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Monarch – Legacy of Monsters (2023): il punto di vista umano sui Titani

Mi sono preso il mio tempo per vedere e scrivere di “Monarch – Legacy of Monsters” la miniserie (per ora, se non verrà annunciata una seconda stagione) nata da una costola di Godzilla, anzi nello specifico del MonsterVerse a cui recentemente si è aggiunto un nuovo capitolo.

Sapete come la penso, dopo il primo ‘Zilla-film americano di Gareth Edwards il “Mostruniverso” ha preso una deriva sempre più giocosa, una versione con i soldi dei classici dell’era Showa degli anni ’60. Storie in cui gli umani avevano fin troppo spazio per i miei gusti, però che posso fare, ci sono due mostri giganti a cui non posso dire mai di no nella mia vita, uno è ‘Zilla l’altro è Kurt Russell e questa serie può giocarseli entrambi, quindi consideratemi dentro.

Il tempo si è allungato per il vostro amichevole Cassidy di quartiere anche perché ehi! “Monarch” funziona! Incredibilmente nel mare magnum di serie noiose che inizio e poi ho solo voglia di finire afflitto da “stanca” (termina tecnico che indica più le serie che il sottoscritto), questa mi è proprio piaciuta, ho anche identificato un responsabile, ma come direbbe Anders Celsius, andiamo per gradi.

Un enorme Schwanzstück (cit.)

Per prima cosa va detto che “Monarch – Legacy of Monsters” è un po’ Pulcinella servo di due padroni, se i film del “Mostruniverso” sono produzioni Legendary Pictures con Warner Bros. Pictures e l’ovvio benestare della Toho, la serie tv esce per Apple TV+ e può avvalersi della politica della casa della mela masticata, ancora alla ricerca di una certa qualità nelle sue produzioni, indipendentemente dal genere.

Doverose istruzioni per l’uso: se siete alla ricerca della serie “ignorante” (occhio a come uso il termine in modo non dispregiativo) con mostri grossi che spaccano tutto ad ogni minuto, ecco per quelli ci sono gli ultimi film del Mostruniverso, qui i Titani ci sono, grossi, cattivi e anche realizzati con effetti speciali ben fatti, ovviamente non manca neanche il titolare con cui tutto è iniziato, ovvero Godzilla, però il fuoco della serie è più sui personaggi umani, in pratica l’esatto opposto di quello che ho sempre sperato dai film del MonsterVerse, anche se “Monarch” rende chiaro il principio per cui non è importante quanto sia grosso il tuo umano, quello che conta è come lo usi. Badabum-TSSS, il pubblico ride, cabaret!

«Pensa davvero di farci ridere con questa battute Cassidy?», «Che ti devo dire, è uno spirito semplice»

“Monarch” si districa su diverse linee temporali, la prima è nel 2015, a ridosso del G-Day, l’attacco di ‘Zilla alla città di San Francisco narrata dal film di Edwards, qui la serie riesce a raccontare un mondo identico al nostro, che però ha sviluppato procedure, tecnologia e tentativi di arginare un evento incontrollabile come l’attacco di un Titano. Immaginate quanto è cambiato il nostro modo di vivere dopo gli attentati terroristici o la pandemia globale, e qui ritroverete lo stesso, città e abitanti che hanno imparato a gestire vie di fuga o altri palliativi antipanico che in teoria dovrebbero aiutare, ma alla fine sono proprio questo, un palliativo quando ‘Zilla muove la coda nella tua direzione.

La trama comincia con Cate Randa (Anna Sawai, che troverete in tutte le serie tv) alla ricerca del padre, legato al protetto Monarch e scomparso, per ritrovarlo la ragazza volta in Giappone e qui scopre il primo di tanti segreti, una seconda famiglia e addirittura un fratellastro di nome Kentaro (Ren Watabe) che porterà la ricerca su un piano del tutto personale, anche se gli intrecci tra personaggi non si fermano qui.

Buca lo schermo e lo farà in parecchie altre serie.

Per essere un prodotto americano, legato al MonsterVerse, che fino a questo momento è stato per forza di cose sbilanciato in favore del Titano a chilometri quasi zero, ovvero King Kong, questa serie riporta un po’ la bilancia in equilibrio. Grazie alla porzione di storia ambientata negli anni ’50, ‘Zilla viene nuovamente raccontato come metafora dell’incubo nucleare giapponese, che poi è come è stato creato dal Sensei Honda nel 1954, da questo punto di vista ho amato molto la caratterizzazione del personaggio di Keiko (Mari Yamamoto), scienziata e Giapponese in un ambiente di maschietti sì, ma soprattutto militari e Yankee, appena usciti da una guerra che hanno vinto solo sganciando due atomiche sul Giappone, dando così il via all’incubo nucleare. Una banda di personaggi che quando parla della scienziata fatica a definirla così, il più delle volte scappa dalle loro bocche robe come «Lei è una di quelli buoni», tutte trovate che non sono figlie delle imposizioni dell’algoritmo ma di buona scrittura, che si ripercuote anche su uno dei momenti più spettacolari della prima parte della miniserie.

Nella foto, un Titano.

Quando i soldati americani avvistano Godzilla fanno quello che fanno sempre, cercano di nuclearizzarlo, ok, tutti noi cresciuti con i film di mostri sappiamo che non è una grande idea (ma sono americani, che volete?), quando l’ordigno è pronto a detonare chi è l’unica che cerca di fermare l’esposizione? Ovviamente Keiko. Ma lo fa in quanta rappresentante della scienza o Giapponese, popolo che da sempre ha un legame speciale con ‘Zilla? Sono dettagli come questi che fanno di “Monarch” una serie che mi sono proprio gustato, perché è piena di momenti ben scritti e basati su personaggi riusciti, ecco perché anche i passaggi più fantasiosi che altrove sarebbero brutte trovate alla LOST, qui si traducono in momenti intensi, come lo “Spiegone” sull’età del personaggio di Kurt Russell, che si traduce in un passaggio di fantascienza magari non particolarmente originale, ma emotivamente davvero riuscito.

Nella foto, un altro Titano.

Mi gioco il Titano? Vai di Titano! Kurt Russell in certi momenti è un Uomo tra i bambini, non solo per motivi anagrafici, portatore sano di carisma si mangia intere sequenze e sembra quasi che gli altri personaggi si aggrappino alla sua presenza, anche nelle porzioni ambientate in parti innevate nel mondo, sarà per via dei precedenti? Forse, sta di fatto che un buon colpo in faretra della serie è proprio il personaggio di Lee Shaw, legato a filo doppio alla storia dell’iniziativa Monarch.

Per la seconda volta in carriera dai tempi di “Soldier” (1998) papà e figliolo interpretano lo stesso personaggio ad età differenti, con la differenza che nel film di Paul W. S. Anderson, Wyatt Russell appariva per pochi minuti, qui ha lo stesso tempo sullo schermo di papà e molte delle battute migliori, io tra le due generazioni di Russell trovo ancora una bella differenza, ma forse perché sono un tantinello Carpenteriano e non guarirò mai, anche se Wyatt è uno che comunque mi piace ritrovare e devo dire che anche qui se la cava piuttosto bene.

Il deaging che mi piace, quello reso possibile grazie a Goldie Hawn.

A proposito di cavarsela bene, “Monarch” servo di due padroni, riesce a mediare tra l’anima ormai un po’ dispersa e “seriosa” del film di Edwards del 2014 e l’andazzo preso dalle ultime produzioni del MonsterVerse, non voglio dire che in qualche modo riesca a trovare il punto di equilibrio, credo che il “Mostruniverso” ormai si basa tutto più sul lato caciarone, così come per l’altro pezzo grosso King Kong, però devo dire che se gli ultimi film non fanno per voi e siete alla ricerca di qualcosa che non sacrifici l’elemento fantastico in nome delle grandi mazzate, questa serie potrebbe fare per voi.

Anche perché in questa miniserie ‘Zilla passa dall’essere di nuovo METAFORONE dell’incubo nucleare giapponese, fino a trasformarsi pian pianino in qualcosa di un po’ più americano, il suo passato e quello dell’iniziativa Monarch si lega con la Storia anche recente americana, un risultato che mi sento di attribuire ai creatori della serie. Se conosco poco il lavoro di Chris Black, posso tranquillamente dire che quando ho letto il nome di Matt Fraction nei crediti, mi sono messo comodo perché sapevo che almeno uno che sa scrivere per davvero a bordo, questa serie lo aveva (storia vera).

«Umanità, neve e mostri. Perché tutto questo mi ricorda qualCOSA

Fraction ha dimostrato di sapere il fatto suo su un sacco di serie a fumetti, il suo ciclo di storie sulle pagine di Occhio di falco sono tra i lavori migliori della Marvel contemporanea, quando si tratta di sviluppare una buona storia attorno ai personaggi, caratterizzandoli a dovere e rendendoli realistici, Matt Fraction è uno dei migliori a cui affidare il lavoro e mi fa molto piacere vedere che qui il suo talento è stato fatto fruttare, quindi se avevate ancora dei dubbi riguardo a “Monarch” ora sapete cosa fare, anche se essù, ‘Zilla e Kurt avrebbero già dovuto essere un bell’incentivo no?

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