Ormai è quasi una tradizione di questa Bara, ogni anno trovo la scusa per accorpare insieme tre titoli per una mini rubrica, un’ideale trilogia e vorrei farlo ancora come fatto in passato, anche se questa volta i tre titoli saranno scelte un po’ meno matte, perché saranno tre compleanni illustri, accomunati dal numero due alla fine della rispettiva data di uscita ma soprattutto dal fatto di essere tre film Western.
Lo sapete perché lo avevo anche scritto, la mia idea di serena pensione prevede il mio ritiro sul picco di una montagna dalla quale curare un blog tutto dedicato al cinema Western, se mai ci riuscirò vorrà dire che avrò raggiunto la serenità del Cowboy che cavalca verso il tramonto, fino a quel momento ho ancora tanti chilometri da cavalcare a dorso di Bara e tanti film a cui rendere onore, come quello di oggi: Mezzogiorno di fuoco.
Fred Zinnemann faceva parte di quel gruppo di registi di origini austriache ed ebraiche che hanno saputo dare una poderosa spallata ad Hollywood, lavorando spesso all’interno delle rigide regole del cinema americano, ma mantenendo una propria visione autoriale, parliamo di sicuri del calibro di Billy Wilder, Fritz Lang, Erich Von Stroheim e Otto Preminger, quindi non proprio la pizza con i fichi. Eppure nel 1952, malgrado due Oscar vinti per i suoi cortometraggi e una nomination come miglior regista per il suo “Odissea tragica” (1949), Zinnemann era considerato “troppo europeo” per cimentarsi con il genere cardine, quello fondante di tutta la cultura americana, ovvero il Western.
Ma nessuno era davvero al sicuro con “High Noon”, persino un’icona del cinema americano come Gary Cooper era considerato troppo anziano per la parte, mentre Grace Kelly, non ancora principessa di Monaco o musa di Hitchock, era solo una giovane attrice al suo secondo film, eppure questi tre grandi nomi fecero fronte comune nel mantenere i rispettivi ruoli e portare in scena materiale che ammettiamolo, nel 1952 era dinamite, instabile e altamente esplosiva.
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«Sicuro che sia sicura questa roba?», «Sicuro che faremo incazzare tutti, quello di sicuro» |
Lo sceneggiatore Carl Foreman era un intellettuale di sinistra, il tipo di scrittore che la Hollywood di quel periodo guardavo con sospetto, la sua sceneggiatore per “High Noon” era basata sul racconto “The Tin Star” di John W. Cunningham, ma Foreman anche produttore del film non venne accreditato in tale ruolo, in quanto il suo nome finì presto sulla lista nera della Motion Picture Association, anche perché le implicazioni di fondo della trama, con la sua denuncia al conformismo e alla vigliaccheria umana, assomigliavano sinistramente (ah-ah) ad una critica al maccartismo, il tipo di storia che fa sguinzagliare i cani alla commissione per le attività antiamericane.
Infatti trovo… buffo (mi sono sforzato di non usare una parolaccia), il fatto che ancora qualche illuminato (lo avvertite il mio sforzo?) ancora consideri lo sceriffo Willy Kane, il personaggio interpretato da Gary Cooper, il classico spaccone Yankee, quello che risolve tutto a revolverate, quando invece “Mezzogiorno di fuoco” è un film molto più strutturato, per certi versi quasi un Western intellettuale, visto che nel suo magistrale utilizzo di tempo e spazi, risulta essere quasi un aspettando Godot sparò, che prima di far cantare le Colt, manda a segno i suoi colpi solo utilizzando i dialoghi e le dinamiche tra personaggi, ma forse è un po’ il destino di un film, il cui titoli italiano, “Mezzogiorno di fuoco” è diventato sinonimo di sparatoria, ma da parte mia so che quando il titolo di un film diventa un modo di dire di uso comune, vuol dire che è un grande film, anzi un Classido!
Cosa vi dico sempre dei primi cinque minuti di un film? Sono quelli che ne determinano tutto l’andamento e “Mezzogiorno di fuoco” ha saputo fare di meglio, gliene sono bastati la metà per mettere in musica la premessa: sulla note della ballata simbolo del film, “Do not forsake me, oh, my darling” cantata da Tex Ritter su musiche del compositore della colonna sonora, Dimitri Tiomkin, entra in scena un attore che sarebbe diventato solo una delle facce più mitologiche della storia del cinema, masticando una spiga di grano e aspettando gli altri suoi compari, si tratta della prima scena del film, ma anche la prima apparizione in un lungometraggio di una leggenda come Lee Van Cleef ma ragionate su questo, se il cattivo, anzi, IL CATTIVO, qui fa da sgherro al vero cattivo del film, che razza di bastardo deve essere Frank Miller? Nessuna parentela, visto che lo interpreta Ian MacDonald.
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Lee Van Cleef al suo esordio, ma non alla sua ultima apparizione su questa Bara. |
Miller, condannato all’ergastolo cinque anni prima e sorprendentemente graziato (si nota la critica al sistema insita nella trama?) sta per tornare in città per prendersi la sua vendetta contro lo sceriffo Willy Kane, arriverà a mezzogiorno in punto, annunciato solo da un telegramma e dalla grande scena iniziale, in cui Zinnemann introduce i cattivi e fa iniziare il suo film in musica.
In città Will Kane (Gary Cooper) si gode gli ultimi minuti da sceriffo, dopo aver riportato la legge e l’ordine, convola a giuste notte con la fidanzata, la quacchera Amy Fowler (Grace Kelly), nemmeno il tempo di godersi la cerimonia e dà le dimissioni, domani arriverà il nuovo sceriffo, ma la notizia dell’arrivo di Frank Miller a mezzogiorno batte tutti sul tempo. Amy spinge per partire, il lavoro del neo marito in città è finito, la sua religione inoltre rifugge la violenza quindi Kane per la moglie, non ha nessun legame o dovere nei confronti degli abitanti, il nostro Will invece è di un altro avviso.
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Un uomo deve fare quello che un uomo deve fare, anche se vuol dire lasciar andare Grace Kelly. |
Sa benissimo che senza uno sceriffo Miller metterà a ferro e fuoco la città, passando alle armi tutti gli abitanti, il senso del dovere e di responsabilità prevale su tutto, facendo dello Sceriffo Willy Kane il padre nobile di tutti quegli sbirri da “Oggi è il mio ultimo giorno prima della pensione”, quelli che hanno reso grande la tradizione dei polizieschi al cinema, al resto invece ci pensa Fred Zinnemann portando in scena la dinamite scritta da Carl Foreman.
Ci sono fondamentalmente due modi per scrivere un post su “Mezzogiorno di fuoco” a settant’anni dalla sua uscita, il primo è questo, ovvero raccontarvi quando sia straordinaria l’unità di tempo e di luogo della storia, “High Noon” dura 85 minuti e dal momento in cui arriva il telegramma con l’orario di arrivo di Miller, non solo abbiamo il titolo italiano del film (alla faccia dei ritardi di FS), ma abbiamo anche un film che procede in tempo reale, quello che manca all’inevitabile sparatoria è quello in cui un personaggio che crede nel sistema come lo sceriffo Kane, perderà la sua fiducia nei confronti della società e forse anche dell’umanità, le lancette che corrono via rappresentano il brevissimo lasso di tempo in cui i cittadini di Hadleyville mostreranno la loro vera natura, ecco che arriva il secondo modo possibile per scrivere un post su “Mezzogiorno di fuoco”.
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Chronos, time, vrémja, tiempo, Zeit (cit.) |
Tra i membri della comunità di Hadleyville, cittadina in pieno Nuovo Messico, ci sono facce che vanno dall’anonimo all’ultra famoso, come il papà dei fratelli Beau e Jeff, Lloyd Bridges che ricorderete per i suoi mitologici ruoli comici, ma che qui interpreta il vice sceriffo Harvey Pell, se terrete gli occhi aperti potrete riconoscere anche Lon Chaney Jr. in uno dei suoi rari ruoli non mascherati. Nomi di prestigio per personaggi che si rivelano ben poco virtuosi, infatti è quei che la critica al maccartismo mena il suo colpo più duro.
Tra gli abitanti di Hadleyville, in un attimo iniziano a spuntare quelli che dichiarano “Si stava meglio quando si stava peggio”, i nostalgici di quando c’era LVI, inteso come Frank Miller, a fare il bello e il cattivo tempo seminando l’anarchia a revolverate. Baccami gallina se lo sceriffo Kane riesce a trovarne uno disposto ad aiutarlo nello scontro di mezzogiorno.
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Come i miei colleghi quando bisogna fare qualche lavoro sporco, uguali. |
La critica al conformismo, a quelli che cambiano bandiera seguendo il vento e le allusioni alle vergognose conseguenze del maccartismo sono evidenti, gli amici, i colleghi e quelli che fino ad un momento prima ti stimavano, sono pronti ad abbandonarti al tuo destino per salvarsi la pelle, ma la regia di Fred Zinnemann è troppo di classe per sottolineare questo metaforone, che arriva comunque al pubblico con tutta la sua forza, grazie al modo spettrale, inesorabile con cui il regista gestisce il tempo che Kane vede scivolarsi via dalle dita, quando uno dopo l’altro, autorità (politiche ed ecclesiastiche) della cittadina lo lasciano solo, bersaglio mobile contro la quale s’infrangerà la furia di Frank Miller.
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«L’unica volta che mi farebbe comodo un treno in ritardo mannaggia a loro!» |
Allo stesso modo è grazie alla prova misurata di Gray Cooper che lo sceriffo diventa il baluardo di resistenza umana che da settant’anni rappresenta al cinema, Cooper grazie a questa prova si portò a casa il suo secondo Oscar come miglior attore protagonista (il terzo sarebbe stato alla carriera) ma più in generale, un posto d’onore nella storia del cinema, lassù tra le icone più memorabili della settima arte.
Quando il tempo scade e mezzogiorno arriva, l’ennesimo colpo di genio di Fred Zinnemann è quello di mettere totalmente da parte la dolente colonna sonora composta da Dimitri Tiomkin, un Degüello, un memento mori per il protagonista che offre un senso di circolarità al film, solo grazie all’utilizzo della ballata “Do not forsake me, oh, my darling” sui titoli di testa e di coda. Ma la scena madre, la sparatoria di mezzogiorno, lasciare Kane solo, in silenzio, non sostenuto nemmeno dalla musica del film che sparisce per fare spazio al suono degli spari.
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Individuo vs. comunità: Citizen Kane. |
“High Noon” è il classico caso di film che sembra semplice, si però amico mio fallo un film così, poi ne riparliamo, anche perché sono quelli davvero bravi a rendere semplici le cose complicate. Sembra una scelta semplice il primo piano sull’ex amante di Kane, Helen Ramirez (Katy Jurado) mentre sale sul treno per andar via dopo aver convinto Amy ad aiutare il suo nuovo marito, allo stesso modo può sembrare una cosa da nulla l’inquadratura su Grace Kelly, mentre il suo personaggio vive il suo tormento, divisa tra religione e amore, facile eh? Si forse oggi settant’anni dopo, quando il film è diventato il modello da seguire per sette decadi di storie che si sono abbeverate alla fonte di “High Noon”.
Senza ombra di dubbio il finale di “Mezzogiorno di fuoco” è uno dei più riusciti della storia del cinema, per essere un film sinonimo di sparatorie, la parte migliore arriva dopo, quando le strade vuote di Hadleyville si popolano di tutti gli abitanti che fino ad un momento prima, stavano infrattati come Vietcong dopo aver abbandonato lo sceriffo dimissionario al suo destino, in un attimo l’espressione di Gary Cooper passa dalla gioia di riabbracciare la moglie al disprezzo per i suoi concittadini (a proposito di scelte di narrazioni semplici eh?), mentre il film di Zinnemann si gioca l’ultimo atto di coraggio, l’ultimo schiaffo in faccia al sistema, sulle note della ballata simbolo del film, Kane getta la stella da sceriffo nella polvere, un gesto che anni dopo Don Siegel avrebbe fatto ripetere al suo Callaghan e successivamente avrebbe rifatto anche Keanu Reeves per Kathryn Bigelow, signore, signori, se non è la storia del cinema questa, allora non esiste la storia del cinema.
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«Non vi sputo altrimenti vi pulisco» |
Il pistolero che cavalca verso il tramonto con la sua bella, dopo aver riportato la giustizia è un archetipo del genere Western, lo troviamo anche qui ma Zinnemann ci mette il carico, l’unico vero uomo, quello che può andarsene con la testa alta e la schiena dritta è Kane, chissà se qualcuno degli abitanti di Hadleyville rifletterà sul proprio comportamento oppure, se torneranno semplicemente a rimpiangere quando lo sceriffo era Will Kane, ah bei tempi quelli, che granduomo!
Sta di fatto che con “High Noon” rimpianti non ne abbiamo, dopo settant’anni è ancora un film in grado di fare scuola, da vedere e rivedere perché non ha perso un grammo della sua forza ma anzi, si è impresso nella cultura popolare a fuoco. Nel 1974 il genio di Mel Brooks gli rese in parte omaggio nella sua parodia “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”, mentre con Sean Connery al posto di Gary Cooper, il mito dello sceriffo Kane è arrivato fino nello spazio. Insomma non potevo trovare capitolo più importante di questo per iniziare la trilogia Western della Bara del 2022, ma per fare davvero gli auguri a questo classi(d)o devo per forza giocarmi la citazione definitiva: «Voi americani siete tutti uguali, ma stavolta John Wayne non cavalcherà verso il tramonto con Grace Kelly», «Era Gary Cooper, coglione!»