La lista dei compleanni suggeriti da questo anno che finisce con il numero tre è bella lunga, meglio così, ho un’altra occasione per scrivere ancora un po’ del cinema di Brian Yuzna! Progettino strano questo “Necronomicon”, va detto che il regista originario di Manila ha un legame particolare con il solitario di Providence, storicamente lui e il suo compare Stuart Gordon sono ricordati per i loro adattamenti di racconti di H.P. Lovecraft, amati, amatissimi, soprattutto per essere del tutto e spesso volutamente NON fedeli al materiale originale. Quindi era quasi automatico che prima o poi Yuzna dicesse la sua su una delle creazioni più famose di HPL, il più famoso libro falso del mondo, il Necronomicon.
L’idea di Yuzna, insieme al produttore con trascorsi da scrittore Brent V. Friedman, puntava ad un’operazione internazionale, un horror antologico con registi da tutto il globo, ma visto che Yuzna deve sempre fare i suoi film con due mele o poco più (cit.), ha dovuto ridimensionare di molto le sue ambizioni, riducendo tutto ad un triangolare U.S.A., Francia e Giappone, rappresentati rispettivamente dallo stesso Yuzna, da Christophe Gans, che ricorderte per Silent Hill, ma nel 1993 aveva diretto solo cortometraggi e pubblicità e da Shūsuke Kaneko, filmografia lunga come la vostra gamba ma un solo film negli Stati Uniti, questo.
Come ogni antologico che si rispetti, ci vuole una cornice per tenere insieme i tre episodi, visto che siamo in ristrettezze, Yuzna si incarica di dirigerla e si porta dietro i pretoriani, quel matto di nome (d’arte) e di fatto di Screaming Mad George per gli effetti speciali e il mitico Jeffrey Combs, che dopo essere stato per tre volte nei panni di un personaggio di Lovecraft, risale la china ed interpreta lui, il solitario in persona con naso e mento di gomma posticcio per calarsi meglio nella parte, peccato non si sia fatto nulla per i venti centimetri buoni di tibiette che mancano a Combs per passare seriamente per quel pennellone di Lovecraft, quindi diciamo un piccolo H.P. In versione Kompressor come la Mercedes.
Secondo la cornice, il Necronomicon esiste e si trova in America, DRIIIIIIN! C’è Gigi? No, non c’è. E il Necronomicon? Sali H.P. vieni in biblioteca a leggerlo, staccati da ‘sto citofono. Eludendo la non proprio irreprensibile sorveglianza dell’arabo (forse pazzo, sicuramente bibliotecario), il nostro Mini-H.P. Si mette a sfogliare il libro, con la sua copertina dentata, reso molto bene e pieno di racconti, ispirati ovviamente a Lovecraft, quello vero senza naso di gomma.
Si inizia con The Drawned, molto liberamente adattato da “I ratti nei muri”, dove troviamo l’ultimo discendente dei De Lapoer che torna in patria dalla Svezia ed è impersonato dal Warlock da discount Bruce Payne, impegnato a fare la conoscenza di una venditrice di case bòna come pane e Nutella, visto che è fatta a forma di Belinda Bauer. Potrà andare storta una trattativa gestita dalla psicologa stro… Ehm, birbante di RoboCop 2? Ma vaaaa!
La magione diventa l’occasione per raccontare la storia di uno degli avi del protagonista, ovvero Jethro De Lapoer impersonato da Richard Lynch, in un raro ruolo da quasi buono, tenete il conto, siamo a due attori Trekker e il tassametro corre.
Non è chiaro se il segmento diretto da Christophe Gans sia stato tagliuzzato male o semplicemente ripetitivo e basta. Sta di fatto che per riportare in vita l’amata, De Lapoer secondo estratto, finisce per ripetere lo stesso errore del suo avo, perché l’esito della re-animata potete facilmente intuirlo, anzi, dovrete intuirlo, perché la fotografia è oscura, la narrazione frammentaria però i mostroni tentacoloni (vagamente ispirati a “La maschera di Innsmouth”) sono schifiltosi quanto basta, per questo, un peccato che questo film sia ancora inedito qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa.
Dopo un’altra sfogliata di pagina da parte di H.P. Combs, tocca al secondo episodio, The Cold, anche qui, molto, ma molto liberamente ispirato ad Aria fredda (1928), l’unica regia americana di Shûsuke Kaneko, che si ritrova a dirigere l’irruzione di un giornalista in casa di una al grido di: dove sta zazà il dottor Madden? Dovrebbe essere centenario ma non si trova il suo certificato di morte. Il tempo di mettere su il tè (letteralmente!) e parte il flashback.
Emily (Bess Meyer) appena arrivata da Boston per sfuggire alle attenzioni di un padre più polipone dei mostri di Lovecraft, finisce nella casa del dottor Madden, i due hanno un storia e bla bla bla, la noia regna sovrana, se non per la presenza di uno dei preferiti di questa Bara, visto che Madden lo interpreta David Warner, quindi dovreste aver già capito che proprio buono non può essere, oltre ad essere il terzo attore Trekker del lotto.
Per fortuna per riprenderci arriva l’ultimo segmento, che vale doppio perché appena termina si lega nuovamente alla cornice, quindi superato il segmento con Warner, il film mette il turbo e allacciate le cinture, si vola in zona Yuzna!
Whispers è un altro adattamento mooooolto ispirato da “Colui che sussurrava nelle tenebre” (1928), che inizia con una storia di Strambi sbirri, così strambi da aver preso alla lettera il concetto di partner, perché la poliziotta Sarah (Signy Coleman) e il suo collega Paul (Obba Babatundé) in piena crisi di coppia, sono anche sulle tracce di un criminale, vanno fuori strada mentre lei urla che di essere madre non ne vuole sapeeeeeeere! Sbadabam! Capottati con tutta l’auto.
Trascinandosi fuori dall’auto, in cerca del compagno e braccato dal criminale, Sarah come il protagonista di Il ritorno dei morti viventi 3, si imbatte in una coppia di senza tetto un po’ matti, che finiranno per (più o meno) aiutarla, segni di continuità per Yuzna che non a caso, per il suo film di zombie voleva il ritorno, non dei morti viventi ma di Don Calfa, che però ha potuto dirigere solo qui, dove con i suoi occhi giganti, con una socia mezza matta che parla di alieni, forma una coppia di due loschi figuri perfetti per il cinema di Yuzna, ed è qui che il “Fattore Y” ingrana la quinta e non guarda più in faccia nessuno.
Sarah sprofonda nel delirio che è un inferno sulla Terra, frutto della situazione mescolata ai suoi incubi personali, la poliziotta che non vuole essere madre, si ritrova precipitata in un letto d’ospedale, con i suoi genitori impersonati dai due senzatetto, che non ne vogliono sapere del suo “Mio il corpo, mia la scelta”, anche perché l’unico corpo di cui Yuzna vuole sentire parlare è il body horror, che prende il sopravvento trasformando questo segmento in un incubo di carne e sangue, ma ci possiamo fermare qui? No bisogna completare la cornice e ormai il “Fattore Y” è in pieno movimento.
Intimato a chiudere il libro e a riporlo, per non far sfuggire gli orrori al suo interno, H.P. “Naso di gomma” Combs realizza che ormai è troppo tardi, l’arabo qui sì, finalmente pazzo lo aggredisce e Yuzna, coadiuvato dal lavoro del fidato Screaming Mad Dog, ci regala il Lovecraft più violento mai visto al cinema, non nel senso di adattamento, ma inteso proprio come H.P. di menare, che disarticola mandibole tirando pugni e calci, un delirio di finale in crescendo in cui Yuzna porta nell’operazione la follia, anche quella lovecraftiana, ma quella del suo cinema basta e avanza!
Come detto “Necronomicon” qui da noi è ancora un film inedito, piccolo, tutto cuore (non per forza il suo) e follia come spesso è il cinema di Yuzna, infatti è proprio grazie a lui se questo antologico non si spegne nella noia, per farvi capire quanto si sia caricato l’operazione sulle spalle basta l’ultima inquadratura, nei panni del tassista che porta via H.P. ormai leggermente possessivo chi troviamo? Proprio Yuzna! grazie Brian, non cambiare mai! Visto che siete qui, vi ricordo anche il post de Il Zinefilo.
Sepolto in precedenza giovedì 26 ottobre 2023
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