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Mandy (2018): The other actors play… Nicolas Cage kills!

Se siete più o meno della mia leva vi ricorderete di un
comico con un nome tipo Mandi Mandi che non faceva ridere nemmeno per errore.
Cosa c’entra con il film “Mandy”? Per fortuna nulla, ma volevo spazzare subito
via il campo da ogni dubbio perché per fortuna le cosette da dire su questo
film sono già abbastanza.



Non ho visto nemmeno un trailer di questa pellicola, è
bastata la locandina piuttosto acida e la presenza di Nicolas Cage a
convincermi fin da subito. I film del nipote di Francis Ford Coppola si
guardano sempre, perché quell’uomo è in grado di garantire da solo lo
spettacolo, sempre esagerando tantissimo, ma qualche volta, al servizio della storia, per nostra
fortuna, “Mandy” è una di quelle volte, perché qui è talmente tutto
esagerato che solo Nicolas Cage poteva esserne il protagonista!
“Mandy” ha fatto parlare di sé, perché in qualche modo è
riuscito persino a venire presentato al Sundance beccandosi fior fiori di
recensioni e paragoni con nomi grossi, uno tra tutti David Lynch, ora, io credo
ai film spinti dall’entusiasmo del Sundance come credo alle promesse dei
politici, inoltre trovo pigro e banale paragonare qualunque pellicola che metta
anche solo un alluce fuori dal seminato a David Lynch, solito nome che si cita
sempre quando hai un pezzo da consegnare e vuoi far capire anche all’ultimo dei
lettori che il film è una roba strana.

Quando sarebbe bastata questa immagine, a farvi capire di cosa è capace questo film!

Bisogna dire, però, che l’ultima fatica di Panos Cosmatos è
strana sul serio, ha tutto per far storcere più di un naso, perché una trama
piccola piccola viene stiracchiata e allungata sui 120 minuti di durata del
film, molti dei quali farciti da dialoghi che definire criptici e bislacchi
sarebbe già fargli un complimenti, mentre molti altri danno semplicemente l’impressione
di essere stati improvvisati sul set dagli attori, lasciati liberi di
scatenarsi, uno in particolare, il solito sospetto Nicola Gabbia.

Panos Cosmatos è figlio d’arte e chi non apprezzerà il film
(tanti, già lo so) penserà anche che sia figlio pure di qualcos’altro, ma
atteniamoci ai fatti senza diventare volgari. Panos è figlio di George P.
Cosmatos, regista di cosette come “Cassandra Crossing” (1976), “Rambo II – La
vendetta” (1985),

“Leviathan” (1989) e un mio piccolo culto personale, ovvero “Tombstone”
(1993), purtroppo fino a questo momento la filmografia del figliolo non è stata
esaltante come quella di papà, perché, ammettiamolo, “Beyond the black rainbow”
(2010) era una bella cazzata, dài!

“Avrete Panos per i vostri dentos” (Complimenti Nick per la giacchetta quasi sobria).

Cosmatos Junior con “Mandy” dimostra di avere ancora
parecchio da imparare, ma anche che quando distribuivano la volontà di
accumulare tanta roba tutta insieme, lui era tra i primi della fila. Sì, perché “Mandy”
ha l’arroganza di una rock opera di un gruppo Heavy Metal norvegese, un film
con uno spirito metallaro che non ha nessuna paura di portare ogni elemento che
lo compone, dalla fotografia alle trovate a undici, come l’amplificatore degli
Spinal Tap, per continuare a cavalcare la metafora musicale.

Il film si apre con una carrellata su una foresta mentre di
sottofondo possiamo goderci le note di “Starless” dei King Crimson, nella
foresta lavora un taglialegna dalla faccia nota Michal Palin Nicolas
Cage, dopo una giornata di lavoro il nostro torna a casa e a Panos Cosmatos
basta mostrare il buon Nicola mimare un “No” senza dialoghi ad un collega che
gli offre una birra, per raccontarci tutta il passato (da ex alcolista) del
personaggio.

Ok Nicolas, ti voglio, sobrio, pacato e controllato…

Sono sicuro che il personaggio interpretato da Nicolas Cage
abbia sicuramente un nome, ma tanto non importa perché quando Nick è sullo
schermo, vediamo solo Nick, ma quello che conta è che il personaggio ha trovato
la sua pace, ora vive in una sperduta casetta con sua moglie Mandy (Andrea
Riseborough), disegnatrice di talento con ragguardevoli magliette dei Black
Sabbath… Ve l’ho detto che è un film metallaro nello spirito e siamo solo all’inizio!

Mettete in conto un ritmo lentissimo, dei dialoghi invece vi
ho già parlato, per darvi un’idea, la prima cosa che dice Nicolas Cage nel film è:
«Toc Toc» , «Chi è?», «Erik Estrada», «Erik Estrada chi?», «Erik Estrada di
CHIPS». No, sul serio, questo è il primo dialogo del film, l’attore più sopra le
righe del mondo che cita uno degli attori più sopra le righe del mondo e poi
ditemi che non è vero che i primi minuti di un film ne determinano tutto l’andamento!

Una volta Mandy era solo Patinkin, adesso è lei.

Qui l’andamento è lento, anzi, muy lento, perché per farci
capire che i due si amano e sono felici Panos Cosmatos si gioca momenti quasi
da video art, lunghe inquadrature sull’acqua del lago dove vivono i due
innamorati, assicurandosi di sparare tutti i filtri colore al massimo, mentre i
dialoghi vertono su cose tipo abbinare il maritino della coppia ad uno dei
pianeti, prima Cage sceglie Saturno, dando il via ad un lungo pippone Hippy
recitato dalla serissima Andrea Riseborough, poi, ad un certo punto, Cage cambia
idea e decide che vuole essere Galactus che non è un pianeta, ma è il
divoratore di pianeti dei fumetti dei Fantastici Quattro (e Nick lo sa bene
visto che è un fanatico di fumetti). Per questo vi dico che, secondo me, Cosmatos
ha lasciato liberi gli attori di improvvisare e che è inutile citare il nome
dei personaggi di Nicola, tanto Cage interpreta solo e sempre Nicolas Cage!

… Avevo detto sobrio, pacato e controllato!!

Mi rendo conto che sto facendo diventare una trama stringata
qualcosa di lunghissimo (che poi è quello che fa Cosmatos per 120 minuti), perché
a rompere l’idillio ci penserà una setta di invasati religiosi guidati dal
santone Jeremiah (Linus Roache che sarebbe quello che va più sopra le righe di
tutti, se in giro non ci fosse Cage) che prima rapisce Mandy e poi le fa
delle cose orribili, non vi dico cosa, perché del film vi ho già raccontato
troppo, ma sappiate che per arrivarci (e di conseguenza alla successiva
vendetta di Nicolas Cage) tocca aspettare più di un’ora, consideratevi
avvisati.

Questa ora Panos Cosmatos la fa passare dividendo il film in
ideali capitoli, tutti anticipati da una scritta diversa che compare sullo
schermo, il più delle volte vergata con un carattere degno dei loghi dei gruppi
Metal, ma soprattutto con una fotografia così acida, ma così acida che sono
sicuro, se mai Nicolas Winding Refn
dovesse vedere questo film, correrebbe a singhiozzare nella sua stanzetta,
sbattendo la porta e soffocando il pianto nella copertina che tiene in grembo
quando dirige, non so se ho reso l’idea.

“Venga a piangere con noi signor Refn, porti pure la sua copertina”.

Un sacco di recensori più preparati di me (e soprattutto
pagati per scrivere di cinema) si sono lanciati in paragoni non argomentati con
Kubrick e David Lynch, mentre io, in quanto vostro amichevole Cassidy di
quartiere, in maniera ben più modesta, mentre guardavo “Mandy” mi sono ritrovato
a pensare che tutte queste trovate esagerate e in parte senza senso, questa
autorialità generale spinta pericolosamente al massimo con sprezzo del pericolo
(e del ridicolo), l’uso della fotografia acida e sparata e l’anima horror di
fondo della storia, mi regalavano continui dejà vu di “La fortezza” (The Keep,
1983) di Michael Mann, il titolo che persino i “Manniani” di ferro quando lo
sentono pronunciare fischiettano con aria assorta facendo finta di essere
impegnatissimi.

Sì, perché l’uso dei colori che fa Panos Cosmatos è
talmente acido e patinato che ti fa ricordare che, comunque, suo papà è lo
stesso che ha diretto Cobra, ma il
figliolo ha portato tutta questa estetica ad un altro livello, filtrandola con
una sensibilità da Metallaro, anche se l’abbinamento di parole so che può lasciare straniti.
Di fatto, “Mandy” è un lungo “Revenge-Movie” dove, ad un certo
punto, spuntano delle creature che sembrano un omaggio a Clive Barker e la
struttura del film diventa quella dei videogiochi, si procede eliminando i Boss
di fine livello uno alla volta fino a guadagnarsi la possibilità di vedersela
con il mostro finale che qui è, ovviamente, rappresentato da Jeremiah.

Previously on Sons of Anarchy Hellraiser.

Vi sto dicendo che “Mandy” è il film più raffinato, sia come
trama che come scrittura che vi potrà capitare di vedere nei prossimi anni?
Proprio no, perché è un titolo che gronda Heavy Metal e sangue in parti uguali,
ci sono momenti in cui Nick Cage si muove su sfondi (tipo l’ultima scena del
film) che sembrano le copertine di qualche disco Doom Metal, ma è chiaro che l’ispirazione
sia l’epica che solo una band Metal ti può dare quando il protagonista si
forgia da solo la sua stessa arma, quella che utilizzerà per eliminare i suoi
nemici, un’ascia che, per stessa ammissione del regista, è ispirata al logo dei
Celtic Frost (STORIA VERA). Questo
per darvi un’idea di quanto Metallo troverete nel film, sul fatto che Nick Cage,
invece degli occhiali da saldatore, mentre forgia l’arma a martellate sull’incudine
utilizzi un paio di Ray Ban, però vabbè, questi sono dettagli, dài!

Dio del Metallo e del Rock ‘n’ Roll!

Siccome, come dicevo lassù, a Panos Cosmatos piace
ammonticchiare parecchia roba l’una sopra l’altra, “Mandy” si gioca dei momenti citazionisti totalmente gratuiti, eppure allo stesso tempo sfiziosi da
cogliere. Ad esempio, una scena in particolare che proprio perché prevede un
grosso insettone, non può non essere una strizzata d’occhio a “La Setta” (1991)
di Michele Soavi, ma non è mica finita qui.

In un dialogo il personaggio di Mandy dichiara di vivere con
il marito nei pressi di Crystal Lake
(solo Nick Cage potrebbe condurre una vita tranquilla a casa di Jason Voorhees!),
oppure ad un certo punto uno dei bizzarri personaggi del film attende Cage
davanti ad una parete con delle palme dipinte identiche a quelle che si
vedevano in “Scarface” (1983). Nulla, poi, mi toglie dalla testa che il
personaggio sciamanico interpretato da Richard Brake (uno degli attori feticcio
di Rob Zombie) sia un omaggio a Francisco Scaramanga (il leggendario Christopher
Lee), visto che sfoggia una Luger P08 dorata che fa di lui un vero e proprio
uomo dalla pistola d’oro Bondiano.
Una menzione speciale la merita il grande (e redivivo) Bill
Duke, in un cameo che idealmente riprende il suo personaggio di Predator, se solo fosse invecchiato e si
fosse ritirato a fare il vicino di casa di Nicolas Cage!

“Hey Bill, hai per caso un rasoio BIC da prestarmi?”.

Ecco, il buon Nicola! Come s’incastra in tutto questo
pandemonio Metallaro il nostro Nicolas? Ovviamente, alla grande! Perché per la
prima metà del film Cage resta come un piccolo Fonzie, quieto, tanto che nel
momento più drammatico di tutto il film, Panos Cosmatos copre le sue urla
disperate con l’efficace, ipnotica (e Carpenteriana) colonna sonora firma da Jóhann Jóhannsson,
a cui il film è dedicato visto che il compositore di film come Arrival o Madre! Purtroppo, ci ha lasciati a febbraio di quest’anno.

Lasciandosi attendere, Nicolas Cage piazza la zampata da
tigre (che poi è il suo animale totem nel film) in mutande seduto sul cesso, mette
mano ad una vecchia bottiglia nascosta, un po’ beve un po’ urla, un po’ piange
un po’ si alcolizza, il classico momento in cui pensi: “Eccolo che arriva,
eccolo che arriva… Il momento Nicolas Cage!”.

Motoseghe al tramonto, la mia idea di romanticismo.

Da qui in poi il nostro non si ferma più, lo vediamo
sfidarsi a colpi di motoseghe e usare la sua ascia sulle note di “Cielito lindo”
(EH!?) e quando il popolare pezzo messicano canticchia il suo celeberrimo Ay!
Ay! Ay! Ay! Nicola spacca qualche cranio con la sua ascia, insomma: la vostra
normale giornata in ufficio per Nick Cage!

Funziona tutto alla grande in “Mandy”? Ovviamente no, perché
la setta non uccide Cage quando potrebbe farlo? Boh, chi lo sa?! Inoltre, le
varie fasi della trasformazione in Berserker del protagonista sono scritte e scandite
usando il pennarellone a punta grossa. Dopo la scena della bottiglia urlante
nel cesso e la profezia dell’uomo con la pistola d’oro, ogni “Boss di fine
livello” ucciso da Nicola si porta con sé una striscia di coca, una sniffata ad
un vasetto particolarmente lisergico e pure una boccata ad una sigaretta, se
non fosse chiaro che il personaggio ha totalmente perso ogni inibizione, ci
pensano i primi piani sulle pupille dilatatissime del personaggio a ribadire il
concetto.

Le porte delle Cagercezione sono aperte.

“Mandy” è una fantasia Power Metal, il viaggio all’inferno e
ritorno di un eroe che passa da zero a Dio del Metallo, che potrà esaltarvi
nella misura in cui sarete capaci di farvi trasportare da questo acidissimo
casino, oppure se siete particolarmente propensi verso il Metallo pesante o in
alternativa a godervi un attore che ha fatto dell’esagerazione una cifra
stilistica e che, dopo Mom and Dad, si
conferma particolarmente a suo agio anche con l’Horror. Sì, perché tanto il suo “Cuore
selvaggio” non si discute, bisogna solo trovate film abbastanza folli da
contenerlo tutto, tipo questo, per esempio!

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