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Mission: Impossible – Rogue Nation (2015): una corsa contro il (padre) tempo

Tommaso Missile corre. Lo ha sempre fatto, in ogni suo film, correva con il rapporto minoritario e con i cieli color vaniglia, corre così tanto che in “Cuori Ribelli” arrivava negli Stati Uniti dall’Irlanda correndo, corre anche quando non può farlo, correva in sedia a rotelle il 4 di Luglio e siccome si è qualificato, prima correva sulle ruote anche contro Michael Rooker. Mi pare corresse pure in “Cocktail”, ma non chiedetemi di rivederlo, sono più uno da birra.

I cattivi potrebbero dire che corre via dalla sua omosessualità latente, ma Tommaso non è gay, ha un ego troppo grande per amare un altro uomo. Con tutto questo correre (e parecchi ex presidenti spirati stampati su carta verde dati ai chirurghi giusti) si è tenuto in gran forma, è passato indenne da tre divorzi e dai divani di Oprah, sembrava destinato all’oblio, invece ha semplicemente deciso di smettere di correre dietro ad un Oscar e correre lontano da padre tempo, sembra che non gli importi più di sentire tutti dire: «Che bravo a Tommaso Missile», forse è più interessato che tutti dicano «Guarda quanto è giovane Tommaso Missile», come si ottiene tutto questo? Missione Impossibile? No, non nel senso che non si può fare, Mission: Impossible, il film, anzi i film!

«Non mi hanno arrestato, sto solo facendo una pausa prima di ricominciare a correre, altrimenti non mi diverto»

Mission: Impossible (da qui in poi M:I) è sempre stata la vetrina del super ego di Tommaso, a me non sta simpaticissimo (per via di una roba con un’Australiana, lasciate perdere, comunque, storia vera), ma è innegabile che sia un professionista che levati, ma levati proprio, se dovessi fare un paragone con lo sport che mi è più chiaro, Tommaso ha la stessa cazzimma agonistica di Kobe Bryant, un altro che non mi sta simpaticissimo, ma è senza discussione un fenomeno, evidentemente per i primi della classe è così.

Della vecchia serie tv originale sono rimasti solo i messaggi vocali che si autodistruggono, questa saga cinematografica ha sempre avuto un’impronta molto americana, James Bond, sì, ma a stelle e strisce, il che vuol dire, esplosioni più grandi, macchine più veloci, donne con cosce più lunghe, in pratica Tommaso, anche come “Executive producer” corre, per fare di più e meglio di Bond.

Sempre alla ricerca del regista giusto per far fare al suo Ethan Hunt (ovvero se stesso) le cose più spettacolari, nel primo film stava solo appeso ad una corda per non far scattare l’allarme sul pavimento, Jon Voight ai tempi di quel film aveva 58 anni, faceva “Un piccolo capitombolo giù dalla rupe” (CIT.), oggi, qui, Tommaso di anni ne ha 63, ci spiega come si fa a non perdere MAI più un aereo in vita vostra.

«Adesso ho capito perché quando ho prenotato il volo costava così poco!»

Questa volta il regista scelto per la missione è Christopher McQuarrie, sceneggiatore di fiducia di Singer, che con Tommaso aveva già lavorato, da “Operazione Valchiria” a “Jack Reacher” di cui era anche regista, il risultato sono 131 minuti di intrattenimento fatto bene, quello che si ottiene quando scrivi bene un film, quando curi ogni scena e il tuo protagonista è in preda (al suo ego) al trance agonistico. Detto questo a mio avviso la campagna pubblicitaria è stata completamente sbagliata.

Fin dai primi trailer, ce lo hanno fatto a fette con la storia che Tommaso fa tutti gli stunt da solo, che si è davvero appeso ad un airbus, che ha davvero guidato fortissimo in moto senza casco… Ok, vero, va bene, il problema è che tutto questo che dovrebbe essere un vantaggio in un film action (inquadri il tuo protagonista bene in faccia, senza doverti inventare angoli di inquadratura bizzarri per mascherare la controfigura) alla fine è stato un boomerang, si parla di Tom Cruise e non del fatto che “M:I 5 – Rouge nation” (Stato canaglia… Perché non l’hanno tradotto stato canaglia? Che bella è la parola canaglia dai!) sono 131 minuti di intrattenimento fatto bene, anche per quei cinefili chic (quindi non il sottoscritto) che non possono solo godere dell’azione, delle mazzate e degli inseguimenti.

Eccome come Tommaso Missile si asciuga i capelli.

Il sindacato minaccia la stabilità, ma non pensate che Sergio Marchionne abbia assoldato Ethan Hunt per zittire finalmente la FIOM per sempre, no, la trama è un pelo più complessa, prevede una lista di nomi di agenti e altro non vi rivelo sennò vi rovino il trucco, o il MacGuffin (lasciatemi l’icona aperta che ripasso…) che serve a tenere Tommaso sempre in corsa, sempre in movimento, a fare tutti gli stunt, in modo che il pubblico dica: «Vah com’è il forma il Tommaso! Sembra un pischello!»

Ethan Hunt potrebbe avere nel film trentatré anni, poco importa se lo interpreta Tommaso con venti anni di più sulla carta di identità, lui è sempre figo, è sempre giusto, non sbaglia mai (anche quando sbaglia) sembra un Big Jim in versione spia, o uno Small Jim considerando la tappezza del Divo, è pettinato anche controvento e nel film tutti i personaggi temono, sfidano, amano, invocano Ethan Hunt, come l’apertura, quasi un cold-open da serie tv, in cui tutti si chiedono: «Ma dov’è Ethan Hunt?», in modo da enfatizzare l’entrata in scena. Ok, ora rileggete questa frase, sostituite “Tom Cruise” dove io ho scritto “Ethan Hunt” e avrete il mondo come lo vede Tommaso ogni giorno che scende dal letto.

«Una volta dovrei provare a tirare lo sciacquone come tutte le persone normali»

Non mi è simpatico e penso si sia capito, ma una cosa è certa: da quando non è più in fissa per la statuetta di Zio Oscar, Tommaso sta facendo i film giusti, “Edge of tomorrow” aveva un gran ritmo e rischia di diventare un piccolo classico e giunto al quinto capitolo, M:I sforna un altro ottimo film della saga.

Christopher McQuarrie fa tutto giusto, mantiene un ritmo serrato alla pellicola e la riempie di scene madri, questo film è una collezione di scene madri, tutte giustificate (bene) dalla trama, come detto un MacGuffin continuo, ma il risultato generato è ottimo, quindi va bene così e visto che ho lasciato un’icona aperta, abbiamo il tempo per una scena che si ispira al Maestro Alfred Hitchcock: uno scontro tra cecchini Viennesi nel bel mezzo della Turandot, a fine scena ho detto: «Ok, M:I 5 sarà ricordato per questa scena», mi sbagliavo, perché poi arriva anche la scena del datawarehouse subacqueo.

Vestita così puoi stare sicura che nessuno noterà il fatto che vai in giro con un fucile.

Come minchia si traduce datawarehouse? Magazzino delle informazioni? Boh, insomma, il solito posto inaccessibilissimo a cui i protagonisti devono accedere, bene, quello. Ma con l’acqua. Per una scena che vi farà trattenere il fiato come fa Ethan Hunt, diretta da McQuarrie con pause ogni sei minuti, per dare il tempo a Tommaso di rifiatare e, malgrado questo, il montaggio risulta ottimo e il ritmo impeccabile.

Per altro, nell’inseguimento auto-moto in Marocco, ho assistito ad uno dei pochi utilizzi realistici di cinture di sicurezze e Air-bag in un’automobile, che per una volta non scompaiono dopo l’urto per comodità narrativa, anche meglio della scena dell’Air-Bag che si attivava a motore spento del comunque ottimo quarto capitolo. Di contro altare, la scena successiva in moto si conclude con una caduta rovinosa che non stropiccia nemmeno la camicia del protagonista, ma la scena in se è talmente una bomba che me ne frego, quelli che vanno a vedere i blockbuster spettacolari, per poi lamentarsi che le scene spettacolari non sono realistiche, li costringerei a vedere a rotazione Grey’s Anatomy.

«No tutto ma Grey’s Anatomy no!»
La presenza di Alec Baldwin nel film mi ha portato a fare delle riflessioni. Lui che è stato il primo Jack Ryan, tutto preoccupato di salire sull’Ottobre Rosso, in una scena madre che prevedeva il suo salto, da un elicottero, con indosso il salvagente per altro («Limitati a scriverle Jack!») vederlo qui, mentre Ethan Hunt ne fa di ogni e probabilmente un salto del genere lo fa la mattina solo per spegnere la sveglia, mi ha fatto capire che in venticinque anni gli eroi d’azione occidentali hanno dovuto fare gli straordinari in palestra e Tommaso Missile lo ha capito, se vuole tenere testa agli Avengers o alla FAMIGLIA o fai così o salti dalla fines… Vabbè, avete capito il concetto.

«120/80, la pressione va bene Signor Pegg, ora facciamo il controllo della vista»

L’amaro in bocca “Missione due punti impossibile cinque trattino nazione canaglia” lo lascia solo sotto la voce “Cattivone di turno”, perché McQuarrie è responsabile di aver creato Keyser Söze, ma in questo film il cattivo sembra un ingegnere informatico particolarmente incattivito dal suo sistema operativo, nella serie che ci ha insegnato che ogni eroe (Bellerofonte) ha bisogno di un cattivo (Chimera), sotto questo punto di vista il film è piuttosto carente, anche il cattivo deve sottostare alla regola che tutti devono onorare Ethan Hunt… Certo poi ti ricordi che McQuarrie è anche quello che ha scritto quella porcheria di “The Tourist”, quindi capisci che anche lui è solo umano, non è mica Tom Cruise che diamine!

M:I5 ha solo una sfiga: essere uscito nel 2015, ovvero nell’anno di Mad Max Furiostrada, altrimenti avrebbe vinto il primato di action più riuscito dell’anno (forse), anche perché si è giocato molto bene un’altra carta, quella della protagonista femminile. L’agente inglese Ilsa Faust (nome figo, quando smetti di pensare che sembra un’imprecazione in Piemontese) interpretata dalla bella Rebecca Ferguson. Con estrema maestria la ragazza ruba la scena al protagonista più volte (come Furiosa ha fatto con Mad Max), un personaggio che riesce a risultare bella e tosta, ma soprattutto… Broomance, vado a spiegare.

No sul serio, non chiedetemi di commentare questa immagine, parla già da sola.

Il loro rapporto è fatto tutto di non detto, il film sembra tutto un lungo corteggiamento, una rapporto d’amore di una vita, riassunto in pochi giorni (131 minuti per noi), i personaggi non hanno bisogno di dirsi nulla, ma noi (e loro) sappiamo già. Invece di fare romanticherie, si scambiano cazzotti, il limite religioso di non mostrare il sesso (Scientology non gradisce) diventa un pregio del film. L’unico difetto è che Furiosa resta ancora diverse spanne sopra, perché non ha nemmeno il vincolo dell’inevitabile storia amorosa, mi dispiace Ilsa ci siamo conosciuti nell’anno sbagliato.

Il resto del gruppo? Jeremy Renner sta al suo posto, parla quando deve parlare, si siede quando deve stare seduto, rispetto al quarto film sembra il co-protagonista, rispetto ad Avengers – Age of Ultron sembrano tornati i tempi di Occhio di falco zitto… E MUTO! In compenso si può consolare guardando Ving Rhames, che viene utilizzato come farcitura per i costumi di scena, presto lo vedrete al benzinaio sotto casa, usato come sagoma di cartone, per tenere il cartello con i prezzi segnare una tacca sul suo numero di partecipazioni alla saga, pari a quelle di Cruise.

Tiene botta… Il nerd, Simon Pegg, non ha tutta l’ironia del film sulla spalle, ma quasi, per fortuna non lo hanno reso uno di quei personaggi odiosi che deve far ridere ogni volta che apre bocca, il suo Benji ha una storia e lui lo interpreta alla grande, micidiale a snocciolare le battute giuste ma anche scientifico a fare da spalla, gli anni di allenamento con Nick Frost si vedono. Se vuoi uno con cui dividere il proscenio senza farti rubare la scena devi far venire giù un comico, Pegg funziona anche nelle scene action, la Trilogia del Cornetto lo ha dimostrato.

«Il mio nome è Pegg, Simon Pegg»

“Missione due punti impossibile cinque trattino nazione canaglia” è il migliore tra tutti i Blockbuster estivi usciti quest’anno, per una saga che si conferma una garanzia (già confermato M:I6, tranquilli) abbiamo assistito ai cattivoni dello stato canaglia, adesso aspettiamo di vedere i cattivoni della Spectre, Sam Mendes, Signor Bond, la palla è nel vostro campo. Questo messaggio si auto distruggerà tra 5, 4, 3…

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