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Matinee (1993): presentato in atomo visione e romborama

Una nuova annata piena di compleanni di tutto rispetto ci aspetta, non poteva cominciare con un titolo migliore di questo, un film a cui voglio molto bene, non a caso lo ha diretto Joe Dante. “Matinee” usciva nei cinema americani il 29 gennaio del 1993, festeggiarlo ieri sarebbe stato gettarlo via, un po’ come fece ai tempi la distribuzione italiana, che questo gioiellino finì per maltrattarlo più del necessario. Per rendergli omaggio nel modo migliore possibile un matinée dedicato a beh, “Matinee” è il modo migliore per ricordare gli spettacoli mattutini, quelli dedicati ai film che piacciono a questa Bara e a Joe Dante, horror e B-movie di fantascienza.

Dopo aver mandato a segno due titoli bellissimi e ingiustamente maltrattati come L’erba del vicino e Gremlins 2, il nostro Mighty Joe si getta anima e cuore su un progetto per lui molto sentito. Come il suo protagonista Lawrence Woolsey interpretato da John Goodman, il regista del New Jersey ha la fortuna di chi si butta e ci prova, la casa di produzione che aveva prodotto “Matinee” era finita zampe all’aria come MANT colpito dall’insetticida, la Universal che ci aveva investito qualche spicciolo si è ritrovata in ufficio Dante, armato di favella e ottime argomentazioni, che riuscì a convincerli ad acquistare in blocco il film e a distribuirlo. Ormai ci avevano già speso dei soldi no? Quindi un po’ controvoglia la Universal accettò, anche se al netto di un budget di tredici milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, il film staccò biglietti per l’equivalente di nove milioni. Diciamo che a Lawrence Woolsey è andata un po’ meglio che a Dante.

Alfred Hitchcock Lawrence Woolsey presenta.

Provare a riassumere “Matinee” oggi, in poche parole, è molto più facile, basta dire che è il The Fabelmans di Joe Dante. Se Spielberg ha John Ford (interpretato da David Lynch) come spirito guida, Mighty Joe ha Lawrence Woolsey, con il faccione sorridente di John Goodman, che entra in scena di profilo, stile Alfred Hitchcock (con cui viene scambiato alla stazione di benzina) anche se è chiaramente ricalcato sulle figure di Samuel Z. Arkoff e ancora di più su quel geniale imbonitore di William Castle, capace di elettrificare le poltrone della sala per sparare brevi scossette al pubblico, un sistema ribattezzato “Percepto” ed utilizzato per la prima volta nel 1959, con il film “Il mostro di sangue”. Insomma il cuore di Joe Dante batte per il cinema di genere, non è un caso se ancora oggi parla con amore dei vecchi film degli anni ’50 e ’60 direttamente dalle pagine di Trailers from hell, che mi auguro voi seguiate assiduamente come faccio io, ormai da anni.

Il soggetto e la sceneggiatura sono del fidato Charles S. Haas, ma la farina è tutta del sacco di Joe Dante, anche perché non credo esista un singolo film più Dantesco di questo, forse solo “La seconda guerra civile americana” (1997), non a caso un altro titolo maltrattato qui da noi, che però trattava un altro tema caro a Dante come la politica e la critica sociale, direi il secondo più caro, perché il primo per un grande Maestro della settima arte come lui, può essere solo il cinema.

«Mi sembra già di vederli. Una moooontagna di biglietti staccati!»

Chi ti guarda storto e con il sopracciglio alzato, chiedendoti perché ti piacciono i film dell’orrore, non lo capirà mai per davvero, perché la domanda serve il più delle volte a giudicare invece che a comprendere davvero. Anche perché se queste persone volessero davvero avere chiaro il quadro della situazione, gli basterebbe guardare “Matinee”. Che non è solo una riuscita ricostruzione degli anni ’60, ma è prima di tutto un omaggio di cuore al potere salvifico del cinema e a quello fortemente catartico delle pellicole di genere, che siano di fantascienza o Horror, i due generi che chiedono al pubblico di affrontare l’ignoto e la paura, nella sicurezza di una sala cinematografica. No, i sollevatori di sopracciglia non capiranno mai, tutti gli altri invece lo sanno che “Matinee” è un Classido! 

A trent’anni esatti dalla sua uscita, devo ancora trovarlo un titolo altrettanto sincero e onesto, in grado di spiegare la sua tesi e le sue posizioni ma al tempo stesso intrattenendo il pubblico, in modo leggero ma niente affatto stupido. Se il personaggio splendidamente interpretato da John Goodman, che nel corso del film ci regala un sacco di massime di vita («Tieni gli occhi aperti davanti alle scene paurose»), rappresenta i miti e gli eroi cinematografici di Dante, oltre all’orgoglio della Serie B cinematografica, il protagonista Gene Loomis (Simon Fenton) è proprio il nostro Joe da bambino, un enciclopedia vivente di tutti i film horror, uno che mastica riviste di cinema di genere come anni dopo, molto pubblico avrebbe fatto con Fangoria, dove negli anni non a caso è comparso anche Dante molto spesso, giusto per chiudere idealmente il cerchio.

Tra tutti i giovani protagonisti dei film di Dante, lui potrebbe essere il suo alter ego.

Gene è un “military brat” come li chiamano da quella parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico, un figlio di militari, con la valigia sempre pronta per seguire papà nelle varie basi in giro per il globo. L’ultimo trasloco lo ha portato a Key West in Florida, ad un tiro di schioppo in linea d’aria da Cuba. È l’ottobre del 1962, la seconda più grande notizia in città è l’arrivo di Lawrence Woolsey, che presenterà il suo nuovo film, l’attesissimo MANT!, metà uomo, metà formica, tutto terrore, che da un certo punto di vista è stata l’occasione per Dante di dirigere per davvero uno di quei B-Movie in bianco e nero con cui è cresciuto lui (e tanto di noi), visto che abbondanti porzioni di questo film nel film possiamo gustarcele e alcune sono davvero brillanti.

Questo post non sarà certo un picnic, ehm, scusa Mant!

Per essere un film che cavalca il terrore per la minaccia nucleare, mi fa sempre molto ridere il fatto che il povero Billy, si ritrovi con un capoccione da formica dopo l’esposizione ai raggi X si, ma del dentista. Ma se Gene scalpita per assistere alla prima di “MANT!”, su Key West cala l’ombra dell’altra notizia non da poco, il presidente Kennedy in tv avvisa la nazione, la crisi dei missili su Cuba è cominciata, tredici giorni di terrore in cui l’umanità è stata ad un passo dall’annichilimento nucleare. Altro che l’uomo formica!

«Non chiedete cosa può fare Joe Dante per voi, chiedete cosa potete fare voi per Joe Dante. O una cosa così»

Dante è bravissimo a portarci tutti all’interno di quel periodo storico che il regista conosce bene perché lui, e tutti i registi della sua generazione hanno vissuto. Quegli anni ’60 che erano in equilibrio tra il sogno americano divenuto realtà e la perdita della verginità per un Paese, che quel presidente tanto amato lo avrebbe visto morire in diretta tv a Dallas, solo un anno dopo. Non è un caso che siano stati proprio i registi come Dante ad omaggiare, elaborare e rimasticare i classici horror degli anni ’50 e ’60, facendogli fare un passo successivo, facendo crescere e diventare adulta quella tipologia di film, nati con l’intento assolutamente non secondario di fare soldi certo, ma anche quello catartico di far affrontare al pubblico le proprie paure in totale sicurezza. Wes Craven, utilizzando i suoi trascorsi da professore universitario, ha sempre riconosciuto ai film dell’orrore un certo ruolo catartico, Stuart Gordon aveva fatto lo stesso riassumendo il tutto nella frase «Horror films are a rehearsal for our own deaths». Joe Dante che un frammento di horror in bianco e nero, in un televisore acceso nei suoi film non lo ha negato mai, con “Matinee” ci dice la stessa cosa con il suo inimitabile stile.

Un appassionato di Horror lo riconosci al volo tra la folla.

Ovvio che Lawrence Woolsey voglia fare soldi, se il tuo film non incassa non puoi farne un altro, però è anche mosso da una certa purezza, tanto che Gene fatica a riconoscere in lui un adulto («Tu pensi che gli adulti sappiano quello che fanno? Improvvisano di volta in volta»), perché il candore con cui porta avanti la sua missione è manifesto. Con una leggerezza da commedia degli equivoci mista a romanzo di formazione, Dante unisce i puntini, partendo della primi immagini utilizzate per raccontare storie (non a caso spaventose), ovvero le pitture rupestri e arriva giù fino ai B-Movie, roba che potrebbe convincere tutti i sollevatori di sopracciglia di questo mondo, se solo volessero ascoltare per davvero, invece di giudicare e basta.

Altro giro, altro film-nel-film (si, quella è proprio Naomi Watts)

Le paure vere di Gene sono ben altre, si manifestano quando vede sua madre piangere davanti ai filmini con il padre, Marines spedito a Cuba che a casa chissà se ci tornerà mai. Non è un caso se Gene, si prenda una cotta adolescenziale per la pacifista contestatrice della scuola, Sandra (Lisa Jakub). La scena dell’esercitazione a scuola di “Matinee”, per me riassume meglio quello che voleva dire crescere durante la guerra fredda di molti documentari sullo stesso tema, con la paura costante e snervate della distruzione totale dietro ogni angolo in primo piano. Mettersi in ginocchio non le mani dietro alla nuca in caso di attacco atomico è una balla grande quanto la storia di un venditore di scarpe trasformato in uomo formica dopo una visita dal dentista, ma a differenza di “MANT!” è una balla carica di ipocrisia, quella che Sandra mette alla berlina, ovviamente inascoltata («Vi dicono che andrà tutto bene ma continuano a costruire bombe!»)

I film dell’orrore possono aiutarti nella vita reale? Risposta: si!

Allora è più spaventoso e diseducativo utilizzare trucchetti da poco come la “Atomo visione” e la “Romborama” per far saltare il pubblico sulle poltroncine del cinema, oppure mentire sulla bomba? Come racconta Woolsey andare al cinema è un rito, come entrare nella caverna per farsi raccontare la versione moderna delle vecchie pitture rupestri, il buio in sala potrebbe fare paura, con quella facce giganti sullo schermo (la paura era anche il primo sentimento che muoveva il giovane Spielberg, tanto per restare sul pezzo), ma è un modo sicuro di affrontarla. Nemmeno la “Romborama” può farti del male per davvero, infatti nel cinema di “Matinee”, non si fa male nessuno, malgrado bulli Rockabilly travestiti da mostri e un galleria traballante, che esorcizza molti degli incidenti accaduti per davvero nei vari cinema in giro per il mondo, oltre a contribuire a far crescere tutti i personaggi, proprio come la trovata del bunker del paranoico Howard, il direttore del locale interpretato non a caso da uno degli attori feticcio di Dante, il mitico Robert Picardo.

«Sempre meglio che ululare alla luna»

A proposito di facce note, i “contestatori” nei panni delle signore Lovejoy di turno, in realtà sono guastatori dietro le linee nemiche, ovviamente mandati da Woolsey/Dante, visto che hanno i volti del leggendario Dick Miller (qui più cazzuto che mai) e del suo compare Bob, interpretato da John Sayles, regista, sceneggiatore, montatore, attore, produttore cinematografico e scrittore, formatosi anche lui come Dante alla scuola di Roger Corman.

«I film di Roger Corman rovineranno i nostri figli!», «Sarà, noi ci abbiamo sempre messo insieme il pranzo con la cena»

L’operazione sarà anche retrò, ma carica di tutta quella malinconia positiva che manca troppo spesso nelle opere contemporanee, la colonna sonora piena di pezzi come “The lion sleeps tonight” oppure canzoni dei Platters o “Loco-Motion” di Little Eva, ci porta negli anni ’60, ma anche Jerry Goldsmith non è rimasto con le mani in mano, insieme a Dick Jacobs ha riarrangiato vari temi musicali, presi da film come “Tarantola” (1955), “La mantide omicida” (1957), “Cittadino dello spazio” (1955) e via così fino a L’uomo che uccise Liberty Valance, il film che non a caso parlava tra le altre cose dello scontro tra realtà e finzione.

Tutta la gioia che solo un buon film ti può dare, sulla faccia di Giovanni Buonuomo.

Per quanto mi riguarda, quando si fanno quelle liste di grandi film con scene ambientate in una sala cinematografica, “Matinee” dovrebbe essere sempre citato, non solo perché ha girato una grande scena spaccatutto ambientata in un cinema, dove il potere della settima arte trionfa sulle più grandi paure dell’umanità, ma lo ha fatto ben prima di una scena analoga (quella invece citata sempre) come il finale dei “BEsterdi” di Tarantino. Il pubblico di “MANT!” idealmente “muore” in sala, solo per uscire dal cinema e scoprire che invece la loro città non è stata distrutta, questo non è solo un grosso sospiro di sollievo, ma è un modo per affrontare il terrore della distruzione in totale sicurezza. Horror films are a rehearsal for our own deaths, oppure per dirla come il personaggio di John Goodman: «La vita è finita, ma ora sembra essere ricominciata. Tra qualche settimana qualcuno inventerà un altro modo per distruggere il mondo, ma quei ragazzi sono preparati. Hanno visto i prossimamente no?»

«Che schifo un insetto!», «Uomo-Insetto! Un po’ di rispetto!»

Se esiste un film in grado di rappresentare il manifesto programmatico di questa Bara Volante, allora è questo e poteva averlo diretto solo uno dei più grandi eroi di queste pagine ovvero Joe Dante. Nel caso non lo aveste mai visto, regalino, finché le signore Lovejoy non lo censureranno. Ci tenevo a mettere in cartellone un matinée dedicato a beh, “Matinee”, per festeggiare i suoi primi trent’anni e inaugurare un 2023 pieno di compleanni, avevamo bisogno della atomo visione e della romborama!

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