Per anni l’uomo (ma anche la donna) ha cercato in lungo e in largo la risposta alla domanda definitiva (42), le religioni, la filosofia tutte le branche della scienza si sono spremute le meningi nel tentativo di risolvere l’enigma: qual è il senso della vita? Quando sarebbe bastato aspettare il nuovo capitolo della rubrica… Pythonesque!
Molti, come il sottoscritto, amano questo film, tanti altri
semplicemente non lo sopportano, può una così incredibile quantità di umorismo
nonsense spiegare davvero il senso della vita? A mio avviso sì e anche
piuttosto bene, inoltre il risultato finale non somiglia a niente
che potreste mai trovare in circolazione, no, nemmeno altri film dei Monty Python, in questo caso sono
perfettamente d’accordo con la frase di lancio della pellicola. Dio ci ha messo
sette giorni per creare il mondo, i Monty Python solo 90 minuti per fare tutto
a pezzi, questo atto di suprema anarchia qui sopra si merita il titolo di
Classido!
supera agilmente tutte le (insensate) critiche di blasfemia e diventa un
successo senza precedenti, l’ultimo definitivo passo per sganciare sul mondo la
Pythonmania che esplode in tutta la sua potenza. Nel 1982 i Python vengono
pagati una cifra spropositata per esibirsi al Hollywood Bowl, il celebre
anfiteatro di Los Angeles dove negli anni ’60 si sono esibiti tutti, dai
Beatles ai Grateful Dead, diciassettemila posti a sedere che i comici inglesi
(più uno americano) occupano tutte di spettatori in estasi, tra i quali parecchie
star, nella fondamentale “L’autobiografia dei Monty Python” (sagoma editore, 2011) ci sono foto di Debbie Harry che
mordicchia il lobo dell’orecchio ad Eric Idle, insomma i Monty Python sono
delle rockstar!
adesso, non avrebbero più bisogno di lavorare per il resto della loro vita,
quindi ovunque vadano tutti i Python sentono continuamente ripetersi: “Quando
fate un nuovo film? Quanto fate un nuovo film? Quanto fate un …” Vabbè, avete
capito. Uno a cui l’idea di fare così tanti soldi da non dover mai più lavorare
per il resto della vita è
un’idea, un soggetto, uno qualunque, ma di concreto in mano il gruppo non ha
davvero niente di succoso in cui affondare i denti, se non parecchio materiale
ancora abbozzato e una traccia generale, un’idea per altro condivisa con
l’amico del gruppo, un altro geniale inglese, Douglas Adams, che proprio nel
1983 pubblicava il suo ironico dizionario delle parole senza ancora una
definizione intitolato “The Meaning of Liff”… Considerando il titolo così
simile, una dimostrazione che le grandi menti pensano all’unisono.
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Titoli di testa del film e omaggio a Douglas Adams? Fatto! |
Insomma, chiunque è pronto a produrre un film che nemmeno
esiste e di tutte le storie sulla produzione di “Monty Python’s The Meaning of
Life” questa le batte tutte: sapete come i Python hanno presentato il film ai
tizi della Universal? Con una filastrocca. No, sul serio, sono arrivati negli
uffici della Universal Studios senza uno straccio di sceneggiatura, niente,
nemmeno un titolo per il film, solo con una filastrocca scritto poco prima
della riunione, quattro righe in rima, queste:
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Beh direi che almeno in questa scena, sono stati di parola! |
In cambio delle quali, senza battere ciglio la Universal ha
staccato ai Python un assegno da dieci milioni di dollari (storia vera). Ora,
tutto questo dovrebbe farci riflettere su tutti i colloqui delle nostre vite,
quelli in cui ci siamo presentati preparati e con la camicia dentro i
pantaloni, quando sarebbe bastata una filastrocca in rima e una discreta faccia
come il culo.
dato vita a quel capolavoro di Life of Brian, i Monty Python organizzano un ritiro creativo, non alle Barbados, ma
in un altro postaccio, la Giamaica e questo, secondo me, spiega in parte molte
delle trovate presenti nel film, ma mie battutacce a parte, i Python di trovare
personaggi ricorrenti ed un filo rosso comune alla storia che non fosse il tema
del senso della vita, proprio non ci riescono, quindi si guardano in faccia,
capiscono che il materiale che hanno per le mani va benissimo per un film
diviso in sette capitoli, uno per ogni giorni della creazione e delle fasi
della vita (interpretate con lo stile dei Python ovviamente) e va bene così… Sapete che vi dico? Avevano ragione!
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“Benvenuti alla metà del post! Mettetevi comodi, Cassidy avrà da blaterare per ore ed ore”. |
La cosa davvero incredibile è che ancora oggi, anche
intervistati singolarmente e, quindi, senza possibilità di mettersi d’accordo
sulla versione ufficiale (a meno che non lo avessero già fatto prima, quindi
sarebbe una beffa geniale) tutti i Monty Python si dichiarano poco orgogliosi
del risultato finale, per tutti è un passo indietro, un film che avrebbe potuto
essere anche migliore se solo avessero trovato il modo di riunire tutti gli
sketch insieme. Anche in questo hanno ragione, a mio modesto gusto, questo film
ha qualcosa in meno rispetto a Brian di Nazareth, per ritmo e coesione, ma
malgrado questo è un capolavoro che contiene alcuni dei momenti più geniali di
tutta la produzione Pythoniana, insomma non malissimo per un film che non piace
a nessuno dei suoi creatori.
film debba essere per forza Terry Jones, cosa che va benissimo a tutti, anche
all’altro Terry, Gilliam, che dopo il successo raggiunto con I banditi del tempo, è ben felice di
lasciare la regia al suo omonimo e butta lì un’idea: “E se facessi tipo la
regia di una porzione di film? No, perché ho un soggetto che mi sfizia che dite?”
“Ma ceeeerto Terry! Vai tranquillo”. Alché Gilliam pensa bene di barricarsi in
un set separato da quello degli altri, a fare delle cose, nessuno sa bene cosa,
si sa solo che mentre i Python procedono con le singole gag, Gilliam si lascia
leggerissimamente prendere la mano, appena appena, anzi, direi che come fanno i
pirati della “Crimson Permanent Assurance” all’interno del secondo tempo di “Il
senso della vita” è il momento dell’arrembaggio della rubrica… Gilliamesque!
vero? “The Crimson Permanent Assurance” originariamente era pensato per essere
uno sketch di cinque minuti, ma la mente galoppante di Gilliam continua ad
aggiungere dettagli e la storia lievita fino ad un minutaggio esagerato di 17
minuti, impossibile da gestire nell’economia del film e capace di ammazzare il
ritmo ai test di prova con il pubblico. Ma in sé “The Crimson Permanent
Assurance” è talmente geniale da non poter andare sprecato, quindi viene
piazzato in testa al film come corto introduttivo, un po’ come fa ancora oggi la
Pixar con i suoi film, con tanto di scritta “Our short feature presentation” ad
introdurre questa satira sul Capitalismo, beh, d’assalto!
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Provate a discutere dei tagli alle pensioni con loro! |
Idealmente, “The Crimson Permanent Assurance” è il punto di
congiunzione tra I banditi del tempo
e il successivo film di Gilliam, Michael Palin lo ha definito un “Brazil in
miniatura”, gli anziani impiegati della Crimson Permanent Assurance che
diventano pirati della finanza per ribellarsi al licenziamento di un loro
collega, hanno la pirateria di Kevin e il suo gruppo di nani del sangue, ma
sono già pronti a sconfiggere la burocrazia incrociando le lame (che poi sono
pale del ventilatore, ma non formalizziamoci) con dei capi d’azienda in doppio
petto, ma senza cuore. Visivamente il corto è stupendo, i teli della facciata
del palazzo in ristrutturazione, diventano le vele di questa particolarissima
nave capitanata da pirati piuttosto in là con gli anni. Il numero di dettagli è
esagerato (personalmente adoro le cassettiere cannone, le trovo geniali!) e
pensate che la scena dell’ancora, è stata girata da Gilliam mescolando
modellini e scene girare per strada, per altro senza permessi (storia vera)
quasi alla “Guerrilla style”, insomma piratesco in tutto e per tutto. Risultato
dello scherzetto? Pare che il corto di Gilliam, sia costato più di tutto il
film finito (storia vera). La genialità costa e Gilliam, oltre ad un cervello
che fuma, ha pure le mani bucate. Ed ora, qualcosa di completamente diverso,
torniamo al film di oggi!
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Quando distribuivano il talento visionario, Gilliam era il primo della fila. |
“Il senso della vita” è un film che non le manda certo a
dire, inizia subito forte con il primo capitolo, quello dedicato al miracolo
della nascita, in cui John Cleese, Graham Chapman e la macchina che fa PING! si
prendono subito gioco del sistema sanitario e dell’ansia da parto, ma anche
della mania del Gender («Maschio o femmina?» , «Signora, non è un po’ presto
per imporgli un ruolo?»).
in “Il miracolo della nascita parte due – Il terzo mondo”, che per i comici inglesi è rappresentato dallo Yorkshire, una trovata che mi fa sempre morire da
ridere, usando solo un semplice sottotitoli sullo schermo.
alla loro maniera il miracolo della vita, in una famiglia di Cattolici vecchio
stampo, i Python continuano a farsi beffe del modo in cui la religione viene
interpretata dalle varie chiese, il concetto di non disperdere il seme, viene
messo alla berlina nel modo più clamoroso possibile, anzi, direi proprio in
modo definitivo! La canzone “Every Sperm is Sacred” è un capolavoro, non
giriamoci attorno, è impossibile non continuare a cantarla per giorni dopo aver
visto il film, un momento musicale che parte con una strofa cantata da papà
Michael Palin, licenziato dalla fabbrica e costretto a vendere i suoi tanti
(troppi!) figli alla scienza e va in crescendo, un crescendo trascinante,
fatto di bandiere, gente che balla per strada, una perfetta scena da musical che
qualunque comico vorrebbe come apice del suo film, mentre qui arriva
all’inizio!
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“Facciamo la conta ragazzi…”. |
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“…45, 46, 46, 48… Oh diamine! Siete troppi!”. |
Lo stato di grazia di Monty Python nel 1983 è tale che
persino le scene tagliate, sono autentico genio, ad esempio vi consiglio di
recuperare (la trovate tra i contenuti extra di qualunque dvd ben fatto di
questo film), la gag speculare a “Every Sperm is Sacred”, ovvero quella della
famiglia Protestante, rappresentata come degli erotomani che si eccitano per
qualunque cosa, una scena così bella che i Python potevano addirittura
permettersi di tagliare, visto che i momenti di autentico genio in questo film
abbondano.
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Talmente orecchiabile che anche i bersagli della parodia si mettono a cantarla. |
Per mantenere alta la bandiera dello spirito critico, posso
aggiungere che la parte due (Crescita ed apprendimento) riesce a farsi
ottimamente beffe della scuola inglese, ma è quella che preferisco di meno, il
ritmo cala abbastanza e la lezione di sesso in aula con il serissimo professor
John Cleese risulta forse un po’ troppo lunga, ma grazie alle animazioni di
Gilliam e ad una decisa satira militarista (Palin che marcia da solo nel
piazzale è una spassosa rappresentazione del fanatismo militare) si arriva alla
parte tre (Fighting each other – Gli scontri) che ho sempre adorato perché è la
perfetta parodia di un film che amo molto, quel capolavoro di Zulu. Una ricostruzione della prima
guerra Zulu (ambientata a Glasgow sembra stando alle scritte) in cui la
priorità è la gamba di uno degli ufficiali inglesi, portata via da una tigre
(«In Africa!?»), perché anche durante un massacro e uno spargimento di sangue,
si sa che l’unica cosa che conta è il benessere del capo… Non è sempre così?
gioco anche del formato cinematografico, la pausa di riflessione introdotta
come “The Middle of the movie”, è solo l’antipasto ad uno dei miei momenti
Pythoniani preferiti: Find the fish.
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E David Lynch… MUTO! |
I Monty Phyton trovano sempre un modo per piazzare i pesci all’interno
delle loro gag, pensate alla “The Fish Slapping Dance” del Flying Circus, oppure ai pesci nell’acquario all’inizio di questo
film che s’incontrano salutandomi “Buongiorno!” come se non si vedessero da
mesi anche se vivono nella stessa boccia (che, poi, è come saluto i miei colleghi
al lavoro tutte le mattina, ma nessuno ha mai capito la citazione, storia
vera). Ma “Find the fish” è un capolavoro, la mia Wing-Woman che mi sopporta e
dice sempre che una volta ascoltava anche i film scemi che consiglio io (ha
ragione, nessuno dovrebbe ascoltare i miei consigli in fatto di film!) una
volta ha provato a guardarsi “Il senso della vita” in solitaria e poi mi ha
chiesto: «Ma alla fine dov’era il pesce?» (storia vera) regalandomi non solo
questo aneddoto, ma tutta la chiave di lettura sul film.
tutto qui: un crescendo di situazioni assurde, di momenti chiave degni di
essere ricordati, il tutto mentre le fasi della vita passano, come la mezza età
(Parte quattro) o gli anni dell’autunno (parte sei), certo alcuni momenti sono
disgustosi come la scena al ristorante con il colossale (anche nell’appetito) Mr.
Creosote un capolavoro di disgusto, realizzato con ottimo make up e quintali di
vomito finto (in realtà minestrone condensato), una scena capace di far venire
la nausea non solo ad uno dei produttori della Universal (storia vera), ma
anche alla porzione di pubblico con più pelo sullo stomaco, quindi se per caso
non aveste mai visto il film, ve lo dico con le parole del signore Creosote:
«Come sta oggi?» , «Meglio», «Meglio?», «Meglio portare un secchio, sto per
vomitare».
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Forse la singola scena più disgustosa della storia del cinema! |
Inutile davvero cercare di dare un senso a qualcosa che non
ha un senso, perché come canta Eric Idle nella bellissima “Galaxy Song”, anche
quando la gente sembra stupida, odiosa o sciocca e ci si sente come uno che ne
ha avuto abbastanza, ricordatevi che stiamo tutti in piedi su uno gnocco
minerale che ruota intorno al sole a 900 chilometri l’ora, quindi tanto vale
prenderla con spirito, perché tanto non puoi certo controllarlo.
morte che può avvenire in tanti modi, tipo cadendo da una scogliera mentre sei
inseguito da una squadriglia di donne nude (considerando che l’uomo in fuga è Graham
Chapman, omosessuale dichiarato, la scena in questione è doppiamente comica,
anche se non se n’é mai accorto nessuno, visto che si guardano solo le poppe),
oppure può venire a farti visita il Tristo Mietitore («Pare che sia il signor
La Morte, venuto per la mietitura») per dirti che la tua fine è tutto merito
della mousse di salmone, anche se tu, la mousse non l’hai nemmeno mangiata (in
una brillante battuta, improvvisata da Michael Palin non presente nella
sceneggiatura).
che la vita non ha alcun senso, al massimo tanto nonsense, allora non puoi che scherzare
di tutto, anche della morte ed io sono sicuro, ma proprio certo senza il minimo
dubbio, che se mai mi trovassi davanti un losco figuro con falce e cappuccio
nero, mi verrebbe da ridere pensando a cose tipo «Io sono il Tristo Mietitore!»
, «Ma noi abbiamo degli ospiti Americani a cena».
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No guardi ha sbagliato, questo è un film dei Python non di Ingmar Bergman. |
“Il senso della vita” è la totale consacrazione per il
geniale gruppo di comici inglesi (più uno americano), tanto da beccarsi anche
il Gran premio della giuria alla 36° edizione del festival di Cannes, celebrato
dal gruppo facendosi fotografare sulla Croisette in ehm, topless (storia vera).
Purtroppo, l’ultimo con il gruppo al gran completo, perché dal 1989 il Dottor Graham
Chapman si ostina nel suo continuare a voler restare morto.
cultura pop è incalcolabile, con la loro gioiosa anarchia hanno dimostrato che
è possibile scherzare su ogni cosa, se consideriamo che l’unico personaggio davvero
ricorrente nei film dei Python, da Il Sacro Graal, a Brian di Nazareth,
passando per “Il senso della vita” è Dio, questo dovrebbe farvi capire quanto è
universale la loro comicità, ci sarà sempre un momento, nello spazio e nel
tempo, in cui qualcuno farà la conoscenza del loro genio e andrà giù di testa
per i Monty Python. Nel mio piccolo spero di aver contribuito con questa
rubrica e se ne avessi il talento, starei qui a spiegarvi quanto sia ironico
che il mio gruppo preferito di comici, abbia fatto un film sul senso della
vita, nel mio anno di nascita. Dovrei tentare di spiegarvi che tutto questo è
un grande disegno superiore, ma… Ma adesso non posso perché devo ritrovare il
pesce, è un pesce veramente sfuggente e andava, dovunque io, andavo.
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Loro sono esonerati da “Find the fish”, altrimenti è troppo facile. |
Quindi per ora ai Monty Python posso solo scippare la frase
del loro amico Douglas Adams, dicendo addio, e grazie per tutto il pesce. Mentre
con voi, ci vediamo la settimana prossima, abbiamo un motivetto allegrotto da
fischiettare tutti insieme.