Sembra che ci sia un nuovo Mortal Kombat in città. Dico
sembra perché sono dieci anni che sento parlare dell’idea di un nuovo
film su Mortal Kombat inoltre, malgrado l’abbonamento a tutte le piattaforme di
streaming disponibili, ancora nessuna traccia di un’uscita ufficiale di questo
film in uno strambo Paese a forma di scarpa, attendiamo fiduciosi perché tutto
sommato alla fine, questo nuovo Mortal Kombat, fa il suo dovere in maniera volenterosa.
In realtà io sono la persona peggiore possibile per parlare
di “Mortal Kombat”, ho giocato al primo videogioco ai tempi della sua uscita,
era bravissimo a farmi ammazzare nei modi più truculenti messi a disposizione
delle mosse mortali degli avversari (storia vera). Nel tempo poi ho seguito più i film che le
nuove versioni del gioco, ma di quelli vi hanno già abbondantemente parlato il Zinefilo e Omniverso, non potrei di certo fare meglio di loro.
Quindi per certi versi ho affrontato il film nel modo
migliore possibile con l’apertura mentale del guerriero pronto a tutto («Be
water my friend» cit.), devo dire che quello che ho trovato è un film che si
affanna, a volte anche in senso positivo. James Wan nel ruolo di produttore
sembra aver davvero fatto i compiti, dopo essersi preso tutto il suo tempo per
un progetto in cui probabilmente credevano in pochi e che per certi versi,
risultava facilissimo sbagliare perché ammettiamolo, i film tratti da videogioco non godono di enorme fama.
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“Volevi freddarmi invece… chiedo scusa, sono campione di freddure” |
“Mortal Kombat” cercando di assecondare i vecchi e
vecchissimi fan del videogioco, con una mano è impegnatissimo a parare ogni
possibile attacco, con l’altra invece cerca di colpire al cuore le nuove
generazioni, cresciute appunto con i videogiochi ma anche i film popolari che
al momento risultano quelli più remunerativi al botteghino, ovvero i film di
super eroi.
Quindi “Mortal Kombat” di fatto sono 110 minuti di “storia
delle origini” di tutti i combattenti del videogioco, presentati uno dopo
l’altro, come tanti piccoli eroi, per risultare il più simili possibili alla loro contro parte
videoludica, ad esclusione del protagonista Cole Young (Lewis Tan un po’
imbalsamato quando si tratta di recitare ma a suo agio nel menare), che di
fatto è un espediente bipede, il classico personaggio umano con cui il pubblico
può immedesimarsi ed insieme a lui, finire a scoprire poco alla volta un mondo
nuovo popolato di sosia di Tuono di Grosso guaio a Chinatown e di giganti incazzati che ti menano con quattro braccia
alla volta.
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E Christopher Lambert… MUTO! |
Di norma quando un film studia a tavolino tutte le sue
mosse nel tentativo di piacere a tutti, poi di fatto finisce per non piacere a
nessuno, eppure malgrado l’evidente e visibile affanno con cui il film tenta di
spuntare ogni punto della sua lista delle cose da fare, in qualche modo porta a
casa il risultato. Forse l’aspettativa era davvero bassa? Forse il “Mortal
Kombat” di Simon McQuoid, nato per essere il Mortal Kombat cinematografico
definitivo ha davvero il cuore dal lato giusto? Probabilmente la verità sta nel
mezzo, di sicuro questo film rispetta le due semplicissime regole che hanno reso
popolare il videogioco: combattenti che picchiano e sangue, sangue e
sbudellamenti senza mai tirar via la mano, a meno che non sia fradicia beh, di
sangue.
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If you want blood (you’ve got it) |
Cosa vi dico sempre dei famigerati cinque minuti iniziali, quelli che determinano tutto l’andamento di un film? Bene, estendeteli a sette, quelli
che sono stati mostrati in anteprima gratuita su Internet per pubblicizzare il
film, mossa astutissima anche perché “Mortal Kombat” inizia subito con il piede
giusto e il più delle volte, lo usa per cercare di parcheggiarlo in faccia
all’avversario.
Il giapponese Hanzo Hasashi (Hiroyuki Sanada) vede la sua
famiglia trucidata dal cinese Bi-Han (Joe Taslim) e la scelta di rendere i due mortali nemici di due nazioni (in
lotta) differenti non è certo una banalità, il pubblico più esperto già sa che
il primo diventerà Scorpion e si esalterà tantissimo nel vedere l’origine della
sua famigerata “catena”, mentre il secondo è l’uomo con le dita perennemente
gelate Sub-Zero. Tra sgozzamenti, morti tragiche, sgherri presi a calci e pugni
e una più che decente coreografia di lotta, l’inizio di “Mortal Kombat” è
davvero il migliore possibile.
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Tutto sommato, ho visto inizi peggiori. |
Balzo in avanti, il già citato Cole Young non sa nemmeno di
essere discendente di Scorpion, combatte nelle gabbie dei “pit fight” prendendo
più botte di quelle che è in grado di dare, ma il tatuaggio del drago sul suo
corpo fa di lui una specie di eletto, pronto a partire per la scuola di il
magia di Hogwarts
regno di Outworld, dove sarà uno dei campioni che difenderà la Terra nel torneo Tenkaichi
Mortal Kombat combattendo nella squadra di Lord Raiden, finalmente interpretato
da Tadanobu Asano e non da un Christopher
lambert con la parrucca e il sorriso da Stregatto di chi pensa all’assegno.
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“Io c’ho i pugni nelle mani!” (cit.) |
Cole Young è un bisteccone che non si pone la minima
domanda, accenna un segno di vita quando la sua famiglia viene minacciata da
Sub-Zero – durante la bella la scena della neve a luglio – ma poi per tre quarti del film quasi
si dimentica della sua famiglia in pericolo, almeno fino a quando alla trama
non fa comodo ricordarsi di questo dettaglio. Un minimo di umorismo arriva giusto quando Cole
fa battute sulla “K” nel nome Mortal Kombat, ma per il resto il film s’impegna,
anzi proprio si affanna un sacco a presentare tutti i combattenti divisi tra
buoni e cattivi, con il preciso intento di renderli il più simili possibili
alle loro controparti nel videogioco.
Devo ammettere che dopo l’ottima scena iniziale, l’inizio
della faida tra Scorpion e Sub-Zero, vedere Sonya Blade (la bella Jessica McNamee) combattere un
lucertolone invisibile in CGI al fianco di Cole e Kano (Josh Lawson) mi ha
smontato un po’ gli entusiasmi, per via di tutti quei salti posticci e quella
computer grafica che invece, nella scena iniziale non aggrediva così le pupille
dello spettatore.
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La didascalia che non leggerà nessuna della settimana presenta: Jessica McNamee |
Nel secondo atto “Mortal Kombat” sembra impegnato come un
uomo con una gamba sola durante una gara di calci nel culo per raccontare le
storie di origini di tutti, quindi Sonya Blade deve avere dei trascorsi
militari, Jackson “Jax” Briggs entra in azione con un fucile, esce di
scena con due braccia in meno e poi torna con due arti robotici perché così lo
conoscono i videogiocatori, anche se per via del suo nome (e della mia idiozia)
continuavo a pensare ad un noto cantante rap italiano e ho seriamente temuto di
vederlo ritornare in scena dopo la menomazione cantando: «Sono un balordo, di
braccia più corto, prendo pizze giù in cittaaaaaaà».
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“Senza pudori né riguardo, sono un funkycyborg” (quasi-cit.) |
Il caso umano resta Kano, che viene presentato come un
cazzutissimo mercante d’armi Australiano e nel giro di due secondi si trasforma
nella linea comica, quella in grado di far riecheggiare nelle mente le urla di Renè Ferretti.
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“Il dottor |
Il gioco più o meno consiste nel donare ad ogni personaggio dei super poteri al momento del suo arrivo ad Outworld, in modo da renderli del tutto
identici ai personaggi del videogioco da cui sono tratti, quindi Kano ha il
potere di snocciolare battute cretine che comunque, nell’immobilità del raggi dagli occhi mentre a
resto del cast lo fanno sembrare Buster Keaton
Cole, in quanto personaggio nato per il film, tocca il potere riciclato, ovvero
una sorta di armatura d’oro che spero almeno sia un omaggio a “L’uomo con i
pugni di ferro” (2012) di RZA.
Capite da voi che “Mortal Kombat” non ha bisogno di una
trama vera, gli basterebbe una scusa per radunare nello stesso torneo tutti i
combattenti e strizzare l’occhio a I 3 dell’operazione drago, ma questo film decide che senza una trama non può
stare e ne sceglie una inutilmente articolata con cui presentare tutti i
personaggi. A tratti quasi un pretesto per far dire a Kano frasi come «Kano
wins», oppure «Flawless victory», solo perché così facendo come Skynet, gli
appassionati del videogioco li teniamo per le palle (quasi-cit.).
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Si ma abbassa le braccia, con quattro ascelle non ti dico l’odore. |
Mi sono divertito per tutti i 110 minuti del film? Non
molto, ma per nostra fortuna il sangue non manca, ci sono due o tre morti
davvero spettacolari e con budella esposte, roba che mi ha stupito, non perché
mai vista sul grande schermo, ma forse perché non ci speravo nemmeno che un
film del genere potesse spingersi tanto in là, inoltre da questo film emerge la
solidità di uno come Joe Taslim.
La sua consacrazione Joe Taslim l’ha avuto con La notte su di noi, ma
qui si conferma tostissimo e in grado di portare serietà e vera competenza
marziale in un giocattolone nato per far contenti gli appassionati. Non sarebbe
male per il futuro introdurre altri attori marziali rimasti a spasso, anche
perché il film quelle due o tre(cento) sotto trame le lascia anche aperte per i
possibili seguiti. Ma una in particolare, piuttosto enorme a ben guardare.
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Conciato così potrebbe essere chiunque ma vi assicuro che è Joe Taslim. |
Ecco, siccome l’affanno è la sensazione più forte che emerge
durante la visione di “Mortal Kombat”, quello che colpisce in piena faccia con
più forza dei colpi di Sub-Zero è la totale assenza del torneo che dà il titolo
al film. I protagonisti si picchiano tanto, si picchiano ovunque, non è
l’azione e le botte che mancano al film, eppure tutti parlano di un torneo che
in realtà non vien mai combattuto, un po’ come se in “Il grande Lebowski”
(1998) dopo tutto quel parlare del signor Lebowski il personaggio non
comparisse mai. Non sono riuscito a capire se nell’ansia di presentare tutto e
tutti, ooops! Si siano semplicemente dimenticati del torneo oppure, sono così
sicuri di fare così tanti soldi con questo film, da potersi permettere un
secondo e magari un terzo film tutto dedicato al torneo, che per altro non sarebbe affatto male. Non vi manca certo il fegato ragazzi, considerando il fatto che i film tratti da
videogioco non sono proprio questa garanzia di incasso assicurato.
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Scorpion cerca di attrasse i seguiti del film. |
In ogni caso, tra una strizzata d’occhio ai fan e qualche
personaggio, a mio avviso eliminato troppo presto – se il vostro piano è di fare
dei seguiti, siete inciampati nella sindrome di Darth Maul almeno per un personaggio – tutto sommato questo “Mortal
Kombat” la vittoria la porta a casa, affannosa più che “Flawless”, ma è molto
più di quello che comunque era lecito sperare, per questa volta bravi, ora…
uscite fuori il torneo del titolo!