“Profiler” è
diventata una parola familiare al pubblico televisivo, ci sono un sacco di
serie tv che ruotano attorno alla figura dell’agente dell’FBI esperto nel
decrittare la mente dei “Serial Killer”, altra doppietta di parole inglesi da
cui le serie tv pescano a piene mani.
“Mindhunter” basata
sul libro “Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer
americano” scritto da Mark Olshaker e John E. Douglas, ci racconta l’inizio
della storia, portandoci tutti nell’anno 1977 quando l’agente il giovane e
talentuoso agente dell’FBI Holden Ford (Jonathan Groff) in coppia con il
navigato collega Bill Tench (Holt McCallany) iniziò a studiare una tipologia di
assassino dal principio etichettato come “Assassini sequenziali” per voi
evolvere in “Assassini seriali”, giusto per dirvi in qualche zona oscura ed
inesplorata della psicologia criminale i due si sono messi in testa di muovere
i primi passi, una branca che allora non aveva nemmeno una suo vocabolario
specifico.
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“Mi dica che cosa vede qui?” , “Due sbirri per altro vestiti uguali”. |
Ora ve lo dico
poi voi siete liberi di arrivare alle conclusioni che preferite: ho sempre
avuto una passione per le storie dei serial killer americani, mi piace leggere
dei dettagli dei loro omicidi, delle loro tecniche, oh! Non vi stupirete mica
del fatto che sono un tipo strano, no?
episodi sui dieci che compongono la prima stagione di “Mindhunter” mi hanno
esaltato, mentre lo guardavo pensavo che questa regia e questa ambientazione
anni ’70 sembravano figlie di quel capolavoro che è “Zodiac” (2007) diretto da
David Fincher e sapete perché questa serie ricorda così tanto quel film? Perché
è creata e diretta proprio da Fincher! Oh, sentite ogni tanto mi distraggo e mi
perdo questo tipo di dettagli, da niente direi.
essere uno che per anni si è sforzato a ripetere «Non sono il regista dei
serial killer», Fincher tende a tornare spesso sull’argomento, “Seven”
(1995) e “The Girl with the Dragon Tattoo” (2011) potrebbero
rientrare in questa categoria (il primo sicuramente!), mentre proprio “Zodiac”, a
mio avviso, è stato un punto di svolta davvero autoriale per il regista di Alien 3.
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“Non è stata colpa mia, lei mi ha detto di farlo!”. |
I primi due
episodi di “Mindhunter” sono una bomba, la regia di Fincher è come al solito
millimetrica e gli attori sono fenomenali, uno svetta su tutti gli altri, anche
per motivi di altezza, si tratta di Cameron Britton che interpreta in modo
davvero viscido e sinistro Ed Kemper, noto anche come “Co-Ed Kemper” uno dei
più efferati assassini della storia degli Stati Uniti, che qui ha il compito
(del tutto riuscito) di risultare l’Hannibal Lecter della situazione, il male
incarnato che, però, in quanto a carisma non è secondo a nessuno.
troviamo anche Anna Torv, la bionda di “Fringe” negli elegantissimi panni della
psicologa Wendy Carr che si unisce presto alla squadra, non con qualche
problemuccio personale da risolvere prima. Il mio problema con la Torv
torna di stretta attualità: la trovo molto brava, ma quando entra in scena mi
ricorda che non sono mai andato oltre l’episodio 1×14 di “Fringe” senza cadere
in un sonno pesantissimo, roba da bolla al naso tipo manga Giapponese, un
problema che in questa serie torna di stretta attualità.
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“Sentito? Cassidy non ha mai visto Fringe” , “Sapevo che il ragazzo aveva qualche problema mentale grave”. |
“Mindhunter” non
è chiaramente una serie basata sull’azione, le uniche scene d’azione (e saranno
tre sparse su dieci episodi) sono momenti non chiave della storia. I
protagonisti qui parlano un sacco, in certi momenti ci si appassiona al modo in
cui il loro lavoro influisce sulle vite personali, tipo nella riuscitissima
scena delle scarpe della fidanzata di Ford, un momento che riesce ad essere
ironico e amaro in parti uguali.
meno l’eterno ciarlare che fa stagnare la parte centrale della stagione, non
aiuta, il fatto che quel losco figuro, che fa la sua breve comparsata in ogni
episodio della serie ed è chiaro che sarà il prossimo “Cliente” della squadra (COFF!
Coff! Il figlio di Sam! Coff COFF!) in questa stagione sia l’eterna promessa
che non si avvera mai, rimandata chiaramente (e volutamente) alla stagione due.
“Zodiac” poteva permettersi di concludersi con un finale che non era un finale
visto che l’identità dell’assassino dello Zodiaco non è mai stata scoperta per
davvero. Quindi, quel suo Non-Finale, alla fine riusciva ad essere un finale e
pure molto bello per quella storia.
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“Questo è il punto esatto dove ti si bloccherà il finale di stagione”. |
“Mindhunter”
gioca nello stesso territorio, ci illustra la nascita di una professione
prendendosi tutti i suoi tempi e rimandando quel finale a data da destinarsi,
quindi stringi stringi, dopo dieci episodi hai l’antefatto di una storia che si
prospetta molto lunga che dopo dieci episodi rischia di lasciare il pubblico
con l’antica sensazione che potremmo riassumere come: «Eh, ma quindi?».
certezza è che la serie tornerà con una seconda stagione nel 2018, ci sarà
ancora David Fincher e ruoterà attorno alla morte di 24 bambini nota negli Stati Uniti come “Atlanta child murders”. Il potenziale di questa serie è come
la sua qualità generale: altissimo, ma se dovessi dirvi che tutti e dieci gli
episodi mi hanno entusiasmato come l’inizio dovrei mentirvi.
unisce fatti realmente accaduti ad eventi di fiction come piace a me, il tema
dei serial killer mi attira molto e il marchio di David Fincher, anche quando
lavora su serie tv come ha fatto, ad esempio, in alcune stagioni di House of cards è tutto lì da vedere, quindi
occhio perché questa serie è destinata a volare in alto.
Visto che siamo in argomento, non perdetevi il pezzo del Cumbrugliume dedicato a questa serie!