Dopo tutti questi anni come pilota e becchino di Bare Volanti ormai dovreste un po’ conoscermi, sapete che mi piace giocare a basket, ma questo non fa di me un giocatore professionista, allo stesso modo scrivo di cinema, ma visto che nessuno mi paga per farlo, anche qui, non lo faccio da professionista.
Se fossi nato milionario, probabilmente mi comprerei una squadra di basket e produrrei film horror, ma sono povero come la merda e non ho la fortuna e il talento di nomi come Keanu Reeves, uno che è sempre stato appassionato di arti marziali, così come di musica e di motociclette, ma non è di sicuro un artista marziale. Lo ha ampiamente dimostrato, esordendo alla regia con “Man of Tai Chi” (2013) ed interpretando un personaggio che ha dato il via ad un filone del genere Action molto in voga, e il verbo chiave qui è interpretare.
Quello che alcuni detrattori di John Wick proprio non vogliono vedere (perché secondo la mia esperienza i detrattori di John Wick non ascoltano ragioni, inutile anche spiegare loro dati di fatto) è che un ciocco di legno come Reeves, nella parte di Baba Yaga, l’assassino più letale del mondo è una trovata realistica quasi buffa, in una saga che non ha la pretesa di esserlo, diretta e coreografata da professionisti veri, non amatori come Reeves, che ha “solo” il compito di recitare, perché ehi, è un attore, lo avreste mai detto?
Vi ricordate circa un annetto e mezzo fa, quando ogni settimana aprivo le danze con il nuovo eroe John Wicko o la nuova eroina John Wicka della settimana? Il filone esiste grazie alla notorietà e alla passione di Reeves, appassionato di arti marziali, ma non marzialista, quindi perché qualcuno non avrebbe dovuto seguire l’esempio.
Non è impossibile trovare in rete i filmati giovanili di Dev Patel, reso celebre dal pluripremiato film “The Millionaire” (2008), dove il nostro attore inglese di origini indiane, partecipa a tornei di arti marziali da ragazzino. A mia volta da appassionato, non posso che apprezzare il fatto che un attore per il suo esordio alla regia, abbia scelto un film di arti marziali, non può che farmi piacere oggi come ai tempi, lo apprezzati molto per Reeves.
Dev Patel, che nel tempo libero pratica Taekwondo, sceglie di esordire con una storia e un film che non ha nessuna volontà di realismo, tanto quanto John Wick, con la differenza che costruendosi il film a sua immagine beh, sarà anche inglese ma indiano di origini, fosse stato rosso, con gli occhi verdi e le lentiggini, il suo film lo avrebbe ambientato tra Cork e Dublino, invece per ovvie ragioni ha scelto di ambientarlo in una India finta come una banconota da tre Euro.
Problema: se siete matti come il vostro amichevole Cassidy di quartiere, e anche voi state in fissa con la produzione d’azione di Bollywood e Tollywood, allora questo “Monkey Man” vi sembrerà ancora più posticcio, fuori tempo e sfigato nel confronto diretto, perché l’India di Patel è un cortocircuito di cliché che altrove, sarebbero al limite del razzismo, o per lo meno (io ti meno) dello stereotipo. Ma tutto questo mi interessa pochissimo, Patel è qui per portare in scena una storia di vendetta, se fossimo negli anni ’70 sarebbe una roba alla moda di Cinque dita di violenza, visto che siamo nel 2024, l’ispirazione è John Wick, ma con le dovute distinzioni del caso.
La trama è presto riassunta: in questa India visibilmente posticcia, il protagonista senza nome è in cerca di vendetta nei confronti di tre carogne responsabili della morte di sua madre, nel frattempo assorti a pezzi grossi della comunità, un politico nazionalista e razzista, un capo della polizia violento e stupratore e un santone corrotto. Tre galantuomini eh?
Cresciuto nella leggenda di Hanuman, che aumenta il quantitativo di scimmie presenti nel film (da sempre mio motivo di interesse in quanto scimmiologo DOC), il nostro ragazzo senza nome finisce nel giro dei combattimenti clandestini e per di più mascherati da animali, giusto per sottolineare la volontà di finzione della storia. Qui più che darle le prende, da combattenti più popolari del suo “Uomo Scimmia” accumulando rabbia ed esperienza, in combattimenti tutti presentati da uno Sharlto Copley come sempre dodici o tredici metri sopra le righe. Se avesse scelto la maschera da Uomo Tigre, avrebbe vinto tutti gli incontri e il film sarebbe durato meno di un episodio di “Lancillotto 008”.
Davanti alla concreta possibilità di infiltrarsi nel mondo criminale dando il via alla sua vendetta, succederà un casino e il nostro uomo SIMMIA diventerà il ricercato numero uno di tutti i criminali in circolazione, insomma tutto canonico, ma con più maschere da scimmia.
Va detto che Dev Patel ha avuto delle sfighe clamorose, non ho ben capito quale sia il contributo del prezzemolino Jordan Peele, produttore tanto strombazzato fin dalla locandina, di sicuro il neo regista avrebbe avuto bisogno di qualcuno con dell’esperienza, perché tra pandemia, location cambiate in corsa e infortuni riportati, per completare il suo film il ragazzo ha dovuto davvero sudare, mi dispiace quasi dover dire che il risultato finale non è all’altezza di tanto sforzo.
“Monkey Man” si prende sul serio, incredibilmente sul serio, drammaticamente sul serio oserei dire, John Wick è costellato di passaggi da fumetto, il nostro uomo SIMMIA invece è un musone che ad esclusione delle maschere nel Fight Club clandestino, pare stare in costante ansia da prestazione e nemmeno i passaggi più, diciamo psichedelici, aiutano ad alleggerirlo, ma il problema più grosso è un altro.
Reeves, un volenteroso ciocco di legno con i trascorsi giusti, può contare su un guru delle arti marziali vere, uno che si è fatto le ossa nel decennio d’oro degli anni ’90 come Chad Stahelski, qui Dev Patel invece, in piena fase maniacale, ha pensato bene di dirigersi da solo e a parità di volenterosi non professionisti delle arti marziali, in “Monkey Man” i limiti di Dev Patel non sono nascosti da trovate (visive o di trama) in grado di stemperare, ma soprattutto da qualcuno dietro alla macchina da presa che sa il fatto suo.
Risultato? Il montaggio si fa frammentato, confuso, stacca troppo presto per mostrare bene i colpi, deve farlo altrimenti sarebbero chiarissimi tutti i limiti di uno come Patel che è un attore, non un professionista delle arti marziali, quindi a tutti i detrattori di John Wick (che tanto non ascoltano ragioni, poveretti) se ci capissero qualcosa, potrebbero vedere “Monkey Man” per avere chiari i pregi di John Wick, ma tanto anche così il mio è uno spreco di energia, la saga con protagonista Keanu Reeves non ha certo bisogno di me come avvocato difensore.
Insomma, se volete un film di arti marziali, nessuno al mondo ne guarderebbe mai uno con protagonista Dev Patel, se volete un film d’azione, “Monkey Man” se non si prendesse così tanto sul serio avrebbe potuto essere il nuovo eroe John Wicko della settimana. Patel avrà anche messo in chiaro la sua ispirazione, ma per ora sembra solo un divo (o presunto tale) a cui un po’ di arti marziali da bambino non bastano non per considerarsi un eroe dell’azione, cioè magari nella sua testa, ma non fatti alla mano.
Il suo volto ha la maschera SIMMIA
(Monkey Man) SIMMIA
(Monkey Man) SIMMIA
(Monkey Man)
È Dev Patel che imita John Wick
Vorrebbe solo fare la Rock Staaaaarrr
Non ha paura di diriger lo schiaffone
Ma il suo montaggio purtroppo fa pieeeeeeeeetà
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing