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Miriam si sveglia a mezzanotte (1983): ridurre i canini, aumentate lo stile

Come sono i registi che piacciono alla Bara Volante? Dovreste saperlo, talentuosi, poco allineati, controversi e orgogliosamente di genere. La seconda metà dell’anno, ormai da abitudine è quella che mi piace dedicare ad un regista meno celebrato (se anche un po’ schifato tanto meglio) e questa volta ho deciso di mettermi davvero nei guai.

Sì, perché è da parecchio che a me questa cosa ribolle in pancia e per quanto io possa pilotare questa Bara Volante, come la TARDIS del Doctor Who mi porta dove vuole lei e a me questa storia che Tony Scott deve sempre passare per il fratello scemo di Ridley, mi fa abbastanza girare le palle.

Non sono uno che da troppo valore ai premi cinematografici, ma in ogni caso Ridley Scott(o) non ne ha vinto nessuno di quelli grossi, quindi perché Tony dev’essere sempre “Il fratello di Ridley”, perché è nato sette anni dopo? Sì, lo so cosa state pensando, Ridley ha diretto dei capolavori, perché Tony no? Sì, però Tony Scott ha firmato anche dei film che non sono andati affatto bene al botteghino, perché Ridley, no?

Dove sta questa presunta superiorità di Ridley Scott(o)? Per me solo nella testa del pubblico che vede uno come intoccabile e l’altro come il fratello scemo, no, non ci sto, è ora di schierarsi ed ora che questa Bara prende le parti di Tony… Lo Scott giusto!

Anthony David Leighton Scott, più conosciuto come Tony nasce a North Shields, in Inghilterra nel 1944, è il terzo di tre fratelli, di cui Ridley è il secondo, il maggiore si chiamava Frank.

Appassionato d’arte e di auto veloci, Tony finì per seguire presto le orme del fratello Ridley, da tutti considerato il genietto di famiglia, perché con la sua Ridley Scott Associates (RSA) dietro la macchina da presa si stava facendo una certa fama nel campo della pubblicità. Nel 1965 collaborano per il primo cortometraggio diretto da Ridley, “Boy and Bicycle” (1965) in cui Tony Scott interpreta la parte di… Beh, Tony Scott, chi altri se no?

Ma dove vai Tony Scott in bicicletta? (Quasi-cit.)

L’influenza del fratello maggiore su Tony è enorme, inutile negarlo, nel 1975 per una scommessa persa con il fratellone, lo Scott giusto dirige un adattamento letterario di “The Author of Beltraffio” di Henry James, per la televisione francese, ma soprattutto sforna tantissime pubblicità per la RSA, facendosi le ossa e realizzando un suo sogno, fare abbastanza soldi per potersi comprare una Ferrari (storia vera).

Mentre Ridley esordisce con i suoi tre capolavori – quelli di cui ancora oggi campa di rendita – anche Tony inizia ad essere corteggiato da Hollywood, ma la morte del fratello maggiore Frank, per un cancro alla pelle a soli 40 anni nel 1980, è un brutto rospo da digerire che fa slittare lo sbarco dello Scott giusto nella mecca del cinema americano.

Ristabiliamo da subito la tradizione dei titoli di testa del film per la rubrica.

Il suo piano? Adattare per il grande schermo il romanzo del 1973 di Anne Rice, “Intervista con il vampiro” che arriverà al cinema solo nel 1994 diretto da Neil Jordan, perché nel frattempo l’MGM gli propone di fare la stessa cosa, ma con un altro romanzo, sempre a tema vampiresco, “The Hunger” del 1981 di Whitley Strieber. Tony accetta, il film esce nel 1983 e viene anche presentato fuori concorso al festival di Cannes, se non ne avete mai sentito parlare, probabilmente è perché qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa il film cambia titolo e diventa il chilometrico “Miriam si sveglia a mezzanotte” che poi era anche uno dei tanti soprannomi – l’unico che posso riferire senza ricorrere a parole poco educate – del mio per fortuna ex vicino di casa che aveva le stesse abitudini, ma era decisamente meno elegante della Catherine Deneuve di questo film.

«Oui, je suis Catherine Deneuve» (una delle due frasi che so dire in francese, solo che non mi chiamo Catherine!)

Il 1983 è l’anno giusto per questo film, nel mondo si inizia a parlare di HIV, non nel film, ma l’inesorabile invecchiamento del personaggio di John e la vita trasgressiva dei protagonisti fa di “The Hunger”, un titolo al passo con i tempi nei temi e soprattutto nell’estetica e proprio quel “La fame” del titolo originale può essere interpretato in più modi, appetiti che possono essere anche sessuali e anche se nella storia si parla di invecchiamento legato al sonno, la variante italiana “Miriam si sveglia a mezzanotte” risulta un colpo ad effetto, ma molto meno a fuoco. Poi, oh… Chiedetelo al mio ex vicino di casa se dormire poco fa invecchiare bene, faceva il “Vampirla” la notte ma di giorno di aggirava come uno zombie (storia vera).

La Miriam del titolo è una vampira vecchia di un paio di secoli conservata alla grande e fatta a forma di una splendida Catherine Deneuve, il suo compagno di vita John (David Bowie) non è un vampiro “puro” come Miriam, è una sua creazione la cui giovinezza non è eterna e malgrado il continuo nutrire tutti i suoi istinti improvvisamente a John tocca il destino degli altri amanti della donna – che Miriam conserva in comode bare in soffitta – ovvero iniziare ad invecchiare di colpo, malamente e senza possibilità di arrestare il drammatico decadimento.

We can be heroes… (scusate, non ho potuto resistere)

In mezzo a loro a completare il triangolo, destinata a rompere il cerchio (oppure ad iniziarne un altro, lo lascio scoprire a voi guardando il film) s’infilerà una dottoressa specializzata nel legame tra il sonno e l’invecchiamento, convinta di poter controllare l’orologio biologico che controlla il decadimento dei nostri corpicini, la dott.ssa Sarah Roberts risponde al canone cinematografico. Avete presente la regola non scritta per cui nei film, le scienziate devono essere tutte gnocche? Ecco, la Susan Sarandon del 1983 abbraccia in pieno la categoria.

Dottoresse così a me non capitano mai, prima estratta: Susan (nel corso delle rubrica avremo altri esempi)

Quando dico che i primi minuti di un film ne determinano tutto l’andamento, penso anche a film come “The Hunger”, in un locale alla moda Miriam e John si muovono sinuosi come due predatori, la fotografia di Stephen Goldblatt è ultra patinata e bellissima, Catherine Deneuve e David Bowie sono stilosissimi ed impegnati a portarsi a casa una coppia, alla moda almeno quasi quanto loro, la giacca giusta i Ray-Ban a specchio giusti, non una parola, ma tutto raccontato per immagini e un montaggio sincopato quasi quanto le note della canzone che risuona, la decadente e affascinante “Bela Lugosi’s Dead” che i Bauhaus hanno dedicato ad un’Ungherese piuttosto famoso per aver interpretato… Guarda un po’ un Vampiro. La presenza di Peter Murphy in persona, cantante del gruppo e punto di riferimento per tutti i Goth degli anni ’80, è altro materiale che va ad aggiungersi allo stato di culto di questo film.

Il gran visir di tutti i terun darkettoni.

Mentre i Vampiri – che qui non vengono MAI chiamati così, proprio come nel successivo Il buio si avvicina, tenetelo a mente che più avanti torna – vampireggiano, la dottoressa conduce esperimenti sulle scimmie, sì, perché ci sono anche le scimmie qui! Il vero barometro della “figaggine” di un film, sicuramente per uno “scimmiologo” convinto come me.

I dialoghi latitano, l’estetica è spinta al massimo, Tony Scott fa valere tutta la sua esperienza di regista di pubblicità e video musicali, l’inizio è pretenzioso nel suo voler risultare artistico, narrato solo per immagini spezzettate dal montaggio che cambia ritmo diventando anche frenetico, le luci la fanno da padrone. Se l’appartamento di Miriam e John è un maniero elegantissimo che sembra uscito da una rivista di arredamento (o dai sogni bagnati di un maniaco dell’ordine) la fotografia di Goldblatt è quella in cui si riflettono i microscopici granelli di polvere nei fasci di luce che tagliano le inquadrature, insomma è il marchio di fabbrica di Ridley Scott, da cui Tony qui è ancora dipendente, quasi quanto John da Miriam.

«Lo Scott giusto si chiama Tony, ricorda il nome»

Ma dal punto di vista estetico, l’uso della fotografia, con quei fasci di luce che sembrano doverti tagliare in due, per certi versi, mi hanno sempre fatto pensare all’uso delle luci al neon di Walter Hill, uno con cui Tony Scott ha più di una cosa in comune, come vedremo meglio nel corso della rubrica.

“Miriam si sveglia a mezzanotte” t’incolla allo schermo con il suo inizio che dice già tutto del film che risulta stilossissimo, ma non proprio bilanciato, lo si guarda perché appena ti distrai Tony Scott ti lancia addosso una scena ultra patinata da cui è impossibile staccare gli occhi, come quando Miriam seduce Sarah – momento che ha fatto perdere svariate diotrie a molti maschietti – ma in parecchi momenti ci si annoia perché la pellicola pare girare a vuoti e ci si sente un po’ come John che invecchia inesorabilmente sotto i nostri occhi nella sala d’aspetto dell’ospedale e non era nemmeno un ospedale italiano, altrimenti non ci sarebbe stato nulla di diverso dal solito.

Nel film, una scena immaginaria. In uno strambo Paese a forma di scarpa la normalità.

“The Hunger” è sempre in pericoloso equilibrio tra il culto totale e i momenti strampalati, se non proprio scemi, gli effetti speciali con cui viene gestito l’invecchiamento del personaggio di David Bowie sono ottimi ed… Ehm, invecchiati benissimo. Purtroppo lo stesso non si può dire dell’ultima scena, il climax con il ritorno di tutti i vecchi amanti incartapecoriti di Miriam, che sembra una scena dello Zombi di Lucio Fulci (e sono stato già buono), però con una fotografia ultra patinata. Insomma, non giriamoci attorno: Tony Scott qui arrivava dalla pubblicità e non aveva ancora i tempi giusti che servono ad un regista cinematografico a rendere la narrazione scorrevole e omogenea, ma nemmeno gli servono, perché malgrado il flop al botteghino (troppo strano e ricercato per il pubblico, ma forse anche un po’ troppo innovativo per il tema vampiresco, ne parliamo a fine post) il film è riuscito con il tempo a guadagnarsi un’etichetta da film di culto.

Può sembrare strano vista la fama di Tony Scott, ma qui quello che la maggior parte del pubblico considera un tamarro fa brillare alla grande una signora della Nouvelle Vague come Catherine Deneuve, rende Susan Sarandon sexy come forse non è mai più stata, e persino “l’uomo che cadde sulla Terra” più stiloso di sempre, invece di mettere tutti in ombra con la sua presenza – niente capelli da cantante di una Air-Band come in Labyrinth – regala una prova dolente. Molta classe per quello tamarro della famiglia Scott, che dite?

Sono tutti qui per vedere i tuoi celebri occhi David, non fare il timido.

I vampiri di Scott lavorano per sottrazione, non hanno canini, ma cavano il sangue dalle loro vittime usando una lama nascosta in un ciondolo a forma di Ankh, il simbolo egiziano della vita. Il sangue non manca e nemmeno uno stranissimo flashback a tema egiziano in grado di far alzare più di un sopracciglio. Il difetto del film più che l’inesperienza di Tony resta la sua dipendenza ad altri modelli che lo fanno passare per uno troppo in fissa con l’arte e la fotografia patinata a tutti i costi, sulla sua regia insomma, ancora l’ombra lunga del fratello Ridley.

Ma le zampate di un talento cristallino si vedono già tutte, qualcuno meno capace avrebbe trasformato la scena saffica tra Catherine Deneuve e Susan Sarandon in una roba da film scollacciato italiano degli anni ’60, invece per quanto sia esplicita e generosa nel mostrare epidermide e poppe – e in questo senso lo è parecchio – resta comunque elegantissima, roba del tipo: sto guardando una roba zozza forte, ma sono anche molto intellettuale.

Perdita delle diottrie, però con stile e una grande fotografia. (scritte piccole? Colpa delle diottrie)

Ma in un film dove non mancano poppe e scimmie (eh, su dai! Di che altro ha bisogno un film di qualche vampiro? Abbiamo anche quelli!) la vera forza di “Miriam si sveglia a mezzanotte” la si calcola in prospettiva, sulla lunga distanza, fatemi chiudere quell’icona a cui ho idealmente accennato lassù nel corso del post, almeno un paio di volte.

Prima di “The Hunger” i vampiri erano si romantici e decadenti, ma sempre e comunque relegati in vecchi castelli polverosi, interpretati da grandi vecchi come Christopher Lee, anche capolavori come “Nosferatu, il principe della notte” (1979) di Werner Herzog si rifacevano alla vecchia iconografia, quella di Murnau e del suo film del 1922.

Tony Scott arriva, apre le finestre e fa entrare i suoi fasci di luce, portando un nuovo punto di vista, e gli intenti sono chiari perché i Bauhaus cantano già sui titoli di testa che Bela Lugosi è morto, è ora di cambiare e Scott il tamarro, Scott il fratello di quell’altro, ma anche lo Scott giusto, ha l’intuizione di rendere i vampiri alla moda, non più vecchi conti in tetre magioni, ma creature della notte glamour, stilosi come Rockstar, tanto che uno di loro una Rockstar lo è per davvero.

Può sembrare poco, ma non lo è, perché “Miriam si sveglia a mezzanotte” cambia lo scenario per sempre e modifica l’iconografia dei vampiri in modo radicale, segnando la strada da seguire per tanti che dopo Tony Scott lo faranno.

«Ma non doveva essere volante questa bara? Sta scritto anche lassù perché non vola!»

Il vampiro vicino di casa dal fascino animalesco da sciupafemmine di “Ammazzavampiri” (1985), “Vamp” (1986) che si gioca un’altra icona di stile come David Bowie, ovvero la cantante Grace Jones. Joel Schumacher nel 1987 declina la lezione di Tony Scott in chiave giovanile e i vampiri di Ragazzi Perduti sembrano delle star del Rock e quella malinconia del tempo che passa inesorabile, dell’amore tra vampiri – mai chiamati così – e gli umani che da loro dipendono viene mescolato al mito della frontiera da Kathryn Bigelow nel 1987 con Il buio si avvicina.

Ma tutto è iniziato con Tony, lo Scott giusto, che dopo il flop al botteghino del suo film d’esordio, troppo strambo e forse troppo avanti per il suo pubblico, tornerà a dirigere videoclip e spot televisivi per due anni, ma occhio, perché la rivincita era dietro l’angolo e sarebbe stato anche piuttosto clamorosa, ci vediamo qui la settimana prossima per il nuovo capitolo della rubrica, Ray-Ban a specchio e giubbotto di pelle saranno d’ordinanza. Ma prima, vi lascio con lo schemino che conto di utilizzare alla fine di tutti i capitoli della rubrica, per portarvi tutti dal lato giusto della “Scottitudine”. Intanto non perdetevi la locandina d’epoca sulla pagine di IPMP!

Miriam si sveglia a mezzanotte (1983), se lo avesse diretto Ridley?

Sarebbe più facile per tanti riconoscere l’enorme contributo del film all’iconografia dei vampiri al cinema, ma lo ha diretto Tony, quindi è solo una roba con dei vampiri e David Bowie.

Nel paragone diretto, resta comunque molto meglio di: The Counselor – Il procuratore (2013)

A parità di cast di “Bello bello in modo assurdo”, Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem, non allacciano nemmeno le scarpe al trio Deneuve, Bowie, Sarandon. Inoltre, le parti noiose del film di Ridley lo rendono una palla mortale, quelle di Tony invece consistono in momenti Sexy da E.N.E. (Epistassi Nasale Esplosiva).

Risultato parziale dopo il primo Round:

Il tarlo del dubbio sta iniziando a logorare la vostra mentre, vi ripeterò il mantra fino allo sfinimento: Tony, lo Scott giusto, Tony, lo Scott giusto. Tony. Lo. Scott. Giusto!

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