean Semler. Nessuno lo accredita nemmeno come aiuto regista, ma se guardate il film, viene da pensare: “Col Cavoletto che qui non c’è il suo tocco!”. Due parole su Semler: a volte basta lui a fare un film, un giorno, sarebbe bello fare un post dal titolo “Fotografia che levati, in film di merda”, sono sicuro che il nome di Semler verrebbe fuori numerose volte.
Per concludere il discorso su Broken Hill, altri due titoli meritevoli sono stati girati (ed ambientati) qui, ovvero: “Razorback”, ma anche “Apocalypto”, il cui regista, guarda caso, è lo stesso che in questo film va in giro con la giacca di pelle e la V8.
La sceneggiatura di George Miller è uno di quei pochi casi in cui, chi non ha visto (o anche solo sentito parlare) del primo film, può comunque guastarsi il secondo, un altro titolo? Di getto direi solo “Evil Dead 2”. Ma di fatto questo secondo film è estremamente in continuità con il primo, la differenza principale è che grazie ad un budget maggiore, George Miller ha potuto spingere molto sulla parte “Futuro Post-Apocalittico”, cosa che nella prima pellicola non ho potuto fare più di tanto.
Se il film precedente mostrava una società marcia al limite dell’anarchia, “Mad Max 2” fa il passo successivo. L’Apocalisse si è già consumata, il mondo ancora florido del primo film è appassito in un deserto, in cui gli umani si aggirano come avvoltoi, cannibalizzando ciò che ne resta, la sopravvivenza è dettata da quante armi hai, ma soprattutto da quanto è potente il tuo mezzo di trasporto. Le tacche della benzina nel serbatoio scandiscono la vita dei protagonisti che, letteralmente, sono pronti ad uccidersi per un goccio di carburante.
Il film, come detto, è maniacale nella continuità, stessi font dei titoli di testa, una voce-off (si scoprirà solo a fine film a chi appartiene) ci racconta di Max, spingendo a tavoletta sull’epica del personaggio. L’ispirazione dichiarata di Miller arriva dai vari “Yojimbo”/”Per un pugno di Dollari”, dai Western di John Ford e come già detto anche per la prima pellicola da A boy and his dog e “Il Cavaliere della valle solitaria”.
Mel Gibson nel film snocciola la bellezza di 16 frasi, 15, se consideriamo che la frase “Sono venuto per la benzina” viene ripetuta due volte. A parlare meno di lui solo “Feral Kid”, ma alla luce della rivelazione finale, secondo me, il primato lo detiene il personaggio di Wez. Anni fa lessi qualcosa in merito ad un parallelismo con l’Iliade: Max è Ulisse, Lord Humungus Agamennone. Bah, ci potrebbe anche stare e non metto in dubbio il valore educativo di “Road Warrior”, ma continuo a farmi impressionare di più dalla ricostruzione del futuro e dal mega inseguimento finale!
Il rispetto della continuità si nota soprattutto nei dettagli legati al protagonista: la giacca di pelle di Max ad inizio film è senza un braccio, per colpa di uno dei motociclisti alla fine del film precedente e il nostro se ne va in giro con una specie di tutore improvvisato al ginocchio sinistro… Sempre effetto del finale del primo film. Anche la caratteristica ciocca di capelli bianchi di Max arriva dritta dai traumatici eventi visti in precedenza.
Lo stesso livello di ossessività per il dettaglio è applicato a tutto il film, infatti, subito dopo il deserto e la lotta per la benzina, la prima cosa che colpisce di “Road Warrior” è il look dei personaggi: dopo questo film, Fumetti, Videogames, cartoni animati Giapponesi e calciatori con la cresta, non sarebbero mai più stati gli stessi.
Per trovare gli abiti tutti matti indossati dagli abitanti della raffineria e dagli uomini di Lord Humungus, George Miller ha sguinzagliato il reparto costumi che ha battuto al tappeto mercatini dell’usato, negozi di articoli sportivi (questo spiega le spalline da Football e la maschera da Hockey di Lord Humungus), ma soprattutto… I Sexy Shop. Se vi siete sempre chiesti da dove provenissero i pantaloni di Wez, quelli con i buchi sulle chiappe, ora lo sapete.
A grandi linee la trama è questa: viaggiando solo (con un cane) per le strade, Max si imbatte in una comunità di reietti che sognano di raggiungere l’oceano grazie alle benzina che estraggono loro stessi dal sottosuolo. Il nostro viene prima catturato, poi si offre volontario per recuperare una motrice, da utilizzare per spostare il carico di benzina e rompere l’assedio che Humungus e dei suoi predoni hanno imposto all’accampamento.
Metteteci Indiani e gente a cavallo, sostituite la benzina con quello che vi pare (la Fanta, o la Pepsi se preferite) e se non è un Western questo, allora non ci sono i Western! Il cambio di rotta con il primo capitolo è radicale, quello era un Revenge Movie stradale, questo è un Western Post-Apocalittico, il primo era nemmeno tanto velatamente Horror, questo sfoggia la violenza tipica dei film Western revisionisti degli anni ‘70.
Visivamente “Road Warrior” alza lo standard, basta guardare il numero di paccottiglia che i sopravvissuti si portano dietro, oppure quella che utilizzano per agghindarsi, se escludiamo la biondina con la coda di cavallo e i fuseaux (che gridano fortissimo anni ‘80) gli altri sembrano veramente gente che sopravvive raccattando nella monnezza quello che riesce a trovare.
Tutta la prima parte del film si concentra sul protagonista, la sicura (esplosiva) per non farsi rubare la benzina, il modo in cui afferra al volo il serpente, ma anche solo il cane con cui se ne va in giro, sono tutti dettagli che servono a sottolineare la scaltrezza del personaggio e a contribuire alla sua iconografia.
Piccola parentesi che interessa anche i cinofili e non solo i cinefili: il cane che segue Max, addestrato apposta per il film, era senza nome, sul set la troupe lo chiamava solo “Dog”. Ma dovettero dotarlo di appositi tappi per le orecchie, perché il rombo dei motori lo spaventava un casino, quindi meglio i tappi che doverlo inseguire per tutto il deserto australiano! A fine riprese, il cagnetto venne adottato da uno dei Cameraman del film, storia vera.
Ad esempio, una delle cose che mi ha sempre colpito fin dalle mie prime gagno-visioni (negli anni ne sono seguite parecchie…) è come Max si mangi di gusto il cibo per cani Dinki-Di, che per altro in slang Aussie vuol dire “Genuino” (Sì, credici!). Una scena che può sembrare da poco, ma serve a darti immediatamente la dimensione di quanto l’umanità sia mal messa nel futuro.
Ogni dettaglio, apre spirargli su questo mondo post-Apocalittico: ad esempio Lord Humungus, nella prima stesura dello script, sotto la maschera del cattivo avrebbe dovuto esserci… Moderato SPOILER in arrivo…. Jim Goose, il socio di Max sopravvissuto alle ustioni del primo film. Fine del moderato SPOILER.
L’idea è poi stata accantonata, in favore di un personaggio che da solo con il suo look, ha influenzato tutti i cattivi di “Ken il Guerriero”. Restano sparsi qua e là, alcuni dettagli legati a quell’idea originale, ad esempio: il fatto che alcuni dei suoi predoni utilizzino le V8 della polizia.
Tutto quello che sappiamo di Lord Humungus lo vediamo quando prende le munizioni per la 44 Magnum che utilizza, all’interno della valigetta si vede il simbolo delle SS e la foto di una donna in piedi vicino ad un uomo in divisa Nazista (Mamma e Papà?), giusto per ribadire ulteriormente la cura dei dettagli che possiamo trovare in questo film. George Miller con il suo personaggio, è andato a riempire una casella allora vuota, creando vera e propria iconografia, certo, forse 30 anni fa era più facile farlo rispetto ad ora, però intanto lo devi fare.
No, scherzi a parte, tutto questo qui sopra, conterebbe poco se non fosse per LA scena di “Road Warrior”, ovvero: il mega inseguimento finale (oh… Yeaaaah!)
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Ciocchi fortissimi, roba sfasciata malamente e pneumatici che urlano… in pratica il vostro normale ingorgo mattutino. |
