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Monty Python’s Flying Circus (1969-1974): Anarchy In the U.K.

E… Ora qualcosa di completamente diverso! Penso sia davvero
giunto il momento di mettere in atto qualcosa che mi formicolava al fondo del
cervello da tempo, quest’anno non era ancora arrivata una rubrica lunga sulla
Bara Volante e mi sembra proprio il momento di inaugurarne una, quindi benvenuti,
al primo capitolo di… Pythonesque!

Dai, ammettetelo: non vi aspettavate una rubrica sui Monty
Python qui sopra, vero? Beh, perché al pari dell’Inquisizione Spagnola, nessuno
si aspetta una rubrica sui Monty Python, specialmente dopo che avevo annunciato
che il 2018 sarebbe stato l’anno di George A. Romero, ma tranquilli, ho un
piano, tra qualche settimana ne saprete di più… No, sul serio, ho tutto sotto
controllo, non sembra, ma è così!

La mia passione per i Monty Python è… Boh, come definirla?
Storica? Sì, direi che storica va bene! Per quanto mi riguarda, i geniali comici inglesi (più uno americano, successivamente naturalizzato inglese) sono l’alfa
e l’omega, anzi di più, il punto zero dell’umorismo moderno. So che molte
persone non li apprezzano, oppure semplicemente non li trovano divertenti, ma è
troppo facile parlare di “Umorismo Inglese”, quando hai a che fare con un
gruppo di comici (per di più Inglesi!), eppure io ci vado a nozze, l’umorismo
dei Python è proprio la quintessenza di tutto quello che io trovo comico,
trovate nonsense che fanno ridere perché totalmente assurde (tipo l’idea delle
pecore volanti che nidificano sugli alberi), canzoni orecchiabili che partono
completamente a caso (no, non cederò alla tentazione di citarne una in
particolare) ed un misto tra intelligenza ed anarchia davvero esplosivo. Se
devo aggiungere una piccola nota personale: il nome di questo blog è per metà
dovuto alla mia (insana) passione per parole che non hanno nulla in comune che,
però, messe insieme suonano molto bene e per l’altra metà, la mia
interpretazione, se volete un piccolo omaggio, all’umorismo di questa geniale
banda di gatti senza collare. Ed ora, se mi fate la cortesia di
avvicinarvi allo schermo devo dirvi una cosa, su coraggio più vicini non mordo!
Ecco, dài non fate i timidi, ancora un po’ più vicini, dai…. IT’S!
Forse aveva davvero capito tutto George Harrison che ha
riconosciuto ufficialmente nei Monty Python i veri eredi dei Beatles, la
rivoluzione portata nel piccolo schermo e nel modo di intendere l’umorismo dal
gruppo di comici ha lo stesso identico peso di quella dei quattro di Liverpool
per la musica pop. Tutto quanto è iniziato con una serie televisiva prodotta
(con sprezzo del pericolo!) dalla BBC, andata in onda per quattro stagioni, un
totale di 45 episodi della durata di mezz’ora ciascuno che ora trovate anche su
Netflix, anche se preferisco tenermi stretto il mio preziosissimo cofanetto in
DVD, uno dei cimeli preferiti della mia collezione.
Come si può descrivere il “Circo volante” dei Python a
qualcuno che non lo ha mai visto? Dovrei citarvi il personaggio ricorrente del
giornalista interpretato da John Cleese che facendo irruzioni casuali lungo le
puntate introduceva il prossimo sketch dicendo “And now, for something completely
different”, qualcosa di completamente diverso. Sono profondamente convinto che
chiunque, oggi, anno di grazia 2018, iniziasse a vedere la prima puntata del “Flying
Circus” senza saperne niente, direbbe qualcosa del tipo: «Ma che caxxo è questa
roba?», oggi, figuriamoci nel 1969, quando le famiglie inglesi si trovarono la domenica in prima serata questa roba!

I Gumby nella parte del pubblico Inglese della BBC.

I Monty Python sono quello che succede quando a tre comici
straordinari, aggiungi altri due comici straordinari e un esperto di animazioni americano spuntato da Dio solo sa dove, da una parte i “verbali” di Cambridge,
dall’altra i “Visivi” di Oxford e mai come all’interno delle fila dei Pytoh,
lo storico scontro tra le due famose università inglesi è stato vivo e acceso.

Tra quelli del suo anno a Cambridge, John Cleese era
sicuramente uno dei più alti della scuola, ma anche uno dei più bulli, quando
sei alto quasi due metri e guardi tutti dall’alto verso il basso è (quasi)
comprensibile, campione di cricket e di calcio, Cleese non aveva mai pensato
davvero a recitare, almeno finché non ha conosciuto un altro spilungone,
quell’enigma umanoide del (dottor) Graham Chapman, l’uomo capace di far ridere
solo per il fatto di restare completamente serio.
Ma se Cambridge metteva su spettacoli teatrali tutti da
ridere, Oxford non stava a guardare, proprio da qui arrivavano il buono del
gruppo e quello anche più poliedrico se chiedete a me, Michael Palin, Terry
Jones l’entusiasta che sognava di fare cinema e il più musicale di tutti Eric
Idle, una faccia da schiaffi con dietro il più grosso fanatico dei Beatles
vivente.

La più geniale banda di gatti senza collare del pianeta.

La gavetta e il manifesto talento dei singoli, li porta a
turno a lavorare nello storico spettacolo radiofonico The Goon Show (1951-1960),
o nella serie televisiva “Do not adjust your set”, in un crescendo di
visibilità e successi personali destinato ad essere notato anche dagli alti
vertici della BBC.

Il celebre canale inglese ha trovato nei Python l’apice di
un periodo creativo, quello degli anni ’60 in cui il network era
fondamentalmente gestito da… Beh, nessuno! Tutto era nelle mani dei produttori
dei singoli spettacoli, senza che gli alti vertici interferissero nella fase
produttiva, ma visionando il prodotto finito solo in tv come il resto di tutti
gli altri inglesi, grazie a questo modo di lavorare oggi impensabile, abbiamo
avuto il Doctor Who nel 1963 e il “Flying Circus” sei anni dopo. In cambio di
un compenso basso e oggettivamente ridicolo, i sei ottennero così la libertà
creativa totale, l’unico compromesso accettato dal gruppo fu sul nome del
programma, dopo alcuni titoli proposti uno più matto dell’altro la BBC disse,
fate cosa vi pare, ma basta che ci sia “Flying Circus” nel titolo (storia
vera).

Secondo voi, potevo fare un post sul Flying Circus senza questi tre signori rosso vestiti?

La prima idea fu “Gwen Dibley’s Flying Circus” che, però, non
piaceva davvero a nessuno, non è chiaro se fu Cleese o Terry Jones ad uscirsene
con l’idea di usare il nome di un animale perché risultasse comico, pare
che “Monty” fu un’idea di Eric Idle, perché nel suo pub di fiducia, un tale di
nome Monty era la macchietta locale e tutti chiedevano di lui (storia vera… Forse!). Nei piani originali Monty Python era il classico agente degli attori
che si comporta in modo viscido, alla BBC non importava poi molto,
profondamente convinta che tanto la gente avrebbe chiamato il programma solo “Flying
Circus” cosa che poi è, effettivamente, accaduta. Nacque così il “Monty Python’s
Flying Circus”: L’anarchia poteva cominciare!

Un pappagallo più morto di John Dillinger.

La propensione a scrivere sketch parlati, recitati e basati
sulle battute di Cleese e Chapman si sposa alla perfezione con le gag fisiche e
visive di Terry Jones e Michael Palin, alle canzoni di Eric Idle e alle
animazioni di Terry Gilliam… Già Terry Gilliam! Nessuno ricorda davvero da dove
sia spuntato fuori questo strano Americano, strambo anche per la media di un
gruppo di scappati di casa come i Python. Intervistati a turno nel fondamentale
“L’autobiografia dei Monty Python” (Sagoma ed. 2011) nessuno ricorda bene da
dove sia uscito questo strambo Americano, spesso tenuto ai margini perché non
laureato e dal vocabolario abbastanza scarso (secondo Idle, per Gilliam era
tutto “Stupefacente”, oppure “Una gran rottura di palle”), però tutti ricordano
il suo cappotto! Un enorme montone con strane scritte sopra (fatte dallo stesso
Gilliam) comprato in un suo viaggio in Turchia, nel suo lungo pellegrinare tra
l’Europa e gli Stati Uniti, facendo una gavetta come animatore un po’ per caso,
ma soprattutto per evitare la leva, in aperta e manifesta contestazione con
l’allora presidente eletto Richard Nixon e la sua politica in Vietnam. Cosa sai
fare strambo Yankee? So disegnare! E dopo aver visto le animazioni fatte con
ritagli di giornale, colla vinilica, follia e notti insonni, decisero di
tenerlo a bordo ed ogni tanto lo vestivano da Vichingo, o gli concedevano il
lusso di indossare una scomoda armatura e colpire a caso le persone con un
pollo durante gli sketch.

Lasci Gilliam da solo ad animare figurine di carta, e quello trasforma un gatto in Godzilla!

Sta di fatto che pur soffrendo sempre dell’impossibilità di
una parte attiva nel gruppo (capita se devi sforbiciare e disegnare animazioni
a passo uno in vista della prossima scadenza) fu proprio Gilliam a suggerire il
metodo rivoluzionario che fece saltare in aria con il tritolo qualunque altro
programma comico della televisione britannica, spesso basato sulla “Battuta finale”
(la stessa di cui i Python si prendono gioco nel finale del celebre sketch “La
forchetta sporca”). Se lo sketch funziona e la battuta finale è fiacca,
liberiamoci della battuta finale, portiamo avanti la gag finché fa ridere e poi
passiamo a “Qualcosa di completamente diverso”, nacque così il metodo a “Flusso
di coscienza” che caratterizza tutto il programma.

Una democrazia di gruppo in cui tutti scrivevano e
proponevano idee, poi si metteva insieme tutto il materiale, lasciando a Gilliam
il lavoro (sporco) di congiungere due idee diverse con un’animazione che
funzionasse da congiunzione, eliminando anche il concetto di tormentone. Certo
il “Flying Circus” alla fine ne ha creati molti, ad esempio, se ancora oggi
tutti noi identifichiamo la posta elettronica indesiderata come SPAM, è
ad un geniale sketch dei Python che lo dobbiamo! Ed ora capite perché quando i
miei colleghi al lavoro tutti allarmati mi vengono a parlare di questa mail di
SPAM che hanno ricevuto, mi resta molto difficile restare serio (storia vera).

Questa bara volante deve finire nel vostro sistema anti… SPAM! 

Certo, ci sono anche personaggi ricorrenti come i Bruce
(gustosa presa per i fondelli degli Australiani), i becchini, oppure i mitici
Gumby, impersonati a turno da tutti i componenti del gruppo in mano sempre
esilarante, ma il “Flying Circus” non dipende da questi personaggi, la vera
forza dello show è la totale irriverenza verso tutto e tutti che, per fortuna,
non è legata ad eventi storici precisi, ma che si riferisce più all’assurdità
della nostra società e, perché no, proprio della natura umana, motivo per cui
l’umorismo dei Monty Python è davvero universale, nel suo essere totalmente
senza senso, che troverà poi il suo sfogo in un certo film che parla proprio
della vita (e della sua assenza di senso) che vedremo a breve in questa rubrica.

La bellezza del “Flying Circus” sta nel fatto che sembra
tutto improvvisato sul momento, ma, in realtà, dietro ci sono una preparazione e un’intelligenza notevoli, ogni gag portata in scena dal
gruppo è frutto della loro formazione, l’alto livello di educazione ricevuto a
Oxford e Cambridge, si riflette in sketch acculturati e spassosi incentrati su
filosofi (la partita di calcio), personaggi storici e letterari, uno dei miei
preferiti è la corsa in bici dei pittori impressionisti («That’s not Picasso,
that’s Kandinsky!»).

Un ministero ancora meno strambo di quelli che abbiamo in uno strambo Paese a forma di scarpa.

Far ridere non è certo un affare facile e la satira, quella
vera, quella sconosciuta in uno strambo Paese a forma di scarpa, non guarda in
faccia nessuno, proprio come l’umorismo dei Python che di episodio in episodio
hanno raccolto sempre più successo diventando in breve tempo quasi delle Rock
Star, anche in questo George Harrison ci aveva visto lungo.

Nel loro geniale flusso di coscienza rientra dentro di
tutto, momenti di umorismo splastick come la “Fish dance”, oppure “L’uomo con un
registratore nel naso”, ma anche satira di costume con la rappresentazione
delle casalinghe e dei professionisti inglesi, il tutto con una gioiosa
sfacciataggine e uno stile così unico da diventare una parola del vocabolario
inglese, “Pythonesque”, appunto, che ho indegnamente scelto come nome per questa
rubrica. Ma la sfida alla convenzione dei Python non si è certo fermata qui,
nello sketch “The dull life of a city stockbroker” compare il primo topless
della storia della BBC, mentre il primo “Shit” pronunciato in prima serata è
merito del solito John Cleese.
Tutti e sei i membri dei Monty Python, supportati dalla
bella e brava Carol Cleveland, ogni volta che la gag necessitava di una donna
vera per funzionare (provate a far funzionare uno sketch come “Il consulente
matrimoniale” con che so, Terry Jones con la gonna!) sono quasi tutti Protestanti, oppure in rottura prolungata con la Chiesa cattolica, un dettaglio
che diventerà centrale in un film dei Python in particolare (di cui non vedo l’ora
di scrivere!), ma che alla lunga può portare, oltre che la fama, anche qualche
problema con la censura.

La censura eh? Eh? Nudge nudge, wink wink, say no more…

Per capire davvero la filosofia dei Python, bisogna mettere
sotto i riflettori il più enigmatico di tutti, il dottor Graham Chapman, uno
che per ammissione di tutti i suoi compagni, era un vero enigma, capace di dire
la sua e contribuire con ottime idee per lo spettacolo, ma anche di sparire più
velocemente di Batman. Parliamo dello stesso che dichiarò pubblicamente la sua
omosessualità presentando il suo compagno David Frost ad una festa a
cui erano stati invitati tutti i suoi amici, ma anche l’ex fidanzata di Chapman
che non la prese proprio benissimo scappando via in lacrime (storia vera).

La teoria di Gilliam su Chapman è molto interessante, dopo
una vita passata a nascondersi, libero dal peso di questa decisione difficile, Graham
poteva pienamente dedicarsi a godersi la vita, cosa che per lui comprendeva
fumare la pipa (come fa nello sketch “Negozio di formaggi”) e svuotare
bottiglie di super alcolici.

Graham “Far ridere restando serissimi” Chapman.

A metà degli anni ’70, una pacata signora inglese, fece
quello che fanno tutti gli Inglesi quando sono inviperiti: scrisse una lettera.
La madama aveva scoperto che tra le fila dei Python c’era un noto omosessuale,
la risposta del gruppo alla signora (farina del sacco di Eric Idle) dice molto
di loro e della loro filosofia: “Non si preoccupi signora, la persona in
questione è stata identificata e lapidata” (storia vera).

Ma più che le attività da camera da letto (e da salotto, e
da tavolo della cucina, e da sgabuzzino…) di Chapman ad incrinare il gruppo fu
l’altra sua passione, quella per gli alcolici, se la prima stagione di
programmazione è stata un crescendo di trionfi e la seconda quella della
conferma, verso la fine del 1971 Graham era passato dal bere solo a cena, al
bere anche a pranzo, con il problema che nel pomeriggio era KO incapace di
ricordare le battute. Inoltre, John Cleese sempre più impossibilitato a lavorare
con il suo storico compare e preoccupato di sentirsi marchiato a vita solo
come uno dei Monty Python (cosa che, poi, è puntualmente accaduta), lascia il
gruppo ed ecco perché dalla stagione tre in poi è praticamente assente, il
gruppo ha continuato ancora per un’altra stagione prima di chiudere il circo e
dedicarsi completamente ai film, ma a quel punto la Pythonmania era già una
febbre.
Gli sketch mitici sono un’infinità, avete solo l’imbarazzo
della scelta in base ai vostri gusti personali, ci sono quelli leggendari come
quello del pappagallo, oppure vabbè, l’inquisizione Spagnola, ma io vi invito a
vederli se non lo avete mai fatto, o rivederli tutti, ci sono perle comiche
anche tra i meno famosi, io, ad esempio, ogni tanto mi canto da solo Dennis
Moore! Dennis Moore! (storia vera, lo faccio sul serio giuro!).

“Secondo te che cavolo sta dicendo Cassidy?” , “Ah non so, con i Python lo abbiamo perso definitivamente”.

Ma forse l’ultima grande burla dei Python, il loro sketch
supremo, è quello fatto fuori dai set della BBC, il giorno del funerale di Graham
Chapman, morto di polmonite nel 1989, tutto il gruppo gli rese omaggio nel memoriale
privato all’ospedale St Bartholomew, dove John Cleese si esibì in un discorso
dal tono totalmente in stile Python, lo trovate anche in rete, merita un sacco.

Perché alla fine la lezione del “Circo volante” è questa:
non esiste un’istituzione in questo mondo che sia intoccabile, un argomento su
cui non si possa ridere, perché per non andare sotto contro le istituzioni, la
follia della vita e ai burocrati l’unica soluzione è ridere in faccia a tutto
e tutti, non perdere mai il senso dell’umorismo, perché la risata è ancora l’arma
più potente del mondo.
Sono riuscito a rendere omaggio ai Monty Python e al loro Flying
Circus? Non lo so, di sicuro continuerò a farlo sempre qui, tra sette giorni,
ma poi scusate secondo voi si può davvero cantare le lodi di questo enorme
genio?! Ma poi lo devo fare io?! Cioè, io nemmeno lo volevo fare il blogger, io
volevo fare… Il taglialegna!
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